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La maglia iridata che ha cambiato la vita di Alzini

04.01.2023
5 min
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Luigino Verducci cammina con sua figlia Sara nella hall dell’hotel che ospita la Jumbo Visma, cui da quest’anno fornirà le sue scarpe Nimbl, quando dalla porta viene fuori Martina Alzini. La lombarda ha la maglia della Cofidis e tiene in mano degli scarpini della stessa marca. I due si salutano affettuosamente.

«Uso le sue scarpe da una vita – dice Alzini – non le cambio più».

Verducci le chiede qualcosa sul modello che sta usando, poi Martina viene a sedersi accanto per raccontarci il suo inverno alla vigilia degli europei su pista e di una stagione su strada in cui raccogliere ancora, dopo la vittoria e i piazzamenti del 2022.

«Si parte con l’obiettivo di migliorarsi – conferma la legnanese – e sicuramente per me la stagione quest’anno parte abbastanza presto. A febbraio c’è un obiettivo importante in pista: gli europei sono la prima prova di qualificazione per le Olimpiadi e poi ho un bel calendario fitto su strada. Voglio migliorarmi dall’anno scorso, visto che faccio sempre fatica a partire con una buona condizione. Quest’anno voglio cambiare proprio questa cosa. Quindi avrò in programma tutte le classiche con il grande obiettivo di raggiungere buoni livelli sia in pista che su strada».

Le ragazze della nazionale hanno appena conquistato il mondiale nel quartetto. Sono Guazzini, Balsamo, Consonni, Alzini e Fidanza
Guazzini, Balsamo, Consonni, Alzini e Fidanza hanno appena conquistato il mondiale nel quartetto

Inizio più brillante

Se andata a riguardare la foto del podio del quartetto iridato agli scorsi mondiali di Saint Quentin en Yvelines, vi accorgerete subito che tra le azzurre Martina Alzini è quella con lo sguardo più selvaggio. Il segno che quella vittoria se l’è conquistata pedalata dopo pedalata. Ed è comprensibile che nell’avvicinamento ai Giochi di Parigi, la lombarda non voglia lasciare nulla al caso.

«A fine novembre – spiega – abbiamo fatto un ritiro con la nazionale, dove Bragato ci ha dato dei lavori da fare che non avevo mai affrontato a novembre. Lui per questo è molto disponibile e tutti i lavori in preparazione degli europei tornano utili anche su strada. Ho lavorato sui cambi di ritmo, sulla forza resistente, sulla forza… Le cose che di solito si fanno a dicembre, però allungando, facendo qualche oretta di più su strada. Ho molta fiducia in questo programma e l’obiettivo delle Olimpiadi è alla base. E’ il sogno di tutti».

Per Martina Alzini, il 2023 sarà la seconda stagione in maglia Cofidis
Per Martina Alzini, il 2023 sarà la seconda stagione in maglia Cofidis

Orgoglio iridato

La vittoria di quel mondiale ha cambiato le cose. Nel gruppo delle pistard azzurre è scattata una diversa consapevolezza, come se i tanti passi fatti sotto la guida di Salvoldi siano diventati di colpo la base da cui hanno spiccato tutte il volo verso un livello superiore per il quale erano già pronte. Nessuna di loro si tirerà indietro.

«Io penso che dall’ottobre scorso – conferma Alzini – sia cambiato qualcosa. Parlo al livello del quartetto. Correre con quella maglia addosso è un grande prestigio e per questo bisognerà sempre puntare a dare il massimo. Penso che quest’anno tutte vorremo esserci, sia in Coppa del mondo, come pure agli europei e ai mondiali. Non è un segreto che quando corri con quella maglia addosso, vuoi solo che vincere, dare al massimo e riconfermarti. Ecco perché voglio partire bene agli europei. Ecco perché lo vogliamo tutte».

Ai mondiali di Saint Quentin en Yvelines, oro per Alzini nel quartetto e per il compagno Thomas nella madison
Ai mondiali di Saint Quentin en Yvelines, oro per Alzini nel quartetto e per il compagno Thomas nella madison

Enigma Glasgow

Quella che si va delineando è una stagione concitata. Prima gli europei. Poi arriva la strada con le classiche e i Giri. Poi ci saranno i mondiali e quelli di Glasgow saranno da mal di testa, con tutte le specialità del ciclismo concentrate negli stessi dieci giorni.

«Devo ancora definire un po’ di programmi con la squadra – spiega Alzini – non sono ancora sicura di fare il Tour, dobbiamo vedere. Io da buona italiana vorrei dare spazio al Giro, mentre il resto dell’estate è un po’ caotico. Con i mondiali di Glasgow bisogna conciliare bene le cose e soprattutto bisogna arrivare con una buona condizione».

Alzini è nata a Legnano: classe 1997, è alta 1,80 e pesa 64 chili
Alzini è nata a Legnano: classe 1997, è alta 1,80 e pesa 64 chili

«Per come vanno ultimamente le stagioni – prosegue Alzini – si rischia di arrivare al cuore dell’estate già abbastanza stanchi. Quindi secondo me il lavoro da fare consiste nel preservarsi il giusto, per arrivare bene ad agosto. La pista è il mio grande amore. Però devo ammettere che tra i miei obiettivi potrebbe esserci quello di guadagnarmi una convocazione su strada con il cittì Sangalli…».

Il piatto è ricco, forse anche troppo: i mondiali così concentrati saranno una fase complessa da gestire. Perché il gruppo funzioni, bisogna che i singoli arrivino a Glasgow al massimo della forma e non è detto che questo sia nell’interesse delle squadre. Questa volta il lavoro di Villa e Bragato sarà ancora più complesso: non è per caso che sia iniziato già nel ritiro azzurro di dicembre.

Per la tappa di Bergamo, Consonni dice no al Tour

03.01.2023
6 min
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Consonni sapeva che il 2022 non sarebbe stato un anno semplice. Dopo essere stato per due anni nell’ombra di Viviani, la Cofidis lo ha scelto per andare avanti nei panni del velocista, ma ritrovarsi di colpo nei panni del front man non è stato semplice e Simone lo sapeva.

Nel frenetico e insano 2022 della caccia ai punti per non uscire dal WorldTour, il suo tabellino parla di una vittoria, un secondo e un terzo posto. Forse meno di quanto si aspettasse, ma quanto basta per pensare che si possa andare meglio.

«Per questo – dice e sorride – voglio che il 2023 sia un anno importante. La verità è che lo dico da un paio d’anni e sono sempre lì che navigo a metà gruppo. Ma spero veramente che questo sia quello della svolta. Il 2022 è stato di gavetta, nel passaggio tra il lavoro da ultimo uomo e il tornare a far le volate. A inizio stagione si è visto che stavo veramente veramente bene, però ho sbagliato tante volte nell’ultimo chilometro. Mi mancavano certi meccanismi che si acquisiscono solo facendo e rifacendo le volate».

Vittoria a fine stagione: Simone Consonni vince così la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Vittoria a fine stagione: Simone Consonni vince così la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
A tua discolpa ci sono stati anche vari acciacchi, no?

Dopo l’italiano sono stato per 20 giorni fuori a causa di un virus intestinale, che mi ha debilitato. Ero in altura e veramente non riuscivo a fare più di un’ora. Poi sono sceso, sono migliorato pian pianino, sono andato al campionato europeo e ho fatto l’argento nell’omnium. Ma due giorni dopo che sono tornato a casa, è arrivato un tampone positivo. Stavo bene, ma sono venuti altri 10 giorni di riposo completo. 

Maledetto Covid…

Anche per rispetto di questo virus che ci ha fatto tanto male negli anni passati, mi sono fermato. E poi è venuto fuori un finale di stagione veramente ottimo per quanto riguarda le sensazioni su strada. Sono venuti dei piazzamenti e sono riuscito a vincere una corsa. Magari non era super blasonata, però c’era un parterre di velocisti veramente importanti. Di questo sono stato molto contento e ne ho tratto ottime sensazioni. A quel punto restava il mondiale su pista, ma sono stato un po’ sottotono a livello mentale. Ci siamo arrivati veramente tutti a tutta, soprattutto quelli che venivano dalla strada, abbastanza dal limite di energie mentali.

Da quest’anno la Cofidis corre su bici Look, provate per la prima volta nel ritiro di dicembre
Da quest’anno la Cofidis corre su bici Look, provate per la prima volta nel ritiro di dicembre
Oggi che rapporto hai col Covid?

Le cose sono cambiate. Mi ricordo ancora quando ai primi anni magari avevi un po’ di influenza o anche un po’ di febbre e la squadra diceva: «Vabbè, prendi, parti e poi vediamo». Mi ricordo una tappa al Giro d’Italia in cui la mattina avevo 38 e mezzo di febbre. Era il giorno della crono individuale e la squadra mi ha detto di partire, che poi la sera avremmo visto. Adesso questo non c’è più, nel senso che si tende sempre a preservare i corridori e la nostra salute. C’è più rispetto per il Covid e anche per l’influenza, che spesso ti può mettere fuori combattimento.

Gli europei su pista di febbraio saranno il lancio per la stagione su strada?

Si, assolutamente. Non ho ancora il programma definitivo, però gli europei sono saranno un passaggio obbligatorio verso la stagione. Si riparte da quello che so fare meglio, quindi dalla pista, sperando che porti entusiasmo per le corse su strada.

Una partecipazione scontata?

Saranno gli europei nell’anno prima delle Olimpiadi, quindi nessuno è sicuro del posto, anche se siamo campioni olimpici. Prima dovremo meritarci il posto per entrare a far parte del quartetto o dell’americana. In chiave olimpica, mi piacerebbe essere competitivo nell’omnium, per cui gli europei saranno un passaggio molto importante.

E’ diventato stressante vedere che nel quartetto c’è una concorrenza così forte?

No, è diventato motivante e molto, molto bello. Ci sono tanti corridori che possono essere inseriti in più ruoli. Questo è uno stimolo, per cui ognuno fa i suoi ragionamenti. E anche io forse dovrò tornare a pensare un po’ di più a essere schierato nel ruolo di primo uomo. Comunque, è bello quando c’è così tanta scelta, perché stimola ognuno di noi a dare il meglio.

Abbigliamento Van Rysel, casco e occhiali Ekoi, scarpini Shimano: si può andare
Abbigliamento Van Rysel, casco e occhiali Ekoi, scarpini Shimano: si può andare
Se ti diciamo Sanremo a cosa pensi?

Al mare (ride, ndr). Alla pista ciclabile. Ma soprattutto penso che per qualunque velocista, meglio ancora se italiano, quella corsa sia un emblema del ciclismo, qualcosa che tutti sognano. E quindi, come dicono tanti, sognare non costa nulla.

Giro o Tour?

Ci poteva essere il Tour, nel senso che mi sarebbe piaciuto fare il Tour, visto che l’anno prossimo non sarà ottimale per preparare le Olimpiadi. Per questo nel primo ritiro ho chiesto di farlo e la squadra aveva anche accettato. Il problema è stato che poi hanno presentato il Giro…

E che cosa è cambiato?

Ho visto la tappa di Bergamo. Su e giù dalle salite dove mi alleno sempre. E siccome da quando sono professionista non ho mai corso sulle strade di casa, anche se non vincerò mai quella tappa, potrò godermela veramente. Potrò godermi gli amici, i compagni e i parenti che saranno sulle strade.

Simone Consonni è professionista dal 2017: primi tre anni alla UAE Emirates, altri tre alla Cofidis
Simone Consonni è professionista dal 2017: primi tre anni alla UAE Emirates, altri tre alla Cofidis
Per questo hai cambiato idea?

Per questo ho chiesto di non fare più il Tour, perché quella tappa l’ho sempre sognata. Si fa Valcava. Si scende per Bedulita. Si fa la Roncola. Si passa per Brembate. Si passa dai paesi dove mi ricordo che ho iniziato a girare con la mia mountain bike tutta scassata. Sarebbe stata una tappa difficilissima da vedere in televisione. Voglio assolutamente farla e mi piacerebbe godermi quel giorno, sperando di non essere nell’ultimo gruppetto a lottare per il tempo massimo, magari 10 minuti più avanti. 

E del mondiale strada cosa si può dire?

E’ qualcosa di affascinante, bellissimo e stimolante. Però sono obiettivo: sono Simone Consonni e voglio fare una cosa fatta bene. Per questo adesso la mia testa è al 100 per cento sulla pista, poi non si sa mai. Durante la stagione vedremo come si evolverà la situazione 

Cimolai dà un calcio alla iella e riparte dall’Australia

01.01.2023
4 min
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Incontro nelle campagne di Denia, prima di tornare a casa per le Feste. I ragazzi della Cofidis sono usciti alla spicciolata, divisi in gruppi in base al calendario e alle attitudini. Cimolai è uno degli ultimi, forse per la necessità di recuperare un anno record fatto di 88 giorni di corsa. I record, si sa, fanno sempre piacere, a meno che non ci si finisca dentro per errore o per necessità.

«Per necessità della squadra – sorride il friulano – come la Vuelta ad esempio. Non era prevista e all’ultimo mi hanno chiamato per il supporto di Brian (Coquard, ndr), per cui ho accettato volentieri, concludendo poi la stagione. Poi però è saltato fuori che volevano farmi fare le quattro corse rimaste in Italia e sono arrivato fino alla Veneto Classic…».

Consonni e Cimolai, due velocisti azzurri della Cofidis, che nel 2022 si sono spesso sovrapposti per la caccia ai punti
Consonni e Cimolai, due velocisti azzurri della Cofidis, che nel 2022 si sono spesso sovrapposti per la caccia ai punti
Come com’è andato questo primo anno alla Cofidis?

Difficile, ma non per colpa della squadra o di qualcuno in particolare. Solo che nei due periodi di forma che avevo raggiunto dopo la Tirreno e poi dopo il Giro d’Italia, ho avuto prima una grossa bronchite che mi ha messo fuori gioco per due settimane fermo e poi il Covid. Ho saltato gli appuntamenti più importanti dell’anno come la Milano-Sanremo e le corse successive. Questo ha complicato anche la preparazione al Giro. Infatti ci sono arrivato così così. Poi strada facendo la condizione è cresciuta…

Pensavi che tutto fosse avviato bene, invece?

Ho pensato di concentrarmi sul campionato italiano, che era il secondo grande obiettivo dell’anno. Invece ho preso il Covid. Quindi è stato veramente un anno difficile dal punto di vista fisico. Perciò adesso pensiamo al 2023, mi pare di essere partito bene e confido di stare bene fisicamente, che per me è la cosa più importante per tornare ai miei livelli.

Il pieno di barrette e poi Cimolai parte per l’allenamento sulla nuova Look
Il pieno di barrette e poi Cimolai parte per l’allenamento sulla nuova Look
In squadra c’è il pieno di velocisti, com’è l’equilibrio tra voi?

E’ stato un anno particolare, perché eravamo in lotta per la retrocessione. E’ stato questo il motivo per cui non abbiamo corso sempre per vincere, ma per portare a casa più punti possibili. Quindi ho capito le esigenze della squadra e così facendo ci siamo garantiti il posto WorldTour per altri tre anni. Credo che adesso siamo tranquilli e sicuramente il prossimo anno correremo in maniera un po’ diversa.

Quindi ci sarà spazio per qualche volata di Cimolai?

Spero di sì, ma prima devo sentirmi bene, trovare il top della condizione. Poi penso di avere sicuramente le mie opportunità. Dobbiamo ancora parlare di programmi, ma se mi chiedete cosa mi piacerebbe fare, vorrei tornare al Giro.

La nuova maglia Van Rysel ha striature di rosso scuro sulla base del rosso più classico
La nuova maglia Van Rysel ha striature di rosso scuro sulla base del rosso più classico
Anno nuovo e materiali nuovi, cosa te ne pare?

Abbiamo testato le nuove bici proprio in questi giorni del primo ritiro. Un bel progresso e quindi non abbiamo più scuse. Bene anche l’abbigliamento Van Rysel. Posso dire che nonostante sia un marchio nuovo, la qualità è buona. Perché ad esempio montiamo gli stessi fondelli Assos, sono contento del materiale che ci hanno dato. La squadra ha scelto dei nuovi partner non solo perché sono francesi, ma perché hanno la voglia di crescere e prendono noi professionisti come ottimi tester.

Prima corsa?

Tour Down Under, Australia. Ci torno per la sesta volta, quindi sono più avanti con la preparazione. Non era in programma onestamente, poi per vari fattori ripartirò da là, quindi in queste ultime settimane, dovrò darci dentro. Perciò adesso si parte. E buon anno a tutti!

Camera ipobarica: tanti la usano, nessuno ne parla

21.05.2022
5 min
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Di base Oldani ha ragione: è assurdo che ci sia chi può e chi no. «Il discorso della camera ipobarica – ha detto giovedì dopo la vittoria – è una questione vecchia che nessuno ha più preso in mano. Credo che solo uno o due Paesi al mondo ormai non concedano questi tipi di allenamenti. Più di tre quarti del gruppo ne fa utilizzo. Noi italiani siamo in svantaggio. Prima del Giro mi sono fatto due settimane di altura sull’Etna da solo, quando la mia squadra era tutta in Spagna presso questi hotel con la camera ipobarica. Si allenavano insieme, facevano gruppo, avevano i meccanici, i massaggiatori, mentre io no. E ogni volta per tornare in quota dovevo farmi un’ora di salita non avendo la macchina al seguito».

Dopo la vittoria di Genova, Oldani ha ripetuto il suo malumore per il divieto d’uso della camera ipobarica
Dopo la vittoria di Genova, Oldani ha ripetuto il suo malumore per il divieto d’uso della camera ipobarica

Hotel Syncrosfera

Oldani non era solo perché con lui c’era Fiorelli, ma di certo non era con la sua squadra. E anche se a nessuno sembra interessare la sua rimostranza, resta il fatto che quello della tenda ipobarica sia un tema attuale.

Secondo la WADA non è doping e di certo è il modo più rapido per ottenere il vantaggio dall’altura, senza dover andare sulla cima di un vulcano. Gli esiti fisiologici sono gli stessi. La filosofia di base è la stessa. Il metodo di lavoro identico. Solo le normative sono diverse: ad ora soltanto italiani e svizzeri non possono farvi ricorso.

Così, mentre Oldani faceva su e giù dall’Etna e a dispetto della diseguaglianza ha vinto la tappa di Genova, i suoi compagni soggiornavano al Syncrosfera dell’ex pro’ russo Alexander Kolobnev.

Il Syncrosfera di Denia è stato costruito da Alexander Kolobnev, ex pro’ russo (foto Instagram)
Il Syncrosfera di Denia è stato costruito da Alexander Kolobnev, ex pro’ russo (foto Instagram)

In altura, sul mare…

L’hotel si trova a Denia ed è dotato delle cosiddette camere d’altitudine, dove viene simulato l’effetto di un ritiro in quota, mentre i corridori continuano ad allenarsi al livello del mare. Come sul Teide o sull’Etna, per fare un esempio: si scende per allenarsi e si dorme in alto.

La volontà, dichiarano dall’hotel, è quella di porsi come un hotel per sportivi e avere tutte le strutture per soddisfare le esigenze degli atleti. Con una cinquantina di euro in più, si può soggiornare in una delle quindici camere dotate di un generatore in grado di simulare un’altitudine fino a 4.500 metri sul livello del mare. Il generatore non è fisicamente presente nella stanza, quindi c’è poco inquinamento acustico. Non si sente il generatore e nemmeno il flusso d’aria necessario per portare l’ossigeno al livello desiderato.

Un controller a parete, come un termostato, per impostare la quota voluta (foto Syncrosfera)
Un controller a parete, come un termostato, per impostare la quota voluta (foto Syncrosfera)

In Slovenia e Australia

La cosa non è nuova. In Slovenia, ad esempio, l’altro ex professionista Tadej Valjavec ha aperto un hotel con le stesse caratteristiche, mentre a Canberra il Comitato olimpico australiano gestisce un condominio con camere ipobariche dal 2014.

In Europa è ancora territorio inesplorato. Italia e Svizzera applicano restrizioni per i propri atleti, così Oldani non ha potuto seguire la sua squadra, giacché l’agenzia antidoping italiana ne vieta l’uso anche all’estero.

Spendendo circa 50 euro in più per notte, si può ricorrere alle funzioni ipossiche (foto Syncrosfera)
Spendendo circa 50 euro in più per notte, si può ricorrere alle funzioni ipossiche (foto Syncrosfera)

Quattro stelle

L’Hotel Syncrosfera di Denia ha quattro stelle ed è diventato la meta di altre squadre oltre alla Alpecin-Fenix. E’ piuttosto immediato coglierne la comodità. Per un ritiro in altura a gennaio o febbraio, la soluzione è recarsi sul Teide, sull’Etna o a Sierra Nevada, dove è possibile dormire oltre i 2.000 metri di quota. Fuori però è freddo: siamo stati diretti testimoni della nevicata che lo scorso anno bloccò le ragazze della nazionale azzurra sull’Etna.

Kolobnev ha risolto il problema. E dato che lui per primo era allergico ai lunghi ritiri in altura, dopo aver smesso di correre, ha pensato a un luogo in cui i corridori possono allenarsi al livello del mare durante il giorno e dormire comodamente in quota di notte.

Nell’hotel ci sono piscine e palestre: una vera casa per sportivi (foto Syncrosfera)
Nell’hotel ci sono piscine e palestre: una vera casa per sportivi (foto Syncrosfera)

Diffusione belga

Stando ai corridori belgi che fanno largo uso della tenda ipobarica in casa (secondo Het Nieuwsblad, si parla di circa l’80 per cento dei professionisti di lassù), dormire in una camera così dà indubbi vantaggi di comfort rispetto alla tenda ipobarica.

Victor Campenaerts, che già in passato aveva creato scompiglio dicendo di aver simulato una quota di 4.700 metri ottenendo vantaggi clamorosi (che però non si sono tradotti in vittorie), spiega che la stanza ipobarica è più confortevole della tenda. Intanto perché la tenda è molto rumorosa, avendo il compressore attaccato, quindi il sonno è disturbato. E poi perché si è costretti a dormire con un orinatoio accanto al letto, in modo da non uscirne qualora si debba andare in bagno.

Kolobnev, classe 1981, è stato professionista dal 2002 al 2016, anno in cui ha chiuso con la maglia Gazprom
Kolobnev, classe 1981, è stato professionista dal 2002 al 2016, anno in cui ha chiuso con la maglia Gazprom

Tutti a Denia?

Non è doping, altrimenti andrebbe considerato allo stesso modo il fatto di andare in altura e bisognerebbe dichiarare fuorilegge i colombiani o gli eritrei che vivono regolarmente sopra i 2.000 metri. Perché vietarla? 

In Italia sono considerati doping ematico e quindi sono proibiti i processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria. L’aggettivo “artificiale” fa la differenza, salire su una montagna di 3.000 metri è un processo naturale. Tuttavia la Wada non ha trovato l’accordo sul tema e ha lasciato alle singole Nazioni la libertà di scelta.

Così ad esempio, a quanto risulta al belga Het Nieuwsblad, dovrebbero presto alloggiare al Syncrosfera il UAE Team Emirates, Lotto-Soudal, Alpecin-Fenix e Groupama-FDJ. A loro si dovrebbero aggiungere due squadre di calcio appena conosciute: Barcellona e Real Madrid. Il tutto mentre in Italia resta una pratica proibita. Ha senso in questo sport mondializzato, in cui tutti devono sottostare alle stesse regole, che ci siano ancora certe differenze?

A Denia la distanza che fa pensare al ritorno di Van der Poel

08.03.2022
3 min
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Il periodo non è stato semplice, ma forse Mathieu Van der Poel torna a vedere la luce. L’ultima corsa è stata la Roubaix dello scorso ottobre. Poi un paio di apparizioni nel cross e complice la caduta in allenamento e il successivo intervento al ginocchio, mettendo sul piatto anche il mal di schiena, hanno sconsigliato il fenomeno olandese dal riprendere.

Quasi 205 chilometri per Van der Poel in 7 ore 05′ e 245 watt di potenza ponderata (@strava)
Quasi 205 chilometri per Van der Poel in 7 ore 05′ e 245 watt di potenza ponderata (@strava)

Mathieu ha così rinunciato ai mondiali di ciclocross, ma adesso sta accelerando la preparazione con quel chiodo fisso di tornare alle corse almeno dal Giro delle Fiandre. Logica vorrebbe che si rodasse un po’ prima, ma con certi atleti la logica ha già dimostrato da un pezzo di essere fallibile.

Salgono i giri

La preparazione è ripresa con gradualità all’inizio di febbraio, ma dopo tre settimane l’olandese si è messo alla prova con un’uscita di di 7 ore 5′, di cui ha chiaramente lasciato traccia su Strava.

L’allenamento dal profilo e dal dislivello di una Liegi si è svolto nell’entroterra di Denia (@strava)
L’allenamento dal profilo e dal dislivello di una Liegi si è svolto nell’entroterra di Denia (@strava)

Stando ai dati messi online, Van der Poel ha effettivamente percorso 205 chilometri, con 4.017 metri di dislivello e una potenza media ponderata di 245 watt. Wout van Elzakker, che quest’anno corre alla Bahrain Cycling Academy, lo ha accompagnato durante l’allenamento e ha così commentato: «Mathieu van der Poel, il re dell’allenamento inaspettato».

Quadro di insieme dell’allenamento, suddiviso nelle varie fasi di lavoro (@strava)
Quadro di insieme dell’allenamento, suddiviso nelle varie fasi di lavoro (@strava)

Lavoro duro

Van der Poel si trova a Denia, in Spagna. Stando a quanto dichiara Strava e sapendo che non sempre i campioni caricano tutto, dalla ripresa degli allenamenti all’inizio di febbraio, il campione olandese ha percorso circa 3.000 chilometri, con 47.681 metri di dislivello. Il suo ritorno alle gare è atteso durante il Giro delle Fiandre e alla Parigi-Roubaix in aprile. Anche se probabilmente non sarà ancora pronto al 100 per cento. Voi vi stupireste se arrivasse lassù e lasciasse la zampata?

Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)

Ciccone, il Giro e poi la Vuelta da capitano

12.01.2021
4 min
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In un altro momento, in un mondo finalmente liberato dalla pandemia, saremmo seduti con Ciccone su una sdraio a bordo piscina dell’hotel di Denia,  cercando di capire dove lo porteranno nel 2021 le sue gambe e la sua ambizione. Giulio (in apertura nella foto Grenaa-Harper) sarebbe la solita esplosione di battute. Poi, in base agli argomenti, cadrebbe in una delle pause in cui inciampa da quando la vita lo ha costretto a diventare grande.

Il mondo tuttavia non è affatto libero, cose da dire ce ne sono e un modo per metterle insieme s’è comunque trovato. Una videocamera. Una connessione. E benvenuto a Giulio Ciccone.

Giulio Ciccone, Trofeo Laigueglia
A inizio stagione, Ciccone vince il Laigueglia
Giulio Ciccone, Trofeo Laigueglia 2020
A inizio stagione, Ciccone vince il Laigueglia
Come stai?

Lo spirito è sempre buono, la voglia e l’entusiasmo sempre più alti. Ho un bel morale, dopo aver passato momenti davvero brutti.

Che cosa hai trovato sotto l’albero di Natale?

Un calendario molto importante e tanta fiducia da parte della squadra. Valenciana, Tirreno e Sanremo. Non le Ardenne, perché in quel periodo andrò in altura preparando il Giro, con cui ho un conto in sospeso. Ritrovarmi in quelle condizioni mi ha fatto male, moralmente e fisicamente, per questo la voglia di tornare era tanta. Poi c’è la novità della Vuelta, che non ho mai corso e in cui farò il capitano.

Primo grande Giro da capitano?

Mi metterò alla prova per vedere cosa posso fare. Onestamente non so cosa aspettarmi. Nel 2019 ho fatto il Giro pensando alle tappe. Subito dopo ho fatto il Tour, tenendo duro per una decina di giorni. Perciò l’obiettivo in Spagna potrebbe essere un posto nei cinque. Al di fuori, sarebbe un risultato deludente.

Giulio Ciccone, Cesenatico, Giro d'Italia 2020
Fatica e problemi a respirare nella tappa di Cesenatico al Giro
Fatica e problemi a respirare nella tappa di Cesenatico al Giro
Fatica e problemi a respirare nella tappa di Cesenatico al Giro
Le Olimpiadi non le consideri?

Dovevano essere l’obiettivo della scorsa stagione. Avevamo studiato il percorso e tutti i dettagli. Compreso il modo in cui gestire il clima un po’ particolare. Ora restano un obiettivo, ma dovremo capire le intenzioni del cittì. Comunque nel calendario abbiamo ricavato un periodo di preparazione per arrivarci bene.

I ragazzi del Giro

Parlando del Giro con Luca Guercilena e poi anche con Nibali, a un certo punto nelle scorse settimane era venuto fuori il suo nome. Si era lì a spaccare il capello sul perché non ci fosse stato un italiano tra i ragazzi del Giro ed entrambi hanno tirato fuori il nome di Giulio. Che ascolta, riflette e rilancia.

«Nel mio carattere – dice Ciccone – ci sono sempre la grinta e la voglia di fare. Ripartire dopo il Covid è stato una prova di coraggio, anche se alla fine non è servito a niente. Al Giro il morale era alto, la condizione no, ma sembrava che stesse arrivando. A Camigliatello e a Roccaraso mi sono sentito quasi bene, ma quando si mette di mezzo la salute… Sono passato dallo stare davanti con 30 corridori senza una gran condizione, a staccarmi da 100…».

Hotel Sella Golf Resort di Denia, Trek-Segafredo
Il ritiro della Trek si sta svolgendo a Denia, al Sella Golf Resort, sulla costa tra Valencia e Murcia
Hotel La Sella Golf Resort, Denia, Trek Segafredo
Il ritiro Trek a Denia, nella provincia di Alicante
Per fortuna a inizio anno avevi vinto…

A Laigueglia, vittoria che cercavo da mesi, da quando mia madre si è ammalata e volevo dedicarle qualcosa, trovando insieme il modo di sfogarmi. In quel momento non avrei mai potuto immaginare non tanto la positività al Covid, che poteva anche capitare, ma il ritiro dal Giro. E’ stato duro sul piano fisico e quello mentale.

Durante la tua assenza, ci sono stati dei ragazzini che hanno vinto tutto…

Non ho avuto modo di confrontarmi con loro, ma alla fine gli avversari sono tanti e non solo i ragazzi più giovani. Io credo che il 2021 riporterà la situazione in equilibrio, perché l’ultima è stata davvero una stagione anomala.

Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone, momento di test nel ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone, test nel ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Sei arrivato nel WorldTour dopo tre anni da U23 e tre con la Bardiani: Tiberi ci arriva con un solo anno alla Colpack. Cosa ne pensi?

Tiberi ha caratteristiche da atleta di grande spessore. Io ho vissuto un’esperienza più graduale e ho avuto un impatto meno brusco di quello che avrà lui. E onestamente mi ha fatto bene, perché fisicamente non ero pronto per sostenere un simile passaggio. Oggi si fa un gran parlare dei giovani che anticipano troppo, è un argomento particolare. Il livello si è alzato tantissimo, quelli più forti sono pronti anche a vent’anni. E Antonio è uno di loro.