Secondo in classifica generale alla Belgrado-Banjaluka, dopo aver vinto una tappa e essere stato due altre volte sul podio. Parliamo di una gara livello 2.2, certamente non una classica del calendario mondiale, ma serve per dare morale a uno come Davide Toneatti, venuto fuori a fatica da un 2023 davvero infausto. Sulle strade serbe il portacolori dell’Astana Development Team ha ritrovato soprattutto quel feeling con le due ruote che in certi momenti, lo scorso anno, sembrava perduto.
La sua voce, dopo la corsa in Serbia è evidentemente più rilassata, il risultato è la miglior medicina dopo le difficoltà affrontate: «So bene che il livello della corsa era quel che era – ammette – ma la partecipazione non era male, oltretutto è una gara che è nel calendario da anni e molte squadre la inseriscono sempre nella propria agenda. Era una corsa abbastanza varia, con la prima tappa piatta, poi una più mossa dove ho vinto in volata, la terza che era la più dura con 3.100 metri di dislivello e 180 chilometri da affrontare e ho fatto 3°, infine l’ultima ancora piatta e sono stato terzo anche lì».
Sei stato sempre protagonista, qualcosa che lo scorso anno sembrava a un certo punto diventata un’utopia…
Sicuramente sulla mia costanza a quel livello ha influito molto la voglia di rifarmi. Stare fermo per 8 mesi lo scorso anno non ha certamente aiutato la mia crescita, ma so che quest’inverno ho finalmente potuto lavorare bene mettendomi i problemi fisici alle spalle, sapevo che c’erano tutte le condizioni per uscire allo scoperto.
Nei 23 giorni di gara messi finora da parte, hai colto 8 presenze in top 10 oltre alla vittoria di Vlasenica. Ora si parla di te come di uno stradista, mettendo da parte quella dicotomia fra strada e ciclocross che ti contraddistingueva…
Questo per me è molto importante, significa che inizio ad assumere una piena identità su strada che è quello che voglio. Ho bisogno di trovare la mia dimensione, lo scorso anno sono stato quasi sempre a guardare gli altri, ora inizio a ritrovare un po’ di sicurezza nei miei mezzi.
Cominci anche a capire quali sono le situazioni di gara che più ti si addicono?
Io prediligo i percorsi impegnativi, quando le salite fanno la differenza e scremano il gruppo. Le salite medio-brevi sono quelle dove mi trovo meglio, su quelle lunghe mi manca ancora qualcosa anche se vedo che sono sempre più resistente e vado migliorando. I progressi ci sono, spero che ci siano anche nel prosieguo della stagione.
Ora che cosa ti aspetta?
La prima parte di stagione è finita, ora farò un paio di settimane in altura per essere al Giro del Giappone dove andrò per fare classifica considerando le caratteristiche delle tappe. Poi vedremo che cosa porterà il calendario.
Com’è l’atmosfera in seno al team, anche in considerazione dei cambiamenti in atto nel complesso dell’Astana, in piena trasformazione come caratteristiche?
L’atmosfera è buona, quello del devo team è davvero un bel gruppo, molto unito, fatto di amici che si sentono anche al di fuori della nostra attività. Questo poi aiuta tantissimo in gara perché tutti si lavora insieme per un unico obiettivo che è la vittoria di uno di noi.
Con la prima squadra, al di là delle chiamate com’è stato per te con la trasferta in Oman, ci sono contatti?
So che ci guardano costantemente, che c’è un contatto quotidiano fra i diesse dei due team. L’intenzione è quella di rimpolpare quanto prima il team del WorldTour con giovani, forze fresche per proseguire quell’opera di rinnovamento.
Tu hai corso anche il Giro d’Abruzzo con la prima squadra, che esperienza è stata?
Intanto devo dire che la squadra mi ha fatto correre senza pressione. E’ chiaro che tutti noi lavoravamo per Lutsenko e si è capito subito che aveva una buona gamba. Di partenza la nostra non sembrava una squadra all’altezza della Uae, con me e un altro ragazzo del devo team, invece alla fine, lavorando di concerto siamo riusciti a sovvertire i pronostici.
Come ti sei trovato?
Devo dire che quei quattro giorni sono stati molto istruttivi, ho imparato tanto e anche nei frangenti quando sono stato chiamato in causa, come ad esempio nella prima fase della salita di Prati di Tivo dove dovevo un po’ pilotarlo, è stato esaltante. La sua vittoria è stata la vittoria di tutto il team, credo che poi abbia anche influito sui miei successivi risultati in Serbia.