Malacarne-Viezzi, videochiamata fra 2 epoche del cross

05.12.2023
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Davide Malacarne e Stefano Viezzi: fra loro ci sono 19 anni di differenza, come 19 sono gli anni fra il 2004 dell’ultima vittoria in Coppa del mondo del primo e quella di Viezzi a Troyes. Appena una settimana dopo, il friulano si è presentato a Dublino e ha vinto anche la seconda tappa della challenge del cross, rafforzando il suo primato in classifica.

Tanti punti in comune e tante differenze fra i due. Malacarne, molto impegnato nel suo lavoro per Gobik e Ridley, ammette che non ha avuto tempo e modo di vedere direttamente le imprese di Viezzi, ma lo ha seguito attraverso i media e i social, apprezzando come il friulano sia riuscito a ricucire un periodo di astinenza fin troppo lungo. Abbiamo allora pensato di metterli direttamente in contatto, attraverso le possibilità che la tecnologia oggi consente, per una chiacchierata che ha riservato molti spunti d’interesse.

Pontoni e Viezzi, un selfie per celebrare il suo secondo successo. Prossimo impegno a Namur il 17 dicembre
Pontoni e Viezzi, un selfie per celebrare il suo secondo successo. Prossimo impegno a Namur il 17 dicembre

Un tuffo nel passato

«Le vittorie di Stefano mi hanno fatto tornare indietro con la memoria – esordisce Davide – e mi fa piacere potermi complimentare direttamente con lui che sta dando nuova luce alla nostra disciplina. Seguo purtroppo poco quello che era il mio mondo, ma so bene che cosa significa essere in cima al mondo ed è una bellissima sensazione».

«Non posso che ringraziare Davide per le sue parole – replica subito Viezzi – io mi sto impegnando al meglio e sto anche scoprendo tante cose. A Dublino dove per la prima volta, indossando la maglia di leader, sapevo di essere il punto di riferimento per i corridori. Perciò ho corso di rimessa lasciando l’iniziativa agli altri fino a un giro e mezzo dalla fine, quando ho rotto gli indugi ed è andata bene».

Davide riprende la parola e lancia un primo argomento di discussione: «E’ passato molto tempo fra le nostre due carriere e conoscendo ora Stefano, voglio dirgli di non ripetere i miei errori, per poter rimanere sulla cresta dell’onda».

Gli errori del “Mala”

Quali sono questi errori? «Lasciarsi influenzare da commenti e valutazioni esterne che finiscono per fuorviare. E’ innegabile – spiega – che i nostri tempi vissuti sulla bici siano diversi, oggi siamo nell’era della multidisciplinarietà. Esempi come quelli di Van Der Poel e Van Aert hanno cambiato tutto, stanno influenzando la cultura stessa del nostro sport. Allora era diverso, era un ciclismo più radicale dove il ciclocrossista era visto come lo sfigato. Quello di serie B che era quasi costretto a scegliere il passaggio armi e bagagli alla strada. Ma per un cambiamento totale, soprattutto qui in mezzo alle radicate tradizioni italiane, ci vuole tempo e per questo Stefano deve resistere alle pressioni esterne».

«Spero davvero di non trovarmi in una situazione simile – risponde il leader di Coppa – io da parte mia non ho la minima intenzione di mollare il cross, anche se, come è normale che sia, guardo alla strada come attività primaria. Questo però non deve comportare una scelta, sono specialità che possono benissimo coesistere».

La splendida stagione di Viezzi è iniziata con la vittoria nell’apertura del Giro d’Italia a Tarvisio (foto Billiani)
La splendida stagione di Viezzi è iniziata con la vittoria nell’apertura del Giro d’Italia a Tarvisio (foto Billiani)

I consigli interessati

L’argomento, ricordando anche le tante discussioni dopo la conquista del titolo mondiale 2005, solletica ancor di più Malacarne, che poi ha avuto una buona carriera nel WorldTour (anche se allora si chiamava ProTour) dal 2009 al 2016 fra Quick Step, Europcar e Astana.

«Sono d’accordo – sorride – e da tifoso italiano trovo le parole di Stefano molto incoraggianti. Valutando bene gli impegni si può fare tutto. E’ giusto considerare la strada come impegno fondamentale per la propria carriera, ma va fatto in maniera ponderata. Se c’è un atteggiamento di chiusura da parte di chi consiglia, posso solo dire a Stefano di chiedersi sempre perché, che cosa c’è dietro da parte di chi la pensa in quel modo».

Ma se Malacarne avesse corso nel ciclismo di Van Aert e Van der Poel, sarebbe cambiato qualcosa? «Probabilmente sì considerando il peso che hanno. Anche ai miei tempi – risponde il veneto – c’era chi correva su strada a buoni livelli, da Sven Nys a De Clercq, ma non era la stessa cosa, non avevano quell’importanza. Ora la multidisciplina comanda: lo stesso Pogacar d’inverno fa qualche gara di cross e nessuno lo condanna per questo».

Malacarne ha corso su strada per 8 stagioni, conquistando anche una tappa alla Volta a Catalunya
Malacarne ha corso su strada per 8 stagioni, conquistando anche una tappa alla Volta a Catalunya

Due epoche diverse

Stefano, hai avuto occasione di vedere online qualcuna delle gare di cross al tempo di Malacarne? «Non ho visto direttamente quelle di Davide – ammette il friulano – ma alcune sì, soprattutto le imprese di Pontoni. Le differenze con i cross di adesso sono notevoli, soprattutto a livello di componentistica e di percorsi. La cosa che mi ha colpito è che gli ostacoli allora si speravano ancora a piedi, ora li saltiamo direttamente…».

«Il cross stava cambiando ai miei tempi – ricorda Malacarne – si cominciava anche allora a superare le tavole rimanendo in bici. Prima dei miei tempi le gare erano molto più basate sulla parte podistica e le bici pesavano tantissimo. Si cominciava a lavorare sulle sue varie componenti. Ora il peso è enormemente minore e questo ha contribuito a cambiare lo stesso modo di intendere la specialità».

Per Viezzi una discreta stagione su strada per il Team Tiepolo, con il 2° posto al Giro del Friuli (foto Instagram)
Per Viezzi una discreta stagione su strada per il Team Tiepolo, con il 2° posto al Giro del Friuli (foto Instagram)

Belgio e Olanda? Semplici comparse…

Continuiamo nel confronto fra le due epoche, partendo dalle prove di Viezzi, che ha avversari di valore, ma pochi provenienti dalle due patrie della specialità, Belgio e Olanda. Perché?

«E’ una bella domanda. Io credo – ragiona – che nelle categorie giovanili ci sia maggior concorrenza, tanti Paesi operano nel cross e possono emergere. Ogni gara è a sé, dipende dalle caratteristiche del corridore che si mette in luce su questo o quel percorso. Poi arrivando fra i professionisti, le due scuole principali fanno leva sul loro movimento di gare e prendono il sopravvento».

«Quando io vinsi il mondiale – annota Malacarne – il secondo fu uno svizzero che poi ha avuto una lunga carriera nel ciclocross, terzo un tedesco che fino a due anni fa correva con la Bora. Belgi e olandesi? Neanche visti. Concordo con Stefano, quel che cambia con la crescita è la situazione culturale: in Belgio e Olanda con il cross si può vivere bene, si monetizza, c’è un gran movimento di gare con cui non possiamo competere. Ma pian piano anche altri Paesi stanno emergendo, la stessa Gran Bretagna non è più legata solo a Pidcock, tanto per fare un esempio».

Davide Malacarne si è ritirato da qualche anno. Lavora per Gobik e Ridley e conserva con cura i suoi ricordi
Davide Malacarne si è ritirato da qualche anno. Lavora per Gobik e Ridley e conserva con cura i suoi ricordi

Lo stimolo Philipsen

E’ il momento di chiudere la piacevole parentesi, ma prima Davide ha un augurio da fare: «Stefano, il talento e il tempo sono dalla tua parte, vai avanti su questa strada e pensa che è decisamente ora di riportare quella maglia a casa. E magari non solo quella…».

«Ce la metterò tutta – risponde fiero Viezzi – non ho paura di chi mi troverò davanti. So che anche Philipsen sta per arrivare, che punta alla terza maglia iridata dopo quelle su strada e in mtb: sarà uno stimolo in più…».

EDITORIALE / Trentin, Olivo, il ciclocross e le solite rapine

13.12.2021
4 min
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Trentin ci sapeva fare. Glielo leggevi anche nello sguardo. Era un misto di tecnica e cattiveria. Poi, come accadeva in quel tempo e ancora adesso se il corridore non si mostra abbastanza convinto, la strada se lo portò via. Malacarne la stessa storia e, guarda caso, fu ugualmente la Quick Step a distoglierlo dai campi del ciclocross, come già successo con Stybar che, se non altro, a differenza dei due azzurri, aveva vinto cinque mondiali e magari ci stava che volesse provarsi a fondo anche su strada.

Davide Malacarne è stato iridato di cross juniores e ha poi continuato a praticarlo con la Zalf
Davide Malacarne è stato iridato di cross juniores e ha poi continuato a praticarlo con la Zalf

Il caso Bryan Olivo

Come quando si va al Tour contro Pogacar, sarebbe ingiusto pretendere dai nostri azzurri che a Vermiglio e in genere nelle competizioni internazionali possano competere contro Van Aert, Van der Poel, Pidcock, Iserbyt e quelli che con il cross si guadagnano lautamente il pane.

Tuttavia resta il fatto che da noi e in altre parti d’Europa la strada continui a mangiarsi talenti con una voracità spesso fine a se stessa.

Negli ultimi due anni, senza andare troppo lontano, abbiamo visto sparire uno junior come De Pretto, molto atteso, e quest’anno Bryan Olivo, campione italiano juniores nel 2021. Le motivazioni che lo riguardano le abbiamo raccontate con dovizia di particolari senza che siano risultate troppo convincenti. Al primo anno da under 23, dicono, è necessario che si concentri sulla strada e semmai sulla pista. Ma proprio perché al primo anno da under 23 le attese dovrebbero essere calmierate (il Cycling Team Friuli dovrebbe essere maestra nel gestirle) che male gli avrebbe fatto correre la stagione invernale, entrando in gara su strada in un secondo momento? Oppure, anche non volendolo ammettere, siamo già lì a cercare il giovane fenomeno, pensando che dedicare due mesi al cross ci priverà di un potenziale Evenepoel tricolore, senza che ad ora ce ne siano state le avvisaglie?

Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo ai tricolori di Lecce 2021: il primo è ancora nel cross, il secondo (che li vinse) non più
Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo, poi vittorioso ai tricolori di Lecce 2021

Cross e Olimpiadi

E’ difficile capire se il ciclocross diventerà mai una disciplina olimpica (invernale). Van Aert ha ragione: la base dei Paesi in cui si corre è ancora troppo stretta e c’è da lavorare affinché si allarghi. In Italia gli anni scorsi hanno visto il moltiplicarsi delle… vocazioni, ma si tratta di ragazzi molto giovani che hanno bisogno di crescere. Allo stesso modo in cui si convogliano le migliori energie sulla pista, sarebbe perciò intelligente da parte della Federazione sostenere il settore e impedire che gli elementi di maggior qualità spariscano in nome di concetti superati.

Le parole di Van Aert a Vermiglio su ciclocross e Giochi sono state chiarissime
Le parole di Van Aert a Vermiglio su ciclocross e Giochi sono state chiarissime

La scelta di Lorenzo

Masciarelli sta in Belgio, anche lui al primo anno da under 23, con una stagione di anticipo rispetto a Olivo. E lassù, dove sono nati Van Aert e Iserbyt, Van der Poel e Vanthourenhout, gli hanno fatto il discorso opposto e un contratto di due anni.

«Prima ci prendiamo un paio di stagioni – gli ha detto il grande capo Mario De Clercq – per vedere se nel cross potrai arrivare al livello dei migliori. E se così non fosse, potrai cambiare a cuor leggero, sapendo di averci provato».

Nel frattempo però, Lorenzo correrà anche su strada con la continental della Pauwels. Allo stesso modo in cui Olivo, assecondando il suo estro, potrebbe capire il suo livello nel cross, facendo durante l’estate l’attività su strada che lo farà maturare e crescere. Perché in certi casi il volere del ragazzo viene calpestato?

Matteo Trentin, San Fior 2016
Matteo Trentin, qui a San Fior 2016, sparì dal ciclocross per il quale avrebbe avuto abilità e motore
Matteo Trentin, qui a San Fior 2016, sparì dal ciclocross per il quale avrebbe avuto abilità e motore

Gap di potenza

Perché una cosa si nota guardando gli azzurrini che ogni domenica vanno a scontrarsi contro i mostri: gli mancano i cavalli, quelli che vengono quando durante l’estate metti nelle gambe un paio di corse a tappe. Hanno pure le abilità tecniche, ma non riescono a trovare qualcuno che creda in loro in quanto ciclocrossisti e li faccia correre d’estate. Senza i tanto vituperati watt che derivano dall’attività e dalla necessaria maturazione fisica, non si va avanti. Portate Dorigoni (foto di apertura) al Giro d’Italia e al Val d’Aosta e poi ne riparliamo.

Piuttosto, come accade per Olivo, li mandano su pista. E se quest’ultima ha trovato il suo binario, con l’evidente lacuna del settore velocità, il cross merita di avere una chance. Sarebbe bello che se non ci penserà la Federazione (che tuttavia sostiene la Arvedi perché faccia correre i pistard), siano i tecnici dei club ad aprire gli occhi. Siamo tutti lì a cercare i nuovi Pogacar ed Evenepoel, ci farebbe proprio schifo trovare i nuovi Van Aert e Van der Poel?

Claudio Vettorel, Davide Malacarne, Coppa del mondo ciclocross 2005

Vettorel, ti ricordi quei giorni con il “Mala”?

06.01.2021
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Rileggere l’intervista a Davide Malacarne ha ridestato in Claudio Vettorel antichi ricordi. «Uno tosto» lo definiva il campione del mondo junior 2005 e l’allora Direttore Tecnico azzurro era esattamente così, con quella meticolosità che è sempre stata un suo caposaldo e che mette in pratica ogni giorno, nel suo lavoro di dipendente amministrativo all’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco).

«In questi mesi il lavoro è stato durissimo – dice Vettorel, che in apertura è proprio con il “Mala” dopo la vittoria nella Coppa del mondo 2005 – ma per certi versi esaltante e pieno di soddisfazione per tutti. Ogni volta che viene approvato un vaccino è un passo verso il ritorno alla piena libertà. Si lavora unendo la velocità al rigore, due qualità che fanno parte di me».

Ripercorriamo in breve la tua storia ciclistica…

Sono stato atleta fino al 1988, smisi a 24 anni, prestissimo, perché vedevo che non ero più competitivo. Gli altri volavano e non capivo il perché. Io ho sempre respirato ciclismo, sono nato in Belgio, a Huy dove arriva la Freccia Vallone, a 5 anni ero già in Italia ed ero già in bici… A 23 anni ero arrivato a Roma, richiamato dall’SC Spallanzani che allora organizzava la grande prova di ciclocross della Coppa del mondo. E grazie ai dirigenti potei fare i concorsi nella Sanità ed entrare nella Pubblica Amministrazione. Lasciai il ciclocross, ma non la bici, anzi. Nel 90 vinsi il primo titolo italiano di downhill nella Mtb.

Il tuo approdo alla guida tecnica azzurra a quando risale?

Al 2000. Negli anni avevo continuato a frequentare il mondo delle due ruote, facendo corsi da direttore sportivo e Maestro di Mtb. Venni contattato per fare il Ct del ciclocross e accettai: sono rimasto in carica fino al 2005, con le grandi gioie dei titoli mondiali di Franzoi nel 2002 e di Malacarne l’ultimo anno. Poi cambiò la guida in Federazione e venne scelto Scotti al posto mio. Un avvicendamento normale, come molto spesso avviene quando cambia il presidente. D’altronde Fausto sta lavorando benissimo, il movimento è cresciuto molto, ora avrebbe solo bisogno di una squadra professionistica specifica.

Che tempi erano quelli in nazionale?

Tempi ben diversi da quelli attuali. Avevamo a disposizione un budget molto limitato, potevamo viaggiare per gli eventi internazionali con pochi atleti, dovevo essere un buon economo (ma d’altronde è il mio lavoro…). Prenotavo io stesso i voli con Ryanair con grande anticipo per risparmiare. Con i ragazzi cercavo di trasmettere tranquillità e metterli nelle condizioni migliori per emergere. In una gara tutto deve funzionare al 100 per cento, devi controllare mille aspetti. Guardate cos’è successo domenica a Van Aert al cambio bici: altro che 3-4 secondi persi, un fatto del genere ti costa la concentrazione e quindi la gara.

C’era qualche talento che è stato “rubato” al ciclocross dalla strada?

Di Franzoi e Malacarne si è detto, ma io ricordo anche Marco Aurelio Fontana, che abbinava il ciclocross alla Mtb e poi si è dedicato pressoché interamente a quest’ultima. Questo mi fa venire in mente un aspetto: si parla tanto di multidisciplinarietà, ma a ben guardare ancora oggi sono pochi che corrono in più discipline. Quando gareggiavo io c’erano le kermesse a pagamento e tanti professionisti partecipavano d’inverno, senza l’ambizione di vincere, ma solo per esserci e allenarsi gareggiando. La gente veniva per vederli, ricordo una prova dove correvo in coppia con Wladimiro Panizza… E’ vero che oggi il calendario professionistico è più lungo, ma secondo me sono anche i ragazzi che appena passano pro’ si adagiano un po’ e subiscono l’ambiente. Immagina ad esempio un Ciccone in gara d’inverno, quanto crescerebbe anche come visibilità personale.

Udienza da Papa Giovanni Paolo II, Davide Malacarne, Enrico Franzoi, Annabella Stropparo, Claudio Vettorel
Udienza da Papa Giovanni Paolo II, per Malacarne, Franzoi, Stropparo e Vettorel
Udienza da Papa Giovanni Paolo II, Davide Malacarne, Enrico Franzoi, Annabella Stropparo, Claudio Vettorel
Udienza dal Papa, con Malacarne, Franzoi e Stropparo
In che senso?

In Italia la cultura della multidisciplinarietà non c’è mai stata. I direttori sportivi pensano alla loro attività e non vogliono ingerenze. Cassani è stato bravo a invertire il discorso almeno per la pista, ma si vede che fa fatica. Vorrei solo che queste resistenze dell’ambiente, da parte di chi dirige le squadre, le evidenziasse con forza, quella forza che gli deriva dal suo ruolo.

Che cosa fa oggi Claudio Vettorel?

Per anni, dopo l’addio alla nazionale, mi sono dedicato all’organizzazione della 24 Ore in Mtb di Roma, portando a pedalare corridori da tutto il mondo. Dal 2014 il tempo libero dal lavoro lo dedico alla mia seconda attività. Da 6 anni ho ristrutturato due furgoncini vintage degli anni Settanta e con quelli organizzo mille attività, da feste per bambini a compleanni, da matrimoni a romantici tour della Capitale. Chi entra in uno dei furgoncini trova sempre un momento di gioia e sorrisi, evade dalla quotidianità. Ma il ciclocross resterà il mio mondo: in Tv non mi perdo una sfida fra Van Der Poel e Van Aert…