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Guarnieri: «Tra Demare e Gaudu sarà più facile di ciò che sembra»

02.03.2023
6 min
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Le convivenze sportive, come quelle di tutti i giorni, vivono e sopravvivono di compromessi, belli o brutti che siano. Non ne è esente la Groupama-Fdj che quest’anno, con l’enorme ringiovanimento dell’organico, potrebbe avere qualche problema in più a far coesistere in alcune gare Demare e Gaudu (entrambi in apertura, foto Facebook/Groupama-Fdj).

La prima che faranno assieme sarà la Parigi-Nizza che parte questa domenica e, in questa ottica, potrebbe essere una prova generale per il Tour de France. Nel frattempo si è un po’ affievolito il polverone di fine gennaio suscitato dalle avventate dichiarazioni di Gaudu su Discord rivolte indirettamente a Demare, di cui abbiamo già parlato. Resta tuttavia la curiosità di vedere come si comporteranno i diretti interessati.

Proprio alla “corsa verso il sole” ci sarà anche Jacopo Guarnieri, che conosce benissimo entrambi. Al 34enne piacentino della Lotto-Dstny, che sappiamo non ha paura di esporsi o sottrarsi alle responsabilità, abbiamo chiesto cosa ne pensi. E lui, che domani partirà per la Francia (dove sarà assente Ewan e lavorerà per De Lie), ci ha risposto vestendosi da pompiere.

Marc Madiot sulla vicenda Gaudu-Demare ha pensato al bene della squadra più che alle loro ruggini (foto Facebook/GroupamaFdj)
Madiot sulla vicenda Gaudu-Demare ha pensato al bene della squadra (foto Facebook/GroupamaFdj)
Jacopo qual è il tuo punto di vista sulla questione?

Più che il mio punto di vista, prendo in considerazione i protagonisti. O meglio, contestualizzo loro in base alle idee su come vengono divise le squadre per una gara a tappe. Ci sono dinamiche ben precise tra velocista e scalatore. Non sempre ci vuole una squadra più per uno che per l’altro oppure divisa a metà. Basta avere gli uomini giusti. Guardate Cadel Evans che vinse il Tour nel 2011 con una squadra formata da compagni adatti alle classiche.

Gaudu dopo il quarto posto dell’anno scorso al Tour voleva una formazione tutta per sé.

Sì, ci sta il suo ragionamento. Ma a mio modo di vedere, lo scalatore dovrebbe pensare così solo se può avere in squadra altri scalatori di altissimo livello. Se ci sono, bene. Altrimenti meglio portare compagni che ti possano aiutare in pianura e tenerti coperto in quelle tappe rese difficili dal maltempo. Immagino che Madouas rifarà il Tour, dove l’anno scorso è andato forte (10° nella generale, ndr). Lui secondo me lavorerà per David, che a sua volta non credo farà grandi proclami di vittoria. Per fortuna però non sarà compito mio scegliere la squadra.

Perché, nei tuoi anni in Groupama-Fdj, ti è capitato di dare consigli su chi portare ai tuoi diesse?

No, no (sorride, ndr), era solo un modo di dire. Sicuramente sarà una questione che riguarderà Madiot. Lui non ha mai chiesto nulla ai corridori, giustamente. E noi, quantomeno quelli di seconda fascia come me, non ci siamo mai permessi di dire nulla. Magari poteva capitare che fosse uno dei capitani a battere i pugni per avere un uomo in più per lui. Ad esempio ricordo che al Tour 2021, dove c’erano sia Arnaud (Demare, ndr) che David, il nostro treno dovette rinunciare a Sinkeldam per uno scalatore.

Alla Groupama-Fdj hanno spesso mandato Demare da una parte e Pinot o Gaudu dall’altra. E’ così difficile trovare un equilibrio tra velocista e scalatore in una formazione per un grande giro?

A volte capita che non ce ne sia tra due velocisti o due scalatori che partono alla pari. Sono scelte che si fanno, come dicevo prima. Sappiamo che per la generale, gli uomini di classifica possono incappare sempre in problemi vari. Se invece hai anche un velocista vincente, meglio puntare su quello perché può sempre salvarti la corsa. E’ una scelta che spesso le squadre fanno per mettersi al sicuro, specie se sei un team francese al Tour. Poi può essere che quest’anno Arnaud, che aveva fatto il Giro un anno fa, voglia semplicemente tornare in Francia col solo obiettivo delle vittorie di tappa senza puntare alla maglia verde, dove in quel caso avrebbe una concorrenza agguerrita con gente come Van Aert o lo stesso Pogacar.

Ciò non toglie però che si sia scatenato un bel caos. Ti era mai successo in carriera una situazione simile?

No mai, anche se sono cose che capitano. Siamo sempre stati tutti bravi a convivere. O comunque ci siamo sempre lavati i panni sporchi in casa. Leggendo quello che è successo recentemente con Gaudu, che comunque ha chiesto scusa a Demare, direi che sicuramente non è un buon punto di partenza. Probabilmente, anzi sicuramente non doveva saltare fuori questo problema o quanto meno non con queste modalità. Personalmente penso sia più una roba ingigantita dai media, tant’è che siamo qui a parlarne anche noi. E la penso un po’ come Madiot, che ha ridimensionato la cosa.

La coesione fra Gaudu e Demare sembra un po’ forzata rispetto al passato. Può essere data dal fatto che corridori esperti come te siano andati via?

Da quest’anno ci sono tanti ragazzi giovani in Groupama che sono andati a rinforzare più la pattuglia degli scalatori. Non sono certamente loro che possono e devono sistemare eventuali problemi. Tuttavia però mi sento di dire, forse con un pizzico di orgoglio senza essere presuntuoso, che le partenze inaspettate di Sinkeldam e me hanno danneggiato un po’ Arnaud. Per lui sono cambiate molte cose. Non prendete però come esempio il UAE Tour che è una corsa che per i treni non ha mai dato indicazioni importanti, vedi anche noi della Lotto-Dstny. Io laggiù non mi sono fasciato la testa per gli automatismi da trovare e così deve fare anche Arnaud. Deve solo abituarsi a situazioni nuove.

Cosa si sente di dire Jacopo Guarnieri in versione fratello maggiore a Gaudu e Demare?

Non devo dare loro consigli in particolare. Li vedrò alla Parigi-Nizza, dove avranno interesse reciproco a lavorare bene assieme. E secondo me sarà così. Posso solo dire che parlerà la strada. E a quel punto si accorgeranno che tutta questa situazione sarà ben più facile di quello che sembra.

Lite tra Gaudu e Demare. Mauduit la chiude così

01.02.2023
5 min
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Acque agitate in casa Groupama-FDJ. Negli ultimi giorni le cronache relative al team francese, si sono occupate delle polemiche roventi innescate da David Gaudu nei confronti del suo coequipier Arnaud Demare (nella foto d’apertura de L’Equipe i due “contendenti”). Il più giovane, quarto lo scorso anno al Tour, non ci è andato leggero, prendendo spunto dalla presenza del velocista nel ritiro della squadra dedicato prevalentemente agli scalatori.

Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della squadra francese (foto Groupama-FDJ)
Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della squadra francese (foto Groupama-FDJ)

«Al Tour non ce lo voglio»

«Ha scelto lui di venire, se poi è distrutto di che si lamenta? – sono state le parole espresse da Gaudu – vuole venire al Tour? Il posto non è garantito, anzi vorrei che non venisse. Non ce lo voglio».

A questo Gaudu, un fiume in piena, ha fatto seguire altro: «Tra me e lui non va, mi manca di rispetto dal 2017, l’ho sentito io dire: “Non salgo in ascensore se c’è Gaudu” e durante delle riprese ha anche tentato di farmi cadere. Non lo sopporto e lo sa benissimo».

Successivamente, come sempre succede, Gaudu ha ritrattato, affermando che erano parole che dovevano rimanere riservate e che ha chiesto scusa alla squadra e al diretto interessato. Ma la frattura è ben lungi dall’essere sanata.

Lo stesso team manager del team, Marc Madiot ha detto: «Non m’interessa molto che siano amici, se devono correre insieme lo faranno e infatti alla Parigi-Nizza dovranno farlo. Non sempre se sei amico di qualcuno significa anche che ci lavori bene insieme. Quella di Gaudu è stata una ragazzata».

Un estratto della chat dove sono comparse le roventi parole di Gaudu su Demare
Un estratto della chat dove sono comparse le roventi parole di Gaudu su Demare

Conta la corsa

Madiot per certi versi minimizza, ma il tema resta e per saperne di più abbiamo chiesto lumi al diesse della squadra Philippe Mauduit, che spiega innanzitutto come sono trapelate le parole “dell’enfant prodige” transalpino.

«Partecipava a una di quelle chat associate ai videogiochi, rispondendo ad alcune domande, non pensava che sarebbero uscite da quel contesto. Diciamo che è stata una leggerezza cadere nelle provocazioni e David si è scusato per questo. Noi siamo allineati con la posizione di Madiot, quel che conta è la squadra».

Far coesistere due persone di primo piano che non si sopportano (anche se va detto che da Demare non c’è stata alcuna replica) non è semplice: «Noi guardiamo quel che avviene in corsa e in allenamento, quel che si fa per la squadra. Se la diatriba coinvolge il lavoro, allora diventa un problema e noi lo affrontiamo come tale. Sanno bene entrambi che i primi penalizzati sarebbero loro, se non si fa ciò che viene chiesto.

«Non mi sembra una storia così eclatante, sono cose che nell’ambiente possono succedere: considerate che un team ciclistico coinvolge qualcosa come 140 persone, impossibile che tutti vadano d’accordo, ma la collaborazione deve essere sempre massima».

Gaudu ha chiuso 4° all’ultimo Tour e ora punta decisamente al podio. Esordirà al Tour des Alpes Maritimes
Gaudu ha chiuso 4° all’ultimo Tour e ora punta decisamente al podio. Esordirà al Tour des Alpes Maritimes

Demare senza treno

Va anche detto che, in base alle loro caratteristiche tecniche, Gaudu e Demare non avranno così tante occasioni di coesistenza.

«Questo è vero – continua Mauduit – ma ci saranno comunque, come alla Parigi-Nizza. Vorrei chiarire un punto sul Tour de France: se Demare non ci sarà, non è certo per le parole di Gaudu. Noi dobbiamo valutare quel che è meglio per la squadra e nel prossimo Tour ci saranno poche occasioni per i velocisti, al massimo sei tappe».

L’occasione viene buona anche per chiarire un aspetto tecnico legato proprio a Demare, che ricordiamo da quest’anno sarà privo del suo “pesce pilota” abituale, Jacopo Guarnieri.

«Arnaud – dice Mauduit – sa bene che non può avere un treno a lui dedicato, ma è così ormai già da un paio d’anni. L’ultima Parigi-Tours l’ha vinta correndo senza un treno, giocandosi le sue carte da solo. Se guardate, ormai i veri e propri treni per velocisti sono pochissimi, inoltre bisogna considerare che ormai vere volate non ci sono quasi più: trovi sempre o una salitella finale che fa selezione, o una curva in prossimità dell’arrivo che scompagina il gruppo e così via».

La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022, senza un treno a lui dedicato
La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022, senza un treno a lui dedicato

Un team, più obiettivi

Probabile quindi che Demare venga dirottato sul Giro d’Italia, dove comunque le occasioni per uno sprint non saranno poi molte di più: «Probabile, non sicuro. Quando gestisci un team devi valutare bene che cosa vuoi ottenere. Se hai il corridore che va per vincere, come Pogacar o Vingegaard, allora costruisci la squadra su di lui. Se hai un corridore che può – e il verbo è importante – salire sul podio non puoi vincolare tutto il team a questo, devi pensare anche alle tappe, devi fare una valutazione generale per portare a casa quanto più possibile».

«Demare si deve adattare a correre senza un treno, ma anche i compagni devono adattarsi a non avere una squadra completamente bloccata pensando alla classifica. Per questo dico che David e Arnaud devono collaborare, quel che conta è il team».

Due punte, meglio di una. Pinot e Gaudu verso il Tour

24.06.2022
5 min
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Stefano Garzelli è della “vecchia scuola”: per lui meglio il capitano unico. Ma è altrettanto vero che il varesino sa bene riconoscere le nuove dinamiche e i valori in campo. E per lui contro lo strapotere di Pogacar meglio avere due punte. «Quando hai davanti uno come Pogacar è bene portarne due, perché sai che nel testa a testa sono tutti perdenti», ci aveva detto la maglia rosa del 2000.

E due punte le ha non solo la Jumbo-Visma, la principale rivale di Tadej, ma anche la Groupama-Fdj con Thibaut Pinot e David Gaudu (in apertura foto Instagram).

Correre compatti sarà importante e vitale. Il direttore sportivo Philippe Mauduit ci fa capire meglio come cercheranno di fronteggiare i mostri che si contenderanno la Grande Boucle.

Philippe Mauduit (classe 1968) è il diesse della Groupama-Fdj (foto Twitter)
Philippe Mauduit (classe 1968) è il diesse della Groupama-Fdj (foto Twitter)

Leader e amici

Pinot e Gaudu stanno andando molto forte. Pinot lo abbiamo visto anche dal vivo al Tour of the Alps, Gaudu si è ben comportato al Delfinato, tanto da vincere una tappa. Due punte, due leader quindi… purché non si becchino.

«Tra Pinot e Gaudu – dice con la consueta gentilezza Mauduit – le cose avverranno in modo abbastanza naturale. David ha già dimostrato di mettersi al servizio di Thibaut. E Thibaut al Giro di Svizzera ha dichiarato che è pronto a condividere le situazioni che presenterà la strada con David. E che sarebbe contento di tirare per David visto ciò che ha fatto nei suoi confronti in questi anni».

«Quello che dice Garzelli non è sbagliato, si hanno più possibilità. Pogacar ha vinto il primo Tour praticamente senza squadra. Il secondo ne aveva una migliore e lo ha gestito meglio. Quest’anno ha un team molto più forte. In più Tadej è un fenomeno e i fenomeni sono difficili da destabilizzare. Se avremo le gambe, se saremo in grado, cercheremo di attaccarlo come Ineos-Grenadiers, Jumbo-Visma…».

Alleanze sì o no?

Citando altre squadre Mauduit apre una finestra affascinante: quella delle alleanze trasversali. Un conto è che attacchino in modo alternativo due corridori della stessa squadra e un conto è che lo facciano più capitani di team diversi.

«Alleanze in comune non credo siano possibili nel ciclismo moderno – spiega Mauduit – E’ diverso rispetto a trenta anni fa. I team hanno partner con interessi troppo diversi e specifici. Ognuno fa la corsa per conto suo, pensando di portare in alto i propri colori come meglio può. 

«Magari l’interesse comune può esserci in una tappa: per chiudere su una fuga o mettere in difficoltà qualcun altro. Ma sono alleanze che nascono sul terreno e sul momento».

La chiave comunque è tutta nella frase precedente di Mauduit: “gambe permettendo”. Prima di tattiche, del doppio leader e delle alleanze bisognerà essere in grado di attaccare Pogacar o chi per lui. Semmai Pinot e Gaudu possono stimolarsi negli allenamenti, nel condurre una vita da atleta agguerrito. Il galletto che vuol spodestare il re. Il re che vuole mantenere la sua leadership.

«Entrambi – riprende Mauduit – sono due ragazzi competitivi. Thibaut viene da un anno e mezzo in cui ogni due o tre settimane era costretto a fermarsi. Negli ultimi sei mesi non ha più avuto problemi e pian piano sta tornando ai suoi livelli. Ma è normale. Lui vive per la competizione. Adesso è convinto, tirato, fisicamente sano.

«L’altro, David, è cresciuto ed è sempre più sicuro e motivato. Peccato che alla Parigi-Nizza sia sia rotto una vertebra che gli ha fatto perdere tempo e quindi non ha fatto ciò che voleva al 100%, ma anche lui sta tornando al punto giusto, nel momento giusto. Quindi non dico che sono fratelli, ma di certo sono molto amici».

La squadra francese è andata in sopralluogo due volte sul pavé che il Tour affronterà nella 5ª tappa (foto Instagram)
La squadra francese è andata in sopralluogo due volte sul pavé che il Tour affronterà nella 5ª tappa (foto Instagram)

Lavoro di squadra

La compattezza della Groupama-Fdj si vede non solo dai due leader, ma anche dalla squadra che hanno portato e come hanno preparato l’avvicinamento al Tour de France. Lavori corali nei ritiri, cura degli aspetti tecnici, gare…

Anche se sotto quest’ultimo punto di vista è curioso notare come le due punte in questione non abbiano quasi mai corso insieme in questa stagione. L’unica gara in cui la squadra li ha schierati entrambi è stata il Mercan’Tour Classic, corsa di un giorno datata 31 maggio. Corsa, tra l’altro, sfruttata soprattutto per i sopralluoghi nei giorni successivi, visto che si correva nelle zone alpine.

«Abbiamo fatto i sopralluoghi delle tappe iniziali e due volte quella del pavè. Abbiamo inserito in squadra anche dei ragazzi in grado di tirare per questo tipo di tappe e nel vento».

«Anche le scelte tecniche le abbiamo fatte con l’aiuto della parte del team che fa le classiche. Abbiamo lavorato con loro. Abbiamo scelto ruote speciali. La bici per il pavè sarà la Lapierre Xelius (un po’ meno rigida della Aircode, ndr). Di più proprio non potevamo fare».

Madiot 2022

Rotta verso il Tour, Madiot lancia una provocazione

08.06.2022
5 min
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La Groupama FDJ per il Tour de France è un “work in progress”, ma questa volta la pattuglia francese non si accontenterà di volate vincenti come è avvenuto al Giro d’Italia. Marc Madiot è stato chiaro, da qui al 1° luglio, giorno di partenza della Grande Boucle, si costruirà la squadra che dovrà essere pronta a scalare la classifica. Vincere? Madiot non è persona da grandi annunci, ma certamente si va per fare classifica. Per salire più su possibile, senza aver paura di guardare la cima…

Le vittorie di Démare al Giro avevano un po’ addolcito un bilancio che era stato fino allora deficitario. Prima della corsa rosa erano arrivati il successo di David Gaudu in una tappa alla Volta Ao Algarve e quello di Thibaut Pinot nella frazione finale del Tour of the Alps, dopo essere stato secondo il giorno prima. Poi, tanti piazzamenti, alcuni anche prestigiosi come i podi di Madouas al Fiandre e di Kung alla Roubaix, ma le aspirazioni erano ben altre.

In un’intervista a Le Quotidien du Sport, Madiot ha fatto il punto della situazione, non lesinando giudizi pesanti ma facendo anche un’analisi molto specifica sull’andamento di questi primi mesi: «Ci sono stati alti e bassi, difficoltà, infortuni, ma per fortuna c’è ancora tanto da fare e il verdetto si darà solo a fine stagione. Quel che è certo però è che esso deriverà dai risultati: Démare non ci ha rimesso sulla giusta rotta».

Gaudu Delfinato 2022
Gaudu in trionfo sul podio della terza tappa del Delfinato, una liberazione per lui…
Gaudu Delfinato 2022
Gaudu in trionfo sul podio della terza tappa del Delfinato, una liberazione per lui…

Tutta colpa del Covid…

Un giudizio che sembra significare come in casa Groupama ci sia stata maretta: «Un capo di una squadra deve essere pragmatico, il resto conta poco. Non potevo essere contento, nelle classiche siamo andati bene e abbiamo fatto il nostro, Kung è stato efficiente e si è messo in evidenza. Ma è nelle corse a tappe che siamo mancati e per noi quelle sono un marchio di fabbrica. Abbiamo pagato la caduta di Gaudu alla Parigi-Nizza e il successivo ritiro al Giro dei Paesi Baschi. Poi Storer si è ammalato al Giro di Romandia».

Sulle cause di tanti acciacchi, Madiot ha portato la sua personale analisi, destinata a generare discussioni: «Il Covid ha colpito duro. Ha lasciato conseguenze pesanti dimostrando che tutta la vicenda è stata gestita male. I corridori hanno minori difese immunitarie perché utilizzando continuamente le mascherine non ne abbiamo più sviluppate. Nel gruppo non solo il Covid, ma qualsiasi virus si diffonde a macchia d’olio proprio perché i fisici dei corridori sono inermi.

Pinot Alps 2022
Per Pinot una bella vittoria al Tour of the Alps, ma sarà pronto per il suo 9° Tour?
Pinot Alps 2022
Per Pinot una bella vittoria al Tour of the Alps, ma sarà pronto per il suo 9° Tour?

I problemi delle mascherine

«Ne ho parlato con i medici della squadra – ha proseguito nella sua disamina Madiot – a dicembre, nei raduni prestagionali, nessuno si è ammalato, ma lì avevamo le mascherine. Nelle prime gare sono fioccati gli ammalati, ma non solo per colpa del covid, ecco che anche influenze, bronchiti e altro si sono diffusi. Probabilmente non avremmo dovuto utilizzare le mascherine in preparazione, i fisici dei corridori forse da una parte si sarebbero ammalati, ma dall’altra rafforzati e difesi meglio per la stagione delle corse».

Storer 2022
Dopo la splendida Vuelta 2021, il neoacquisto Storer (qui con Sivakov) reclama un ruolo di spicco al Tour
Storer 2022
Il neoacquisto Storer (qui con Sivakov) reclama un ruolo di spicco al Tour

Gerarchie dopo la Svizzera

Tutto questo comunque fa parte del passato. Ora Madiot è proiettato con nuova verve sulla nuova avventura al Tour, ma se gli si chiede con che obiettivi e soprattutto uomini, resta abbottonatissimo: «Questo mese sarà fondamentale, voglio vedere come andranno Gaudu e Storer al Criterium du Dauphine con il primo che mi ha già dato segnali più che positivi e poi Pinot al Giro di Svizzera, alla fine avremo le idee più chiare su quali saranno le gerarchie della squadra e gli uomini da inserire per costruirla». Una scelta anche per favorire un po’ di concorrenza fra i tanti galli nel pollaio.

Su un aspetto Madiot si sente comunque sicuro: i suoi ragazzi sono pronti a collaborare come si è visto anche al recente Mercan Tour Classic Alpes Maritimes, dove Pinot, sapendo di non essere ancora al massimo della forma (andrà in Svizzera proprio con quell’obiettivo) si è messo a disposizione dei compagni tirando in maniera veemente per tutta la prima parte per poi passare il testimone a Reichenbach. Alla fine, nella gara vinta dal danese Fuglsang (Israel Premier Tech), Gaudu è stato 3° e il giovane Martinez 8°. A chi gli chiedeva alla fine come fosse andata, Pinot ha risposto serafico: «Gaudu era più avanti di me, era giusto lavorare per lui, peccato solo che non sia arrivata la vittoria».

Stewart Mayenne 2022
Jake Stewart dopo ottime esperienze fra i big è pronto per il GIro U23
Stewart Mayenne 2022
Jake Stewart dopo ottime esperienze fra i big è pronto per il GIro U23

Giro U23, attenti a Stewart…

Già, quella vittoria che rischia di diventare un’ossessione. Intanto però Madiot, coadiuvato da suo fratello Yvon che cura la formazione Under 23, guarda anche al Giro d’Italia di categoria dove conta di portare un team molto competitivo, con il 20enne Paul Penhoet per le volate e i due inglesi rampanti Lewis Askey e Jake Stewart (quasi omonimo dell’ex campione del mondo di formula 1 e che ha fatto molto bene quando è stato chiamato nella squadra maggiore) per la classifica. Considerando l’armata dei rivali dell’AG2R Citroen, anche qui se non arriva qualche risultato…

Lapierre Xelius SL3, l’abbiamo vista al Tour

17.12.2021
9 min
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Lapierre Xelius SL3, ovvero la terza generazione della bicicletta che porta in dote il DNA dell’azienda transalpina. E’ stata protagonista al Tour de France e al mondiale con David Gaudu. La piattaforma Xelius SL3 è stata sviluppata anche grazie ai feedback del Team Groupama-FDJ, che ha richiesto un prodotto guidabile e versatile, leggero e veloce, dando la precedenza alla reattività piuttosto che ad una rigidità estremizzata. Si l’abbiamo vista al Tour de France 2021, alle Olimpiadi e anche al Mondiale in Belgio, ora ve la presentiamo in maniera ufficiale.

Gaudu nella tappa di Malaucene al TDF, sul Mont Ventoux, con la nuova Xelius SL3
Mont Ventoux al TDF, Gaudu e la nuova Xelius SL3

Xelius SL3, come è fatta

Un progetto iconico in termini di design, che mantiene una sorta di fil rouge con il passato, grazie prima di tutto ai due foderi obliqui completamente slegati dal piantone. Questo fattore tecnico non è solo un “vezzo” del designer. Tecnicamente comporta una distribuzione ottimale delle vibrazioni che provengono dal basso, fornisce aiuto nelle fasi di rilancio e alleggerisce la struttura.

Ma andiamo per ordine: Lapierre Xelius SL3 è un frame in carbonio, costruito grazie alla tecnologia monoscocca 3D Tubular. Significa che il telaio è ottenuto abbinando il triangolo principale a quello posteriore. Questo perché nelle due parti e le tubazioni che le compongono, in fase di preparazione nello stampo e di “cottura”, alloggia una sorta di mandrino in PP (polipropilene, anche in questo caso di nuova generazione, resistente e in grado di azzerare le eventuali deformità che si creano dentro i profilati). Lo stesso mandrino viene rimosso prima di abbinare le due sezioni. I vantaggi sono numerosi: una struttura integra e pulita, senza arricciature e materiale in eccesso, fino ad arrivare al perfetto abbinamento tra le differenti tipologie di carbonio. La qualità del prodotto finito è davvero elevata.

Una serie di punti chiave

L’evoluzione della piattaforma Lapierre Xelius e gli approfondimenti legati allo studio dei compositi hanno portato ad utilizzare una costruzione completamente rivoluzionata e anche una combinazione di tessuti compositi mai sperimentata in precedenza, denominata UD-SLI (UniDirectional-Super Light Innovation), comune a tutte le Xelius 2022. Di base il telaio è costruito facendo collimare più tessuti: T800 e HM40j, VHM-YS60 e il T1000. Ognuno di questi è applicato nei punti chiave con inclinazioni ben precise, in base al modulo del frame e alla taglia. Si perché ci sono tre moduli differenti (e anche in questo caso è stato eseguito un lavoro enorme e unico nel suo genere.

Tre moduli di carbonio differenti

  • Le biciclette complete di allestimento, dalla 5.0 fino alla 9.0 hanno il modulo definito standard.
  • Mentre i due kit telaio utilizzano l’alto modulo, con il suffisso LIGHT per le taglie più piccole (XS, S e M), quello STIFF per le due più grandi (L e XL). Non è un dettaglio secondario; i due frame maggiori sono stati rinforzati nei punti di maggiore flessione per garantire una performance strutturale paragonabile alle misure compatte. Una sorta di family feeling? In un certo senso è così.

I numeri della Lapierre Xelius SL3

La taglia M ha un valore alla bilancia (dichiarato) di: 845 grammi nel modulo SLI standard, 725 grammi per la SLI Light e 745 grammi per la SLI Stiff (la M Stiff è disponibile solo come riferimento per il team pro). Soli 20 grammi di differenza, ma una sostanziale diversità in termini prestazionali. La forcella ha un peso di 359 grammi nella versione dedicata al modulo più pregiato, 392 grammi per quello classico. Fondamentale è stato il windtunnel per sviluppare un progetto che è più efficiente nei termini aerodinamici, arrivando fino ad un +8,5% se comparato con il precedente SL2 (nelle tre angolazioni di riferimento, 0°, 10° e 20°, a tre velocità diverse, 40, 50 e 50 kmh). 

Mantenuto il GLP Concept

GLP, ovvero Gravity Lower Project, mutuato dalla mtb e che ha caratterizzato anche la Xelius SL2, presente nell’Aircode DRS (quella aerodinamica). Consiste nel collocare le masse verso il basso (cage delle borracce e batteria della trasmissione Shimano Di2), a favore della stabilità e dell’agilità. Anche grazie al GLP si è scelto di mantenere la scatola del movimento centrale PowerBox, asimmetrica e larga 86,5 millimetri con sedi press-fit. Il punto di congiunzione con i due profilati principali, obliqui e verticale, ha il design “Diamond Shape” e riprende fedelmente quello usato per la Aircode DRS. I foderi orizzontali del carro, per spessori e volumi sono stati completamente rivisti. I forcellini del retrotreno e la forcella (quest’ultima sempre full carbon con un’asola di passaggio interno della guaina idraulica) sono di matrice SpeedRelease e supportano il perno passante Mavic di questa natura. Il seat-post è rotondo e con diametro di 27,2 millimetri. L’avantreno ha lo sterzo con sedi da 1,5” e quella superiore ha dei volumi maggiorati. Lapierre Xelius SL3 supporta pneumatici fino a 32 millimetri. 

Più corta, nonostante un reach maggiore

Rispetto alla Xelius SL2 il profilato orizzontale è stato accorciato di 2/4 millimetri, in base alle taglie, ma il reach si è allungato. La bicicletta però, ha uno slooping maggiorato di 3 centimetri. Nel complesso c’é uno spostamento in avanti delle taglie. Un esempio: la M della SL3 corrisponde alla 49 ed in precedenza era la S. 

Gli allestimenti ed i prezzi

Sei i modelli di bici complete: SL 5.0 (2799 euro), SL 6.0 (3299 euro) e 7.0 (quest’ultima disponibile in due varianti cromatiche ad un prezzo di 4399 euro). La Lapierre Xelius SL3 8.0 (5399 euro) e 9.0 (7399 euro). Due invece i framekit (i prezzi verranno comunicati a breve), che comprendono telaio e forcella, perni passanti e serie sterzo, stem in alluminio (lo stesso dell’Aircode) e piega in carbonio, oltre al reggisella full carbon Lapierre zero off-set. Ma non finisce qui, perché nella giornata di Martedì 21 Dicembre, verrà rilasciata un’ulteriore novità, tecnicamente davvero interessante.

Le parole di Jérémy Roy

«Credo sia la Lapierre migliore di sempre, anche se è necessario ricordare che la capostipite di questa nuova famiglia di biciclette è la Aircode DRS. La Xelius SL3 è per certi versi il simbolo di una tecnica costruttiva completamente nuova, al quale si aggiunge un modo di pensare che non considera “solo” le estremizzazioni dei progetti e dei materiali. C’é il comfort e c’é la possibilità, da parte dell’atleta, di sfruttare il mezzo al massimo delle sue potenzialità, a prescindere dall’allestimento».

Jérémy Roy che ha pedalato con noi durante la prima fase della presentazione
Jérémy Roy che ha pedalato con noi durante la prima fase della presentazione

E poi Roy continua dicendo: «Questa Lapierre Xelius SL3 è molto apprezzata anche dai velocisti e dai passisiti, che normalmente “vogliono” le ruote con il profilo alto. Inoltre la SL3 vuole essere versatile e credo che proprio la versatilità sia una buona chiave di lettura in ottica futura». 

Voeckler Tokyo 2021

Non c’è Alaphilippe? La Francia non si arrende

21.07.2021
4 min
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Tutto è cambiato in un giorno. Il giorno nel quale Julian Alaphilippe ha annunciato che avrebbe rinunciato alle Olimpiadi di Tokyo. Per stare vicino alla famiglia la scusa ufficiale, ma tanto altro c’era dietro: concentrazione sul Tour, la nascita del primogenito vissuta con trepidazione dopo le traversie famigliari degli ultimi anni, il Covid e chi più ne ha più ne metta. Fatto sta che la Francia, che aveva in casa il favorito numero 1, si è ritrovata nuda di fronte alla prospettiva olimpica.

Da anni si diceva che quel percorso sembrava disegnato su misura per Alaphilippe, ben prima della conquista del titolo mondiale a Imola 2020. L’anno in più di attesa poteva addirittura favorirlo, a dispetto di una concorrenza formidabile, invece Julian ha detto di no, senza appelli, aggiungendosi alla lunga lista omnisportiva di campioni che, per una ragione o per l’altra, ha rinunciato alla trasferta per l’obiettivo quadriennale.

Francia Tokyo 2021
Prima uscita del team francese sul percorso di Tokyo: sorrisi a dispetto del jet lag (foto @tomsisbos)
Francia Tokyo 2021
Prima uscita del team francese sul percorso di Tokyo: sorrisi a dispetto del jet lag (foto @tomsisbos)

La Francia riparte da zero

Thomas Voeckler, per anni il campione di casa più seguito ed acclamato al Tour ed ora selezionatore tecnico della nazionale di Francia, si è ritrovato a dover ricostruire la selezione da zero, non solo e non tanto nei nomi, quanto nelle prospettive, nelle motivazioni, negli obiettivi.

«Dopo la rinuncia di Julian – ha affermato al suo arrivo a Tokyo – il nostro motto è stato “adattarsi”. Ho lavorato nel corso di tutta la stagione con corridori e preparatori con un’idea in testa, ma all’improvviso ho dovuto ripensare al progetto dalle fondamenta. Chiaro che con lui in squadra avremmo sviluppato una specifica strategia, gli altri sarebbero stati al suo servizio, ora invece quella che sarà al via sabato sarà una nazionale diversa».

Gaudu Tour 2021
Gaudu ha chiuso il Tour all’11° posto, andando più volte in fuga. Le aspettative erano ben altre…
Gaudu Tour 2021
Gaudu ha chiuso il Tour all’11° posto, andando più volte in fuga. Le aspettative erano ben altre…

Due principi: umiltà e ambizione

Voeckler sta lavorando non solo tecnicamente, ma anche dal punto di vista psicologico. Sa che ha a disposizione una squadra che deve assorbire le fatiche del Giro di Francia (il solo Remì Cavagna ha saltato la Grande Boucle), le conseguenze psicologiche di una corsa che non è andata come i suoi ragazzi speravano, inculcare una nuova idea di corsa: «Dobbiamo affrontare la gara con umiltà ma anche con ambizione – sono le sue parole – tutti saranno chiamati a intervenire in prima persona, soprattutto Gaudu e Martin».

David Gaudu ha chiuso il Tour all’11° posto, alternando cose buone ad altre meno, finendo lontano dalle posizioni alle quali aspirava e mancando anche quel successo di tappa che era diventato il suo obiettivo dopo le difficoltà sulle Alpi: «Credo di essere all’85% della condizione – aveva affermato nel weekend scorso – conto di trovare quel che manca a Tokyo. Il gruppo è coeso e il percorso si adatta alle nostre caratteristiche, io sono ottimista».

Martin Tour 2021
L’ultimo Tour ha visto Guillaume Martin andare spesso in fuga: farà lo stesso sul Monte Fuji?
Martin Tour 2021
L’ultimo Tour ha visto Guillaume Martin andare spesso in fuga: farà lo stesso sul Monte Fuji?

Voeckler prepara la tattica giusta

Da parte sua Guillaume Martin, che con un po’ di tira e molla ha comunque centrato la Top 10, è entusiasta all’idea di essere a Tokyo, nel più puro spirito olimpico: «I Giochi sono come il Santo Graal per uno sportivo, io sono nato guardando le imprese sportive ai Giochi, mi hanno fatto amare lo sport nel suo insieme. E’ vero, non siamo favoriti, ma in una gara secca non sai mai quel che può succedere. Sarà una corsa molto tattica, nella quale non potrai distrarti mai perché l’esito è tutt’altro che scontato».

Con i tre già citati vestiranno la maglia della Francia anche Kenny Elissonde, che al Tour è stato spesso protagonista in fuga per i suoi compagni di squadra e Benoit Cosnefroy, corridore da seguire con attenzione perché potrebbe anche trovare la fuga giusta essendo pur sempre un ex campione del mondo Under 23. Voeckler vola basso, ma sulla base dell’esperienza maturata nella sua carriera da pro, è pronto a tirar fuori il coniglio dal cilindro, meglio non sottovalutarlo.

Gaudu, adesso conta vincere una tappa. E oggi rischio neve

14.07.2021
4 min
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Erano arrivati a un soffio da Konrad, poi un po’ la discesa e un po’ la consapevolezza che quel Colbrelli a ruota somigliasse davvero a uno scorpione e come tale si stava gestendo, sta di fatto che Gaudu ha smesso di credere nella rincorsa e la possibilità di vincere la tappa si è chiusa lì. Il Tour fino a quel punto non era stato come nei suoi sogni, sebbene dalla sera di Tignes si fosse ritrovato leader indiscusso della squadra, senza più Demare con cui dividere lo spazio. Invece appena due giorni dopo, il Ventoux lo ha buttato al tappeto con la brutalità di cui è capace quella montagna nei giorni storti. Che sia stato il caldo o lo sforzo eccessivo, quel giorno il bretone della Groupama-Fdj si è trascinato fra crampi e attacchi di vomito, raggiungendo il traguardo 26 minuti dopo Van Aert. Era partito decimo della generale, quella sera non aveva più nulla da stringere fra le dita, se non la fede di potersi risollevare nella terza settimana. E la fuga di ieri, in qualche modo, è parsa una timida ripresa.

«Ci sono ancora tre grandi opportunità – diceva ieri alla partenza – e non ce le lasceremo scappare. Ora dovremo andare avanti ogni giorno per cercare la vittoria. Mi è sempre piaciuta la terza settimana dei grandi Giri».

Nel giorno di Malaucene, crisi nera sul Ventoux, mal di stomaco e 26 minuti di ritardo
Nel giorno di Malaucene, crisi nera sul Ventoux, mal di stomaco e 26 minuti di ritardo

Sorpresa Konrad

Quel che gli è mancata ieri è stata la capacità di crederci sino in fondo, unita allo scetticismo (tradito dallo stesso Colbrelli) sulle possibilità di Konrad, anche se il Tour nei giorni precedenti aveva offerto esempi analoghi andate in porto.

«Come sempre in questo Tour – ha raccontato dopo l’arrivo agli inviati de L’Equipe – è un’altra tappa partita a tutta. La fuga è partita dopo quasi 70 chilometri, ma si vedeva che potesse arrivare in fondo. Allora ho provato a infilarmici dentro, cercando anche di risparmiare un po’ di energie. Sono riuscito a fiutare lo scatto giusto. Avevo buone gambe. Però quando Konrad è partito da solo sul Portet d’Aspet, mi sono detto che comunque era davvero lontano dal traguardo. Invece alla fine ha avuto ragione lui».

Dopo la crisi del Ventoux, non è più tempo di stare con le mani nelle mani: da ieri Gaudu cerca la riscossa. Ora vuole vincere
Dopo la crisi del Ventoux, non è più tempo di stare con le mani nelle mani: da ieri Gaudu cerca la riscossa

Poca collaborazione

Eppure lo avevano preso. I 25 secondi in cima al passo, tristemente celebre per la caduta di Fabio Casartelli in quel giorno maledetto del 1995, erano un margine su cui si poteva lavorare gestendo lo sforzo con la testa e arrivando nella scia di Konrad nel finale.

«Sulla cima – dice – ho provato a rilanciare perché il gruppo non era salito abbastanza velocemente. Pensavo che saremmo rientrati, visto che con Colbrelli siamo arrivati a una trentina di secondi. Ma poi Sonny ha iniziato a collaborare di meno e proprio in quella fase, Konrad ha rilanciato e ha ripreso vantaggio. Ho avuto buone sensazioni per tutto il giorno, magra consolazione, ma avevo forza. Ora mancano due tappe per dare il massimo. Spero che il mio corpo riesca a recuperare bene e di poter attaccare ancora».

Nella tappa di Saint Gaudens, ha inseguito Konrad con Colbrelli, ma la possibilità di vincere la tappa è sfumata presto
Ieri ha inseguito Konrad con Colbrelli, ma la possibilità di vincere la tappa è sfumata presto

Prevista neve

Nonostante la batosta del Ventoux, Gaudu, ieri nono all’arrivo, è risalito all’11° posto della generale. Ma a questo punto la classifica non gli importa. L’obiettivo adesso è vincere una tappa, magari già oggi, sull’arrivo ai 2.209 metri del Col du Portet su cui le previsioni prevedono la neve.

«Mi piacciono i prossimi due arrivi – ha detto prima di rientrare nel pullman e sparire nei suoi pensieri – anche se il cuore propende per la tappa di Luz-Ardiden, mi fa pensare alla vittoria di Pinot sul Tourmalet nel 2019. Il ricordo di quel giorno è ancora pieno di emozioni».

Gaudu studia da leader al Tour, ma Hinault…

14.06.2021
5 min
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Una dozzina di giorni ci separano dal Tour de France. Se il richiamo della Grande Boucle è fortissimo per tutti i corridori del mondo, per i cugini transalpini e per i loro tifosi, che aspettano l’erede di Bernard Hinault dal lontano 1985, è una sorta di percorso sacro. E il predestinato potrebbe essere ancora un bretone e risponde sempre più al nome di David Gaudu. Tra l’altro questa edizione della corsa gialla parte proprio dalla Bretagna. Per chi crede a sorte e simbolismi è un indizio non da poco. 

In questi giorni David è in ritiro sulle Alpi della Savoia, con una “ruota in Italia e una in Francia”. Giusto ieri ha scalato Bonette, Colle della Maddalena e Colle della Lombarda. Questo è per lui l’ultimo blocco di lavoro in altura prima della grande lotta.

Gaudu in ritiro in altura, eccolo sul Colle della Lombarda (da Instagram)
Gaudu in ritiro in altura, eccolo sul Colle della Lombarda (da Instagram)

Al Tour con fiducia

Il giovane atleta della Groupama-Fdj esce da un buon Delfinato. Ha chiuso l’antipasto del Tour in nona posizione nella generale e primo tra i giovani: sempre nel vivo della corsa, ma ancora con qualcosa da “limare”. Sul fronte dei cavalli gli manca qualcosina rispetto ai leader della corazzata Ineos-Grenadiers e anche sulle tempistiche degli attacchi diciamo che poteva giocarsi meglio alcune carte, specie nella prima delle due tappe vinte da Padun. Ma di base il ragazzo c’è.

«Dopo il mio grande incidente a Tenerife mentre ero in altura (era caduto a 70 all’ora, ndr) non sapevo realmente dove fossi – aveva dichiarato a Cyclisme Actu, Gaudu – Ho avuto sensazioni altalenanti sin dall’inizio del Delfinato. Sono stato bene il secondo giorno e meno bene gli altri due. Questa prestazione mi dà fiducia per il futuro».

Vedendo la posizione il bretone deve lavorare ancora molto a crono
Vedendo la posizione il bretone deve lavorare ancora molto a crono

Crono e salita

Risposte importanti Gaudu le cercava dalla crono, che quest’anno non mancherà al Tour. Ci sono due frazioni: una di 27 chilometri, nella quinta tappa, e una di 30, nella ventesima. David non aveva mai fatto crono a tutta di un certo livello da quando era pro’. Lui stesso ammette che non è il gesto che preferisce ma che tutto sommato non è andata male. Tutto sommato i 16,4 chilometri contro il tempo al Delfinato sono stati “buoni”. «Ci ho preso confidenza – ha detto – ci ho lavorato ed è importante sentire la pressione in certi momenti. I valori sono stati buoni».

E in salita? Se la “contre la montre” come i francesi chiamano la crono non è la sua specialità preferita, la strada che sale è invece il terreno di caccia del vincitore del Tour de l’Avenir 2016. 

«Le sensazioni in salita sono state ottime – dice Gaudu – specie nelle due tappe finali. Ho esitato a seguire Porte verso La Plagne (prima tappa vinta da Padun, ndr) perché ho creduto mancasse troppo all’arrivo. Poi dietro abbiamo giocato un po’ al gatto con topo. Per fortuna fare scatti è il mio modo di correre e questo mi andava bene».

Il giorno dopo invece ci si aspettava una sua azione sul Joux Plane ma evidentemente il ritmo della Ineos ha bloccato ogni iniziativa e alla fine si è dovuto accontentare di essere il migliore del gruppetto dei leader sull’arrivo di Les Gets. Ma anche in questo caso ha avuto indirettamente delle conferme: quando la strada sale Gaudu c’è.

A Les Gets Gaudu ha tagliato il traguardo con i migliori della classifica
A Les Gets Gaudu ha tagliato il traguardo con i migliori della classifica

Avanti così

«È stato bello salire sul podio per aver conquistato la maglia bianca. Dopo la caduta in altura, il Delfinato mi ha rassicurato. Anche il fatto di essere rimasto davanti sul Joux Plane (la salita più dura della corsa, ndr) con i migliori vuol dire molto per me». Sono consapevolezze importanti. Consapevolezze che servono anche alla sua squadra.

La Fdj-Groupama al Tour avrà anche Demare e quindi una parte del team sarà a disposizione del forte velocista, ma riguardo a David c’è entusiasmo. «Vero – ha dichiarato il diesse Thierry Bricaud sempre a Cyclisme Actu – David continua a crescere, sprona i compagni, c’è fermento intorno a lui».

Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato
Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato

L’avvertimento di Hinault

L’obiettivo quindi è fare bene. La stampa francese già lo vorrebbe sul podio e il rischio maggiore per Gaudu è di finire nel “tritacarne dell’erede di Hinault” come in passato è successo a Chavanel, Rolland, Pinot e Bardet. Per fortuna che a fargli da “parafulmine” in parte e indirettamente c’è Alaphilippe

Gaudu parte per fare classifica, per fare il massimo e provarsi in ottica futura. Un piano abbastanza lineare e condivisibile. Eppure non tutti la pensano così. La voce fuori dal coro, e che voce, è proprio quella di Hinault

«Se fossi il direttore sportivo di Gaudu – ha detto il “Tasso” – gli direi di non occuparsi della generale. Alla fine è solo il primo posto che conta (e qui parla da fuoriclasse, ndr). David dovrebbe andare a caccia di tappe. Se vincesse ad esempio il 14 luglio da francese, resterebbe a vita nella memoria dei francesi. Se finisse quarto nella generale lo dimenticherebbero. Deve ragionare così: posso vincere il Tour o andare sul podio? No, e lo sa. E allora meglio cercare le tappe. Non credo che sia mirando ai primi dieci della generale che fai esperienza».

Tutta la Liegi in uno sprint. I tre del podio (più uno)

25.04.2021
5 min
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Una Liegi-Bastogne-Liegi da rivivere in un chilometro. L’ultimo. Lo sprint.  In palio un monumento per cinque corridori. Undici côtes, 4.500 metri di dislivello, 260 chilometri e le fiammate della Ineos Grenadiers hanno portato a questo finale.

Lo sprint a cinque. Tra Pogacar, Alaphilippe, Gaudu, Valverde e Woods
Liegi 2021
Pogacar vince la Liegi 2021 allo sprint al colpo di reni

Gaudu, Alaphilippe, Valverde, Woods e Pogacar all’improvviso smettono di collaborare. L’asfalto di Quai des Ardennes, il lungo Mosa che ospita l’arrivo, potrebbe essere tranquillamente il parquet di una pista. Ultime due curve a destra e 800 metri da fare a tutta.

Lo sprint di Pogacar

La Liegi probabilmente per lui vale come una tappa dei Paesi Baschi (con tutto il rispetto per la corsa spagnola, ndr). La pressione o la paura Pogacar non sa neanche dove siano di casa. In un modo o nell’altro all’ultimo chilometro si trova nella migliore posizione, l’ultima. 

L’abbraccio tra Formolo e Pogacar
L’abbraccio tra Formolo e Pogacar

I crampetti avvertiti all’uscita di Boncelles sembrano essere un ricordo. E poi la gamba è più fresca e tutto sommato c’è anche un bel po’ di voglia di riscatto: non aver fatto la Freccia scotta. Scotta perché sa che sta bene. 

Pogacar resta dietro. Quando lo sprint viene lanciato forse perde anche un metro, ma è normale. E’ l’effetto elastico, sono i tempi di reazione. Però prende anche meno aria e infatti risale, accorcia le distanze dal primo, ancora Valverde. Il drappello si apre a ventaglio e lui è il quinto che esce fuori ad un velocità altissima proprio sull’arrivo. Il colpo di reni in rimonta è magistrale.

«E’ incredibile – continua a ripetere Tadej dopo l’arrivo – non ci credo». Ogni tanto lancia degli urletti. Pochi secondi dopo arriva Formolo. Tadej gli dice: «Ho vinto!». I due si abbracciano. Lui ringrazia i compagni e alla fine Roccia gli fa: «Dai che stasera ci mangiamo un super hamburger».

Dopo l’arrivo, il suo capolavoro diventa ancora di più da manuale. Tadej infatti conferma che voleva controllare Alaphilippe, il più pericoloso e ci è riuscito restando ultimo. «Le gambe erano buone. Che dire: sto vivendo il sogno del ciclismo. Adesso un po’ di riposo in famiglia e poi penseremo al Tour de France».

Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»
Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»

Alaphilippe pistard

Partiamo da lui. Al triangolo rosso è in testa. Posizione pericolosa, specie con questa andatura quasi da surplace. Il campione del mondo però è furbo. Si stringe alla transenna esterna e punta dritto, va largo e si crea lo spazio per mettersi in coda, dietro di lui un solo corridore. Indovinate quale?

Le gambe sono buone. Non tremano di paura. No, non è da Alaphilippe farsela sotto. E poi con quel gesto ha mostrato lucidità. Adesso non deve far altro che aspettare, aspettare e intuire un decimo prima colui che lancerà lo sprint. E’ in coda e può studiare bene gli avversari. Quel momento arriva. Si muove Valverde e ai 300 metri è il più lesto a rispondere. Spinge, risale, sorpassa… la Liegi è lì. Ma un’ombra lo affianca e al colpo di reni lo sorpassa. E’ secondo. Sbatte i pugni sul manubrio dopo essersi allontano dalle telecamere. Non ci sta. 

«Questa Liegi è la sua corsa stregata – dice una mezz’ora dopo il traguardo il suo diesse Davide Bramati – ma non state qui a farmi tirare fuori di nuovo questi pensieri», aggiunge sconsolato il Brama.

«Chapeau a loro – dice invece Alaphilippe – mi dispiace perché i ragazzi hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma uno sprint dopo 260 chilometri si può perdere, sono le gambe che hanno fatto la differenza. Io ho spinto al massimo e ho pensato a fare il mio sprint. Alla fine le mie classiche delle Ardenne sono andate bene, ne ho vinta una e ho fatto un podio. Si è lanciato benissimo Pogacar, non credo di aver anticipato io».

Gaudu dopo l’arrivo non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti da pro’
Gaudu non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti

Un nuovo grande: Gaudu

David Gaudu aveva dato appuntamento ai grandi venerdì. Ci aveva detto che gli piacevano le classiche e che la Liegi era la sua preferita. Ci aveva detto anche che lavorava per il testa a testa con i big in salita. E non ha mancato il rendez-vous.

Alle 16,37 del giorno della Liberazione 2021, il corridore della Groupama-Fdj si è fatto trovare in cima alla Roche aux Faucons con i primi. Per scappare via e diventare definitivamente un big anche lui. Un altro della nuova generazione che avanza.

Nel chilometro finale lui sta nel mezzo. Alla radio gli dicono di controllare Alaphilippe. Ma non è facile. Diciamo la verità, certi sprint devi anche saperli affrontare. Però tutto sommato se ne resta buono dietro. Segue la “massa” e “scopre” di essere anche veloce. E di avere gambe

La mattina è stato l’unico a presentarsi in zona mista ben coperto, senza bici e con le scarpe da ginnastica. Mani incrociate dietro la schiena, faceva finta di essere tranquillo. Era invece serissimo. Ma un punto in più per lui, che ha tenuto botta alla pressione, e per essere stato puntuale!

Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno concluso rispettivamente quinto e quarto
Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno chiuso quinto e quarto

Onore a Valverde 

Ma anche se volevamo parlare solo dei protagonisti del podio, non possiamo non aggiungerne uno: il quarto, Alejandro Valverde.

Ecco il suo sprint. Il volpone s’incolla alla ruota del più veloce e pericoloso, Alaphilippe. Il problema è che quello è anche una faina, non solo il campione del mondo. Prende larga l’ultima curva e lo fa ritrovare in testa. Allora lo spagnolo fa una buona cosa, ma non la migliore: si mette su un lato, ma quello esterno. Il rettilineo finale infatti gira leggermente verso destra. In pratica difende il lato lungo. Chi lo passa sulla destra dovrà fare meno strada. Ma certo, valle a pensare queste cose dopo 260 chilometri.

Le gambe poi sono quelle che sono. Parte ai 300 metri, lo sprint non è quella di una volta, quindi tanto vale giocarsela lunga. Sogna per 150 metri, rema come un disperato per gli altri 150. Una medaglia di legno sì, ma piena di onore, di orgoglio e di rispetto.

Ragazzi, chapeau: 41 anni oggi. La Liegi gli ha anche cantato la canzoncina degli auguri prima del via. Unzue, team manager della Movistar, dopo l’arrivo, se ne sta da solo in un lato del bus a fare avanti e dietro. Se potesse gli toglierebbe dieci anni e gli rinnoverebbe il contratto per altrettanto tempo.