Sta nascendo la Ineos dei giovani: Ellingworth il loro capo

02.06.2022
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La sera del Fedaia, in casa Ineos Grenadiers si sono resi conto probabilmente che per la prima volta dal 2012 potrebbero chiudere la stagione senza aver vinto un grande Giro.

L’incidente di Bernal ha ridotto il potenziale per il Tour, mentre sarà dura andare contro il… solito Roglic della Vuelta. Il ciclismo offre spazio a variabili imprevedibili, ma in sede di bilancio bisogna essere realisti. D’altro canto il mercato dei corridori di punta è blindato da un pezzo. Lo stesso team britannico parrebbe sul punto di rinnovare il contratto di Ganna, che pure scade alla fine del 2023. E così, non potendo prendere Pogacar, sotto contratto fino al 2027, il team di sir David Brailsford ha iniziato a costruirsi il futuro in casa. E nel frattempo ha prolungato fino al 2027 il contratto con Pidcock.

Parlando con i team manager in giro per le corse, questa è l’osservazione che più circola: vedrete fra 3-4 anni una Ineos ben più incisiva.

Rod Ellingworth, Tour de France 2020
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos
Rod Ellingworth, Tour de France 2020
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos

Sedici corridori U26

Su 31 corridori del team, ce ne sono 14 al di sotto dei 25 anni. Nomi come Bernal (25), Ganna (25), Dunbar (25), Narvaez (25), Sivakov (24), Hayter (23), Pidcock (22), Plapp (21), Rodriguez (21, foto di apertura), Tulett (20), Sheffield (20). Martinez, Rivera e De Plus ne hanno 26. Ragazzi che hanno già vinto e anche bene e che stanno seguendo un percorso di crescita progressivo che punta dritto verso il futuro. Quelli più maturi servono invece a garantire il presente.

Individuare il talento

Tra i motivi che due anni fa spinsero Brailsford a richiamare Rod Ellingworth nel suo team ci fu proprio la voglia di rifondarlo. Il “rosso di Burnley” aveva voltato la pagina e nel 2020 era approdato al Team Bahrain, portando con sé la mentalità Sky. Aveva reimpostato lavoro e rapporti interpersonali. E anche se non tutti riuscivano allora a farsene una ragione, i buoni risultati odierni del team di Miholjevic dipendono anche da quel tipo di inquadramento. Ma non fu mai del tutto amore, tanto che nel 2021 Rod è tornato alla casa madre.

Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?
Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?

«Tra i motivi del ritorno – ci ha raccontato il mattino di Verona, prima che iniziasse la crono finale del Giro – ci fu anche l’intenzione di iniziare un lavoro diverso sul piano dello sviluppo con i corridori più giovani. Non ci è mai interessato aprire una continental, è solo un modo di legarsi le mani. Ma è innegabile che il ciclismo stia cambiando molto e serviva un modo nuovo per scoprire e gestire il talento».

Programma interno

Il ciclismo che cambia sta anche nella necessità di anticipare la selezione. Mentre prima nessun giovane britannico si sarebbe sognato di passare professionista senza prima fare un passaggio con il team di Brailsford, aver perso l’aggancio diretto con British Cycling ha fatto sì che nel 2020 Ben Tulett abbia firmato con la Alpecin-Fenix ad appena 19 anni. Riprenderlo era una missione e così è stato.

Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono
Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono

«Ben è un giovane – ha sorriso Ellingworth – che seguivamo da un po’. Ha fatto progressi impressionanti nell’ultimo anno e il suo approccio e il suo atteggiamento sono esattamente ciò che cerchiamo. La sua passione per le corse unita all’ambiente del nostro team lo aiuterà a salire un altro scalino. Quel che vorrei sottolineare infatti è che abbiamo iniziato subito con un nostro programma interno. Certo ricorriamo anche ai suggerimenti dei procuratori, ma soprattutto puntiamo su un mix tra il nostro lavoro di scouting e i buoni rapporti con i club più piccoli e le federazioni. Avere buoni rapporti con loro serve a sapere che magari ci sono dei ragazzi giovanissimi in arrivo».

Diversi livelli di accesso

Il programma interno prevede anche la possibilità indicata giorni fa da Fabrizio Tacchino. Il giovane che voglia essere valutato e che non rientri nel programma di scouting del team può essere considerato previa valutazione di tutti i suoi allenamenti e le gare dell’ultimo anno.

Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese
Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese

«Conosco Tacchino – ha confermato Ellingworth – e quello che ha detto è vero. Abbiamo diversi livelli di accesso al nostro team. Chiunque può entrare in contatto con noi, ma è chiaro che se non lo conosciamo, abbiamo bisogno di valutarlo. In questo modo, possiamo renderci conto del suo livello e valutare se approfondire o meno la conoscenza».

Il nodo Rodriguez

E così il Team Ineos Grenadiers si affaccia sul futuro dovendo ancora rinnovare il contratto di Carapaz, con Richie Porte che si ritirerà a fine stagione e corridori come Thomas e Swift impegnati sino a fine 2023. Quella è anche la data di fine contratto di Carlos Rodriguez e sarà curioso capire se si procederà presto al rinnovo, dato che si tratta di uno dei ragazzi più promettenti, che però al pari di Ayuso è nell’orbita di Matxin. La corte britannica saprà trattenerlo oppure rimarrà anche lui… vittima della seduzione araba?

Wiggins 2012

Il Tour di Wiggins, quando nacque l’epopea Sky

26.04.2022
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Dieci anni fa. Quello che ricorrerà quest’estate non è un anniversario qualsiasi. Probabilmente allora non ce ne accorgemmo, ma la vittoria di Bradley Wiggins al Tour de France avrebbe avuto un peso enorme sull’evoluzione del ciclismo. Era iniziata l’epopea della scuola britannica (in quel Tour arrivarono ben 7 vittorie albioniche), ma soprattutto era iniziata l’epopea del Team Sky. Ancora oggi, con il nuovo nome Ineos Grenadiers, ci facciamo i conti e le ultime settimane, fra Martinez, Kwiatkowski e altri lo hanno detto a chiare lettere.

Oggi Wiggins segue le corse dalla moto di Eurosport: qui dopo l’ultima Roubaix
Oggi Wiggins segue le corse dalla moto di Eurosport: qui dopo l’ultima Roubaix

Come una rockstar

Quel Tour ha lasciato enormi strascichi anche nei suoi protagonisti. Sembra strano, ma forse Wiggins (nella foto di apertura con l’allora bimbo Ben, oggi corridore guidato dal padre di Pidcock) ha “digerito” quel successo solo negli ultimi anni, tanto è vero che tempo fa ha ammesso di aver vissuto quel trionfo nella maniera sbagliata.

«Mi sentivo come una rockstar – ha detto – alla quale tutto era dovuto. Oggi, guardando indietro, posso dire che ero polemico e volgare, veramente assurdo e infantile. Questo ha avuto un impatto sulle relazioni intorno a me».

Il suo rapporto con il Team Sky andò incrinandosi fino all’addio nel 2015 e il distacco avvenne in maniera davvero dolorosa. E oggi che Wiggins opera nell’ambiente come commentatore per Eurosport ammette che la responsabilità è stata sua.

Cavendish Boasson 2012
Cavendish vinse 3 tappe in quel Tour. Qui l’iridato è con il norvegese Boasson Hagen
Cavendish Boasson 2012
Cavendish vinse 3 tappe in quel Tour. Qui l’iridato è con il norvegese Boasson Hagen

Una squadra padrona

Per capire da che cosa nacquero i dissidi bisogna tornare indietro nel tempo, raccontare un Tour che venne gestito dai ragazzi del Team Sky come volevano e come avrebbero fatto negli anni successivi, fino all’avvento di un certo Pogacar. Nel cronoprologo Wiggins finisce a soli 7” da Cancellara, che chiaramente non è un fattore per la classifica.

Fino alla settima tappa non avviene nulla di eclatante. Lì, sull’ascesa di Planche des Belles Filles si palesa il dominio britannico, con Chris Froome che vince con 2” su Wiggins che prende la maglia gialla, con 10” su Evans.

Wiggins chiaramente sfrutta al meglio le sue doti di passista, di grande specialista delle prove contro il tempo. Nella crono di Besançon accumula altri 35” su Froome che sale al terzo posto in classifica a 2’07” dal connazionale, in mezzo Cadel Evans a 1’53”. L’australiano due tappe dopo cederà, mentre intanto si affaccia sul podio Vincenzo Nibali. Si arriva così alla 17ª tappa, quella con arrivo a Peyragudes, quella del “fattaccio”.

Attacca Alejandro Valverde, che vive una delle sue tante giornate epiche. Ma l’Embatido non ha velleità di classifica. Dietro i due britannici fanno il vuoto e restano soli all’inseguimento. A un paio di chilometri dalla conclusione, dopo un tornante, Froome stacca Wiggins e inizia a guadagnare.

Wiggins podio 2012
Gli sguardi di Froome e Wiggins sul podio finale tradiscono la tensione reciproca
Wiggins podio 2012
Gli sguardi di Froome e Wiggins sul podio finale tradiscono la tensione reciproca

Il rapporto va in pezzi

Valverde è davanti, ma neanche troppo lontano, potrebbe prenderlo. Dall’auricolare il manager Dave Brailsford urla a Froome: «Fermati!», Wiggins fa lo stesso, ma con quel poco fiato che ha è quasi un’invocazione: «Aspettami». Froome obbedisce, Valverde vince la tappa, Froome si dovrà accontentare della seconda piazza in classifica e anche nella crono finale.

Nelle dichiarazioni del dopo tappa c’è un fair play che maschera il dissidio. Wiggins ammette che «Chris voleva vincere la tappa, me lo ha chiesto e ho risposto sì. Ma poi ho perso la concentrazione, ero arrivato al limite e la mente non c’era più».

Froome davanti ai taccuini dei giornalisti rilascia frasi di circostanza improntate al successo di squadra (seguendo sempre gli ordini superiori) intanto però la fidanzata (e poi moglie) Michelle Cound twitta: «All’improvviso non sono più dell’umore di andare a Parigi. Che presa in giro…».

La realtà si saprà solo molto tempo dopo. Nel chiuso del pullman Sky Wiggins e Froome litigano di brutto e di fatto chiudono i rapporti. Solo molto tempo dopo, quando anche l’anglokenyano avrà lasciato la Ineos, i due avranno modo di chiarirsi e riappacificarsi.

Wiggins Nibali 2012
Quel Tour fu anche il primo sul podio per Vincenzo Nibali, che chiuse a 6’19” da Wiggins (alle sue spalle)
Wiggins Nibali 2012
Quel Tour fu anche il primo sul podio per Vincenzo Nibali, che chiuse a 6’19” da Wiggins

Dopo allora, niente più Tour

Wiggins il Tour, dopo quella vittoria non lo correrà più, continuerà a gareggiare fino al 2016, ma era già un’altra persona. A ben guardare, quella vittoria fu un po’ un controsenso del quale sono capaci solo i grandi campioni, perché Wiggins era un pistard prestato alla strada. Per vincere la maglia gialla, per un anno si concentrò solo sulle corse su strada, ma la pista restava padrona del suo cuore (5 titoli olimpici e 6 mondiali per 19 medaglie complessive, bastano questi dati per chiarire il concetto…).

Wiggins Sky 2012
Il britannico portato in trionfo dai compagni, ma quel Tour lascerà strascichi fino all’addio nel 2015
Wiggins Sky 2012
Il britannico portato in trionfo dai compagni, ma quel Tour lascerà strascichi fino all’addio nel 2015

Tutto per i Giochi

Anche recentemente Sir Bradley conferma quella scelta, senza il minimo pentimento: «I Giochi sono famosi in tutto il mondo, si disputano ogni quattro anni, quando vinci è come se entrassi in una famiglia privilegiata, ma enorme. Io ho vinto in 5 edizioni diverse, quando avvenne a Sydney 2000 erano pochissimi gli sportivi britannici che riuscirono in una simile impresa, a Rio 2016 eravamo una delle nazioni più medagliate. No, per me non è la stessa cosa».

Resta però il fatto che da quel Tour iniziò un modo diverso di correre, più “di squadra”. Dipendeva molto anche da come il Team Sky era costruito, dal fatto che puntava quasi tutto sulle tre settimane in terra francese. Ora le cose sono cambiate: per volontà e per necessità, la squadra sta mutando pelle. E forse un Bradley Wiggins oggi farebbe ancora comodo.

La nuova Ineos d’assalto che piace tanto al capo Brailsford

18.04.2022
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Si cominciava a pensare che fossero passati di moda, con Uae Team Emirates e Jumbo Visma che si stavano facendo largo con milioni e campioni e la Ineos Grenadiers verso la fine di un ciclo. L’incidente di Bernal è piombato sulla squadra come una maledizione. Non avere un potenziale vincitore di Tour dopo averne portati a casa 7 in 10 anni pareva il segno della resa. Invece i corridori di sir David Brailsford hanno cambiato passo e registro. E con aprile sono venute le vittorie di Martinez e Rodriguez ai Paesi Baschi, poi l’Amstel di Kwiatkowski, la Freccia del Brabante con Sheffield e ieri infine la Parigi-Roubaix di Van Baarle.

Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle
Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle

Ellingworth decisivo

Per questo ieri il capo è stato il primo ad andare incontro all’olandese, abbracciandolo come fece con i suoi campioni della maglia gialla. Se ne è stato per un po’ al centro del prato rimirando da lontano il podio, poi non poteva più fingere di non vedere i gesti e ci ha raggiunto alla transenna. 

«Io penso che ci siamo focalizzati sui Grandi Giri per tanto tempo – ha detto – ma ci sono due grandi corse in questo sport: il Tour de France e la Parigi-Roubaix. Abbiamo vinto il Tour un po’ di volte, ma non ci eravamo mai organizzati per domare il pavé. Perciò questo è come un sogno diventato realtà. Va dato grande merito a Rod Ellingworth (l’head coach dai capelli rossi passato per un anno al Team Bahrain, poi tornato alla base, ndr). Gli abbiamo dato tanta fiducia, lui è tornato nel team e sta lavorando davvero duramente. Per vincere qui eravamo consapevoli del fatto che si devono prendere dei rischi. Ebbene, non sono sorpreso, soprattutto dai giovani. Ad esempio Ben Turner ha fatto appena un paio di classiche sul pavé quest’anno ed è alla prima stagione: lo avete visto che grinta?».

Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Hai temuto che l’incidente di Bernal sarebbe stato un colpo fatale per voi?

E’ un grande danno, questo è certo. Questo sport si muove velocemente, non devi lamentarti e bisogna adattarsi velocemente. Spero che Egan torni presto nel team, ma nel frattempo mi godo i corridori che si prendono le proprie responsabilità, che si divertono alle gare. Devo dare merito a questo gruppo di ragazzi, perché hanno portato altro brio, il desiderio e il divertimento all’interno della squadra e tutti ne beneficiano. 

Ti aspettavi che Van Baarle potesse vincere la Roubaix?

Dylan era già stato vicino a vincere un paio di volte in modo importante. Un mondiale e il Fiandre. Corre bene ed è interessante osservare che per vincere questo tipo di gare serve gente con esperienza. Penso anche alle due settimane tra il Fiandre e la Roubaix. Penso che in questi giorni lui abbia capito come fare. E’ un ottimo corridore se mantiene la sua freschezza e credo che possa avere grosse possibilità. E’ sempre concentrato, ha imparato lungo la via. I suoi 10 anni di esperienza hanno dato frutto tutto in una volta, per un giorno speciale.

Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ma intanto la Ineos… ingessata del Tour sta cambiando pelle…

Abbiamo parlato molto questo inverno a proposito del nostro modo di correre. Da quando abbiamo vinto il Giro con Tao (Geoghegan Hart, ndr) gareggiamo in maniera molto diversa. Dopo il 2020 ci siamo detti che sta bene a tutti se riusciamo ad essere un pochino più incisivi e aggressivi. Correre sempre tra i primi, assumerci più rischi. E piano piano questa mentalità sta arrivando nella squadra. La dinamica è cambiata.

Come mai?

Il merito è molto legato ai giovani che si sono scrollati di dosso i vecchi schemi. Hanno dato un forte impatto. Tom Pidcock è uno che vuole sempre attaccare. Ragazzi che prendono rischi e si fanno avanti quando vedono un’opportunità. Devo dire che Castroviejo e Thomas sono cresciuti con un’altra mentalità, ma non si tirano indietro. Devo dare merito a Geraint per la scelta di rimanere. Ha vinto il Tour, ha vinto le Olimpiadi, è uno tra i corridori più esperti nel gruppo eppure sta ancora imparando.

Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
E’ finito il tempo del Team Sky tutto attorno a un solo capitano?

Sono passati dieci anni, credo che stiamo correndo con il collettivo. Oggi (ieri alla Roubaix, ndr) abbiamo creato il gap e poi lo abbiamo gestito vincendo la corsa. Questi ragazzi gareggiano più come gruppo unito con l’attitudine di correre rischi. Abbiamo passato gli ultimi 10 anni a organizzarci per vincere il Tour e oggi abbiamo bussato ad una porta che era chiusa fino all’anno scorso. Ero convinto che l’avremmo vinta nel 2021 con Gianni Moscon. Quando raggiungi un traguardo così, è bello poter dire che ogni singolo membro della squadra ha contribuito al successo.

Bernal: «Grazie al Giro ho ritrovato la felicità»

30.05.2021
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C’è tanta Colombia stasera in piazza Duomo, per quella straordinaria capacità che hanno quelli di laggiù di sentirsi Paese e stringersi attorno ai loro eroi. E’ bastato seguire per tre volte il Tour Colombia per capire di quanto amore siano capaci. E oggi sono tutti qui per Egan Bernal. Il ragazzo in maglia rosa ha gli occhi buoni e quando dice che dentro è un ribollire di emozioni e felicità, bisogna credergli, perché in fondo al suo sguardo c’è tanta commozione.

A cena col capo

La storia di questo suo Giro d’Italia nasce dopo l’ultimo Tour da una cena a Monaco con David Brailsford, il grande capo della Ineos Grenadiers. Egan era a pezzi, niente di quello che sapeva fare sembrava più alla sua portata. A Brailsford bastò sentirlo parlare per indicargli la strada.

Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi
Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi

«Parlammo tantissimo – ricorda ora – e alla fine arrivammo a capire quello che serve per avere la versione migliore di Egan. Stare tranquillo e divertirmi. A me piace correre d’istinto e David è stato quello che più mi ha aiutato in questo processo. E alla partenza del Giro mi ha detto: “Vai e fai quello che senti di fare!”. Una parte molto importante di questa vittoria è sua».

L’indigestione

La vittoria è un piatto che devi saper mangiare. Se ti ci avventi sopra con la fame di sempre, ti riempie e può farti male. E in fondo nel commentare quella del Giro, Egan ha quasi paura di sbilanciarsi, ricordando il periodo nero vissuto dopo il Tour. Trovateci un calciatore che dopo la grande vittoria sia capace di andare così a fondo dentro se stesso.

«Il dopo Tour – dice – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio? Non è stato per niente facile ritrovare la grinta. Di alzarmi. Fare stretching. Fare colazione. Uscire in bici. Tutto con l’obiettivo del Tour. Mi allenavo, facevo dei buoni test, ma sentivo chiaramente che non era la stessa cosa. Poi sono successi dei cambiamenti non semplici nella vita, mentre in Colombia tutti mi aspettavano. E quando sono arrivato al Tour, dove avrei voluto dimostrare che non avevo vinto per caso, è venuto fuori il mal di schiena. In quel momento sono iniziati i dubbi. Riuscirò mai più ad andare forte? Riuscirò a trovare quella voglia? Bene, in questo Giro l’ho ritrovata. E per questo sono davvero felice».

Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»
Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»

Pogacar avvisato

Fu tutto troppo veloce e senza troppo pathos. Si arrivò a dire che la strada del Tour fosse ormai chiusa e per tanti anni a venire. Molto meglio questo Giro, vinto soffrendo. Lo disse giorni fa: nessuno è invincibile e sarebbe brutto vincere troppo facilmente.

«Ho vinto il Giro – dice – ma so già che là fuori ci sono campioni come Pogacar e Roglic che mi aspettano. Sono tornato nel gioco e devo dire grazie a loro per le motivazioni che mi daranno nei prossimi mesi. Il momento più difficile di questo Giro è stato ieri quando Caruso ha attaccato. Ero con sei compagni e dopo dieci chilometri erano rimasti in tre. E’ stata una fase difficile da gestire e in quella situazione mi ha aiutato tantissimo Castroviejo, un vero capitano di strada».

La vera felicità

Il nuovo Bernal si è scrollato di dosso ogni etichetta ed è semplicemente tornato ad essere Egan e per farlo ha scelto il suo gruppo, in quella Ineos che per anni è stata un modello un po’ troppo asettico di efficientismo. Saremmo quasi tentati di chiedergli, dopo il suo allontanare con le mani il Tour, se ci andrebbe potendo portare con sé gli uomini del Giro. Ci illudiamo che direbbe di sì, ma lasciamo stare.

«Nella vita – dice – ho avuto diversi sogni, ma ora credo che la cosa migliore come corridore sarebbe vincere anche la Vuelta e poi starmene nella mia casa, con i miei animali. La mia mucca, i tre cani, le galline e la mia ragazza. Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più, ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice».

Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa
Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa

Giro che passione

Le stesse parole pronunciate ieri da Caruso e la stessa voglia di sdebitarsi con Martinez che Damiano ha concretizzato ieri con la pacca sulla schiena di Pello Bilbao. Lo guardiamo e ci accorgiamo che è esausto. Una crono comunque ti svuota e ti mette pressione.

«Eppure è stata una bella giornata – dice – con il mio allenatore che alla radio. Mi segnalava le curve, i wattaggi, i distacchi. Mi ha dato tranquillità. Il Giro d’Italia è una corsa difficile per noi corridori, faticosa. Ma genera tanta passione. La gente nelle strade partecipa e spero che di questa vittoria continueranno a parlare anche in futuro».

Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello
Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello

Tour? No, grazie

Fuori lo aspettano per l’ultima fatica di giornata, nella forma di una festa per tutta la squadra. Lo scorso anno vinsero per caso e la tattica fu duttile e poco snervante. Quest’anno sono venuti per vincere e sono stati perfetti, pur in cambio di una fatica a volte pesante.

«Mi sono divertito – saluta – ho attaccato in salita, ho fatto le volate in pianura, a Montalcino mi sono esaltato e ho capito che potevo vincere. Adesso sono stanco, vado a riposarmi. Il Tour? Non lo vedete – ride e saluta – come sono conciato?».

Tao Geoghegan Hart, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020

Un altro britannico sul trono rosa

25.10.2020
5 min
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Quando il team Ineos-Grenadiers si è radunato ad Alcamo alla vigilia del Giro d’Italia, l’idea che Tao Geoghegan Hart potesse conquistare la maglia rosa non era neppure un’ipotesi. Tre settimane dopo, forse neppure lui si rende conto di essere riuscito nell’impresa di conquistare quel trono.

Ha corso la crono della vita a 51,664 di media regalando 39 secondi a Hindley e strappandogli in cambio la maglia rosa. Ha tagliato il traguardo. Ha ondeggiato fino a fermarsi tra gli uomini del suo team. Poi lentamente ha iniziato a crollare sotto i colpi dell’emozione che ancora adesso lo scuote fino a fargli tremare la voce.

«Non l’ho capito ieri a Sestriere – dice – che avrei potuto vincere. Non l’ho capito stamattina al via e neppure quando sono entrato nel centro di Milano. In realtà non l’ho mai capito, forse ci riuscirò la settimana prossima…».

Tao Geoghegan Hart, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Crono perfetta, Hindley crolla, il britannico in rosa: il trono è suo
Tao Geoghegan Hart, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Crono perfetta, Hindley crolla, il britannico in rosa: il trono è suo

L’antefatto

La storia è nota. La Ineos-Grenadiers avrebbe puntato su Thomas, ma Geraint ha commesso la leggerezza di farsi trovare a centro gruppo durante un trasferimento su strada selciata ed è caduto su una borraccia volata via da una bici della Bahrain-McLaren. A quel punto, complice il cambio di mentalità dell’intera squadra, il Giro è finito tra le mani di una generazione di ragazzini terribili che si sono… divertiti a schiaffeggiare i senatori del gruppo.

«C’è una nuova generazione in arrivo – dice – composta da ragazzi dotati di super talento, che hanno a disposizione numeri e mezzi tecnologici ideali per risparmiare tempo di crescita. Una cosa che ho imparato da British Cycling è che è più redditizio quando gli obiettivi sono più controllabili rispetto a quando sono incerti. Siamo fortunati che ci siano così tanti parametri – tempo in salita, potenza, peso – in modo che possiamo puntare a migliorare un aspetto o l’altro e valutare la progressione».

La famiglia

La storia di Tao parla di un ragazzino con la testa sulle spalle, cui hanno spesso attribuito più dei suoi anni. Fra le cause di questa sua maturità, il ragazzo ha spesso inserito il fatto che i suoi genitori si siano lasciati quando lui era ancora piuttosto giovane e quindi ha presto imparato a prendersi cura di se stesso.

«Nessuno nella mia famiglia viene dal mondo dello sport – ha raccontato – ma sono tutti grandi lavoratori. Mio padre è un muratore e lavorava spesso 16 ore al giorno. Se riusciva a fare quello sforzo senza che sessanta persone si prendessero cura di ogni suo capriccio, senza un massaggio quotidiano per alleviare lo stress della vita, io penso di poter sopportare le fatiche del ciclismo».

Tao Geoghegan Hart, fidanzata Hannah Barnes, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
L’abbraccio con la ragazza Hannah dopo l’arrivo
Tao Geoghegan Hart, fidanzata Hannah Barnes, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
L’abbraccio con Hannah dopo l’arrivo

Gli inizi

Tao Geoghegan Hart ha perso le ruote nel tratto più ripido dell’Etna, ma si è rifatto con gli interessi vincendo a Piancavallo, facendo la corsa sullo Stelvio assieme a Dennis e rivincendo poi a Sestriere. E pure essendo molto giovane, non va dimenticato che negli anni scorsi ha voluto fare tutti i passi giusti. Compreso quello di rifiutare inizialmente la corte dell’allora Team Sky.

«C’era un forte interesse da parte della squadra – ha raccontato – ma io volevo fare un altro anno fra gli under 23, perché non avevo ancora vinto una corsa e mi pareva necessario per poter passare professionista. Sono stato per tre anni magnifici con Axel Merckx, che mi ha dato una grande prospettiva ed è stato una gran parte del mio arrivo tra i pro’. Mi ha dato l’opportunità di correre ai massimi livelli, gareggiando al Tour of California».

Il ricambio

Un dettaglio che non è passato inosservato nel suo Giro è che nella crono se la sarebbe giocata di sicuro, essendo il prodotto di una scuola tecnica che, al pari di quella italiana degli anni 70-80, ha creato un ottimo sistema di individuazione e sviluppo dei talenti.

«Non credo che sia una nuova era per il ciclismo britannico – dice – perché in Gran Bretagna ci sono tanti corridori forti come me, per cui credo si possa parlare dell’onda lunga di un lavoro iniziato dieci anni fa e di cui sono orgoglioso di fare parte. Sono grato a tutti gli inglesi che sono venuti prima di noi, da Millar a Boardman, Cav e Wiggins. Hanno portato il ciclismo nel Regno Unito. Ero presente al lancio del Team Sky nel 2009 ed ero tanto ispirato. Se penso ai miei inizi, però, è incredibile quanto sia diventato grande il piccolo sogno di allora. Apprezzo i ciclisti famosi e quello che hanno fatto, ma più gare faccio, più sembra normale. Per questo non vedo l’ora di tornare a casa e festeggiare con la mia famiglia, perché loro c’erano quando tutto è cominciato».

Filosofia Ineos

La filosofia Ineos ha funzionato alla perfezione anche in questo Giro: difficile che una squadra così vincente si lasciasse sfuggire la maglia rosa, avendola così vicina. Ma cosa significhi questo, Tao riesce a spiegarlo in modo molto chiaro.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Un selfie con Fausto Pinarello e Matteo Tosatto, un trono per tre
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Un selfie con Fausto Pinarello e Matteo Tosatto, un trono per tre

«Dave Brailsford – spiega – ci ha sempre detto che andiamo alle gare con tre obiettivi. Per aiutare qualcuno a vincere, per imparare a vincere in modo da tornare con la giusta consapevolezza, per vincere in prima persona. All’inizio volevo dimostrare ai miei compagni che meritavo di far parte di questa squadra, poi che potevano fare affidamento su di me. E quando li ho avuti a mia disposizione, le parole di Dave sono tornate in mente».

Ritorno a casa

Il tempo delle chiacchiere è finito, il Giro è finito. Tao abbraccia nuovamente Ganna, seduto accanto a lui nel truck della conferenza stampa e davanti a loro si apre una notte di festa con le cautele necessarie vista la situazione Covid.

«Sarà strano uscire dalla bolla – dice – ma non vedo l’ora di scendere da questo trono e assaporare un po’ di normalità. Nelle ultime tre settimane abbiamo mangiato pasta tutti i giorni, adesso spero di tornare alla mia normalità. Quando sono a casa cerco solo frutta e verdura di qualità. Spendo un’incredibile quantità di denaro nel negozio di una fattoria ed è fantastico. Mi piace cucinare per la mia ragazza (Hannah Barnes, anche lei ciclista elite, ndr). Lei mi rende una persona migliore e questo fa di me un ciclista migliore».

Geraint Thomas, cronometro individuale Monreale-Palermo, Giro d'Italia 2020

Brailsford, perché Thomas fuori dal Tour?

02.10.2020
3 min
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Thomas non ha dubbi, Brailsford ne ha anche meno. Nessun caso per l’esclusione del gallese e quella di Froome dalla squadra del Tour. Semplicemente, dopo il Delfinato, il Team Ineos-Grenadier si è riunito attorno allo stesso tavolo e la decisione è stata presa.

«Dopo la pandemia – spiega il grande capo del team – gli atleti sono arrivati alle prime corse in condizioni totalmente diverse. Il mondo certe cose non le sa e può aver travisato alcuni passaggi. Ma noi ci conosciamo da tanto tempo. Ci siano seduti e ci siamo chiesti: a che punto siamo? Non si trattava di promuovere o bocciare qualcuno, semplicemente di valorizzare al meglio le nostre risorse. Se facciamo il punto sulla carriera di Thomas, il fatto che sia venuto al lottare per il Giro d’Italia lo trovo estremamente eccitante».

Brailsford_Tour2019
Brailsford in una foto del Tour de France del 2019, vinto da Bernal
Brailsford_Tour2019
Brailsford e Thomas in una foto del Tour de France del 2019, vinto da Bernal

Non è facile essere il baronetto di Sky e dover masticare il fiele di una brutta sconfitta al Tour e insieme spiegare come e perché hai scelto di rimescolare tutto. Ma questa volta Brailsford parte da una base condivisibile, che getta una luce quasi umana sul team.

«Abbiamo corridori esperti che hanno vinto molto – spiega – come Thomas e altri più giovani ma di grande talento. Lo sport continua, non si ferma a guardare le sconfitte. Sta a noi osservare e trovare la chiave di lettura di un risultato. Lo stiamo facendo. Ci siamo rimboccati le maniche per far sì che i due gruppi si integrino, arrivando ad avere corridori giovani e di talento con la giusta esperienza per gestire ogni tipo di situazione.

«Dopo il Tour abbiamo pensato di cambiare strategia, ma occorre un punto di vista più ampio e non semplicemente la fretta di cambiare gli uomini per ottenere il primo risultato unico. Come team abbiamo vinto tanto negli ultimi anni, ma ora sono arrivate squadre che si sono molto rinforzate. E noi dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per migliorare».

L’analisi della sconfitta

L’analisi del Tour è lontana da venire. Forse il cedimento è stato così evidente e inatteso, che questa volta servirà più di una chiacchierata. Dave lo sa e forse per questo evita di affrontare l’argomento. L’analisi passa per la lettura dei numeri e il necessario approfondimento.

«Se guardi il Tour – dice – c’è rammarico che potrebbe bloccarti. Per questo dopo una grande sconfitta si deve guardare la corsa successiva. Il nuovo impegno e tutte le attenzioni che richiede ti porta via dal malumore, ma ciò non toglie che dovremo raccogliere informazioni e andare avanti».

La firma di Pidcock ha portato aria nuova nel team britannico. Bernal ha bisogno di tempo per rigenerarsi analizzando magari le troppe attese. Carapaz ha confermato le sue qualità. Thomas tirerà una riga dopo il Giro. L’anno del covid ha scosso profondamente il team, portando tutti fuori dalla loro comfort zone. Vedremo se il ritorno alla normalità sarà nuovo olio sui soliti meccanismi.