Il Critérium du Dauphiné è finito da appena due giorni e Simone Consonni ha già rifatto le valigie, direzione altura. Le fatiche in terra francese hanno lasciato qualche scoria e hanno allegato le prime risposte dopo il periodo di preparazione a Sierra Nevada. La Lidl-Trek è tornata a casa con una vittoria di tappa siglata da Jonathan Milan. Il velocista friulano è riuscito a mettere le ruote davanti a tutti nella seconda tappa, mentre nella quinta non è riuscito a bissare il successo. Simone Consonni e Jonathan Milan sono tornati a correre insieme dopo più di due mesi, l’ultima volta che si erano ritrovati insieme era stato alla Classic Brugge De Panne.
«Andare in altura – racconta Simone Consonni – serve un po’ per rigenerarsi sia fisicamente che mentalmente. Sapete, quando si è a casa è difficile staccare, si è sempre indaffarati a fare tante cose. In questo modo riesco a prendere i miei ritmi e posso fare ancora quale passo in più per migliorare alcuni parametri, come il recupero. Se il Tour de France sarà impegnativo e tirato come queste otto tappe al Delfinato, meglio avere qualche globulo rosso in più».
Sui passi giusti
Aver trovato il successo nella prima gara dopo il ritiro in altura è stato importante, soprattutto se questa è anche l’antipasto di quello che si troverà al Tour de France. Ora che il percorso in preparazione alla Grande Boucle è stato completato è il momento di capire se la condizione trovata è quella giusta oppure no.
«Personalmente – riprende Simone Consonni – la gara è andata bene, mi sono sentito sempre meglio giorno dopo giorno. Ho avuto un paio di giorni complicati, ma arrivando dall’altura sapevamo che sarebbe potuto succedere. In particolare nella seconda tappa, quella vinta da Johnny (Milan, ndr) non sono riuscito a fare il lavoro di ultimo uomo. Sapevamo che il Delfinato sarebbe stata una gara difficile, bastava guardare la lista dei partenti per capire che avremmo sofferto. Oltre a noi, solamente la Israel Premier Tech ha portato un velocista».
Che passaggio è stato per voi?
Abbiamo avuto la conferma di avere un gruppo veramente solido. C’erano tre occasioni in volata, nella prima siamo riusciti a resistere agli attacchi degli uomini di classifica riportando Milan nel gruppo dei migliori. Già il fatto di essere riusciti a rientrare è stata una risposta positiva.
La vittoria del giorno dopo è stata una conferma ulteriore?
Assolutamente. La seconda tappa era comunque molto impegnativa con quasi 3.000 metri di dislivello e tanti chilometri. Rientrare, riuscire a sprintare e vincere non è banale. Peccato perché è coincisa con la mia giornata “no” però sono comunque riuscito a dare il mio contributo. Con il passare delle ore ho parlato con Theuns e Stuyven, ho detto loro di invertire i ruoli nel treno e sono stati loro a lanciare Milan.
Come mai hai avuto queste difficoltà?
Un po’ per il lavoro in altura, poi ne ho parlato con la squadra perché avevo i crampi e facevo davvero tanta fatica. Ci siamo messi a guardare un po’ di file e ci siamo resi conto del fatto che era da un po’ che non facevo una gara così impegnativa. Ho iniziato la stagione alla Valenciana, dove il ritmo e il percorso erano davvero esigenti. Al UAE Tour le due tappe di montagna sono state fatte in maniera davvero blanda. Alla Tirreno-Adriatico sono stato male e ho saltato le Classiche.
Insomma, ti mancava il ritmo gara?
Sì. Anche perché in primavera ho corso, ma tutte gare piatte e senza particolari difficoltà. Da lì mi sono fermato un mese e ho corso a Francoforte, più per esigenze di squadra. Mi hanno chiamato all’ultimo a causa di alcune assenze in squadra. E’ stato un ritorno estemporaneo, infatti mi sono fermato ancora per un mese per preparare il Tour.
Anche per Milan il Delfinato è stato un passaggio importante?
Lui arrivava con più gare rispetto a me. Ha finito la Tirreno e ha fatto il blocco delle Classiche, che sicuramente ti lascia qualcosa in più nelle gambe. Però dopo l’altura correre è un bene, alla fine non abbiamo preparato il Delfinato, ma questo è stato un passaggio lungo il cammino per il Tour.
Come avete lavorato in altura?
Abbiamo messo insieme tanti chilometri. Quando si va in ritiro ci si concentra su questo aspetto, con tanti allenamenti lunghi e molti metri di dislivello. Le volate si allenano in gara. Con il senno di poi direi che il lavoro fatto è stato giusto. Al Tour troveremo tanta salita, come al Delfinato, quindi allenarsi in quota e poi venire a fare una corsa così dura è stato utile. E’ importante avere i cinque o sei minuti di sforzo ma bisogna anche arrivare con i primi nel finale, serviva costruire una base solida.
Dopo due maglie ciclamino al Giro con quali ambizioni arriverete al Tour, la maglia verde è possibile?
Andremo al via di Lilla con l’obiettivo di vincere quante più tappe possibile. La maglia verde sarà una diretta conseguenza, se andrà bene potrebbe arrivare.
Tornerai al Tour dopo cinque anni, la tua esperienza potrà essere utile?
Non saprei. Quando ho corso alla Grande Boucle era il 2020 ed è stata un’edizione strana visto che c’era il Covid. La corsa era blindata, non c’era tanto pubblico. Da questo punto di vista direi di no. Per quanto riguarda l’esperienza in gara penso che la corsa la facciano i corridori. Sarà difficile perché avremo i migliori atleti al mondo al via. Però ripeto, questo Delfinato ci ha dato fiducia.