Purosangue in prima squadra, Gannat riparte dal gruppo

21.02.2023
6 min
Salva

Avrà un bel lavoro da fare Jerome Gannat quest’anno con i tanti “ragazzini” che si ritrova attorno. Se il Team Dsm è la squadra più giovane del WorldTour, quella più giovane in assoluto tra le tre fasce di team professionistici (WT, professional e continental) è l’Equipe Continentale Groupama-Fdj: l’età media dei francesini è di 18,3 anni.

Gannat, direttore sportivo della giovane squadra, si sta già rimboccando le maniche. E lo fa con il suo consueto sorriso e con pazienza. Nelle occasioni in cui lo abbiamo visto all’opera dal vivo, abbiamo notato un tecnico pacato, che all’occorrenza sapeva richiamare tutti all’ordine, ma anche che lasciava spazio ai suoi atleti.

Emblematica fu la tappa di Peveragno dello scorso Giro U23. Tattica folle, azzardata, da parte dei suoi, ma se ci fossero riusciti avremmo parlato d’impresa storica. A volte il limite tra successo e insuccesso è molto, molto sottile.

Al netto di tutto questo, vogliamo capire come ripartirà questo team che era composto da tutti, ma proprio tutti, campioni: Martinez, Gregoire, Thompson, Germani, Paleni… Come lavoravano? Come erano riusciti a costruire quel dream team?

Jerome Gannat (classe 1970) è il diesse dell’Equipe Continentale Groupama-Fdj
Jerome Gannat (classe 1970) è il diesse dell’Equipe Continentale Groupama-Fdj
Jerome, i tuoi “cavalli purosangue” sono passati quest’inverno…

Bene! E’ l’obiettivo di una continental portare i suoi ragazzi in prima squadra dopo averli cresciuti. Il 2022 rimane per noi una stagione eccezionale visti i risultati raccolti: 29 vittorie, il 1° posto nella classifica UCI Europe Tour Continental e 8 corridori che appunto si sono uniti al team WorldTour. I corridori non sono destinati a rimanere a lungo nel nostro team di sviluppo. Al massimo possono restarci il tempo di durata di tutta la categoria under 23, ma per il momento la maggioranza rimane solo una stagione o due al massimo. Ciò significa che il processo di formazione sta funzionando bene ed è efficace. I corridori quando arrivano nella nostra squadra progrediscono. Questa è una delle nostre qualità principali.

In termini di stimoli, come riparte la squadra? 

Sappiamo che per il 2023 stiamo iniziando un nuovo ciclo con 11 nuovi corridori su una forza lavoro di 12. Nove provengono dagli juniores, due da altri team e solo Eddy Le Huitouze è ancora presente dall’anno scorso. E’ quasi una nuova squadra, un po’ come quando il team è stato creato nel 2019.

Avrai un bel da fare: devi quasi ripartire da zero…

Questo non è un problema, perché fa parte della vita di una development. Il team WorldTour ha reclutato esclusivamente corridori dal suo team continental, cioè da noi. Quella che verrà è una nuova ondata, che sempre il team WorldTour spera di portare avanti negli anni futuri. E’ una prova del successo e della fiducia della prima squadra nel suo team di sviluppo.

Giro della Valle d’Aosta: Thompson e Martinez in parata. Spesso i ragazzi di Gannat “giocavano” in corsa (foto Courthoud)
Giro della Valle d’Aosta: Thompson e Martinez in parata. Spesso i ragazzi di Gannat “giocavano” in corsa (foto Courthoud)
In che modo la Groupama-Fdj seleziona i suoi giovani corridori? In pratica: come funziona lo scouting?

Lo scouting è un’asse importante in un team di sviluppo. E’ chiaro che oggi il reclutamento sta virando verso la categoria juniores e che la competizione tra gli stessi team di sviluppo è importante. Ma noi insistiamo sulla formazione e sullo sviluppo di qualità. Il nostro team ha sede nello stesso luogo della WorldTour, a Besançon. Lì abbiamo a disposizione tutto ciò che ci serve per fare al meglio il nostro lavoro. C’è tutto il personale: allenatore, direttore sportivo, fisioterapista, osteopata… E’ un vero e proprio centro di formazione a disposizione del corridore (e dei tecnici stessi, ndr). 

Lorenzo Germani ce ne parlava con orgoglio e piacere in effetti…

Questo è un elemento di successo nella nostro progetto di crescita. Inoltre, le statistiche confermano la nostra qualità della formazione. Molti dei nostri allenatori viaggiano e seguono dal vivo le gare juniores e abbiamo sviluppato nel nostro Performance Center di Besançon, dei test per rilevare il potenziale futuro. Si tratta di una serie di test fisiologici e sul campo.

Quali sono questi test?

I nostri test a Besançon si concentrano su una valutazione del potenziale del corridore e del suo profilo di potenza fisica. Naturalmente stimando anche la sua possibile progressione. Un corridore junior anche di qualità mondiale deve continuare a progredire se desidera evolversi a livello continental, prima e WorldTour poi. 

Cosa valutate per scegliere un ragazzo? Si è parlato di seguire le gare juniores, ma ci sono solo numeri e risultati sul piatto?

Abbiamo avuto un follow-up junior per tre anni. Da 4 a 5 juniores vengono seguiti e formati dai nostri coach. Offriamo loro degli stage e li aiutiamo dal punto di vista del materiale. Al nostro training camp a Calpe, per esempio, c’erano quattro juniores. Tre corridori del nostro team 2023 provengono dal programma juniores. Inoltre, insistiamo anche con le interviste al ragazzo, cioè ci parliamo, perché è importante conoscere le qualità umane del corridore.

Per curiosità, chi sono quei tre juniores che provengono dal vostro follow-up?

Jens Verbrugghe, Ronan Augé e Thibaud Gruel. Anche Lenny Martinez, per dire, era uno di loro.

Il livello della squadra francese 2022 era talmente alto che spesso Germani svolgeva il ruolo di gregario quando sarebbe stato leader in qualsiasi altra squadra
Il livello della squadra francese 2022 era talmente alto che spesso Germani svolgeva il ruolo di gregario
Fino allo scorso anno tu e la tua squadra andavate alle gare sempre per vincere, ora quali saranno gli obiettivi?

Ogni anno insisto sul collettivo e sul gruppo. L’anno scorso, anche se c’erano corridori con un alto potenziale, abbiamo dovuto creare un collettivo e un gruppo. Dodici corridori su tredici hanno vinto almeno una gara, il che significa che era un gruppo forte e unito. Quest’anno è una nuova sfida per tutto lo staff ed è un nuovo obiettivo costruire un gruppo al di là dei risultati in senso stretto. Il ciclismo è uno sport individuale, ma che si corre in squadra. E la squadra rimane fondamentale nel nostro processo di formazione.

Di questi dodici ragazzi che hai ce n’è uno più pronto di altri?

Le prime gare saranno importanti per il nostro gruppo e, come ho detto nella risposta precedente, la nostra prima parte di stagione sarà incentrata sul concetto di gruppo. Tutti progrediranno e avranno l’opportunità di esprimersi. Anche nel 2022, ad ogni partenza di gara, la strategia prevedeva la vittoria di uno dei nostri corridori. Il briefing veniva fatto sempre in questo senso. Per questa stagione il collettivo sarà ancora più importante e insisteremo in questa direzione. La vittoria è un risultato, un elemento fondamentale nella competizione, ma può essere ignorato. Molti atleti hanno il potenziale per vincere le gare, ma le vinceranno grazie alla squadra.

«La vittoria è un risultato, un elemento fondamentale nella competizione, ma può essere ignorato». Queste parole di Gannat possono sembrare una frase fatta, ma è proprio su questo aspetto che si basa tutto il senso di un team development. Il risultato non è la vittoria o l’obiettivo, ma la formazione di un atleta. Tuttavia per perseguire tutto ciò a nostro avviso è necessario non avere la pressione del risultato stesso. Pressioni che possono arrivare “dai piani alti”, dagli sponsor… ma per farlo servono investimenti specifici. Jumbo Visma, Dsm e la stessa Groupama-Fdj ne sono esempi calzanti, permettono di disinteressarsi della vittoria come unico scopo.

Marangoni: «Attesa, lavoro, umiltà: così è esploso Van Baarle»

01.05.2022
5 min
Salva

Alan Marangoni è stato compagno di squadra di Dylan Van Baarle per due stagioni al Team Cannondale. Dopo la sua vittoria alla Parigi-Roubaix l’ex pro’, ora in forza a GCN, aveva scritto che non era stupito del fatto che l’olandese avesse vinto. “Dylan ha avuto bisogno di tempo. Si è messo sotto e alla fine ci è arrivato. Non tutti sono Pogacar ed Evenepoel”.

E ancora: “Mi riempie di gioia – si leggeva sulla pagina Instagram di Marangoni – vedere un corridore che, resosi conto di non essere un fenomeno nonostante le pressioni, ha saputo aspettare lavorando sodo”. Parole non banali e che in qualche modo si legano anche all’articolo di ieri con i diesse degli U23. 

Alan marangoni (classe 1984) è oggi una delle voci e dei volti di GCN
Alan marangoni (classe 1984) è oggi una delle voci e dei volti di GCN
Alan, qual è il tuo primo ricordo di Van Baarle?

La percezione che si aveva di lui quando arrivò in squadra. Era preso molto in considerazione dai tecnici. Quando lo conobbi aveva 21 anni. Se ne parlava un gran bene. Aveva vinto subito il Giro di Gran Bretagna alla Garmin da neoprofessionista.

E lui?

Nonostante fosse iper-pompato è sempre rimasto con i piedi per terra. Non è mai stato arrogante, sempre sorridente. Un ragazzo rispettoso. Sempre pronto a dire grazie.

Qual era il vostro rapporto?

Si era legato parecchio a me. Diceva che si divertiva. Lo scorso autunno, nell’evento BeKing di Montecarlo, quando ci siamo visti mi ha fatto una gran festa. La realtà è che si rischia di perdere dei talenti. Si mettono subito pressioni e se un ragazzo è debole mentalmente il rischio è quello di perderlo. Ci possono essere delle fragilità in quel periodo della carriera e non tutti sono già formati. E poi c’è una cosa che mi fa un po’ rabbia.

Cosa?

Oltre al fatto che in questo momento non ci sono italiani forti, è il vedere certi commenti sui social. Commenti spesso cattivi e infondati che non capisco. Ma di chi è la colpa se un corridore non va? Perché ce l’hanno con un ragazzo che non va forte? Perché se la prendono con il sistema? Okay, allora iniziassero a mettere su una squadra di giovanissimi. Noto che sta crescendo una dialettica calcistica.

Van Baarle ha corso alla Cannondale nel biennio 2015-2016. Da notare la sua massa muscolare
Van Baarle ha corso alla Cannondale nel biennio 2015-2016. Da notare la sua massa muscolare
Com’era Van Baarle in corsa?

Preciso. Ho avuto modo di correre con lui nel Fiandre del 2016 in cui arrivò sesto. Di quel Fiandre ricordo bene che Klier, il diesse, fece una precisa tattica a tavolino. E gli disse: prima di questo punto – mi sembra il secondo passaggio sul Kwaremont, adesso di preciso non ricordo – devi attaccare forte. Vedrai che i big si controlleranno e non ti seguiranno. Però quando esploderà la bagarre tu già sarai davanti“. Ebbene Dylan eseguì quell’ordine al dettaglio. Quindi, soprattutto se ha la gamba, è molto preciso, non sbaglia nulla. Un computer. E infatti in Ineos-Grenadiers non hai mai sbagliato. Ci sta bene: con la testa e con le gambe.

Hai detto che è un ragazzo rispettoso: queste sue qualità sono emerse subito?

Quando andavamo alle classiche del Nord lui e Langeveld erano due colossi. Stavano sempre insieme. Langeveld era il più esperto, Dylan il più giovane. Ma Langeveld era più sbruffoncello, più saccente e spesso quando un giovane è affiancato ad un capitano così tende a prendere l’atteggiamento del leader. Non Van Baarle. Lui è rimasto sulla sua linea.

C’è un qualcosa che ti ha colpito di Van Baarle?

Come si presentò al primo ritiro del 2016. Rispetto all’ultima corsa del 2015 era un’altra persona. Era diventato molto più magro, aveva perso peso. Il corridore massiccio e potente non c’era più. Tuttavia in quel ritiro andava piano. E lo stesso nei primi mesi dell’anno. Forse doveva adattarsi al suo “nuovo” fisico. Quel sesto posto al Fiandre fu un po’ una sorpresa. 

E in allenamento? Era uno che si staccava o un coriaceo?

Era preciso, seguiva le sue tabelle. Ma in realtà poi in allenamento l’ho visto poco perché noi di ritiri ne facevamo pochissimi in Cannondale: 7-8 giorni a gennaio e stop. Magari ci organizzavamo noi in autonomia. Andavamo sullo Stelvio con Formolo, Bettiol, Moser

L’olandese, oggi più filiforme, è un buon gregario anche per la salita
L’olandese, oggi più filiforme, è un buon gregario anche per la salita
Il motore quindi ce lo ha sempre avuto Van Baarle?

E alla grande direi! Vinse molto da junior e fu un ottimo under 23 tanto che passò nella continental della Rabobank. Di certo da giovane era più esplosivo, più veloce, proprio perché ancora non aveva perso peso. Ricordo che vinse una piccola corsa tappe in cui c’erano quasi tutti arrivi in volata. Però dopo quella trasformazione si è messo giù, con calma e tanto lavoro e alla fine è arrivato in alto. Non avrei mai pensato però che sarebbe potuto diventare un “gregarione” anche per i tapponi dei grandi Giri.

Alan, come mai secondo te Dylan ci ha messo un po’ di più ad esplodere nonostante il motore grande?

Spesso non si considera che quando un corridore passa non è per forza pronto. O che se passa e vince subito sia scontato che poi vinca sempre di più. No, non è matematica. Ogni anno ha le sue dinamiche. Per me Dylan ha sofferto il momento del passaggio alla Cannondale. Lì era il “Dio” e nonostante tutto ha fatto bene. Però aveva delle pressioni. Poi cambiando squadra si è dovuto mettere al servizio degli altri e non ha avuto più certe pressioni. Doveva lavorare da A a B, pressioni da gregario. Nel frattempo ha fatto esperienza, è maturato e quando ha avuto i suoi spazi è riuscito a vincere.

Aveva bisogno dei suoi tempi insomma…

Come ho scritto anche nel mio post: lui non è un fenomeno. Quelli si contano sulla dita di una mano. Dylan è un ottimo corridore che è maturato più lentamente. Ripeto, il fatto di vincere subito, non significa che poi crescendo si continui a vincere a valanga come Merckx.