Universo crono, customizzazione ed efficienza sono il segreto

30.06.2025
6 min
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CREMA – Le crono sono un mondo a parte. La disciplina delle prove contro il tempo e tutto quello che ruota attorno ai componenti, in termini di consensi del grande pubblico, non sono al pari del mondo road vero e proprio. Eppure questo universo è una fucina di idee.

Dopo le tante customizzazioni viste al Giro d’Italia, solo per citare l’ultima grande corsa a tappe, ci siamo posti dei quesiti e abbiamo voluto abbozzare una sorta di confronto. Le domande: comfort del corridore e posizione in sella relativa alle protesi, cosa conta davvero? Si possono guadagnare, o perdere secondi considerando le sole estensioni? Cosa si può dedurre valutando i feedback dell’atleta? I componenti: 4 estensioni di casa Deda e due giovani atleti che si sono impegnati in questo test (nulla di troppo scentifico). Mattia Agostinacchio (Ciclistica Trevigliese ancora per questo 2025) e lo junior Lorenzo Ghelfi (Pedale Casalese Armofer).

Agostinacchio e Ghelfi durante le fasi di riscaldamento e presa confidenza con la pista
Agostinacchio e Ghelfi durante le fasi di riscaldamento e presa confidenza con la pista

Il contesto ambientale e la prova

L’ambiente è quello del Velodromo Pierino Baffi di Crema, impianto all’aperto con pista in cemento. L’anello è lungo 329,25 metri. La prova si è svolta in una calda giornata (alla mattina) intorno a metà giugno. I test sono terminati poco dopo le ore 12, cercando di non mettere eccessivamente sotto stress i ragazzi per quanto concerne il calore. Da sottolineare che, a ridosso delle ore 12, durante l’ultima fase di test, Agostinacchio ha superato i 39° di temperatura corporea (dato rilevato grazie al sensore Core).

1,01 chilometri percorsi per ogni singola fase della prova, quindi con ogni set di protesi e la distanza è stata percorsa all’interno del terzo segmento del velodromo, quello compreso tra la riga nera e quella rossa. Lorenzo Ghelfi ha utilizzato una bici standard (Drali Ametista), prima con le Deda Parabolica PRO in alluminio e in seconda battuta con le Fast PRO in carbonio, estensioni che appartengono alla medesima famiglia. Il wattaggio di riferimento di Ghelfi è stato di 320 watt per le due prove. Agostinacchio ha utilizzato la bici da crono Colnago (senza freni a disco, ma con ruota lenticolare posteriore), prima con le protesi Deda Jet, per passare alle Jet Hydro personalizzabili nella seconda fase. 350 i suoi watt di riferimento. Per entrambi i giovani atleti si è cercato di mantenere la medesima altezza delle estensioni, in modo da non cambiare la penetrazione aerodinamica della sezione frontale (testa, spalle, busto e schiena).

Maurizio Canzi e Davide Guntri di Deda
Maurizio Canzi e Davide Guntri di Deda

Qualche dettaglio sulle protesi da crono

Possiamo categorizzare la famiglia PRO, composta da Parabolica in alluminio e Fast PRO in carbonio, come una sorta di standard per chi vuole usare le estensioni da crono e poterle montare anche sui manubri integrati in dotazione alle bici per le attività in linea. Sono perfettamente adattabili anche grazie ad una serie di componenti disegnati appositamente per questo. L’alluminio è semplice sotto il profilo ergonomico, una sorta di tubo. Fast PRO in carbonio mostrano una ricerca non banale in fatto di design e proprio di ergonomia. Entrambi non sono personalizzabili, se non nella larghezza quando montate sulle piastre e tramite le torrette di supporto (c’è sempre da considerare il rispetto delle proporzioni imposte dall’UCI). Da notare che Lorenzo Ghelfi ha già utilizzato le Parabolica in alluminio, ma a Crema è stata una prima con quelle in carbonio.

La famiglia Jet di Deda è molto più ricercata e, prima della strenua ricerca della personalizzazione, proprio le Jet sono state prese ad esempio ai livelli più alti. Sono le protesi alari, tra le primissime a proporre le ali di contenimento delle braccia, dei gomiti e di tenuta della posizione. Mattia Agostinacchio utilizza normalmente le Deda Jet sulla sua bici da crono, per lui a Crema la novità è stata la versione Hydro. Hydro ha il fusto principale in alluminio ed il terminale in polimero stampato 3D, quest’ultimo è customizzabile da parte di Deda in base alle richieste del corridore, tenendo conto di alcune caratteristiche fisiche dell’utilizzatore.

I risultati del test

Ghelfi con le protesi in alluminio, 122″330, alla media oraria di 44,600. Con le Fast PRO in carbonio, 1’21″770 alla media oraria di 44,900. Più veloce con le protesi in carbonio e anche il feeling del corridore ha il peso.

«Con le Deda in carbonio mi sono trovato subito meglio – ha detto – più comodo soprattutto verso il polso. Un feeling generico migliore, soprattutto grazie all’appoggio complessivo vicino al gomito e proprio del polso con una chiusura ottimale. Altra sensazione positiva è legata ad un minore impatto del vento».

Agostinacchio con le Jet standard, 118″490 ad una media oraria di 46,800. Con le Jet Hydro, 1’17730 a 47 chilometri orari di media, ma come citato in precedenza c’è da considerare anche “l’effetto caldo” nella seconda fase di test con Agostinacchio. Non solo, il terminale delle Hydro non è stato plasmato sulle caratteristiche fisiche del giovane corridore, un dettaglio che può fare tantissima differenza.

«Anche se non è stata fatta una personalizzazione certosina – ha detto il valdostano – mi sono trovato meglio con le Hydro, grazie ad una maggiore stabilità percepita, tanto appoggio e presa della mano. Mi sono sentito anche più comodo, quasi disteso, nonostante non abbia mai usato in precedenza queste protesi da crono».

In conclusione

Oltre ai numeri emerge il fattore comfort del corridore. Un atleta messo a proprio agio riesce a sfruttare e fare suo un feeling migliore, traducendolo in una performance migliore. Questo si verifica nelle prove più brevi, come nel nostro caso, ma i numeri assumono connotazioni ampie nel caso di competizioni più lunghe e dure (prendiamo ad esempio le crono dei Grandi Giri). Ecco perché la customizzazione dei componenti da crono è entrata in modo così prepotente e non si tratta di dettagli marginali. Ovviamente è necessario considerare tutto quello che ruota intorno alle tecnologie dei materiali che oggi sono disponibili, che non esistevano solo poche stagioni addietro.

Se è vero che la variabile maggiore è sempre il corridore, con le sue “imperfezioni”, i suoi movimenti quando pedala e lo stesso modo di stare sulla bici che può essere soggetto a variazioni (se pur minime e talvolta involontarie), l’obiettivo delle aziende è quello di fornire materiali efficienti in grado di costruire una base solida sulla quale lavorare, esente da variabili, capace di mettere l’atleta nelle condizioni migliori. La sensazione è che in questa categoria di “strumenti per la competizione massima” si è solo agli inizi.

Velodromo di Crema, un bene comune a favore dei giovani

23.06.2025
5 min
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CREMA – Siamo all’interno di un velodromo storico del nostro panorama, ovvero il Velodromo Pierino Baffi (padre di Adriano Baffi, ex corridore e ora direttore sportivo alla Lidl-Trek) di Crema. Ristrutturato e rimesso a nuovo, l’anello è da considerare anche una sorta di impianto polifunzionale dedicato alla comunità, non tanto per le attività che si svolgono al suo interno, ma per la promozione e valorizzazione (soprattutto) dell’attività giovanile.

Un anello con base in cemento, un impianto scoperto con un’area verde al centro che può essere adattata in base alle necessità. La pista ha una lunghezza di 329,25 metri. Abbiamo incontrato Graziano Fumarola, presidente del Consorzio di Gestione Pista a Crema, di fatto la società che raggruppa tutte le ASD del territorio ed ha il compito primario di gestire l’impianto.

Il Velodromo Pierino Baffi è in centro città
Il Velodromo Pierino Baffi è in centro città
Cosa rappresenta il Velodromo Pierino Baffi?

E’ il simbolo dell’interpretazione del valore della comunità, perché il velodromo è un bene di tutti. E’ ovvio che si rivolge principalmente ai ciclisti, o meglio, a quelle società che fanno promozione giovanile nel ciclismo, ma il nostro impianto vive e resta vivo anche grazie ad una serie di iniziative extra ciclismo.

Quando ha ripreso vita?

Così come lo vediamo adesso, a dicembre del 2023. Nel momento immediatamente successivo all’inaugurazione sono iniziate le attività ed i corsi di avviamento allo sport per i giovanissimi.

Graziano Fumarola è il presidente del Consorzio di Gestione Pista a Crema
Graziano Fumarola è il presidente del Consorzio di Gestione Pista a Crema
Una struttura versatile, ma c’è un punto di forza che vale la pena sottolineare?

E’ un velodromo dove possono entrare tutte le fasce di utenza. Quando è stato ristrutturato si è voluto mantenere una fascia di riposo, o di respiro, quella arancione, molto ampia e questo fattore permette l’ingresso a tutti. Questo ci permette di portare al suo interno anche i bambini, ovviamente c’è sempre l’occhio attento di tecnici laureati in scienze motorie.

Quindi gli allenatori sono tutti laureati?

Sì ed è una nostra scelta. Non solo, perché anche in questa direzione abbiamo coinvolto una serie di giovani che riescono ad interagire con i bambini, con i ragazzini nel modo adeguato. Non viene denigrato o fatto passare in secondo piano il lavoro svolto da chi ora è in pensione, oppure ha raggiunto una certa età, ma semplicemente viene data l’opportunità anche ai giovani tecnici di crescere. I piccoli corridori di oggi sono i campioni del futuro. I giovani tecnici di oggi sono i tecnici di successo di domani.

Con quale modalità viene aperto il velodromo?

Il programma di base prevede quattro giorni a settimana di apertura. Tre sono dedicati alle categorie agonistiche, uno ogni settimana è dedicato ai giovanissimi. A questo programma di base si aggiungono gli eventi di promozione ed eventuali aperture straordinarie. Inutile sottolineare che il sogno nel cassetto è quello di riportare l’impianto alle competizioni. Ci stiamo lavorando e penso anche al ciclocross come veicolo di promozione.

La categorie amatoriali e gli utenti comuni possono entrare?

Per ora no, ma stiamo lavorando anche in questa direzione per aprire il velodromo al pubblico comune, seguendo la filosofia di un bene a disposizione della società. Le difficoltà della chiusura attuale verso gli amatori sono legate alle responsabilità in caso di incidente.

In termini di gestione, quale è la parte più complicata da affrontare?

Il velodromo deve vivere, deve essere utilizzato. Ad oggi la parte complicata è la gestione delle responsabilità, la sicurezza e la gestione di eventuali infortuni. Paradossalmente non è la manutenzione, come si potrebbe immaginare.

Per quanto riguarda i costi?

Non più di tanto, nel senso che abbiamo la fortuna di essere pienamente supportati dall’Amministrazione Comunale. Certamente siamo attenti a far collimare il tutto, ma quando la politica è propositiva, tutto è più semplice, a tutti i livelli. La proposizione dell’amministrazione comunale ci ha permesso di attivare anche una serie di iniziative, una su tutte, dare in gestione il punto di ristoro alla Cooperativa Sociale La Casa del Pellegrino, allargando ancor di più il coinvolgimento giovanile ed il percorso di crescita dei ragazzi.

Sportlab Milano allevia le irritazioni con la crema Slider

27.06.2023
2 min
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Una delle peggiori situazioni che ci possono capitare in bicicletta è l’irritazione dovuta allo sfregamento tra la pelle ed i tessuti. Nel caso accada, viene in soccorso Sportlab Milano, un brand di prodotti per lo sport studiati in modo da aiutare i ciclisti, e non solo, prima e dopo ogni competizione. Il prodotto che presentiamo è la crema Slider, pensata per evitare gli sfregamenti tra pelle e tessuti e tra pelle e pelle.

La crema Slider è studiata per resistere a sudore ed acqua
La crema Slider è studiata per resistere a sudore ed acqua

Nuova formula

Una formula con alla base Pantenolo e Vitamina E, studiata per agire al meglio su tutte le parti del corpo soggette a sfregamento. Il Pantenolo agevola la funzione “barriera” della pelle ed aiuta ad alleviare rossori e prurito, favorendo il ricambio delle cellule cutanee. La Vitamina E, invece, ha proprietà idratanti, emollienti ed elasticizzanti. Questa combinazione rende la crema Slider perfetta per la sua funzione. 

Slider ha la funzione di alleviare le irritazioni dovute allo sfregamento tra pelle e tessuti
Slider ha la funzione di alleviare le irritazioni dovute allo sfregamento tra pelle e tessuti

Resistente

In bicicletta le ore di allenamento o di gara diventano sempre molte, quindi la crema Slider ha il compito di durare a lungo e di resistere ad acqua e sudore. L’obiettivo non è solo quello di prevenire gli sfregamenti, ma anche le infezioni cutanee, spesso causate proprio dalle irritazioni sia tra pelle e tessuto che da pelle e pelle. 

La crema deve essere applicata prima di ogni attività fisica sulle zone interessate e si presta bene a tutte le discipline sportive, non solo al ciclismo. Tutti i prodotti sono Made in Italy, dermatologicamente testati e sono realizzati in collaborazione con professionisti dello sport (sia atleti che medici) per garantire il massimo delle performance.

Sportlab Milano, inoltre, abbraccia il concetto di sostenibilità, ad esempio ha eliminato il pack secondario, il pack primario è composto in parte con plastica riciclata e tutta la carta utilizzata è riciclata e riciclabile.

Il prezzo è di 16,50 euro per il formato da 75ml.

Sportlab Milano

Ivan Quaranta, Mario Cipollini, Parma, Giro d'Italia 2001

Quaranta, il Ghepardo che ora parla da saggio

05.12.2020
5 min
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Quelli nati dopo il 1990 probabilmente non sanno che Ivan Quaranta è stato per qualche anno uno dei pochissimi velocisti al mondo in grado di mettere alle strette Cipollini. Lo chiamavano “il Ghepardo”, mentre per loro il cremasco è da qualche stagione uno dei direttori sportivi del Team Colpack. In cui dal 2021 correrà anche suo figlio Samuel. Chi scrive invece è nato ben prima e in un giorno imprecisato del 1992 si trovò a suonare al campanello della famiglia Quaranta a Vaiano Cremasco, per conoscere il campione del mondo juniores della velocità su pista.

Ventotto anni sono tanti e non sono stati sempre di rose e fiori. Nel mezzo ci sono stati quelli del dilettantismo nella stessa squadra che ora guida dall’ammiraglia. Poi quelli del professionismo, con 39 vittorie fra cui 6 tappe al Giro, che probabilmente sarebbero potute essere molte di più. I racconti dei festeggiamenti in discoteca con Stefano Giuliani. E una carriera spesso sul filo per un ragazzo che del velocista incarnò ottimamente anche l’estro e la follia. E poi, sempre pensando a lui, c’è un quesito che cerca risposte nel silenzio dei velodromi italiani. Perché mai non ci sono più ragazzi che si dedicano alla velocità, quantomeno nelle categorie giovanili?

Ivan oggi ha 45 anni e una passione per il ciclismo che nessuno può mettere in discussione.

Ivam Quaranta, Antonio Bevilacqua, Team Colpack
Quaranta con Antonio Bevilacqua (foto Team Colpack)
Ivam Quaranta, Antonio Bevilacqua, Team Colpack
Con Antonio Bevilacqua (foto Team Colpack)
Hai smesso a 34 anni. E poi?

Avevo un po’ la nausea dell’ambiente. Del ciclismo no, perché continuavo a sentire gli amici e a seguire le gare. Finché a un certo punto Stefano Pedrinazzi della Uc Cremasca mi chiese perché mai uno come me fosse ancora fuori. E così mi propose di seguirgli gli allievi. Ma lo sapete com’è il ciclismo. Inizi piano e poi ti coinvolge sempre di più. Così a un certo punto il Comitato Regionale mi ha chiesto di seguire i ragazzini in pista. E una cosa tira l’altra, ho rivisto Antonio Bevilacqua e cinque anni fa sono entrato in Colpack. Ma esordienti e allievi in pista non li mollo, mi piace lavorarci. Così due pomeriggi a settimana sono con loro a Dalmine.

Come mai?

Perché se hai passione, capisci che fino agli U23 sono le categorie migliori, capisci che puoi dargli supporto, essere davvero utile. Fare il tecnico di Nibali e Sagan richiede tanto lavoro di organizzazione, ma cosa gli insegni? Invece così ho trovato la mia dimensione.

Tu non eri troppo inquadrato da junior, se la memoria dice il giusto…

Dice giustissimo. E’ cambiato il mondo. Noi vivevamo alla giornata, non c’era l’esasperazione di adesso. A parere mio c’è stato uno slittamento delle categorie: l’allievo di oggi è il dilettante di allora. E io, da allievo, il sabato pomeriggio giocavo a pallone e la domenica correvo. Oggi chi lo farebbe più? I dilettanti di oggi invece sono i professionisti di 30 anni fa. Fanno meno ore, ma hanno il nutrizionista, il preparatore, il mental coach, il fisioterapista, vanno in galleria del vento. E soprattutto hanno addosso tanta pressione.

Ivan Quaranta, Paolo Bettini, Sei Giorni di Milano 2007
In coppia con Paolo Bettini: è il 2007 e il toscano è campione del mondo
Ivan Quaranta, Paolo Bettini, Sei Giorni di Milano 2007
In coppia con Bettini in maglia iridata
E quella pesa…

Guardiamo i giovani più forti, anche Bagioli e Consonni che sono passati per la Colpack. Siamo contenti di vederli bene di là, ma io credo che nessuno farà più 15 anni di professionismo. Bagioli da dilettante era già corridore. E non parlo di un fatto mentale, quanto piuttosto fisico. Il ciclismo è uno sport pulito, non come anni fa quando vedevi davvero gli asini volanti. Ma a pane e acqua è durissimo recuperare. Per cui fanno due mesi e poi mollano. Due mesi e poi mollano. Ma se fai così da quando sei junior, quelli di fatto sono anni di professionismo prima di esserlo davvero. Anni di carriera in meno. Come per la scuola…

Cosa?

Pensano che se non vanno a scuola, arrivano prima al professionismo. Così invece di andare al liceo, fanno corsi professionali e dopo due anni smettono. E i risultati vengono falsati, perché questi magari vincono, ma solo perché gli altri che ancora vanno a scuola possono allenarsi dalle 14. E magari l’anno successivo c’è chi non trova squadra perché ha scelto di andare a scuola.

Perché più nessuno fa velocità in pista?

Perché non dà futuro, dato che si investe solo sulle discipline di endurance. Quelli del quartetto, ad esempio. Corrono da dilettanti e sono nei corpi militari. Se riescono, passano professionisti, altrimenti hanno il posto assicurato. La velocità devi iniziare a farla da esordiente e da allievo ed è difficile portarli via dalla strada.

Perché Quaranta accettò?

Perché i nostri mondiali si correvano a fine stagione. Così facevo l’inverno con i compagni stradisti e anche la stagione, vincendo corse. Poi un paio di mesi prima, iniziavo i lavori specifici. Solo che oggi i velocisti puri non li vogliono più, serve gente che tiene in salita e corridori come Mareczko o Guardini hanno vita dura. Per ricreare un Roberto Chiappa (velocista azzurro che ha partecipato a 4 Olimpiadi e vinto un mondiale, ndr) serve prenderli da giovani, proprio mentre sognano di essere Viviani o Nizzolo. Anche Viviani e Ganna hanno la loro temporizzazione e in pista ci vanno per i grandi eventi, mentre le qualificazioni se le fanno gli altri.

Ivan Quaranta, Uc Cremasca, GP Fiera Persichello 2013
Con la Uc Cremasca, Quaranta al GP Fiera Persichello. E’ il 2013
Ivan Quaranta, Uc Cremasca, GP Fiera Persichello 2013
Quaranta, diesse della Uc Cremasca nel 2013
Quindi?

Quindi servirebbe un tecnico che faccia scouting nelle scuole di ciclismo e possa parlare con le famiglie proponendo cose concrete. Avendo le spalle coperte.

Come sarà dirigere tuo figlio?

Samuel è un po’ meno veloce di me, ma tiene meglio in salita. Ha iniziato perché mi vedeva uscire, ma fino ai 12 anni il sabato anche lui giocava a calcio e poi ha scelto. Ha fatto tutto da solo. Detto questo, dovremo essere bravi. I ragazzi hanno confidenza con me, ma ho l’obbligo di essere anche severo. Il bastone e la carota. Avevo paura che si creassero antipatie, che non lo coinvolgessero perché figlio del direttore, ma in apparenza va tutto bene.

Coinvolgessero in cosa?

Magari nella scappatella a mangiare un gelato, per paura che me lo dica.

Il rimedio c’è: il primo gelato lo paga lui e poi non ti dice niente…

Potrebbe essere un’idea, magari anche una birretta…