Pirrone, l’avvio “diesel” e un giorno da sindacalista in gruppo

08.04.2025
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L’avvio di stagione “rallentato” di Elena Pirrone era stato preventivato e programmato a fine 2024.
Il suo è uno di quei motori che ha bisogno di un po’ di tempo, sia di durata sia… climatico, per entrare a pieni regimi, ma nonostante tutto la 26enne della Roland si era fatta un bel rodaggio bevendosi 130 chilometri in fuga (poi risultata decisiva) alla Omloop Nieuwsblad al quinto giorno di gara.

Anche a De Panne ha nuovamente provato un’azione simile per capire il suo stato di forma dopo aver faticato tra Strade Bianche, Montignoso e Trofeo Binda. Proprio a Siena la 26enne di Laives aveva corso da “sindacalista” del CPA Women, ruolo che l’associazione femminile presieduta da Alessandra Cappellotto assegna a turno in ogni corsa a diverse atlete. Il compito non è solo di rappresentante, ma anche quello di osservatrice in gara per ciò che concerne la sicurezza. Abbiamo chiesto a Pirrone quali riscontri ha riportato e più in generale cosa prevede la sua terza annata in Roland.

Pirrone alla Strade Bianche ha corso come rappresentante del CPA Women per sicurezza e protocollo condizioni meteo estreme
Pirrone alla Strade Bianche ha corso come rappresentante del CPA Women per sicurezza e protocollo condizioni meteo estreme
Andando in ordine cronologico, come hai iniziato il 2025?

Tenendo conto che avendo finito la scorsa stagione in Cina, e quindi avevo ripreso con calma la preparazione, sono partita abbastanza bene. Ho corso il UAE Tour per sfruttare il caldo e per aiutare le compagne. Sono uscita con una forma discreta, senza tuttavia pensare di andare alla Omloop Nieuwsblad e fare quello che ho fatto.

Non era preventivata quella lunga fuga?

A dire il vero, no. Ho tentato quella azione sicuramente perché mi sentivo bene, ma anche perché volevo tenermi fuori dal caos dei primi muri e perché solitamente è una gara molto sentita. Invece mi hanno seguite in poche, con me c’era la mia compagna Giuliani e alla fine ci siamo ritrovate in un gruppetto non troppo folto. Siamo andate molto forte, anche se dietro ci hanno lasciato molto spazio. Peccato per come si è evoluta la fuga.

Speravi di arrivare fino in fondo immaginiamo.

Assolutamente. Mi piange il cuore perché con tutte le fughe in cui mi butto, questa era davvero molto buona. Un’occasione rara, però poco per volta mi sono spenta, forse per il freddo. Sono arrivata stremata. Prima del traguardo, mentre restavamo sempre meno davanti e dopo che Claes e Nerlo (rispettivamente prima e seconda, ndr) avevano allungato, ho sperato di mantenere il terzo posto. Poco per volta sono stata ripresa dalle atlete che erano uscite da gruppo. Vollering e Pieterse volavano e io cercavo di difendere almeno la top 10. Verso la fine sono stata superata dal gruppo e ho chiuso molto lontana.

Hai pensato che potevi gestirti meglio?

Lì per lì ero molto delusa perché a pochi chilometri dall’arrivo avevo ancora un buon vantaggio ed è normale che rifletti su cosa potevi fare di più o meglio. A mente fredda invece ero piuttosto contenta per la prestazione, sapendo che sarebbe stato un buon lavoro per il futuro. Mi è spiaciuto per la fatica fatta dalle compagne e per non aver portato punti alla squadra, che è una cosa che ci richiedono dove e quando è possibile.

Dopo i 130 chilometri di fuga alla Omloop Nieuwsblad, Pirrone ci riprova a De Panne con un’avanscoperta più contenuta
Dopo i 130 chilometri di fuga alla Omloop Nieuwsblad, Pirrone ci riprova a De Panne con un’avanscoperta più contenuta
Nelle corse successive però cosa è successo?

Alla Strade Bianche sono andata bene a metà, finché non è intervenuta la sfortuna (sorride ironicamente, ndr). Sono rimasta coinvolta in una caduta e sono andata a blocco per rientrare nel gruppo principale. Poi mi si è rotto il cambio e a quel punto non sono più riuscita a tornare sotto. Anzi ad un certo punto, nonostante non avessimo un ritardo alto, ci hanno fermate quando la gara ha affrontato quel tratto in circuito. E’ stato demotivante perché meritavamo di arrivare al traguardo. Comunque il giorno dopo è stato pure peggio.

Per quale motivo?

Al Trofeo Oro in Euro è stata un’agonia totale perché mi sono presa un virus identico a quello che ha preso Longo Borghini. Mi ero già staccata e alla fine mi sono fermata. Sono ritornata in bici quasi subito e mi sono ripresa abbastanza bene, anche se a Cittiglio poi ho pagato un po’. Insomma, sono stati giorni un po’ difficili, ma resto serena per la primavera e l’estate.

Alla Strade Bianche eri stata designata dal CPA Women per la sicurezza e per il protocollo delle condizioni meteo estreme. Quali sono le indicazioni che vi vengono date?

Chiaramente è una grande responsabilità ed è giusto avere dei rappresentanti in ogni gara. Di base non c’è da fare molto finché non ci sono problemi seri in corsa, come ad esempio la sicurezza a rischio sul percorso. Però ormai la sicurezza in gara si è alzata molto da parte degli organizzatori proprio anche grazie alle segnalazioni del CPA. I punti pericolosi sono già preannunciati alle riunioni. In Belgio addirittura viene tutto segnato sul road-book della corsa e viene ulteriormente comunicato. In gara poi viene ricordato alla radio alle ammiraglie e poi a noi atlete. Per dire quanto siano fondamentali le radioline in gara.

Quando si è rappresentanti in gara si corre con un occhio diverso rispetto al solito?

Può capitare che alcune atlete vadano dalla rappresentante in corsa per indicare, ad esempio, le moto troppo vicine al gruppo. Oppure durante la ricognizione di un percorso si segnali un punto pericoloso. Ricordo che l’anno scorso all’Itzulia Women, che si corre un mese dopo quello maschile, Reusser aveva proposto di neutralizzare la discesa in cui erano caduti facendosi male Vingegaard, Roglic ed Evenepoel. Non fu possibile, ma in gruppo avevamo affrontato quella discesa con più cautela. Quando corri con una certa consapevolezza, diventa un po’ più semplice gestire certe situazioni in corsa.

Tornando alla squadra, come ti trovi?

Alla Roland sto bene. Siamo in quattro italiane (Giuliani, Ruffilli e Vettorello le altre, ndr). C’è un buon ambiente ed è un bel gruppo con cui lavorare. Non abbiamo troppe pressioni, ma come dicevo prima dobbiamo fare punti. La nostra caratteristica è che siamo in 11 in squadra, non tante in confronto alle altre formazioni. Infatti al primo ritiro che avevamo fatto ci siamo dette “vietato ammalarsi” perché altrimenti siamo contate. A parte le battute, questo significa correre tanto e fare quindi molta esperienza.

Vietato ammalarsi. Rispetto agli altri team, la formazione WorldTour svizzera è di sole 11 atlete (qui manca Dronova-Balabolina)
Vietato ammalarsi. Rispetto agli altri team, la formazione WorldTour svizzera è di sole 11 atlete (qui manca Dronova-Balabolina)
All’orizzonte Elena Pirrone ha fissato qualcosa in particolare?

Ho sempre in testa il tricolore a crono per migliorare il terzo posto del 2024 o almeno confermarlo. Ci sono tante corse che mi piacciono nelle quali vorrei andare bene o mettermi alla prova, come il Tour de Suisse anche se non è adatto a me. Vorrei tornare presto a vincere e non saprei dove, ma di sicuro voglio ritrovare belle prestazioni. Credo che sia tutto una questione di testa e di morale. Se cresce la fiducia, cresce l’autostima e si mette in moto un certo meccanismo. Non bisogna abbattersi davanti alle difficoltà.

Il WorldTour delle donne con “Ale” Cappellotto

20.02.2021
5 min
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Alessandra Cappellotto ha il tono compiaciuto. Il Cpa delle donne continua ad avanzare e così negli ultimi due anni una netta accelerazione ha portato il professionismo fra le ragazze, l’aumento dei team WorldTour e anche quello dei minimi salariali. Siamo in piena fase di crescita e c’è da combattere contro l’ordinamento italiano, ad esempio, per il quale non è contemplato il professionismo per le donne che corrono in bicicletta. Avendo osservato più da vicino negli ultimi mesi la vita delle atlete, a che titolo non dovrebbero essere considerate delle professioniste? Quella che è in corso è un’emancipazione bella e buona, ma dato che non siamo troppo lontani dalla posizione di Giorgia Bronzini su alcuni punti, soprattutto sulla rapidità del passaggio, parlarne con la capo del Cpa mondiale ci è sembrato il modo migliore per fare il punto.

Alessandra Cappellotto, nominata a luglio 2017 alla guida del Cpa donne
Alessandra Cappellotto, nominata a luglio 2017 alla guida del Cpa donne
Allora Alessandra, com’è la situazione?

Quello che sta succedendo è evidentemente una miglioria. Il gruppo è ancora disomogeneo, ma le ragazze di vertice sono pronte ad avere quel tipo di struttura alle spalle e, anzi, se la meritano.

Giorgia Bronzini si è detta inizialmente in difficoltà per un movimento che passa da situazioni spesso improvvisate all’efficienza dei grandi team.

Posso capire che si sia sentita spaesata, a volte nelle riunioni del Cpa lo sono anche io vedendo le differenze fra i team WorldTour e gli altri. Però mi rendo conto che le ragazze che arrivano ora fra le elite trovano una situazione più organizzata e certamente migliore. Anche se in Italia il Governo non riconosce le donne professioniste, chi corre in una squadra WorldTour può certamente dire di esserlo. Lo abbiamo raggiunto e non è un risultato incredibile, perché lo abbiamo chiesto e abbiamo lottato per anni. Passo dopo passo. Ovviamente la riforma non è ancora a regime, ma lo sarà nel 2023.

Il team DSM, ex Sunweb, ha aderito di slancio (foto Team DSM)
Il team DSM, ex Sunweb, ha aderito di slancio (foto Team DSM)
Perché hai detto che il movimento è disomogeneo?

Perché c’è tanta disparità. Stiamo percorrendo la strada che fu degli uomini, aspettando che le nuove leve prendano tutto questo per acquisito. Le giovani non sono come Giorgia o come me che possiamo pensare a qualcosa di inaspettato. Quello che fa ben sperare è che accanto alle squadre WorldTour agganciate a team maschili, ce ne sono alcune autonome.

In realtà è tutto fuorché scontato che i team maschili vi seguano su questa strada…

Sarebbe facile dire che se ti chiami Trek-Segafredo, avere le donne è il minimo sindacale (in apertura il team guidato da Elisa Longo Borghini, ndr). Poi ci sono alcune realtà come la Jumbo Visma che crescono gradualmente e hanno chiesto di allinearsi al WorldTour un anno dopo. Oppure ci sono le squadre che per motivi culturali non potrebbero aderire, come ad esempio quelle arabe. Il fatto è che il regolamento Uci non dice che c’è l’obbligo di avere la squadra femminile. Dice che il team WorldTour può scegliere fra diverse ozpioni. Avere il team femminile. Avere il team continental. Avere gli juniores. Finanziare l’Uci che a sua volta sosterrà i comparti più deboli dell’attività.

Sofia Bertizzolo, Fiamme Oro
Sofia Bertizzolo, Fiamme Oro, non ha potuto essere ingaggiata dalla Movistar
Sofia Bertizzolo, Fiamme Oro
Sofia Bertizzolo non ha potuto correre in Spagna alla Movistar
Come la mettiamo in Italia con i gruppi sportivi militari?

Se sei professionista, ovviamente non puoi farne parte. Ma qui c’è ancora questa incongruità, per cui non essendo professioniste, restano nei corpi militari. Probabilmente in futuro, quei gruppi sportivi saranno aperti soltanto per le atlete extra WorldTour.

E’ il motivo per cui Movistar non ha preso Sofia Bertizzolo?

In parte, il caso è diverso. Movistar assume i suoi atleti, li inquadra come lavoratori dipendenti. Quindi Bertizzolo, che aveva già il contratto con le Fiamme Oro, non potevano assumerla. Negli altri team sono quasi tutte lavoratori autonomi.

Come si colma il gap fra le WorldTour e le altre?

Quello che stiamo facendo ora è alzare il livello delle continental e fare due fasce: ProTeam e Continental. Anche perché fra i team Uci ci sono, tutte insieme, la Jumbo Visma, la Lotto Soudal e la squadra – sia sempre benedetta – di Lucio Rigato. E’ questione di numeri, come fra gli uomini.

Alessandra Cappellotto, con Marta Bastianelli, iridata 10 anni dopo la veneta e 2ª italiana della storia
Stoccarda 2007: Cappellotto, con Bastianelli, iridata 10 anni dopo
Come ti troveresti in questo ciclismo?

Non ci ho mai pensato. A volte chiedo a Fortunato Lacquaniti (tecnico attuale della Ale-BTC_Ljubljana, ndr), che è stato il mio direttore al Tour de France quando avevo la maglia iridata e arrivai terza, che cosa veda in giro. A volte, come dico, mi capita di cadere nel romantico-ridicolo. E lui mi dice che è cambiato tanto, che noi eravamo più rustiche, perché eravamo abituate ad arrangiarci e a fare le cose anche in modo precario.

Eppure la Deignan vorrebbe un Tour di tre settimane…

Come Cpa abbiamo già fatto cinque incontri con Aso e con Prudhomme, per le loro gare e per il Tour de France che dovrebbe tornare nel 2022. Con noi c’era anche Anna Van der Breggen, che ha la testa sulle spalle. E anche noi abbiamo sentito qualcuna reclamare corse di 180 chilometri. Ma cosa te ne fai? Puntiamo alla qualità, a tante squadre e tante corse. E se qualcuna vuole fare certe distanze, può sempre farsi qualche randonnée.