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Alla Granfondo Andrey Amador insieme a Ivan Basso

26.02.2023
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Nel fine settimana del 12 febbraio, dall’altra parte del mondo, in Costa Rica, è andata in scena la Granfondo Andrey Amador. Un evento che prende il nome dal suo fondatore: il corridore dell’Education Easy Post. Tra i tanti partecipanti erano presenti anche volti noti del ciclismo passato e presente, come Ivan Basso (insieme ad Amador in apertura, foto Pamela Jimenez). 

L’ambiente

Attraverso gli occhi del vincitore di due Giri d’Italia rivediamo questa Granfondo, un po’ per fare un “paragone” con le nostre e dall’altro per vedere il movimento amatoriale di un Paese diverso dall’Italia

«Mi piace ogni anno – racconta Basso – fare delle Granfondo in Italia e all’estero dove c’è un un significato di amicizia e territoriale. L’evento di Andrey Amador ha tutto questo: è incredibile e ben organizzato. E’ molto simile alle nostre manifestazioni, ed è stata una vera festa del ciclismo, con 6.000 partecipanti. La Granfondo è nata da pochi anni ed ha avuto una crescita esponenziale, gli eventi durano per cinque giorni e c’è di tutto. Ci sono state delle visite sul territorio: dalla città di San José, passando anche per l’area dove vivono i coccodrilli, fino alla scoperta di luoghi nuovi. Dal venerdì prima della Granfondo iniziano tantissimi eventi correlati. Si inizia il mattino alle 9,30 con musica e risveglio muscolare, nel pomeriggio c’è stata la firma degli autografi. Il sabato dal pomeriggio fino a sera si è tenuto l’evento di chiusura prima della pedalata di domenica con deejay e tante attività diverse».

La pedalata

Dalle foto si vede come la pedalata fosse il contorno ad una cinque giorni di festa continua. Tanti giochi per bambini e famiglie, interventi di autorità locali e molto altro.

«E’ strutturata – ci dice – come una delle migliori Granfondo europee, la sicurezza sulle strade è invidiabile. Noi dal giorno prima abbiamo potuto fare la ricognizione del percorso scortati da alcune moto. Il servizio di assistenza era praticamente continuo, con cinque punti ristoro ed altrettanti box di assistenza sul percorso. Le strade, poi sono davvero molto belle: larghe e perfettamente asfaltate. Era la prima volta che mi trovavo a pedalare in Costa Rica, in passato ho partecipato a Granfondo in Colombia e Panama. Il percorso non era molto impegnativo dal punto di vista altimetrico, però aveva dei panorami e degli scorci mai visti.

«Alla fine – riprende – è stato organizzato anche una specie di Expo post gara, con prodotti e stand per sponsorizzare il territorio. Sulle strade era presente un tifo paragonabile ad una tappa di un Grande Giro, noi ex corridori europei siamo stati accolti come delle super star. Per la gente era la prima volta nella quale potevano stare a stretto contatto con noi. Ho pedalato e parlato con tantissime persone che mi chiedevano continuamente cose sul ciclismo in Europa. Per loro l’Italia rappresenta un Paradiso a due ruote».

Un sogno

In Sud America il ciclismo è uno sport di grande rilievo, la gente si appassiona e sogna di correre in Europa, nei grandi team WorldTour. Non è un caso che sulle strade del Giro o del Tour de France il tifo sudamericano sia uno dei più caldi ed accoglienti.

«Alla Granfondo  – spiega Ivan Basso – erano presenti un po’ di ex corridori: Nibali, Contador, Rodriguez ed io. E’ davvero un sogno per i ragazzi, che hanno avuto modo di vedere corridori che hanno vinto grandi corse. Non si tratta solo di un modo per raccogliere fondi, ma anche per avvicinare la gente ancora di più al mondo del ciclismo. Siamo già d’accordo con Andrey (Amador, ndr) che l’anno prossimo proviamo a portare la maglia rosa ed il trofeo del Giro. Alla fine vedere ex ciclisti come noi che ridiamo e scherziamo con tutti fa capire cosa può lasciare questo sport: la condivisione della fatica ma anche una grande amicizia.

«Il sabato prima della manifestazione abbiamo fatto una conferenza stampa aperta a tutti dove ognuno di noi ha raccontato cosa ha significato il ciclismo per la propria vita. Siamo stati sommersi dalle classiche domande, ma parlare con la gente è parte di questo sport ed è sempre bello. Ci hanno chiesto cosa si prova ad entrare nell’Arena di Verona con la maglia rosa o qual è stato il momento più importante della nostra carriera. Oppure quale salita fosse più dura: il Mortirolo o lo Zoncolan? Il messaggio che Amador ha voluto lasciare con questa Granfondo è chiaro: fare qualcosa per il suo territorio e permettere a tutti di sognare un po’».

Rivera correva anche a Natale per tornare in Europa

03.01.2023
5 min
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C’è chi il Natale lo ha passato a tavola, circondato dai parenti e dagli affetti più cari. Poi c’è Kevin Rivera che il 25 dicembre si trovava in gruppo e al posto delle posate aveva in mano il manubrio della bici. Il giovane corridore era alla Vuelta Ciclista a Costa Rica, la corsa di casa, conclusa in quinta posizione nella classifica generale. 

«A Natale abbiamo corso l’ultima tappa – Rivera risponde da casa sua a Cartago – è andata bene. Mi sono sentito via via sempre meglio, sia nella condizione che nel morale».

Kevin Rivera, a destra: Natale alla Vuelta Ciclista a Costa Rica (foto Vuelta a Costa Rica)
Kevin Rivera, a destra: Natale alla Vuelta Ciclista a Costa Rica (foto Vuelta a Costa Rica)
Da quanto tempo sei tornato a casa, in Costa Rica?

Sono qui da molti mesi, non ci ero quasi più abituato – ride in maniera contagiosa – da molto tempo a questa parte il massimo periodo che ho trascorso a casa era stato un mese. 

Sei riuscito a fare qualche gara oltre a questa?

Sì. A giugno ho corso i campionati nazionali, poi il Tour de Panama e la Vuelta a San Carlos. Sono contento, mi mancava correre con continuità, da quando la Gazprom ha chiuso ho sempre cercato di tenermi allenato e di dare il massimo. 

Ti manca l’Europa?

Molto, l’Italia la considero la mia seconda casa. Non posso nascondere che il mio obiettivo è quello di tornare in Europa a correre. Lì il livello è altissimo e voglio tornare a confrontarmi con i grandi. 

Rivera, a destra in maglia blu, si è messo alla prova su salite lunghe ed interminabili (foto Ernesto Chacon)
Rivera, a destra in maglia blu, si è messo alla prova su salite lunghe ed interminabili (foto Ernesto Chacon)
Com’è il modo di correre che c’è in Sud America?

Davvero molto, molto differente. Non ci ero più abituato, non correvo qui da quando ero junior. E’ stato come se mi mancasse la testa per correre su queste strade. Le gare sono molto frenetiche, non c’è il controllo che si ha in Europa, questo perché mancano le squadre forti che tengono la corsa in mano. 

Queste sono corse più brutali?

Urca! Capita che va via una fuga di tre o quattro corridori e uno potrebbe pensare: “Adesso ci mettiamo a controllare e recuperiamo”. Invece no! A 80 chilometri dall’arrivo ci si inizia a scattare in faccia. Devi essere sempre pronto e stare con gli occhi aperti, è una “locura”. Una follia!

I percorsi come sono?

Un continuo su e giù, per tutto il giorno. Non esiste pianura. E’ molto allenante, la cosa che mi ha fatto più piacere è che sono riuscito a vincere una tappa in salita al Tour de Panama e alla Vuelta a Costa Rica. Vincere è sempre bello, andare alle corse e passare per primo sotto il traguardo mi mancava.

Rivera è arrivato in Europa all’Androni nel 2017. Vi è rimasto fino al 2020. Nel 2021 è passato con la Bardiani
Rivera è arrivato in Europa all’Androni nel 2017. Vi è rimasto fino al 2020. Nel 2021 è passato con la Bardiani
E le salite?

Sono simili alle classiche colombiane – riprende a raccontare con un’altra risata – belle toste. E poi, la cosa ancora più complicata è che ti trovi spesso sopra i duemila metri. Alla Vuelta a Costa Rica, nella tappa con arrivo a Perez Zeledon, abbiamo scalato il Cerro de la Muerte: 23 chilometri con la vetta a 3.324 metri. Prima si erano fatte altre due salite, in totale nella tappa abbiamo fatto più di quaranta chilometri di salita. 

Completamente diverso dall’Europa…

Da voi si possono trovare tante salite, ma difficilmente si sale tanto in alto. Quello che crea molta differenza è la pianura, cosa che in Sud America non c’è. La più grande difficoltà in Europa l’ho avuta in pianura. Si andava a sessanta all’ora ed arrivavo finito prima della salita. Per farvi un esempio: l’organizzazione della Vuelta a Costa Rica segnalava le prime tre tappe come pianeggianti: io di pianura non ne ho vista. 

Ora però dal tuo primo arrivo in Europa sono passati sei anni.

Quando ero venuto da voi la prima volta ero un bambino di 18 anni, ora ne ho 24. Ho incontrato tanti corridori forti dai quali ho imparato: Masnada, Visconti, Bernal. Per questo voglio tornare a correre in Europa, ho avuto tanti momenti difficili, ma ora sono maturato ed ho molta voglia di crescere e vincere. 

Nel 2022 doveva ripartire con la Gazprom alla ricerca di una riscatto ma la chiusura della squadra ha scombussolato i suoi piani
Nel 2022 doveva ripartire con la Gazprom alla ricerca di una riscatto
Cosa ti piacerebbe fare: una classifica generale o cacciatore di tappe?

Mi piace andare forte in salita, cercare di fare la differenza nelle tappe quelle dure. Sono migliorato tanto in pianura negli ultimi anni e questo può essere quel gradino che mi mancava per cercare di fare classifica. Per questo voglio tornare in Europa, ho un conto in sospeso e voglio crescere ancora, perché posso migliorare sempre. 

Squadra cercasi

Rivera, scalatore puro di 165 centimetri per 56 chili, è ancora alla ricerca di una squadra per il 2023. Il suo nome, come ci ha detto lui stesso, era stato accostato ad alcune squadre, anche WorldTour. Il tutto però si è concluso in un nulla di fatto.

«In estate – conferma Paolo Alberati suo procuratore – eravamo vicini a firmare con la AG2R Citroen, i francesi avevano chiesto tutti i test ed i dati di Kevin ma poi la trattativa si è arenata. Si era interessata a lui anche la BH Burgos ma anche lì la cosa è naufragata. La speranza è di trovare squadra verso febbraio quando si può trovare qualche spazio in più nelle varie formazioni. Rivera è un profilo interessante e con dei valori notevoli ed un corridore così può fare davvero comodo, soprattutto in squadre che cercano un cacciatore di tappe che può resistere con i migliori in salita».

Ecco un altro superstite Gazprom: Rivera pronto a ripartire

14.07.2022
5 min
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Abbiamo raccontato spesso dei corridori della Gazprom-RusVelo, di quelli che hanno trovato squadra e di quelli che non ci sono riusciti. A questa seconda schiera appartiene anche Kevin Rivera (in apertura foto @yasdvni). Appena arrivato era già uno dei pupilli dei tecnici, che su di lui puntavano molto.

Forse qualcosa potrebbe cambiare a breve per il talentuoso scalatore costaricano, che proprio in questi giorni si trova nella sua bellissima terra in Centro America.

Rivera (classe 1998) era approdato quest’anno alla Gazprom-RusVelo
Rivera (classe 1998) era approdato quest’anno alla Gazprom-RusVelo

WorldTour in vista

«La situazione – racconta uno dei suoi manager, Paolo Alberati – non è delle migliori, visto il caso Gazprom. Tuttavia proprio un paio di giorni fa, tramite Maurizio Fondriest (l’altro procuratore di Rivera, ndr) che è al Tour ci è arrivata una proposta di una squadra WorldTour che è in cerca di uno scalatore. Un posto ce lo hanno».

Qualcosa si muove dunque. Rivera non ha contratto e quindi può essere preso. «In questo momento Kevin ha una tessera da dilettante rilasciatagli dalla sua Federazione, pertanto può essere tesserato. Se tutto va bene già dal 1° agosto, sfruttando la possibilità di fare lo stagista. Non abbiamo mollato! E per noi non sarebbe male dopo Conci sistemare l’altro dei nostri che era in Gazprom».

Nei primi test di Rivera in Costarica nel 2017, Alberati credeva che il macchinario fosse sballato tanto erano elevati i valori
Nei primi test di Rivera in Costarica nel 2017, Alberati credeva che il macchinario fosse sballato tanto erano elevati i valori

Sempre sul pezzo

Neanche Rivera però ha mollato. In Costa Rica, si è allenato, ha preso parte a delle gare e persino ai due campionati nazionali, quello a crono e quello su strada.

«Aveva vinto una corsa qualche giorno prima del campionato nazionale – riprende Alberati – una corsa che arrivava in salita a 3.200 metri su uno dei vulcani centrali. Mentre la gara per il titolo che si svolgeva verso Nord, verso il Nicaragua era ben più piatta e veloce. E’ arrivato con il drappello dei migliori, ma nulla di più».

Non sono certo le volate il pane di Rivera. Lui è uno scalatore puro. E tra l’altro uno dei più forti a sentire Alberati e anche altri che lo hanno avuto sottomano.

«Sapete – riprende Alberati che è anche un coach – un Vo2Mx di 95 e passa non capita sempre. Ma quando ci dicevano questi dati dal Costa Rica li prendevamo con le molle. Se poi glielo misuro io ed è 95. Glielo misura Bartoli ed è 95 allora vuol dire che è quello per davvero. E’ fuori dal normale.

«Poi si sa, non contano solo i test. Il corridore è un’altra cosa. Rivera si allena bene. E lo fa volentieri. Seguiva le tabelle alla lettera sia quando lo seguivo io, sia quando lo seguivano i tecnici del team russo.

«Uno scalatore di 55 chili alla fine di una tappa dura di 5-6 ore ci deve arrivare. E prendere le salite più fresco. Ma sta migliorando».

Il costaricano si è sposato qualche mese fa con Cecilia (foto Instagram- @fabiancastellon777)
Il costaricano si è sposato qualche mese fa con Cecilia (foto Instagram- @fabiancastellon777)

Più maturo

Così come sta migliorando dal punto di vista umano. Rivera era passato giovanissimo, 18 anni. Veniva da una famiglia estremamente povera, a casa sua non c’era l’elettricità, e il suo titolo di studio corrispondeva alla nostra terza elementare.

Va da sé che per stare al mondo di oggi, per viaggiare, per frequentare ambienti competitivi e internazionali serviva un salto di qualità. E per Kevin è stato doppiamente duro adattarsi.

Al terzo anno ha vissuto anche un momento di crisi. Perché va bene i primi soldi, che seppur pochi erano comunque tanti vista la sua situazione di provenienza, ma un po’ di nostalgia della famiglia e qualche acciacco fisico lo aveva buttato un po’ giù.

«In questi cinque anni da pro’ però Kevin ha colmato questo gap culturale – dice Alberati – adesso ci fai i discorsi da adulto. Prima ci facevi discorsi da bambino. Ora parla inglese. Si è sposato. Maurizio ed io ci abbiamo lavorato tanto e questa sua crescita si riscontra in tutto».

Dopo quattro stagioni all’Androni è passato alla Bardiani e alla Gazprom. Dovrebbe finire in un team francese (o in alternativa spagnolo)
Androni, poi Bardiani e Gazprom. Ora dovrebbe finire in un team francese (o in alternativa spagnolo)

Pronto il piano B

Rivera aveva preso la residenza a San Marino. Nonostante il fattaccio Gazprom-RusVelo, pensando (e sperando) in un ritorno a breve, non l’ha mollata. E a livello fiscale non ci ha guadagnato nulla, essendo rimasto senza squadra in questi mesi. Anzi… 

Il suo ottimismo sembra aver avuto ragione. Se infatti non dovesse concretizzarsi l’ipotesi WorldTour c’è pronta una seconda possibilità.

«Abbiamo instaurato anche dei rapporti con una professional spagnola – ci confida Alberati – ma chiaramente se si fa avanti una WorldTour, questa passa in primo piano. Alla fine la Spagna con il suo ambiente latino è sempre una buona sistemazione per i sudamericani. Senza contare che ci sono voli diretti e anche sotto il periodo del Covid tutto era più facile e lo stesso vale per i documenti». 

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