Philipsen, sei pronto a diventare un vincitutto?

17.05.2024
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Vincere la Corsa della Pace è già di per sé un patentino di qualità, farlo con indosso la maglia di campione del mondo significa che siamo di fronte a un vero campione. Se poi lo si fa alla maniera di Albert Withen Philipsen, allora siamo davvero in presenza di qualcosa di molto importante.

Il danese ha dominato la breve cronometro imponendo distacchi pesanti. Una nuova freccia al suo arco
Il danese ha dominato la breve cronometro imponendo distacchi pesanti. Una nuova freccia al suo arco

Salvoldi, parlando della corsa in Repubblica Ceca era stato chiaro nel definire come la superiorità del danese fosse stata un fattore discriminante, ad esempio per come aveva condotto l’inseguimento a Bessega nella penultima tappa. Ricordando come la vittoria di Philipsen avesse sorpreso tutti ai mondiali di Glasgow, come lo stesso danese avesse sottolineato le sue persistenti difficoltà a gestirsi in una corsa su strada rispetto a una del suo primo amore, la mountain bike, un simile crescendo stupisce.

«E’ stato un inizio stagione pieno di alti e bassi – racconta Philipsen appena tornato nella sua Danimarca – sono davvero contento di aver vinto una classica corsa a tappe come quella ceca, ma anche deluso di non aver potuto ottenere di più alla Roubaix, dopo che si era messo tutto al meglio, ma allo sprint non sono stato abbastanza veloce. Erano i due obiettivi di questo inizio stagione, diciamo che averne centrato uno è positivo ma volevo di più».

Lo sprint perso da Philipsen nella prima semitappa. Un aspetto sul quale lavorare (foto organizzatori)
Lo sprint perso da Philipsen nella prima semitappa. Un aspetto sul quale lavorare (foto organizzatori)
Le due maglie iridate ti hanno dato qualcosa in più in termini di tua sicurezza in corsa, di personalità?

Sì, soprattutto su strada. Avere quella maglia indosso ti porta ad essere più tattico e un po’ più creativo nel modo in cui corri perché tutti guardano te. Quindi abbiamo 50 ragazzi che fissano la tua ruota posteriore e reagiscono ogni volta che attacchi. Quindi questo rende tutto un po’ più difficile e devi davvero usare la tua energia con saggezza, altrimenti la sprechi e basta. Quella maglia ti dà effettivamente qualcosa in più.

Alla Course de la Paix sei sembrato il vero padrone della corsa. Quanto ha influito la squadra?

Hanno fatto davvero una grande differenza. È stata davvero una prestazione di squadra e non avrei potuto farcela senza di loro. Naturalmente sono stato io a vestire la maglia, ma è stata l’intera squadra a vincerla. Sì, hanno fatto una performance straordinaria e sono davvero grato di quanto mi hanno aiutato. Facendomi stare al sicuro nel gruppo e aiutandomi a controllare tutto, hanno reso possibile che ogni gara potesse essere pianificata come volevamo.

Per l’iridato fondamentale è stato l’apporto dei compagni di squadra, tutti al suo servizio
Per l’iridato fondamentale è stato l’apporto dei compagni di squadra, tutti al suo servizio
Rispetto al Philipsen di un anno fa, nelle corse su strada quanto sei migliorato?

Direi molto. Non so dire con precisione quanto sia migliorata la mia resa in gara. Ovviamente ho scoperto che ho fatto dei passi avanti, ma è più una questione di come corro, delle tattiche attuate in corsa, un progresso c’è stato. Mi sento più sicuro. Le dinamiche in una gara su strada sono migliorate molto, penso di essere cresciuto in modo molto più intelligente ora rispetto all’anno scorso e posso davvero vedere come questo sta influenzando le mie corse. Posso sprecare molte meno energie non dovendo andare sempre in fuga, utilizzandole quando conta.

Dopo Glasgow avevi detto di avere ancora qualche problema a correre in gruppo. Ora sei migliorato e quanto ciò è utile nella scelta delle strategie?

Rende tutto molto, molto più semplice quando non hai paura di essere nel gruppo. Mi sono abituato di più, quindi non mi dà più fastidio e potrebbe rendere le corse molto più facili perché l’anno scorso ero in testa per la maggior parte delle gare. Mi gestisco meglio, rimango un po’ più indietro nel gruppo e guardo come stanno guidando tutti gli altri. Questo consente di prevedere la gara e risparmiare anche molta energia. Era un passaggio fondamentale e lo sto completando.

L’iridato (casco rosso Trek) ha ormai imparato a stare in gruppo, seguendo le mosse degli altri
L’iridato (casco rosso Trek) ha ormai imparato a stare in gruppo, seguendo le mosse degli altri
Dove trovi più concorrenza fra le due discipline?

È una domanda difficile. Non ho corso molto quest’anno in mtb e nelle due prove vinte di Junior Series non c’erano proprio tutti i migliori, quindi è difficile dare una risposta compiuta. Nell’ultimo fine settimana di maggio gareggerò in Coppa del mondo a Nove Mesto, penso che lì avrò un quadro chiaro del mio livello rispetto agli altri. Su strada posso dire che il livello è più alto rispetto al 2023, è una disciplina davvero competitiva e al momento sono tutti super forti. La cosa che mi colpisce di più è quanto professionale sia il livello di lavoro generalizzato degli juniores.

Il prossimo anno passerai alla Lidl-Trek. Sai già se continuerai a correre sia su strada che in mountain bike?

Continuerò a promuovere entrambi questi piani. Sono stato molto chiaro in questo nella mia scelta. Il mio obiettivo principale sarà la strada, ma ho deciso che voglio continuare a correre anche un po’ in mountain bike quando avrò tempo per farlo. Non saranno così tante gare, ma mi piace molto tornare alla mountain bike e talvolta anche all’ambiente della mountain bike, è una valvola di sfogo. Per me un modo per mantenere alto il livello di divertimento.

Per Philipsen due vittorie nelle Junior Series di mtb in Spagna, a Chelva e Banyoles (foto Ocisport)
Per Philipsen due vittorie nelle Junior Series di mtb in Spagna, a Chelva e Banyoles (foto Ocisport)
Molti aspettano il tuo passaggio parlando di un nuovo campione che presto sarà all’altezza di Pogacar, Evenepoel, Van der Poel. Questo ti mette pressione addosso?

Non penso di prenderlo come una pressione, ma più come un complimento. Ma è difficile prevedere quale sarà il mio livello perché sono ancora giovane e ho ancora molto sviluppo da fare, non ho mai gareggiato contro i primi, quindi è difficile sapere come andrà a finire in futuro. E’ ovvio che spero di essere come alcune delle grandi star in futuro. Questo è l’obiettivo della mia carriera.

Dopo la Course de la Paix ti ritieni più un corridore da classiche o per corse a tappe?

Un’altra domanda difficile… Penso che in questo momento sono un po’ un tuttofare e vorrei continuare così almeno per ora. Ed è difficile capire tra i ranghi juniores che tipo di corridore sei. A questo livello penso che sia possibile fare un po’ di tutto, quando sali di categoria diventa un po’ più chiaro che caratteristiche avere. Io vorrei rimanere un corridore completo, in grado di vincere sempre. Poter partecipare con ambizione sia alle classiche, sia alle corse a tappe.

Il trionfo in maglia iridata a Banyoles. Philipsen punta al bis mondiale anche nel 2024 (foto Ocisport)
Il trionfo in maglia iridata a Banyoles. Philipsen punta al bis mondiale anche nel 2024 (foto Ocisport)
Quali sono ora i tuoi obiettivi per questa stagione?

Per quanto riguarda la mountain bike, punto a confermarmi campione nazionale e naturalmente campione del mondo. Su strada sarà più difficile vincere la maglia di campione danese perché il percorso è per velocisti. Poi punterò ai mondiali, su un percorso che a me piace. Fare doppietta un’altra volta non sarebbe male, no?

Juniores azzurri a cronometro, per Salvoldi è un problema

13.05.2024
6 min
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Due impegni di Nations Cup ravvicinati nel tempo, due corse a tappe molto diverse fra loro. Prima una delle classiche del settore, la Course de la Paix su cinque tappe compresa una cronometro i cui esiti sono stati focali per lo stato di salute del movimento. Poi il GP F.W.R. Baron in Italia, due sole frazioni di cui una, la prima, che era una cronosquadre. Dino Salvoldi ha accolto l’esito senza nascondersi, anche perché la partecipazione a livello qualitativo è stata diversa, con la prima che metteva davvero di fronte il meglio della categoria.

La gara in Repubblica Ceca è è stata vinta dal campione del mondo della categoria e il distacco che Albert Withen Philipsen ha imposto agli avversari non deve trarre in inganno perché il danese ha davvero dominato la gara, imponendo la sua legge. Per trovare il primo italiano bisogna scendere al 15° posto con Enea Sambinello.

Il podio finale con Philipsen primo davanti all’olandese Remijn a 25″ e al ceko Sumpik a 26″ (foto organizzatori)
Il podio finale con Philipsen primo davanti all’olandese Remijn a 25″ e al ceko Sumpik a 26″ (foto organizzatori)

«Ci mancava quello che consideravamo la punta per questa corsa, Lorenzo Finn – afferma Salvoldi – ma avevamo programmato l’appuntamento consapevoli di avere comunque una squadra forte e in grado di dire la sua sia per la classifica che per le singole tappe. L’andamento finale ci ha dato risposte non al pari delle aspettative e fatto uscire ridimensionati. Qualche imprevisto c’è stato, ma non è stato condizionante, il nostro livello era quello visto in gara».

Quello che ha dato da pensare è stato soprattutto l’esito della cronometro, di 8,8 chilometri con il miglior azzurro, Andrea Donati, solo 23° a 42” da Philipsen…

Dobbiamo guardare dentro i risultati, prendere atto dei numeri. Io l’ho fatto e ho voluto parlarne con i direttori sportivi dei ragazzi chiamati in nazionale per capire, perché su un percorso breve e non velocissimo la differenza è stata enorme. Un comportamento generale che impone domande, perché la cronometro è proprio legata a numeri, non a situazioni tattiche che impongono letture diverse.

Per gli azzurri una trasferta senza grandi squilli, un segnale d’allarme per Salvoldi
Per gli azzurri una trasferta senza grandi squilli, un segnale d’allarme per Salvoldi
Che impressione ne avete tratto?

Non posso negare che in seno alla squadra c’è stato un forte contraccolpo. Erano tutti molto demoralizzati, io però vedo anche che solo due settimane prima, all’Eroica Juniores, anche questa di Nations Cup, i responsi erano ben diversi, due azzurri nella Top 10 e la squadra per buona parte era la stessa, non è possibile che siano diventati brocchi d’un colpo. E’ anche vero però che i risultati vanno analizzati perché ormai la categoria è l’anticamera del professionismo e se questi ragazzi hanno ambizioni di passare professionisti, devono anche dare gli input necessari perché dall’alto possano notarli e prenderli. Noi dobbiamo capire che cosa non è andato e prendere le adeguate contromisure.

La debacle a cronometro è frutto solo della prestazione fisica o c’è anche una differenza di materiali?

Su questo non ho dubbi: quando sei in nazionale le bici sono di primissimo livello, tutte specifiche. Dobbiamo guardare ad altro. Non è un caso ad esempio se nei primi 11 della prova contro il tempo ci fossero 3 danesi e 3 norvegesi. Paesi dove non ci sono grandi montagne ma c’è grande attenzione verso il ciclismo e la preparazione dei più giovani, che quindi acquisiscono caratteristiche specifiche per le prove in piano. Io sono convinto che bisogna guardare l’insieme, anche gli aspetti socioculturali, ambientali, economici. Per fare un esempio, se l’Austria è una potenza nello sci e non negli sport acquatici ci sono ragioni che vanno al di là del singolo caso. Così è nel ciclismo.

Ciò come influisce nello specifico?

In quei Paesi scandinavi, come detto, non ci sono salite e il bel tempo latita – risponde Salvoldi – questo si traduce in una predisposizione per quella disciplina, con allenamenti spesso sotto l’acqua e una programmazione legata a quello sforzo. C’è un sistema di allenamento diverso: noi facciamo ripetute in salita a buone potenze, ma in pianura l’allenamento comporta un impegno ben differente. Bisogna raggiungere potenze diverse. Siamo sempre in grado di farlo? E’ su questo che dobbiamo ragionare, noi nello specifico abbiamo fra i pro’ un fuoriclasse, qualche buon specialista, ma poco altro rispetto alla forza generale e alla tradizione del nostro movimento.

Secondo te in Italia sottovalutiamo il problema?

Diciamo che è tempo di prenderlo di petto, il che significa lavorare sulla preparazione dei ragazzi. Al di là delle caratteristiche individuali, dobbiamo renderci conto che questo esercizio è fondamentale per un professionista, le prestazioni contro il tempo sono uno degli elementi che i dirigenti considerano nel mettere sotto contratto questo o quell’atleta, quindi questo esercizio lo devi saper fare. Se a cronometro perdi tanto, perdi la gara, se gareggi in una corsa a tappe e quindi devi mettere da parte molte delle tue ambizioni di carriera. Il modello di riferimento è utile, ma il suo traino non basta.

L’iridato Philipsen ha mostrato enormi progressi nella sua condotta in gruppo, ma resta atipico
L’iridato Philipsen ha mostrato enormi progressi nella sua condotta in gruppo, ma resta atipico
La prestazione di Philipsen ti ha sorpreso, relativamente alle sue difficoltà, espresse da lui stesso, nel correre su strada, soprattutto in gruppo?

No, perché so che siamo di fronte a un fenomeno. Io guardo la crono dello scorso anno alla Corsa della Pace e vedo che il danese ha migliorato di mezzo minuto il tempo del vincitore del 2023 che non era un signor nessuno, ma Nordhagen. Per me è già cresciuto a dismisura anche come condotta di gara, quando si mette a tirare fa la differenza.

C’è stato qualcosa che salvi della trasferta?

Nella penultima tappa almeno Bessega ha messo il naso davanti – ricorda Salvoldi – andando in fuga ed era una frazione difficile, 133 chilometri con 2.700 metri di dislivello. Solo che a un certo punto Philipsen ha deciso che bisognava andarlo a prendere, si sono trovati davanti in 10 e poi in discesa il gruppo si è ricomposto. Alla fine sono arrivati in 46 tutti insieme, su una tappa simile…

La volata della terza tappa, vinta dal danese Louw Larsen. Bessega aveva provato il colpo
La volata della terza tappa, vinta dal danese Louw Larsen. Bessega aveva provato il colpo
E ora, Salvoldi?

Ora dobbiamo reagire come si deve sempre fare quando i risultati non vengono. Già i responsi della due giorni italiana sono stati più positivi. Noi continueremo a lavorare, saremo alla prova francese di Morbihan, salteremo quella svizzera e chiuderemo la nostra Nations Cup in Germania. Io lavorerò sempre con un gruppo di uomini sul quale abbiamo iniziato a puntare da inizio stagione continuando però a ruotarli, d’altronde noi dobbiamo presentare i nostri elenchi di convocati con molto anticipo, può quindi capitare che chi si mette in evidenza nel calendario italiano non trovi spazio ora. Ma per le gare titolate farò un ragionamento più collettivo.

Raccani riparte dalla Corsa della Pace e sogna il Giro

17.06.2023
5 min
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Chi non è stato scelto per prendere parte al Giro Next Gen si è diretto verso l’Est Europa e un’altra grande corsa a tappe del calendario Under 23, la Corsa della Pace. Avrà anche perso parte del prestigio che aveva soprattutto nel secolo scorso, quand’era il riferimento assoluto al pari del Tour de l’Avenir per la stagione dilettantistica delle corse a tappe, ma resta un appuntamento di alto livello, basta guardare il suo albo d’oro per capirlo.

L’ultima edizione, articolata su soli 3 giorni e valida per la Nations Cup ha visto l’Italia assoluta protagonista, con Davide De Cassan capace di salire sul podio e Simone Raccani poco dietro, quinto. Per il corridore della Eolo Kometa è sicuramente il risultato più importante a livello internazionale, che conferma la sua predisposizione per le gare di più giorni come si era visto anche lo scorso anno, quando finì 11° al Giro di Sicilia contro molti professionisti di lunga milizia.

Il team azzurro con Arrighetti, Belletta, De Cassan, Kajamini, Olivo e Raccani
Il team azzurro con Arrighetti, Belletta, De Cassan, Kajamini, Olivo e Raccani

«E’ il primo risultato importante in questa stagione così particolare – racconta il ragazzo di Thiene prendendoci un po’ alla sprovvista – perché sono stato fermo per ben due mesi. Ho dovuto affrontare un’operazione per togliere la placca al polso. Mi era stata applicata dopo un incidente lo scorso anno. Sono stato fermo una decina di giorni e poi mi sono allenato, ma la preparazione con questo stop ne ha risentito. Sapevo di star bene, ma non credevo che la condizione fosse così buona».

La Corsa è stata completamente ridisegnata quest’anno, come ti sei trovato?

Era breve, ma non semplice, soprattutto i primi due giorni nei quali c’è stata tanta pioggia e conseguentemente molte cadute. Noi però abbiamo corso con molta attenzione, rimanendo sempre nella prima parte del gruppo e questo ci ha salvato.

Dove sono nati i vostri piazzamenti?

Decisiva è stata la seconda giornata con l’arrivo in salita. Mario Scirea (per l’occasione direttore sportivo in luogo di Amadori, ndr) mi aveva detto che dovevo anticipare la corsa, andando all’attacco nella penultima delle ascese per impedire che ci si giocasse tutto sull’ultima salita. Così ho fatto, andando in fuga con il francese Huby,  e scollinando con oltre mezzo minuto. Dietro il Portogallo si è accollato il peso dell’inseguimento e ha fatto un buon lavoro, anche perché avevamo il vento contro. Sull’ascesa finale siamo stati ripresi da un gruppetto con De Cassan, ma siamo rimasti avanti, io poi nel finale ho ceduto perdendo quei secondi che mi avrebbero permesso di finire ancora più avanti in classifica.

Eravate voi due le punte della squadra?

Sì, quelli deputati alla classifica, ma si correva anche per i traguardi parziali, infatti Belletta ha chiuso 3° nella tappa conclusiva. Alla fine il bottino è stato positivo anche perché prima di partire la tattica che dovevamo attuare era quella di una squadra votata all’attacco, che doveva fare la corsa e non subirla e credo abbiamo centrato l’obiettivo.

Per Raccani primo anno alla Eolo: finora per lui 20 giorni di gara con la maglia del team (foto Borserini)
Per Raccani primo anno alla Eolo: finora per lui 20 giorni di gara con la maglia del team (foto Borserini)
Che cosa ci puoi dire del francese che ha vinto, Antoine Huby, visto che hai condiviso la fuga?

E’ il tipico scalatore, che però si difende bene anche sul passo. E’ forte, quando siamo stati ripresi non si è lasciato andare e anzi ha risposto all’attacco di Dalby, il danese finendogli attaccato. Io invece avevo speso tanto, probabilmente ho pagato lì i due mesi di inattività. Poi nell’ultima tappa la nazionale francese ha corso tutta per lui, tenendo la corsa bloccata.

Spesso si dice che queste esperienze all’estero portano i corridori italiani a misurarsi con un modo diverso di correre. E’ vero?

Per certi versi sì, hanno un grande peso, secondo me anche più delle corse a tappe italiane, perché ti trovi a gareggiare in contesti molto diversi tecnicamente parlando. Io con l’Eolo Kometa ho già avuto modo di fare esperienze anche in gare importanti in Italia, ma queste occasioni mi sono servite per imparare tanto. Ho corso già con i più grandi, come Evenepoel e Pogacar e quelle occasioni mi hanno dato moltissimo.

Il veneto ha già corso fra i grandi: qui all’Andalucia dove ha trovato anche Pogacar
Il veneto ha già corso fra i grandi: qui all’Andalucia dove ha trovato anche Pogacar
Anche se era una gara a tappe di soli 3 giorni, ti è servita per accrescere la forma?

Credo di sì, ma lo vedremo soprattutto nelle prossime occasioni, soprattutto tornando a correre a livello Open, ad esempio con i campionati italiani. Farò sia la prova a cronometro che quella in linea, poi si deciderà la seconda parte della stagione su che basi impostarla.

Tu hai avuto l’opportunità di fare uno stage con la Quick Step nel 2021, sei rimasto in contatto con loro?

Sì, siamo in buoni rapporti e so che mi seguono, ma io sto bene alla Eolo e ho un altro anno di contratto, quindi sono tranquillo e concentrato sulle prove che verranno.

Hai 22 anni e un altro anno con la squadra italiana: un pensierino al Giro d’Italia assoluto del prossimo anno lo fai?

Diciamo che è un sogno che spero si avveri. La corsa di tre settimane di per sé non mi fa paura, se hai fiducia nella tua condizione di forma e hai lavorato bene, in fin dei conti quel che conta sono le gambe. Molti fattori possono influenzare la partecipazione o meno, so che devo meritarmela lavorando bene di qui a un anno, in allenamento e portando risultati. Ma di paura proprio non si parla, sarei casomai curioso di vedere come me la cavo…

Herzog, il talento che i tedeschi attendono da vent’anni

24.07.2022
5 min
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Nove vittorie internazionali in stagione condite da altre 11 Top 10. Successi di peso come la Corsa della Pace o l’Ain Bugey Valromey Tour, ma anche il titolo nazionale su strada che fa curiosamente il paio con quello nella mountain bike e come ciliegina sulla torta il bronzo europeo in una rassegna, quella di Anadia, che nel complesso non è andata come voleva. Il soggetto del discorso è Emil Herzog, che molti ritengono il miglior junior attualmente sulla piazza, in una generazione che ha dimostrato a più riprese di essere ricchissima di talenti.

Emil Herzog, maggiore età ancora da raggiungere, è il capitano dell’Auto Eder, la formazione tedesca U19 propaggine della Bora Hansgrohe fra i più giovani. I “capi” lo guardano già con grande attenzione e molti nel team vorrebbero farlo passare subito pro’, saltando la categoria under 23, facendogli fare anni di apprendistato come sta avvenendo con un altro talento tedesco, Marco Brenner. Ma Emil non è favorevole.

«Almeno un anno nella nuova categoria vorrei farlo – dice – per crescere con più calma e a livelli consoni. La Bora è una grande squadra, l’aspirazione per ogni ciclista tedesco. Oltretutto la sede non è neanche lontana da dove vivo, ma mi sembra troppo presto».

Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)
Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)

Il suo idolo? Maximilian Schachmann

Probabilmente Herzog verrà parcheggiato alla Hagens Berman Axeon. Lì verificheranno se anche nella categoria superiore può essere un fattore come lo è stato fra gli juniores. Già dal primo anno si era capito che nel tedesco c’è del talento, evidente soprattutto nelle corse a tappe, con la seconda piazza nella Corsa della Pace dietro il norvegese Hagenes, che si sarebbe poi laureato campione del mondo, ma davanti a Uijtdebroeks e Gregoire, tutta gente che sta facendo mirabilie nelle categorie superiori.

Gli addetti ai lavori tedeschi hanno già iniziato a paragonarlo a grandi nomi del passato: per la sua propensione alle prove a cronometro, sono stati tirati in ballo personaggi come Thurau e Ullrich, ma Herzog ha un preciso riferimento: «Ammiro molto Maximilian Schachmann, è un grande corridore, fortissimo in salita, spero di poterci correre presto insieme».

Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)
Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)

Il vero corridore completo

Herzog però ha caratteristiche un po’ diverse, che possono portarlo ben più in alto di quanto già non sia il due volte vincitore della Parigi-Nizza.

«Credo di essere un corridore completo, veloce – spiega – che va molto forte sul passo e in pianura e anche in salita. Rispetto agli scalatori puri io ho più peso da portar su (è alto 1,83 e pesa 74 chili), ma questo non significa che parto battuto, devo solo soffrire e sacrificarmi di più…».

E’ proprio questa sua completezza che lo sta facendo emergere nelle gare a tappe. La squadra, che pure vanta tante “bocche da fuoco”, lo considera la punta di diamante.

Il tedesco, come molti ciclisti delle nuove generazioni, ha nella multidisciplina un credo irrinunciabile. Anzi ci è praticamente nato: inizialmente si è dedicato allo sci alpino e al pattinaggio (è stato campione nazionale di categoria non più tardi di due anni fa). Praticava il ciclismo come alternativa estiva per tenersi in forma. Più la mountain bike che il ciclismo su strada, dove ha iniziato a competere solamente alla soglia dei 15 anni. Rispetto ad allora la mtb l’ha un po’ messa da parte. Ma neanche tanto, se si pensa che il suo sogno per la seconda parte di stagione è vincere ben 3 titoli mondiali: in linea e a cronometro a Woollongong ma prima ancora nella rassegna offroad…

Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)
Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)

Obiettivo migliorare in salita

«Soffrire non mi fa paura – ha raccontato Herzog in occasione della sua ultima vittoria all’Ain Bugey Valromey Tour – sono anche andato in crisi, ma sapevo che dovevo gestirmi in salita per recuperare in discesa che è il mio forte, dove posso sfruttare la capacità di guida appresa in mtb. Questa non è una gara come le altre, è un piccolo Tour de France, non ci sono altre gare così lunghe nella categoria. La salita pesa, ma la mia ambizione è vincere pure lì. Vorrei essere uno di quei corridori capaci di vincere allo sprint, a cronometro e in salita».

Non per niente le gare alle quali tiene di più sono proprio quelle dove quest’anno non ha vinto, la Parigi-Roubaix di categoria dove comunque è arrivato quinto e la Classique des Alpes dove si è ritirato: «La Roubaix mi ha davvero impressionato. Per vincere devi andare oltre i tuoi limiti, spingere al massimo».

Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)
Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)

Soffrire sì, mai arrendersi

Era particolarmente atteso agli Europei, invece si è dovuto accontentare del bronzo a cronometro: «Era troppo caldo – spiega – ho sofferto tantissimo. Ho fatto quel che potevo con le gambe che avevo. Poi il percorso non era ideale, con tante buche, bisognava fare tanta attenzione e era difficile rilanciare dopo le curve. Aver preso una medaglia in quelle condizioni significa molto. Anche al Tour du Pays de Vaud ero andato male in due tappe, ma la crono l’avevo vinta. Ho capito che non bisogna mai darsi per vinti, anche quando le gambe non girano e la forma non è quella che vorrei. Bisogna provarci comunque, perché io non mi arrendo mai».

De Cassan, un volto nuovo per le corse a tappe?

11.06.2022
5 min
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La Corsa della Pace non avrà forse più quel sapore epico del secolo scorso, quand’era il terreno di confronto fra il dilettantismo di Stato dell’est europeo e i giovani occidentali pronti a passare professionisti, ma resta con il Giro Under 23 e il Tour de l’Avenir la prova principale per la categoria inferiore, quella chiamata a mettere in mostra i migliori talenti. Per questo un 11° posto ottenuto qui ha più valore di tanti altri piazzamenti.

Davide De Cassan è tornato a casa proprio con un 11° posto in quella che era la sua prima vera esperienza a tappe e questo piazzamento dice tanto. Amadori, il cittì della nazionale, aveva impostato la squadra su Piganzoli e su di lui ed entrambi si sono dimostrati all’altezza, con l’altro finito 8° in un consesso di assoluto livello. Se però di Piganzoli già si parla molto come di un prospetto per i grandi giri, De Cassan è una scoperta assoluta.

Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan. Al CTF ha creato una famiglia
Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan. Al CTF ha creato una famiglia

Parola a Boscolo

A presentarlo convenientemente è il suo diesse al Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo: «Ci è stato presentato da Raimondo Scimone che ha sotto contratto molti nostri atleti. Ci aveva detto che valeva davvero la pena d’investire su di lui, lo abbiamo sottoposto ai test e non abbiamo avuto più dubbi. Davide è uno che non solo va forte in salita, ma è intelligente e ha un modo innato di leggere la corsa. Deve imparare a osare di più, ma ci stiamo arrivando».

Lo trovi adatto per le corse a tappe?

Di base sì, anche se un corridore per grandi Giri lo costruisci solo con il tempo. Lui sta crescendo nei tempi giusti, non deve farsi ossessionare dalla rincorsa della vittoria perché ha dimostrato che sa correre per la squadra. Io gliel’ho già detto: se sai sacrificarti per gli altri, se contribuisci alle vittorie dei compagni, risalti in questo ciclismo, perché un team del WorldTour verrà a cercarti sapendo che può acquisire un corridore prezioso. Le vittorie non dicono tutto e soprattutto non danno il passaporto per la gloria. Guardate Aleotti: ne parlavo con il padre, nelle cronache magari non apparirà, ma ha fatto un Giro straordinario.

De Cassan compagni 2022
Davide è nato il 4 gennaio 2002. Quest’anno ha già tre Top 10 e buone prove anche al Giro di Sicilia
De Cassan compagni 2022
Davide è nato il 4 gennaio 2002. Quest’anno ha già tre Top 10 e buone prove anche al Giro di Sicilia
Ora De Cassan si troverà a cercare un’altra prestazione di rilievo al Giro U23 di fronte ad autentiche corrazzate come l’FDJ di Gregoire e Martinez. Non temi che si parta con un po’ di soggezione?

Ma scherziamo? Noi siamo la succursale della Bahrain Victorious, una delle tre squadre più forti del WorldTour, la paura non deve esistere, sono gli altri che devono temerci. Quando si è trovato nei grandi eventi, De Cassan come i suoi compagni non si è mai tirato indietro. Guardate al Recioto, ha lottato con i più forti del mondo fino all’ultimo metro finendo 4°. Al Giro metterà la sua firma, ne sono certo.

Parola a De Cassan

E lui, De Cassan, che cosa dice? L’impressione è quella di un ragazzo che dietro l’educazione nasconde una forte determinazione a emergere e che ha preso l’esperienza in Repubblica Ceka per imparare.

«E’ stata un’opportunità – dice – per prendere le misure a molti avversari per il Giro che è il mio vero obiettivo. Ho visto che il mio livello è già alto e questo mi dà molta carica».

De Cassan Ctf 2022
Al Ctf dal 2021, De Cassan si sta mettendo in luce come scalatore di vaglia
De Cassan Ctf 2022
Al Ctf dal 2021, De Cassan si sta mettendo in luce come scalatore di vaglia
Ti senti specialista per le corse a tappe?

E’ una bella domanda… Di sicuro mi trovo bene e non ho problemi a recuperare, per saperlo dovrei però anche capire se ho quel guizzo in più per centrare il successo pieno. Nelle gare di più giorni vado bene, più i percorsi sono duri e più mi si addicono. Per questo il Giro sarà un bel test.

Parlando con molti corridori della tua età, tecnicamente emerge quasi sempre la figura del passista in grado di reggere in salita, mentre latitano un po’ gli scalatori puri. Tu di quale categoria fai parte?

Fisicamente direi per quest’ultima, essendo altro 1,70 per 60 chili scarsi. Ciò non significa che in pianura vada piano, anzi se c’è da lavorare per la squadra, da tirare non mi tiro indietro. A cronometro ho più difficoltà sui tracciati brevi, quando la distanza è maggiore mi difendo meglio, per questo credo che nelle gare a tappe potrei dire la mia.

De Cassan Faenza 2019
La volata vincente di De Cassan alla GF Cassani giovani 2019 (foto Photobicicailotto)
De Cassan Faenza 2019
La volata vincente di De Cassan alla GF Cassani giovani 2019 (foto Photobicicailotto)
Quali obiettivi ti poni a breve termine?

Io mio sogno è vestire la maglia rosa al Giro Under 23. So che ci sono grandi nomi, ho visto Van Eetveld ed è davvero forte, ma non dobbiamo porci ostacoli prima del tempo, dobbiamo giocare le nostre carte. Dopo il Giro vedremo che programma prendere per la seconda parte di stagione.

Come ti trovi nel team? Un fatto che spicca è che nel corso della stagione ogni suo componente ha modo di emergere…

Merito di una struttura tecnica ideale per noi, che ci mette in condizione di fare bene ogni volta che siamo chiamati in causa. Sappiamo che a turno verrà per ognuno di noi l’occasione per puntare al risultato, non ci sono capitani o gregari prestabiliti. Inoltre siamo un bel gruppo, molto unito e questo conta. Ma devo dire grazie anche al cittì Amadori per l’opportunità che mi ha dato: anche in quell’ambiente si lavora bene, ognuno sa bene che cosa fare. Spero di avere altre occasioni.

De Cassan disco
La copertina del disco pubblicato da De Cassan nel 2019. A quando il prossimo?
De Cassan disco
La copertina del disco pubblicato da De Cassan nel 2019. A quando il prossimo?

Intanto Davide va avanti anche nell’altra sua passione, quella della musica che nel 2019 l’ha portato a pubblicare il suo primo disco, “Something new”: «Sono sincero, probabilmente non è il genere che la maggior parte di voi ascolta quotidianamente – aveva scritto come presentazione nel suo profilo Instagram – però è quello che ho dentro io. Ascoltatela, magari può piacervi davvero tanto». Ora però è decisamente più concentrato sul ciclismo.

Messico 2022

Ugrumov, ma cosa ci fai in mezzo ai messicani?

09.06.2022
5 min
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Fra le varie rappresentative al via della Corsa della Pace Under 23 c’era anche il Messico. A dirigere la formazione centroamericana una vecchia conoscenza del ciclismo italiano, quel Piotr Ugrumov che ormai da tanti anni vive e lavora in Romagna, tanto che il suo accento della terra d’origine ormai si è mischiato con quello del posto. Vederlo nel nuovo ruolo è stata una sorpresa e dietro questo suo incarico c’è una storia che vale la pena di raccontare.

Ugrumov è stato contattato nell’estate scorsa da Alejandro Rodriguez, presidente dell’A.R.Monex, una formazione con un buon peso specifico soprattutto nella mountain bike per gestire i ragazzi di quella che può essere a buon diritto considerata la principale squadra messicana su due ruote. E parliamo di due ruote non a caso, perché il primo compito che è stato dato a Ugrumov è stato quello di far fare ai ragazzi ogni esperienza: «Quest’inverno hanno gareggiato anche nel ciclocross, io non lo avevo mai provato né mai visto, eppure ci siamo ritrovati non solo a fare le gare italiane ma a competere anche in Repubblica Ceka e in Belgio, in Coppa del Mondo. Una grandissima esperienza».

Ugrumov 2022
Ugrumov, lettone di 61 anni, da molto tempo in Italia, è stato sul podio al Giro e al Tour
Ugrumov 2022
Ugrumov, lettone di 61 anni, da molto tempo in Italia, è stato sul podio al Giro e al Tour
Come è nato questo contatto?

Mi ha chiamato direttamente Alejandro, ha messo in piedi questa realtà insieme ai fratelli Luis, che poi ha passato la mano e Roberto. Dietro c’è la Monex che è una banca messicana il cui presidente è un grande appassionato di ciclismo. Il mio compito è far crescere questi ragazzi facendo fare tutto ma tenendo sempre presente che la strada è quella che può dare loro un futuro, se mostreranno qualità e secondo me qualcuno di loro le qualità ce l’ha.

Come è nata la partecipazione alla Corsa della Pace? Quella è una manifestazione per nazionali…

Un giorno Alejandro mi ha detto che conosceva l’organizzatrice e poteva farci partecipare come nazionale messicana. Io non ero del tutto propenso, perché non avevamo preparato la gara e sapevo bene di che livello si trattava, parliamo di uno dei principali eventi mondiali di categoria. Era però un’occasione davvero imperdibile così ci siamo armati di coraggio e siamo andati.

Messico Corsa Pace 2022
Il miglior messicano alla Corsa della Pace è stato Del Toro, 44° a 13’43” dal vincitore Van Eetvelt (BEL) – Foto A.R.Monex
Messico Corsa Pace 2022
Il miglior messicano alla Corsa della Pace è stato Del Toro, 44° a 13’43” dal vincitore Van Eetvelt (BEL) – Foto A.R.Monex
Che riscontri hai avuto?

Nel complesso i ragazzi se la sono cavata bene, Del Toro ha chiuso una tappa al 16° posto, mentre Garcia è stato 15° in un’altra tappa. E’ chiaro che il livello era eccelso, tanto è vero che i ragazzi sono usciti davvero molto provati dalla corsa, ma è stato qualcosa che gli resterà dentro e servirà a farli crescere. Ora, dopo l’ultimo impegno in questa settimana a Riolo Terme, tireranno un po’ il fiato e andranno a ricaricare le batterie a Livigno.

Insieme a una formazione regionale ceka eravate l’unica formazione “privata” al via…

Eravamo una nazionale a tutti gli effetti. A questo proposito va detta una cosa: in questo momento la Federazione ciclistica messicana non c’è, l’Uci ha tolto la licenza e si attende ora di cambiare i vertici dell’ente. Resta però l’ordinaria amministrazione e la possibilità di farci gareggiare a livello ufficiale, ad esempio stiamo verificando la possibilità di prendere parte ai mondiali di mountain bike in Svizzera, i ragazzi hanno già ottenuto i punti necessari per iscriversi. Più difficile sarà andare a quelli su strada in Australia visti i costi, ma una speranza c’è…

Del Toro 2022
Isaac Del Toro ha 18 anni, è stato 13° a San Vendemiano ed è già qualificato per i mondiali di mtb (foto Elvigia.net)
Del Toro 2022
Isaac Del Toro ha 18 anni, è stato 13° a San Vendemiano ed è già qualificato per i mondiali di mtb (foto Elvigia.net)
Come si trovano in questa esperienza?

Sono in tutto 9 ragazzi, due juniores e gli altri tutti Under 23. Vivono insieme in una casa a San Marino, sono estremamente gentili ed educati ma soprattutto sono molto responsabili a dispetto della giovane età e della distanza dal loro Paese d’origine. Fanno tutto da soli, ognuno ha i suoi compiti, perfetti esempi di economia domestica.

Come se la cavano con l’italiano?

Vanno una volta alla settimana a scuola e piano piano cominciano a imparare, chiaramente vivendo insieme non hanno molte occasioni di esercitarsi. Io ho corso due anni in Spagna e così ho rispolverato un po’ il mio spagnolo…

Garcia 2022
Carlos Alfonso Garcia, 18 anni, è considerato un passista molto promettente (foto Twitter)
Garcia 2022
Carlos Alfonso Garcia, 18 anni, è considerato un passista molto promettente (foto Twitter)
Secondo te fra questi ragazzi c’è qualcuno che può proseguire nella propria carriera?

Io dico di sì, soprattutto visto come stanno imparando velocemente e stanno migliorando di conseguenza. Del Toro ad esempio è uno che in salita va forte, Garcia invece è un bel passista veloce. Parlando di loro bisogna anche avere chiaro un concetto: non è e non sarà mai la Colombia, dove c’è una vera cultura ciclistica. In Messico a fronte di 125 milioni di abitanti sì e no ci saranno 12 gare in tutto…

Savino 2022

Savino e non solo. Salvoldi fa il punto sugli junior

11.05.2022
5 min
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Le giornate di Dino Salvoldi, queste giornate primaverili sono pressanti di impegni, forse anche più di quando si doveva occupare dell’intero settore femminile. La sua scoperta del mondo juniores va avanti, ma se agli inizi della sua avventura, nelle prime prove internazionali, doveva necessariamente basarsi soprattutto su quanto fatto lo scorso anno, ora si basa sulle sue considerazioni e sta mettendo in atto un piano che va maturando di settimana in settimana.

Il tecnico azzurro è reduce dalla trasferta alla Corsa della Pace, la gara più importante fra quelle a tappe del calendario junior, tappa della Nations Cup dove la nazionale italiana è tornata a casa con il bellissimo sigillo di tappa di Federico Savino. A dimostrazione che le sue scelte erano state indovinate.

«Sapevo che questo era un passaggio fondamentale nella stagione – dice – e ho ragionato sapendo che avremmo trovato al via il meglio della categoria internazionale. Oltretutto affrontavamo percorsi molto impegnativi, decisamente più che nelle prove italiane di questo periodo stagionale. Quindi ho deciso di optare per atleti tutti al secondo anno considerando che quelli di primo anno non hanno mai fatto corse a tappe ed era assurdo iniziare subito dalla prova più importante e difficile».

Salvoldi 2022
Prime uscite nel complesso positive per Salvoldi alla guida degli junior
Salvoldi 2022
Salvoldi lascia la nazionale donne a tre anni da Parigi e passa agli juniores
Come ti sei regolato con le convocazioni?

Mi sono basato molto non solo sulle gare, ma anche sui lavori che svolgiamo su pista. Ho quindi portato quegli elementi sui quali sto puntando in ottica quartetto, più un paio come Bozzola e Arrighetti più adatti a quel tipo di gara. Tra l’altro è lo stesso sistema messo in atto dalla Francia. Penso di fare lo stesso anche per le prossime tappe, salvo che per il Tour du Pays de Vaud che richiede maggiori attitudini per la salita. Nella prossima gara però farò un’inversione e chiamerò ragazzi tutti al primo anno.

Come giudichi la trasferta?

Quando abbiamo fatto la riunione con i ragazzi prima del via, ho spiegato loro che non avevamo una squadra adatta per puntare alla classifica, perché è evidente che in questo momento anche a livello giovanile non abbiamo specialisti delle corse a tappe. E’ una fase, dobbiamo prenderne atto. Quindi volevo una squadra che interpretasse ogni tappa come una corsa in linea, correndo in maniera coraggiosa. La crono non ci è stata favorevole, anche la tappa clou che doveva definire la classifica non è stata fortunata ma nelle altre ci siamo messi sempre in evidenza e la vittoria di Savino è stata la perla della settimana.

Savino volata 2022
Savino (Work Service Speedy Bike) precede nello sprint Milan Kadlec, ceko figlio d’arte nella tappa finale
Savino volata 2022
Savino (Work Service Speedy Bike) precede nello sprint Milan Kadlec, ceko figlio d’arte nella tappa finale
Che corridore è?

Sto imparando a conoscerlo, agli inizi su pista faticava, ma è cresciuto tantissimo e in pochissimo tempo. Ha una caratteristica peculiare: è consapevole che per fare risultato devi attaccare. In Italia abbiamo troppo la tendenza a puntare al piazzamento, per questo non si rischia per vincere. Lui ha cambiato questo atteggiamento, ci prova e questo mi piace. Tecnicamente è ancora molto grezzo, ma io penso che possa crescere molto dappertutto, soprattutto nelle prove contro il tempo su pista e su strada.

Ti sei fatto un’idea del nostro valore in confronto ai movimenti degli altri Paesi?

Sì e siamo indietro, questo è sicuro. Per questo dico che dobbiamo avere pazienza nel giudicare i ragazzi e le loro trasferte, non dobbiamo chiedere loro la luna. C’è differenza contro buona parte del gruppo e questa è data dai tipi di gare che si affrontano. Io sono convinto che da giugno in poi le cose cambieranno. Noi abbiamo a che fare con la scuola che occupa molto spazio e molto tempo, anche mentalmente e per certi versi il nostro calendario lo contempla, proponendo gare più performanti nell’estate. Per questo le prove di questo periodo sono importanti, ma secondo me dicono poco in ottica gare titolate, europei e mondiali che siano.

Belletta corsa pace 2022
Due buoni piazzamenti per Dario Igor Belletta (a sinistra), quarto e quinto in due sprint
Belletta corsa pace 2022
Due buoni piazzamenti per Dario Igor Belletta (a sinistra), quarto e quinto in due sprint
Sembra di capire però che sulla doppia attività strada+pista sei molto esigente, tieni che un numero sempre maggiore di ragazzi provi questa opportunità per poi fare la sua scelta preferenziale più avanti…

Non solo con la pista, anche con la Mtb. Lo avete visto con le prime convocazioni, con Mattio e Milesi. Coinvolgeremo sempre più biker tenendo presente che i calendari si accavallano e non è assolutamente facile abbinare le varie discipline. In un processo formativo come il loro è però fondamentale, per sviluppare le proprie attitudini. Su un concetto però batto molto: chi fa pista non deve sentirsi penalizzato per la strada. E su questo serve soprattutto la collaborazione delle società.

Herzog corsa pace 2022
La corsa è stata vinta dal tedesco Emil Herzog, con 29″ su Morgado (POR) e 35″ su Nordhagen (NOR). Bozzola 16° a 3’17”
Herzog corsa pace 2022
La corsa è stata vinta dal tedesco Emil Herzog, con 29″ su Morgado (POR) e 35″ su Nordhagen (NOR). Bozzola 16° a 3’17”
Si parla spesso del passaggio sempre più precoce di ragazzi al professionismo e da più parti si vagheggia l’allargamento della categoria a 3 anni come una delle soluzioni: saresti d’accordo?

Sarebbe una scelta intelligente, considerando che in Italia c’è un sistema scolastico diverso da molti altri Paesi, con i ragazzi che a 18-19 anni devono effettuare la maturità che è un passaggio importante nella propria vita. Ci sarebbe modo di sviluppare il talento dei ragazzi con più calma e consentire alle società di sviluppare una vera filiera. Considerando che a ben guardare, da quando passano di categoria a quando devono fare l’ulteriore salto, hanno i ragazzi a disposizione per meno di due stagioni. Perché ciò avvenga però serve un accordo regolamentare internazionale, non possiamo farlo noi autonomamente.

Quali saranno i prossimi impegni?

Avremo il 21 e 22 maggio il Trophée Centro Morbihan in Francia, dal 26 al 29 il Tour du Pays de Vaud in Svizzera e dal 9 al 12 giugno il trofeo Saarland in Germania. Saranno tutte esperienze utilissime per i ragazzi, ma intanto si continua con gli appuntamenti settimanali a Montichiari, da quelli non si prescinde…

Azzurrini alla Corsa della Pace: le scelte di Salvoldi

03.05.2022
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Dal 5 maggio la nazionale italiana juniores sarà al via della Corsa della Pace, gara di quattro giorni in Repubblica Ceca, vinta negli ultimi anni da corridori di nome Hagenes (in apertura secondo dopo la prima tappa 2021), Evenepoel, McNulty e Pedersen. Al momento di scegliere i nomi dei nostri e visto il livello di percorso e avversari, il cittì Salvoldi è partito dai corridori di secondo anno.

Dino Salvoldi da quest’anno è tecnico degli juniores. Sullo sfondo Amadori, che guida gli U23
Dino Salvoldi da quest’anno è tecnico degli juniores. Sullo sfondo Amadori, che guida gli U23

«L’idea – spiega – è dovuta al fatto che in Italia la stagione è cominciata da poco. E anche se si sta evidenziando qualche primo anno di valore, le distanze e l’alto livello della corsa rendono più indicati atleti leggermente più maturi. E tra i secondi anni che ho scelto, alcuni hanno ottime prospettive nel quartetto dell’inseguimento. A loro ho aggiunto Bozzola e Arrighetti, che negli ultimi tempi hanno vinto delle belle corse».

Sei azzurri

In attesa di capire bene l’elenco dei partenti e quindi gli avversari dei nostri atleti, la selezione azzurra è degna di considerazione. Ci sono Belletta e Tommaso Bessega. Delle Vedove e Savino. Più il vincitore del Gp Liberazione (Bozzola) e Arrighetti, che di vittorie ne ha messe insieme già tre.

La Corsa della Pace dura quattro giorni, anche se il secondo giorno propone due semitappe. E se i nostri non avranno probabilmente grosse chance di classifica, potranno dire qualcosa sul fronte dei traguardi di giornata.

Non andiamo per fare classifica?

Credo di no, se non altro perché ancora non si è segnalato un italiano con caratteristiche di scalatore. E’ ancora presto, sono certo che nei prossimi mesi sarà diverso. Perciò andremo per fare esperienza e puntare magari a qualche traguardo di giornata. L’albo d’oro è pieno di corridori forti, non è una corsa di poco conto.

La Corsa della Pace si svolge nella Repubblica Ceca, con qualche sconfinamento nella vicina Germania (foto Facebook)
La Corsa della Pace si svolge nella Repubblica Ceca, con qualche sconfinamento nella vicina Germania (foto Facebook)
Andiamo con i secondi anni, però si dice che il 2005 sia un’ottima annata. Ti risulta?

Direi proprio di sì e mi è stato detto anche da chi lo scorso anno gestiva questi ragazzi negli allievi. Il 2005 è una buona annata, con ragazzi forti anche in pista. Per valutarli su strada serviranno ancora tempo e corse più impegnative.

Il fatto di andare a una corsa così importante ha richiesto che i ragazzi si preparassero in modo diverso?

Sono tutti consapevoli dell’importanza della Corsa della Pace, ma non abbiamo intensificato la preparazione. Ci servirà come confronto e per continuare il processo di preparazione. E visto che i punti di Coppa delle Nazioni sono importanti, qualcosa combineremo di certo.

Nel 2021 Uitdebroeks (oggi alla Bora) vince la crono di Trebenice e si piazza terzo nel ranking finale (foto Facebook)
Nel 2021 Uitdebroeks (oggi alla Bora) vince la crono di Trebenice e si piazza terzo nel ranking finale (foto Facebook)
Sembri fiducioso per l’attività su strada e consapevole del lavoro che serve in pista…

E’ chiaro che il quartetto, per i tempi di adattamento, abbia bisogno di processi più lunghi. C’è da lavorare. In più, mettiamoci il fatto scuola e la logistica di Montichiari che non è comoda per chi non vive nei dintorni. Per questo l’Italia è diversa da tanti Paesi del resto del mondo, da noi la scuola conta di più.

Quando partite?

Oggi pomeriggio. Fino a domani ci si ambienta. E poi si comincia.

Cheula Pace 2006

Cheula prima di Zana: «Che freddo alla Corsa della Pace…»

09.06.2021
4 min
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Una tazzina di caffè e la porta aperta ai ricordi: sono passati ormai 15 anni da quel giorno, quando Gianpaolo Cheula conquistò la Corsa della Pace altrimenti detta Varsavia-Berlino-Praga, la stessa (almeno nel nome) vinta domenica da Filippo Zana. Un evento che passò sotto traccia, invece si trattava di qualcosa di storico per il ciclismo italiano perché prima di allora solamente il compianto Michele Scarponi era riuscito nell’impresa e poi perché la gara stava cambiando.

Cheula, nel 2006, si è aggiudicato quella che può essere considerata l’ultima edizione della corsa nel suo format storico: «Ma già allora un po’ di cose erano cambiate – racconta l’attuale direttore sportivo dell’Androni Giocattoli – era una gara Hors Categorie, articolata su 10 giorni. Si andava da Varsavia a Berlino passando per Praga. So che lì c’è un museo con una grande stele dove sono scolpiti tutti i nomi dei vincitori, l’ultimo è il mio…».

Cheula Barloworld
Cinque stagioni per Cheula alla Barloworld, dal 2005 al 2009 con due vittorie
Cheula Barloworld
Cinque stagioni per Cheula alla Barloworld, dal 2005 al 2009 con due vittorie
Quell’edizione fu particolare anche perché gli italiani dominarono la scena, al punto da monopolizzare il podio…

Vinsi con appena 2 secondi su Tonti e terzo fu Gasperoni (nella foto d’apertura il podio finale). Il bello fu che mi aggiudicai la corsa senza vincere neanche una tappa, ma fui premiato dalla mia costanza di rendimento. Correvo alla Barloworld, una squadra sudafricana di stanza in Gran Bretagna, il capitano era il colombiano Cardenas, ma uscì presto di classifica e puntarono tutto su di me.

Che tipo di corsa era al tempo?

Impegnativa, ma non tanto per il percorso. Non ci sono certo le salite di Giro o Tour, trovavi asperità di 5-6 chilometri, ma i percorsi erano molto vallonati, soprattutto nei Carpazi. A fare la differenza però era il tempo: pioveva sempre e quell’acqua unita al freddo inconsueto per la primavera nostrana ti entrava nelle ossa. La mia fortuna, in quella corsa, fu che non erano previste cronometro, altrimenti dubito che avrei vinto…

Cheula Giro
Grande freddo per Cheula nell’Est europeo… magari però non come sulle vette del Giro: qui provando il Colle delle Finestre per il Giro 2011
Cheula Giro
Grande freddo per Cheula nell’Est europeo… magari però non come provando il Finestre nel 2011
Che cosa ti è rimasto impresso di quella gara?

La gente. Storicamente la Corsa della Pace era la gara regina per i Paesi dell’Est Europeo. Quando era per dilettanti gareggiavano le nazionali e in quelle Nazioni ne era rimasto il ricordo. Al tempo ad esempio c’era la CCC che raccoglieva i migliori corridori polacchi, per loro la gara valeva un Tour. L’organizzazione era di altissimo livello, alberghi ottimi, percorsi adatti a una gara per professionisti. Secondo me dovrebbero riproporla in quei termini, una gara di 10 giorni ha un valore importante. 

Venisti da quel successo e si parlava di Cheula come di un corridore adatto alle corse a tappe, ma la tua carriera prese un’altra direzione…

Non nascondo che un pensiero ce lo feci, ma non ero fatto per quei ruoli. Ero più adatto a lavorare al fianco di un capitano, per aiutare chi aveva davvero talento e doveva crescere. In quegli anni corsi con gente come Froome e Thomas, ai loro esordi.

Cheula Androni
Oggi Gianpaolo Cheula è direttore sportivo all’Androni Sidermec Giocattoli, dove segue i giovani
Cheula Androni
Oggi Gianpaolo Cheula è direttore sportivo all’Androni Sidermec Giocattoli, dove segue i giovani
Raccontaci com’erano…

Partiamo da Geraint, arrivò alla Barloworld che era il campione del mondo dell’inseguimento, nel team ci credevano molto proprio perché britannico. Il primo anno al Tour ricordo che in una tappa di montagna, si arrivava a Tignes, si staccò quasi subito, riuscì a salvarsi dal tempo massimo per il rotto della cuffia, ma capì che quel Tour lo doveva finire. Aveva compreso subito che la fatica e il sacrificio lo avrebbero ricompensato.

E Froome?

Gran motore il suo… Quando arrivò era ancora di passaporto kenyano, aveva testa da campione, concentrato su tutto, pronto e voglioso di imparare. Anche lui concluse il suo primo Tour soffrendo, ma si capiva che non era un corridore come gli altri.

Quanto di quelle esperienze c’è nel Cheula dirigente attuale?

Tantissimo, è saggezza accumulata che riproponi quando hai a che fare con i più giovani. Da noi arrivano corridori da sgrezzare, spesso da altri Paesi, che devono imparare tutto e che proprio per questo ascoltano. Ogni corsa con loro è un’esperienza nuova e quando vincono, è come se vincessi io, proprio come allora…