Lo stacco di fine stagione non è uguale per tutti, sia per i tempi che per la meta scelta. Molti corridori partono per viaggi oltre Oceano, verso isole caraibiche o Paesi lontani. Altri, invece, preferiscono la tranquillità di casa, non rinunciando all’attività fisica. Alcuni non rinunciano nemmeno alla bicicletta.
Questo periodo, quello che intercorre tra la fine delle gare e l’inizio della preparazione invernale, è fondamentale. In pochi giorni i corridori ricaricano le batterie, è importante riuscire a riposare e presentarsi pronti ai primi impegni. Non riuscire a creare un periodo di stacco tra una stagione e l’altra rischia di compromettere la salute fisica e mentale dell’atleta?
Sempre meno tempo
Il calendario delle corse, come visto, si allunga, arrivando a impegnare mesi che una volta rappresentavano un terreno neutro. Ora gli atleti si fermano un paio di settimane, massimo tre. L’aspetto psicologico diventa importante, abbiamo chiesto così a Enrico Rocca, psicologo sportivo, in che modo scegliere il giusto momento in cui fermarsi.
«Il ciclismo è uno sport strano da un certo punto di vista – spiega Rocca – intanto perché ci sono le squadre, ma la prestazione è individuale. In uno sport di squadra come il calcio o il basket staccare diventa più semplice. Partire per destinazioni lontane è quasi un’abitudine, anche perché in vista della ripresa non ci sono grandi problemi nel tornare alla condizione migliore. Comunque dove non arriva uno di solito arriva un altro.
«Nel ciclismo serve invece coscienza – riprende – perché poi in bici si sale da soli e le squadre fanno piani e programmi per ogni corridore. Il periodo di vacanza è sempre meno, sia per il calendario ma anche per scelta degli atleti stessi. Questo perché poi ritornare in condizione non diventa una cosa troppo difficile».
Il riposo della mente
Abbiamo visto sui social le diverse scelte fatte dai ciclisti. Queste dipendono tanto dallo stile e dalle condizioni di vita. I ragazzi giovani scelgono a volte di non partire perché coetanei o fidanzate hanno impegni scolastici. Altri atleti rimangono a casa perché hanno una famiglia e non si può sempre interrompere la vita di tutti per partire. Alcuni ancora, invece, riescono a lasciare tutto alle spalle e prendere un aereo.
«Dal punto di vista mentale – continua il nostro psicologo – ognuno gestisce lo stacco come meglio crede. La cosa importante è riuscire a riposare per ripartire con la giusta dose di energie e motivazione. C’è chi preferisce contesti insoliti e viaggiare, mentre altri gradiscono maggiormente restare nella propria città e fare le cose che normalmente faresti con gli amici. Una birra al bar, un’uscita in montagna… Lavoravo con un’atleta che preferiva rimanere a casa a fare giardinaggio. Mi diceva fosse il modo migliore per riconciliarsi con se stessa. Anche in questo caso si tratta di trovare un equilibrio».
Bici sì, bici no
Sui social dei corridori non circolano solamente foto di spiagge bianche o panorami mozzafiato. C’è chi anche aggancia i pedali e fa girare le gambe, con il solo scopo di divertirsi. Uno di questi è Pietro Mattio, che proprio qualche giorno fa si è sciroppato un giro di 300 chilometri con un amico.
«La bicicletta – spiega ancora Rocca – non è da demonizzare. Rispetto al passato i corridori sono in grado di contestualizzare meglio quello che fanno. Ci sono atleti che vivono l’attività come una professione e quindi devono staccare per recuperare. Al contrario c’è chi ha la passione per la bici e ogni tanto si concede un’uscita, magari in mountain bike. Credo che questa libertà sia anche frutto dei preparatori e della loro grande competenza. Anni fa non era facile far rientrare i ciclisti in forma perché non c’erano così tante conoscenze, di conseguenza i diesse tendevano a uniformare il periodo di stacco. Ora l’atleta sa che può fare ciò che vuole, perché al primo ritiro sarà inquadrato e indirizzato verso la preparazione migliore».