Una seconda opportunità, per certi versi anche più grande della prima. Riccardo Stacchiotti aveva chiuso la sua lunga carriera professionistica nel 2021, con un buon numero di vittorie, pronto a vivere la sua vita lontano dal ciclismo. Ma il destino voleva altrimenti. Tutto è nato da uno sfortunato giorno del 2023, un incidente in moto, una lussazione al ginocchio particolarmente sfortunata.
Riccardo e la caviglia bloccata
«L’osso, uscendo dalla sua sede, ha lesionato alcuni nervi – ricorda il marchigiano – col risultato che non posso più muovere la caviglia. Nella vita di tutti i giorni è un danno serio ma relativo, ma in bici non posso più dare spinta con la gamba, questo ha cambiato un po’ le cose. Le misure della bici non sono mutate ma nella spinta disperdo molta energia. Non è la stessa cosa di prima».
Sapendo del problema, il cittì della nazionale paralimpica Pierpaolo Addesi ha così preso contatto con l’ex professionista: «Mi ha spiegato la sua idea, mi ha illustrato l’ambiente della nazionale e il mondo paralimpico, ma soprattutto mi ha fatto capire che quell’incidente e la successiva menomazione mi davano l’opportunità di tornare a gareggiare in una particolare categoria. Ci ho pensato un po’ e poi ho accettato».
Una scoperta sorprendente
Che impressione ha avuto nel suo primo approccio con le gare, con l’ambiente? «Fino ad allora ne avevo sentito parlare ma le mie uniche testimonianze erano state attraverso la televisione. Ho amici che hanno disabilità, alcuni lavorano anche come guide cicloturistiche e ammetto che la loro perseveranza, la loro forza interiore mi hanno sempre affascinato. Quando però sono entrato dentro quest’ambiente mi sono accorto di un livello generale, organizzativo davvero altissimo. Ho trovato un’attenzione profonda per ogni dettaglio. Poi è arrivata la trasferta in Belgio, per la Coppa del Mondo e in alcuni momenti mi sembrava davvero di essere tornato professionista».
Com’è stato il primo approccio con la prova internazionale? «Mi avevano detto prima di partire che mi sarei trovato di fronte atleti davvero forti, ma non credevo che il livello fosse così elevato. So che ci sono alcuni atleti che fanno anche attività continental, che avrei potuto tranquillamente affrontare quando correvo. Io sono nella categoria MC5, dove ci sono disabilità abbastanza lievi, infatti si sviluppano gare che hanno ben poco da invidiare a quelle che affrontavo prima. In generale devo dire che è un mondo incredibile, dove ti confronti con una forza d’animo enorme, con persone che vanno al di là di problemi fisici enormi con una carica contagiosa».
Un 5° posto per cominciare
Come hai affrontato la tua prima avventura internazionale? «Diciamo che ci sono andato un po’ con i piedi di piombo, non sapevo quale poteva essere la mia condizione, a che livello ero in confronto agli altri. Alla fine posso dire che è stata una bella esperienza, molto incoraggiante. Il 5° posto finale lo reputo un inizio, una buona base, perché ho visto che ho già una buona condizione fisica e che non posso che migliorare».
Un’attività interpretata in maniera diversa rispetto a prima? «Certo, non potrebbe essere altrimenti. Allora ero un corridore al 100 per cento, pensavo solamente a quello. Oggi sono un uomo che lavora 8-9 ore al giorno e posso dire che se riesco ad allenarmi 8 ore a settimana è già tanto. Per questo mi sono tesserato per una squadra amatoriale, il Team Crainox e sfrutto le Granfondo e le prove amatoriali per allenarmi, affrontandole senza grandi velleità agonistiche. Ma quell’impegno domenicale mi consente di tenermi in forma. Diciamo che le sfrutto per mettere nelle gambe chilometri e ritmo».
La molla del sogno olimpico
Questa è la stagione del primo approccio, il progetto di Addesi però ha mire lontane, al 2028…: «Effettivamente è stata un po’ la molla che mi ha spinto ad accettare. Non avrei mai pensato che, dopo aver chiuso la mia carriera, potessi ancora ambire a un traguardo così alto. Ma io sono abituato ad andare per gradi, quel pensiero l’ho messo lì, nel cassetto, da studiarci sopra per preparami al meglio. Ho tempo, ora devo procedere con calma imparando tante cose e migliorando progressivamente, gara per gara».
E a questo proposito è alle porte già la seconda tappa di Coppa del Mondo a Maniago. Stacchiotti, in gara oggi nella cronometro, guarda però con ambizioni a domenica, alla sfida in linea: «Contro il tempo non sono mai stato un asso, mi servirà però per prendere confidenza con l’evento e studiare gli avversari. Sarà un antipasto alla prova di domenica dove non nascondo che vorrei fare meglio di Ostenda, ora che so meglio come muovermi in gara».
Un ambiente altamente professionale
Che cosa ti ha stupito maggiormente della tua prima esperienza internazionale? «Il fatto che, alla fin fine, non c’è così grande differenza con molte delle gare professionistiche alle quali ho partecipato, soprattutto nel livello organizzativo, nella cura per ogni singolo aspetto, nell’attenzione che tutto lo staff della federazione mette in ogni cosa. E’ un grande gruppo, che voglio ripagare con i risultati, ma visto quanto gli altri vanno forte non sarà per nulla facile…».