Esordio in Coppa, per la Bramati il bicchiere è mezzo pieno

25.11.2024
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La prima tappa di Coppa del Mondo ad Anversa era riservata solamente alle categorie maggiori, con gli Under 23 chiamati a correre fra gli Elite. Erano 8 gli italiani in gara, 5 uomini (il migliore è stato Stefano Viezzi, 30° nella prima volta fra gli “adulti”) e 3 donne. Fra loro Lucia Bramati, anche lei chiamata a confrontarsi fra le più grandi, ma per la figlia d’arte non è certo una novità…

Il podio della gara femminile, vinta dalla Van Empel su Brand e Schreiber, lussemburghese prima delle U23
Il podio della gara femminile, vinta dalla Van Empel su Brand e Schreiber, lussemburghese prima delle U23

La sua voce quand’è ancora ad Anversa, in attesa di un volo di ritorno programmato solo per la tarda serata, è squillante. Il suo 7° posto di categoria ha pur sempre un certo peso: «E’ una tappa nella mia stagione, iniziata un po’ così. La mia estate è stata resa molto complicata dal ritorno della mononucleosi, dopo 5 anni che mi ha dato grossi problemi a fegato e milza e fatto stare un mese e mezzo senza bici. Ho saltato buona parte dell’annata di mtb e ripreso con calma con il ciclocross, andando sempre un po’ di rincorsa. Ancora oggi non sono nella miglior condizione, ma la prestazione mi ha lasciato soddisfatta».

Che clima avete trovato ad Anversa?

Siamo stati fortunati perché fino a sabato c’era tanto freddo e vento forte – racconta la Bramati – Durante la giornata di gare invece il vento è rimasto, ma la temperatura si è elevata fino a 19°. Il problema erano proprio le folate nella parte orientale del tracciato, dove c’erano lunghi rettilinei. Se non trovavi qualcuno a cui accordarti restavi esposto al vento contrario che ti respingeva.

Ancora un 4° posto per la Casasola, unica vera alternativa allo strapotere olandese
Ancora un 4° posto per la Casasola, unica vera alternativa allo strapotere olandese
Com’è stata la tua gara?

Io sono partita dalla quinta delle 7 file previste, quindi ero un po’ indietro e chiaramente tutte cercavano di avanzare perché in fondo al rettilineo c’era la curva che fungeva da strettoia, era difficile anche restare in piedi. Poi c’erano due strappi a piedi, la gara iniziava praticamente lì. Il percorso presentava anche punti sabbiosi e io non sono molto abituata ad affrontarli, questo è un po’ un gap che abbiamo tutti noi italiani visto i tracciati delle principali gare. Ma alla fine ero contenta perché li ho affrontati tutti in bici, senza mettere piede a terra, facendo meno fatica e preservando le gambe.

La Bramati agli Europei, dove insieme all’oro in staffetta aveva chiuso settima fra le U23
La Bramati agli Europei, dove insieme all’oro in staffetta aveva chiuso settima fra le U23
Quanto cambia nel correre insieme alle Elite? Cosa che tra l’altro in campo femminile è ordinaria amministrazione, anche nelle sei tappe con le prove per categorie inferiori, la gara U23 sarà solo al maschile…

Cambia tanto, perché hai riferimenti diversi. Intanto consideriamo che le più forti della categoria sono tutte lì davanti, a lottare fra le prime 10. Io poi sono cresciuta gareggiando sempre con le più forti, anche quand’ero junior non c’era la prova per la categoria più giovane, è stata sdoganata dopo che sono passata. Le gare U23 sono solo quelle titolate, in queste occasioni d’altro canto saremmo troppo poche. Io poi penso che essere con le Elite sia un vantaggio, perché corri al massimo livello, a blocco, per 50 minuti non respiri praticamente mai. L’unica difficoltà è che siamo differenziate da loro attraverso il colore del pettorale, quindi ogni volta che superi o vieni superata devi stare attento al numero della concorrente…

Tu hai sulle spalle il peso di un cognome importante per il ciclocross italiano. Avere tuo padre Luca Bramati che è anche il diesse del team Fas Airport Services Guerciotti Premac dà più o meno vantaggi, è più genitore o allenatore?

Io dico che è un vantaggio, questa sua doppia veste la vivo in modo molto sereno, per me non cambia nulla. Anzi, poter affrontare le trasferte insieme a lui mi dà serenità, mi consente di concentrarmi maggiormente sulla gara non dovendo pensare ad altro e averlo al mio fianco mi rende più sicura.

Thibau Nys (n.18) era il favorito della vigilia, ma il campione europeo non è andato al di là del 12° posto
Thibau Nys (n.18) era il favorito della vigilia, ma il campione europeo non è andato al di là del 12° posto
Il 7° posto di categoria che cosa rappresenta?

Un passo avanti nella mia stagione. Venivo da una buona piazza d’onore in Svizzera, qui sono finita dietro nel computo generale, ma vedo che sto guadagnando posizioni rispetto alle mie pari età rispetto ad esempio agli Europei, dove comunque non me l’ero cavata male sempre in riferimento ai problemi prestagionali. Quel che mi manca è assaporare il gradino più alto del podio, finora non ci sono mai riuscita, sarebbe uno step ulteriore.

Continuerai a seguire lo sviluppo della Coppa?

Sì, a dicembre e gennaio la mia attività sarà soprattutto all’estero, per cercare di crescere ulteriormente ed essere al top per le gare del nuovo anno a cominciare dai campionati italiani e guadagnarmi così la selezione per i mondiali.

Per Iserbyt una vittoria di peso dopo un inizio stagione difficile, con anche una squalifica
Per Iserbyt una vittoria di peso dopo un inizio stagione difficile, con anche una squalifica
Tu sei, anche per famiglia, legata all’offroad ma è chiaro che chi guarda al ciclismo in maniera professionale punta alla strada. Che cosa vedi nel tuo futuro?

Il ciclocross è il mio grande amore, seguito dalla mtb e questo non cambia. So però che le ragazze che vengono dalla strada hanno un altro passo nelle prove invernali ed è qualcosa che devo considerare. Io ho una certa ritrosia ad affrontare le gare su strada, diciamo che non mi sento ancora pronta mentalmente. E’ qualcosa che con mio padre prenderemo in considerazione, magari per affrontare qualche gara in meno in mountain bike e privilegiare la strada nella seconda parte dell’anno proprio per arrivare pronta alla stagione invernale. Ma avrò tempo per pensarci…

Parte la Coppa del mondo, con una formula controversa

24.11.2024
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Con l’appuntamento odierno ad Anversa scatta la Coppa del mondo di ciclocross, profondamente diversa rispetto al passato e chi è addentro alla specialità se ne è già accorto, considerando che negli anni scorsi eravamo già molto avanti nel suo sviluppo considerando anche le prime prove oltre Atlantico. L’Uci ha cambiato tutto, cercando una formula che potesse attrarre e interessare anche tutti o parte dei “tre tenori”, negli ultimi anni disinteressati dall’evoluzione della challenge. Ora si va avanti fino al 26 gennaio attraverso 12 appuntamenti diversi (di cui uno in Italia, a Oristano l’8 dicembre), quindi con una grande concentrazione di eventi.

Pontoni davanti alla nazionale vincitrice dell’oro europeo nel team relay. Ora la stagione internazionale riparte
Pontoni davanti alla nazionale vincitrice dell’oro europeo nel team relay. Ora la stagione internazionale riparte

Si parte con gli elite

Quella di Anversa è una delle tappe riservata solo alle categorie Elite, mentre quelle giovanili saranno impegnate solo in metà delle prove in calendario, a cominciare da Dublino del primo dicembre e la nazionale sarà presente solamente in queste prove.

«A Dublino porterò una formazione molto ristretta – spiega il cittì Daniele Pontoni – comprendente solamente i tre medagliati di Pontevedra ossia i due Agostinacchio e la Pellizotti. Questo perché sappiamo che la logistica per Dublino è molto complicata sia per il viaggio che per l’alloggio lontano dal percorso. Le spese sono ingenti, è meglio investire sulle tappe successive».

Proprio in base al calendario di Coppa, Pontoni ha strutturato la preparazione della nazionale con un occhio sempre all’appuntamento principe, il mondiale: «Sarà importante il terzo weekend di dicembre, con Hulst (NED) al sabato e Zonhoven (BEL) alla domenica, poi il 29 saremo a Besancon (FRA), mentre il 19 gennaio saremo a Benidorm (ESP) dove fare anche il ritiro premondiale spostandoci direttamente da lì verso l’ultima tappa a Hoogerheide. Per quanto riguarda le categorie giovanili è bene considerare che la classifica si fa su 4 prove su 6, quindi valuterò anche la situazione di classifica per le mie convocazioni».

Da sinistra Orts, Nys e Iserbyt, sono loro i più attesi già dalla tappa odierna di Anversa
Da sinistra Orts, Nys e Iserbyt, sono loro i più attesi già dalla tappa odierna di Anversa

In Sardegna in gara per i propri team

Non ci sarà quindi la nazionale italiana in terra sarda, ma per una ragione ben precisa: «Non dipende dal fatto che non ci saranno le categorie giovanili. Si tratta di una specifica richiesta che è stata fatta dai team che vogliono essere presenti all’appuntamento principe della stagione italiana con le loro divise. Era giusto rispettare questa richiesta, d’altronde stiamo lavorando in stretta sinergia con un continuo scambio d’idee e un calendario strettamente condiviso. Ad esempio la scelta di portare soli 3 atleti a Dublino è data anche dalla contemporaneità con il GP Guerciotti, che è una prova C1 e quindi dà una grande quantità di punti per il ranking. E’ quindi conveniente partecipare a quello».

Ma questa nuova formula di Coppa piace al cittì? «Per rispondere mi svesto della mia carica e lascio rispondere al Pontoni semplice appassionato ed ex praticante: io avrei preferito una formula più semplice, con un appuntamento a ottobre, un paio a novembre, dicembre e gennaio fino al mondiale. Ben suddivise nel tempo e nello spazio. Questo sistema, scelto per favorire i big, concentra tutto fra le Feste e gennaio, ma una simile challenge dovrebbe premiare la costanza di rendimento lungo tutta la stagione, non in una sua sola parte. Da cittì comunque accetto le decisioni internazionali e mi adeguo, come è giusto che sia».

Van Der Poel dovrebbe iniziare le gare fra un mese, come anche Van Aert e Pidcock
Van Der Poel dovrebbe iniziare le gare fra un mese, come anche Van Aert e Pidcock

Porte aperte per la nazionale

Dopo Dublino ci sarà spazio anche per altri biker in nazionale? «Sicuramente, come avevo già anticipato alle società. Darò modo ad altri di esprimersi, considerando che per i mondiali nessuno ha il posto assicurato. Dal 21 al 29 dicembre vaglierò altri nomi per vederli all’opera nel massimo consesso, poi dopo i campionati italiani inizierò a trarre le mie conclusioni e fare una prima scrematura, ma non nascondo che a Benidorm potrebbe venire anche qualche altro corridore ancora in forse, per convincermi a portarlo a Lievin».

Ceolin e Bertolini, due degli 8 azzurri Elite (fra uomini e donne) in gara ad Anversa (foto Billiani)
Ceolin e Bertolini, due degli 8 azzurri Elite (fra uomini e donne) in gara ad Anversa (foto Billiani)

Agostinacchio, il metro di paragone

La vittoria di Agostinacchio, come anche le altre medaglie, hanno per il cittì una funzione ulteriore rispetto al prestigio riscosso.

«Io ho in loro un metro di paragone. Se un atleta arriva vicino a Mattia so che a livello internazionale può avere un certo livello di competitività, perché parliamo del campione europeo e questo mi aiuta nella mia lettura della situazione. Tenendo però sempre presente che ogni gara ha la sua storia. Io comunque sono convinto che faremo bene anche nel resto della stagione e per la sua parte finale penso che avremo anche qualche bella sorpresa fra le under 23, dove mi aspetto qualche recupero in base ai contatti che ho».

Pontoni: la Coppa di Viezzi è un trionfo di tutti

31.01.2024
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In queste ore Daniele Pontoni e il suo gruppo azzurro stanno prendendo le misure di un mondiale, quello che si svolgerà da venerdì a Tabor in Repubblica Ceca, dove la squadra azzurra parte con molte ambizioni, avendo di fatto scarse chance solo nelle due prove Elite (almeno a livello di podio, perché la Casasola ha tutte le carte in regola per un piazzamento di prestigio). Gli azzurri sono arrivati oggi sull’onda dell’entusiasmo scaturito dal trionfo di Stefano Viezzi in Coppa del Mondo, considerando che un azzurro vincitore di una challenge internazionale nel ciclocross mancava ormai dal secolo scorso.

Quella del friulano è stata una cavalcata lunga, difficile, a tratti sconfortante ma proprio per questo esaltante ed è singolare che il suo successo sia arrivato quasi in contemporanea con quello di Sinner dall’altro capo del mondo. Se il tennista altoatesino ora è sulla cima assoluta del mondo, Viezzi ci può arrivare, continuando su questa strada, ma sempre con le stimmate del vincente.

Pontoni e un selfie per festeggiare la vittoria e la conquista definitiva della maglia
Pontoni e un selfie per festeggiare la vittoria e la conquista definitiva della maglia

Daniele, al suo fianco per tutta l’avventura, riassapora attraverso il suo giovane pupillo ricordi della sua grande carriera, ma la sua mente è tutta proiettata verso l’attualità: «Quello di Stefano è stato un trionfo a lungo cercato, inseguito, voluto con tutte le forze. Insieme a lui abbiamo lavorato per molte settimane, è stato un vero successo di squadra con uno staff affiatato e l’importante contributo del team performance. Stefano però ci ha messo tanto di suo, nel modo di affrontare la stagione».

Questa Coppa è diventata un target per tutto il movimento…

Dopo la vittoria nelle prime due tappe non poteva essere altrimenti. A Dublino non era previsto che andassimo, ma la situazione di classifica imponeva la sua e quindi la nostra presenza. E’ stato un cammino difficile, nel quale abbiamo spesso dovuto apportare correttivi anche perché non abbiamo mai perso di vista altri obiettivi che potevano essere il campionato italiano e quello mondiale.

Viezzi ha vinto le tappe di Troyes, Dublino e Hoogerheide, più finora altre 7 gare (foto Ricardo Esteve)
Viezzi ha vinto le tappe di Troyes, Dublino e Hoogerheide, più finora altre 7 gare (foto Ricardo Esteve)
Una vittoria tecnica o di carattere?

Entrambe, sono due componenti fondamentali. Mi piace pensare in questo momento all’europeo dove solo la sfortuna l’ha privato di un podio meritatissimo. Una settimana dopo trionfava in Coppa, questo significa che dentro, Viezzi ha una straordinaria forza d’animo, quella dei campioni. So che Stefano con quella maglia non è per nulla appagato, anche i 10 giorni di ritiro che abbiamo effettuato in Spagna sono stati fatti pensando principalmente alla gara iridata di domenica.

Tu, dopo la tappa di Benidorm e il sorpasso di Sparfel, eri rimasto comunque ottimista sull’esito finale della challenge. Da che cosa derivava il tuo pensiero?

Conosco troppo bene Stefano, so quanta voglia ci mette ogni volta. Lì era stata la sfortuna a penalizzarci ed ero convinto che avrebbe tirato fuori una grande prestazione proprio come aveva fatto in Francia dopo la gara continentale. Sapeva che doveva fare una gara d’attacco, che doveva evitare di farsi imbrigliare dalla ragnatela francese con tanti compagni al fianco di Sparfel. Dopo il primo giro ha visto che si era formato un buco e ha insistito. Tatticamente ha compiuto una gara ineccepibile, rompendo gli schemi e non sbagliando nulla. Ma vorrei sottolineare che anche gli altri ragazzi hanno corso bene, lottando per la Top 10, mi spiace solo per l’infortunio di Serangeli costretto a chiudere anzitempo la stagione e per la brutta giornata di Agostinacchio.

Per il friulano il mondiale ha un sapore particolare, dopo la beffa del 4° posto europeo
Per il friulano il mondiale ha un sapore particolare, dopo la beffa del 4° posto europeo
Ora però Viezzi dovrà partire a Tabor con il ruolo di favorito. Tu che hai grande esperienza diretta al riguardo, come si gestisce tanta pressione?

Di questo non mi preoccupo, Stefano è un ragazzo di poche parole, che sa cosa vuole ed è molto attento a tutto, dai materiali alla tattica. Poi chiaramente ci confrontiamo e ci confronteremo fino agli ultimi minuti prima della partenza. La vittoria in Coppa dà forza, è sicuro, ma domenica, sulla linea di partenza, tutto verrà azzerato e questo vale per tutti, anche per lo stesso Van Der Poel nella gara elite. Chi corre lo sa bene…

Sparfel è lo spauracchio?

Magari fosse solo lui… Un po’ tutta la Francia è da tener d’occhio, ma anche il ceko Bazant: proprio per esperienza so che quando i corridori boemi gareggiano in casa danno il 200 per cento, hanno qualcosa in più, poi ci sono Solen e Mouris dell’Olanda, Van Den Boer del Belgio e non dimentichiamo gli Usa che avranno la compagine più numerosa con ben 7 corridori.

La Venturelli, divisa fra pista e ciclocross, vuole riscattare la beffa del 4° posto juniores del 2023
La Venturelli, divisa fra pista e ciclocross, vuole riscattare la beffa del 4° posto juniores del 2023
Viezzi. E poi?

Abbiamo una bella squadra, con 15 elementi tutti in grado di far bene, con la Venturelli con la quale abbiamo lavorato di comune accordo con Villa e la supervisione di Amadio per averla in forma qui. Casasola e Bertolini hanno recuperato dagli ultimi acciacchi, la squadra è forte e compatta e lo vedremo già venerdì con il team relay, dove puntiamo a una medaglia e sapete quanto tenga a quella gara, quella che davvero rappresenta la forza di un movimento.

Ferri, giovane regina dei tricolori e speranza del cross

23.01.2024
5 min
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Lo scorso ottobre ha compiuto sedici anni e sta continuando a crescere in fretta, ma non sembra accusare troppo il salto di categoria da allieva a junior. Tra ciclocross, Mtb e strada, Elisa Ferri è uno dei simboli moderni della multidisciplinarietà.

Andando in ordine cronologico, domenica nella prova di Coppa del Mondo di ciclocross a Benidorm ha chiuso al settimo posto, risultando la prima tra le atlete nate nel 2007. Un dato ininfluente per la classifica, ma importante per il proprio morale, già alto da un paio di settimane. A Cremona infatti Ferri aveva conquistato agevolmente il campionato italiano di cross (suo ottavo tricolore complessivo nel fuori strada), rispettando il pronostico che ci aveva anticipato il suo team manager Alessandro Guerciotti. All’orizzonte per la giovane di San Giovanni Valdarno – che frequenta il liceo scientifico-sportivo a Montevarchi – ci sono gli ultimi impegni prima di concentrarsi su strada e Mtb. Ne abbiamo parlato con lei durante il ritiro proseguito in Spagna con la nazionale.

Tricolore pronosticato. Ferri festeggiata sul podio da Paolo Guerciotti sotto lo sguardo del cittì Pontoni (foto De Negri)
Tricolore pronosticato. Ferri festeggiata sul podio da Paolo Guerciotti sotto lo sguardo del cittì Pontoni (foto De Negri)
Elisa, ti aspettavi il risultato di due giorni fa?

Onestamente no. Al mattino durante il riscaldamento sui rulli non sentivo di avere una gran gamba e infatti mi ero già immaginata che tipo di gara fare. Invece appena sono partita ho avvertito subito ottime sensazioni. Ho cercato di restare davanti più che potevo e tenere duro nei tratti più difficili. Alla fine sono molto contenta del mio risultato.

Una bella iniezione di fiducia per l’ultima prova di Coppa e per il mondiale, giusto?

Sì certo. Adesso con la nazionale rimaniamo nella zona di Benidorm per rifinire la condizione sfruttando il clima, poi andremo direttamente in Olanda. A Hoogerheide non so che gara uscirà, però vado su con l’idea di ripetere la prova di Benidorm con qualche consapevolezza in più. Per quanto riguarda il mondiale invece non so ancora nulla. Dovrei partecipare, ma non ho ancora ricevuto la convocazione, quindi non posso sbilanciarmi.

Facendo cross in pratica non hai avuto il tempo di assorbire il passaggio di categoria. Come ti stai trovando?

Alle prime gare ho sentito tanto il salto da allieva a junior, però credo che fosse solo una questione mentale. Sono stati mesi che mi sono serviti per imparare tanto. Ho visto che se mi alleno come devo, posso stare più a lungo con le ragazze più grandi, visto che spesso corro con le elite nelle gare internazionali. Adesso sto sfruttando le mie doti tecniche.

Cioè?

Sono abbastanza brava nel guidare la bici e altrettanto veloce nei passaggi più complicati, però devo allenare di più la gamba, per avere più potenza e spingere maggiormente.

La disciplina preferita di Ferri è la Mtb. L’obiettivo è entrare nel giro azzurro (foto instagram)
La disciplina preferita di Ferri è la Mtb. L’obiettivo è entrare nel giro azzurro (foto instagram)
Ti aspettavi una stagione del genere?

No sinceramente. Sin da piccola ho sempre cercato di arrivare a questi livelli perché ci credevo tanto. Come dicevo prima, la differenza è stata la testa. Avere un sogno davanti ti stimola a volerlo realizzare in fretta e nel miglior modo possibile. Ne avevo vinte altre in passato tra cross e Mtb, ma devo dire che la maglia tricolore di Cremona mi ha dato una grande soddisfazione in questo finale di stagione.

Elisa Ferri come è arrivata a correre in bici?

Il ciclismo è una questione di famiglia. Mio padre faceva downhill e fu lui ad introdurmi nel mondo delle bici. Inizialmente non mi piaceva, poi poco per volta mi sono appassionata. Avevo come riferimento mio fratello Tommaso, che ha tre anni in più di me e che corre anche lui. Quando ero più giovane uscivamo assieme in bici e quando lo vedevo scappare in salita, cercavo in tutti i modi di andarlo a riprendere o di non farmi staccare di troppo. E’ stato uno stimolo per me. Se penso agli inizi, ora amo andare in bici (dice sorridendo, ndr).

Sul traguardo di Cremona, Ferri indica otto con le mani, come i titoli italiani: cinque nel cross e tre nella Mtb (foto De Negri)
Sul traguardo di Cremona, Ferri indica otto con le mani, come i titoli italiani: cinque nel cross e tre nella Mtb (foto De Negri)
In effetti sei impegnata su più fronti. Cosa preferisci?

Nel ciclocross mi diverto ed è una attività ottima per mantenere sempre una buona condizione. I risultati poi aiutano e ti stimolano a migliorare Su strada corro con la Zhiraf-Guerciotti e almeno per quest’anno da primo anno junior non penso che correrò tanto. Le gare che farò saranno come allenamento e preparazione per la Mtb. E’ quella la mia disciplina preferita, dove corro con la Vallerbike. L’obiettivo a breve termine è il campionato italiano, quello a lungo invece è cercare di entrare nel giro della nazionale. Di sicuro cercherò di fare tutte e tre le disciplina finché potrò, poi vedremo quando e se dovrò prendere una decisione.

Pidcock a Van der Poel: faremo i conti in mountain bike

22.01.2024
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BENIDORM (Spagna) – La stagione del cross di Tom Pidcock si è conclusa ieri nel Parco El Moralet y Foietes, con il nono posto a 27 secondi da Van Aert. A un certo punto, ci ha anche provato, ma a due giri dalla fine si è accesa la riserva e ha dovuto alzare bandiera bianca.

Forse perché consapevole di non poter lottare per la vittoria della prova spagnola di Coppa del mondo, sabato pomeriggio il britannico è sceso dal pullman mangiando una banana e si è concesso ai tifosi e ai giornalisti con una disponibilità vista raramente in precedenza.

Blackout dopo Natale

Sul volto portava ancora i segni della caduta prima di Natale, con un cerotto sul naso e l’occhio ancora un po’ nero, ma le sensazioni ora sono buone, come Tom stesso ha confermato.

«Sono di nuovo in salute – ha detto – e mi sento forte sulla bici. Questo è ciò su cui mi sono concentrato nelle ultime settimane. Dopo Natale non mi sentivo me stesso. Si correva un giorno sì e un giorno no e in quello di mezzo non riuscivo a spingere. Dovevamo fare lavori dietro moto a 50-60 all’ora, ma io non riuscivo ad andare oltre i 40. Ho parlato con altre persone, che non stavano realmente male, ma si sentivano deboli. Non so se sia stato Covid o che cosa. Così ci siamo presi un po’ di tempo e adesso mi sento finalmente meglio».

Fra i grandi del cross mondiale, Pidcock è stato il solo a provare sabato il percorso di Benidorm
Fra i grandi del cross mondiale, Pidcock è stato il solo a provare sabato il percorso di Benidorm

Un mese in Spagna

Il Team Ineos Grenadiers inizierà il suo ritiro in ritardo rispetto agli altri: l’appuntamento, come detto qualche giorno fa da Puccio, è per domani. A quel punto il cross sarà una porta chiusa che si riaprirà fra un anno e par di capire, sentendolo parlare, che l’impossibilità di lottare per la vittoria renda la partecipazione meno interessante. Divertente in sé, ma senza la prospettiva che mette il sale in ogni sfida sportiva.

«Mi aspetta un mese di ritiro qui in Spagna – ha poi spiegato Pidcock – in vista della stagione su strada. Inizierò in Algarve (14-18 febbraio, ndr) e farò un programma simile a quello dell’anno scorso, ma con i Paesi Baschi al posto delle classiche del pavé. Prima farò la Strade Bianche, la mia corsa preferita e averla vinta aggiungerà un po’ di pressione. Poi la Tirreno cercando di non avere una commozione cerebrale (sorride, pensando alla caduta e al ritiro dell’ultima tappa 2023, ndr) e la Sanremo».

«Van der Poel gioca in un campionato tutto suo», dice Pidcock che come Van Aert si è spesso arreso
«Van der Poel gioca in un campionato tutto suo», dice Pidcock che come Van Aert si è spesso arreso

Il mondiale di cross

Esiste davvero un fattore Van der Poel che condiziona i rivali al punto di tenerli lontani dal cross e li costringe ad alzare l’asticella su strada, sapendo che lo ritroveranno anche lì? Questo Pidcock non l’ha detto, ma è un fatto che né lui né Van Aert andranno al mondiale di Tabor.

«Il fatto di non correre il mondiale di ciclocross – ha risposto – fa una differenza enorme rispetto alla stagione su strada. Il mondiale non è gratuito. Non posso semplicemente presentarmi e arrivare quinto o decimo, come se niente fosse. Se partecipi ai campionati del mondo, devi rispettarli e dare il 100 per cento. E se si corre nel primo fine settimana di febbraio, allora porti via qualcosa dalla stagione su strada. Però non mi pesa così tanto. Il mio obiettivo era vincerlo una volta e l’ho fatto. Perciò tornerò quando ne avrò davvero voglia».

Nel 2023 Pidcock ha vinto la prova di Coppa del mondo di Namur: unico successo della stagione del cross
Nel 2023 Pidcock ha vinto la Coppa del mondo di Namur: unico successo della stagione del cross

La MTB è diversa

Dopo la primavera, la stagione proseguirà verso il Tour e le doppie Olimpiadi: su strada e in mountain bike. E a Parigi, Pidcock troverà sulla sua strada nuovamente Mathieu Van der Poel che al momento sta portando via il divertimento dal suo inverno, ma che nella mountain bike ha dovuto chinare il capo più di una volta.

«L’unica opzione per andare bene alle Olimpiadi – ha spiegato ancora – è quella di partecipare al Tour al 100 per cento e di uscirne nella migliore forma. So che sicuramente sarà difficile, ma non vorrei dovermi ritirare prima. Voglio arrivare a Nizza e poi andare a Parigi, non ho scelta. Van der Poel? Quest’inverno è di un altro livello, è stato impressionante, ha giocato in un campionato tutto suo: non c’è molto altro da dire. Però penso che la mountain bike sia un’altra storia. E’ una disciplina diversa ed è da qualche anno che non si allena adeguatamente, quindi penso che sarà tutto da capire».

Nella gara di ieri a Benidorm, Pidocock è stato anche in testa, ma negli ultimi due giri ha pagato pegno
Nella gara di ieri a Benidorm, Pidocock è stato anche in testa, ma negli ultimi due giri ha pagato pegno

Sbagliando s’impara

E il Tour? La sua squadra era così abituata a vincerlo, che sembra impossibile non abbia un corridore che dia garanzie contro Vingegaard e Pogacar. Bernal e Thomas sono all’altezza oppure è giusto aspettarsi qualcosa anche da Pidcock?

«Il Tour è un obiettivo – ha annotato – ma bisogna essere realistici e io andrò in Francia sapendo quello che potrò ottenere. Aver vinto l’Alpe d’Huez ha portato via un po’ di pressione, ma resta il fatto che l’anno scorso sono arrivato senza particolari ansie e non è cambiato molto. Credo che sia stato a suo modo importante. Non ho portato a casa nulla, ma ho imparato molto. Secondo me impari molto più quando fallisci di quando vinci».

Benidorm incorona Van Aert, primo senza la sella

21.01.2024
6 min
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BENIDORM (Spagna) – Vince Van Aert, anche senza la sella. Van der Poel è caduto e in un battito di ciglia siamo stati costretti a immaginare un’altra storia. Eravamo tutti pronti a coniare nuovi aggettivi per descrivere lo strapotere dell’iridato. Anche lui al mattino era parso fiducioso e leggero, quasi abituato alla vittoria senza troppo contraddittorio. Ha raggiunto il circuito in bici, facendo 40 chilometri dall’hotel. Ha provato per il tempo a disposizione. E quando si è schierato al via della tredicesima e penultima prova di Coppa del mondo, era così bianco, splendente e grosso, che nessun dubitava potesse centrare l’undicesima vittoria consecutiva.

Eravamo tutti così pronti che adesso, davanti al gigantesco Wout Van Aert vincitore (in apertura, sul podio con Vanthourenhout e Nys), viene da pensare che abbiamo fatto bene a scegliere Benidorm. Il belga per di più, come dicevamo, ha vinto senza la sella, volata via per un colpo dato dallo stesso Wout nella ripartenza dopo la caduta del finale. Ma riavvolgiamo il nastro.

Van Aert è partito indietro. Ha impiegato quasi tre giri per tornare davanti, mentre alle sue spalle andava in scena l’ancor più inquietante rimonta di Van der Poel. E quando sono tornati insieme è parso che Mathieu volesse farne polpette, con un paio di accelerazioni spaventose nel tratto di salita in cemento. Poi qualcosa è cambiato.

Sedicimila paganti

Raggiunti nel frattempo da Pidcock, i due hanno rallentato. Da dietro sono iniziati i rientri. E forse proprio il repentino aumento del… traffico al penultimo giro ha provocato la caduta di Van der Poel. Van Aert, che in quel momento aveva il suo bel da fare per seguire le accelerazioni di Vanthourenhout, ha colto l’occasione ed ha accelerato con tutte le gambe che gli erano rimaste. E alla fine a Benidorm ha vinto lui, così simile nei modi a Bugno, che a neanche un chilometro da qui vinse il mondiale del 1992.

«All’ultimo sono stato anche fortunato – dice – ma sentivo delle buone gambe ed è stata una battaglia serrata. Ci sono stati alcuni incidenti per i materiali (il riferimento è proprio alla sella volata via, ndr) ed è un peccato che nel finale non si sia arrivati ad una vera e propria resa dei conti. Ho dovuto mantenere la calma per cercare di contrastare Mathieu, quindi sono felice di questa vittoria. E’ davvero bello essere qui e sentire la passione di tutto il pubblico (l’organizzazione ha dichiarato oltre 16.000 spettatori paganti, ndr). Sono particolarmente orgoglioso di vedere tutti i tifosi spagnoli assistere a questa gara. Ho la sensazione che provengano da ogni parte del Paese e quando ho iniziato a fare ciclocross professionistico 10 anni fa, non avrei mai immaginato un evento come questo. Oggi resta una di quelle gare cui sono orgoglioso di aver preso parte».

Il numero 13

Van Aert in apparenza non si fascia la testa quando non vince, ma certo stasera appare molto più leggero del solito. Racconta che il ritiro della squadra è finito, ma che lui si fermerà ancora una settimana con la famiglia per allenarsi al caldo.

«Ora mi aspettano alcuni allenamenti importanti – spiega Van Aert – le prime gare su strada sono dietro l’angolo e ci arrivo con un buon morale. La vittoria è sempre dolce, è il motivo per cui corriamo. Ma soprattutto quello che mi è piaciuto di oggi è stata la sensazione di avere buone gambe. Uno dei miei obiettivi era avere un buon feeling durante tutta la gara e concludere la stagione del cross con una bella prestazione, quindi sono particolarmente felice. La salita era il baricentro della gara e sono contento di aver avuto gambe migliori di un paio di settimane fa.

«Peccato per quella caduta finale, sono stato goffo. Ho pensato di essere prudente. Mi sono detto di non saltare più le travi in bici, ma di farle a piedi così non avrei sbagliato. Invece sono volato a terra e quando sono ripartito mi sono accorto di non avere più gli occhiali né la sella e non è stato facile pensare di sedersi. Avevo il numero 13 e sono piuttosto superstizioso: quando l’ho visto ho alzato gli occhi al cielo. Quell’ultimo minuto è costato qualche anno della mia vita».

Van der Poel filosofo

E mentre Van Aert sorride per aver rischiato di finire rimontato e beffato come Paperino, Van der Poel la prende con filosofia. In alcuni tratti di gara ha dimostrato di essere ampiamente il più forte, ma questa volta la sfortuna ci ha messo lo zampino.

«Ho colpito un palo con la spalla – racconta Mathieu – e sono caduto. E’ stato un brutto momento. Ho capito che la gara era finita. Già avevo dovuto fermarmi in una delle prime curve per rimettere la catena che era scesa, ma dopo la caduta, non c’era più terreno per recuperare. Ci avevo provato. Ho attaccato in salita, ma non era abbastanza dura per staccare un corridore come Van Aert. Erano solo 15 secondi di sforzo, poi il resto era abbastanza facile e poco tecnico. Avevamo visto anche l’anno scorso che qui è super difficile fare la differenza. Sapevo che un giorno sarebbe finita, non puoi vincere sempre. Sono felice di come mi sono sentito, anche se in realtà non ero molto fresco, ma penso che sia normale dopo due settimane di allenamento. Ma in fondo lo sapevo: ho scelto di essere al meglio fra due settimane. Ai mondiali!».

Un salto di catena e la Coppa si allontana, ma Viezzi non molla

21.01.2024
4 min
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BENIDORM (Spagna) – Quando sembra tutto fatto, gli salta la catena nel tratto di discesa che porta di nuovo verso l’arrivo e Viezzi si ritrova a pedalare come sul monopattino verso il box. Prova spagnola di Coppa del mondo, sono partiti alle 9,30. Era tutto perfetto, con la corsa dell’azzurro a ruota del francese Sparfel in maglia di campione europeo. C’era da difendere il primato in classifica generale, invece adesso i punti che li dividono sono 15. I francesi che avevano mandato in fuga Simon Jules l’hanno fatta alla perfezione. Quando si sono accorti che Viezzi era attardato, Sparfel ha attaccato e il fuggitivo ha frenato. Tappa e maglia, però manca ancora la prova di Hoogerheide: l’ultima.

«L’avrei fatto anch’io – commenta il cittì Pontoni poco dopo l’arrivo – loro hanno sei corridori forti e possono permettersi di giocarsela così. Noi abbiamo avuto Agostinacchio che purtroppo non è mai riuscito a agganciarsi al gruppo dei migliori, però anche lui ha fatto una buonissima prova. Come penso tutti gli altri ragazzi. Sparfel è più forte di noi e nella sfortuna Viezzi è stato anche fortunato, perché ha avuto quel problema vicino ai box. Ci giocavamo tutto sul limite dei punti e oggi ne ha persi parecchi. Però non è finita ancora, conoscendolo so che ha voglia di riscattarsi. Se a Hoogerheide Stefano vince e l’altro fa terzo, la Coppa la vince ancora lui. Siamo ancora in gioco e accettiamo il risultato del campo, perché questo bisogna fare. Il ragazzo dice che aveva buone sensazioni, poi analizzeremo tutto con più calma. Non eravamo tanto euforici prima, non dobbiamo essere abbattuti adesso».

Sparfel è rimasto tranquillo fino all’ultimo giro, seguito dal belga Van den Boer
Sparfel è rimasto tranquillo fino all’ultimo giro, seguito dal belga Van den Boer

La trappola francese

Subito dopo il traguardo, Viezzi si è fermato accanto ai due massaggiatori della nazionale fermi dopo le transenne. Nel cross sul rettilineo non li lasciano andare: il ciclismo ha specialità diverse e regole diverse, inutile farsi troppe domande.

«Stavo bene – dice commentando il finale – sapevo che potevo dare tutto all’ultimo giro, ne avevo ancora. Però peccato, mi è caduta la catena. Il treno dei primi è andato via e lì mi sono giocato la maglia. Però le sensazioni sono buone, penso alla prossima settimana. Sapevo che i francesi potevano fare gioco di squadra, erano tre o quattro molto forti, però non mi preoccupavo troppo. Io dovevo pensare solo al campione europeo che era secondo in classifica, dovevo marcare lui».

Si va verso la montagnetta al penultimo giro: Viezzi in scia al francese: la sfortuna sta per abbattersi
Si va verso la montagnetta al penultimo giro: Viezzi in scia al francese: la sfortuna sta per abbattersi

Il salto di catena

Quando sembra tutto fatto, gli salta la catena nel tratto di discesa che porta di nuovo verso l’arrivo e Viezzi si ritrova a pedalare come sul monopattino verso il box.

«Tanta sfiga – dice con altrettanta amarezza – non ero riuscito a partire bene e qua la partenza era fondamentale. Poi però con calma ho recuperato e sono riuscito a tornare sotto. Ero lì, me la sarei potuta giocare. Però la prossima settimana ci si riprova. A Hoogerheide, sullo stesso percorso dei mondiali 2023, provo a dare tutto quello che ho e speriamo di riuscire a portarla a casa. Qui sapevo che il percorso poteva fare per me, però oggi ho avuto un po’ di sfortuna. Vabbè, pensiamo alla prossima…».

Un atleta da scopire

Pontoni se lo mangia con gli occhi, mentre gli altri ragazzi sciolgono le gambe sui rulli. Viezzi ha abbassato la parte alta del body UCI, che a dirla tutta è davvero brutto e fa rimpiangere i colori della vecchia maglia di Coppa del mondo. I due sono della stessa zona. E mentre si ragiona sul suo futuro, partendo da quello di Toneatti che è sparito dal cross e ha avuto sfortuna su strada, il tecnico azzurro è chiarissimo.

«Credo che avrà l’imbarazzo della scelta – dice – ma lui sa già dove vuole andare. Gli manca di imparare bene l’inglese, ma ha già detto che fino al mondiale di cross di certe cose non parla. Farà la stagione su strada con Levorato alla Work Service e poi deciderà. Ha iniziato ad allenarsi sul serio da un anno e poco più. Va ancora a funghi e a camminare in montagna, è completamente integro. Guardatelo, se ne è già fatto una ragione. Ma ci scommetto che già pensa a come riprendersi quella maglia».

Viezzi, dopo il tricolore obiettivo su Coppa e mondiale

19.01.2024
4 min
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CREMONA – Tre settimane da raccontare, parafrasando il titolo di una canzone degli anni settanta. Le prossime potrebbero essere così per Stefano Viezzi, chiamato al rush finale negli appuntamenti più importanti della sua grande annata di ciclocross.

Dopo il campionato italiano vinto a Cremona (nono successo stagionale), lo junior udinese di Majano ha nel mirino la generale di Coppa del Mondo e il mondiale di categoria. Viezzi correrà questa domenica a Benidorm, poi quella successiva in Olanda ad Hoogerheide cercando di conservare la leadership e amministrare il vantaggio di sei lunghezze sul campione europeo Aubin Sparfel.

Infine il 4 febbraio chiuderà il suo mini-tour europeo volando a Tabor in Repubblica Ceca per la rassegna iridata. Per l’azzurro della DP66 non sarà una chiusura qualunque visto che il giorno dopo il mondiale compirà diciotto anni.

Andiamo a capire quindi le mire di Viezzi a brevissimo e lungo termine.

Nella gara juniores, prima maglia tricolore per Stefano Viezzi, l’uomo di Coppa del mondo
Nella gara juniores, prima maglia tricolore per Stefano Viezzi, l’uomo di Coppa del mondo
Stefano che effetto ti ha fatto il tricolore vinto a Cremona?

E’ stata una bellissima sensazione, è la mia prima maglia di campione italiano. Finalmente sono riuscito a vincerla, è stato un gran bel risultato. Adesso ho altri tre appuntamenti che mi attendono e che sono un po’ più importanti. Le due prove di Coppa del Mondo e il mondiale.

Restando al campionato italiano, i tuoi avversari sul podio ti hanno definito il migliore al mondo. Cosa ne pensi?

Li ringrazio, anche se ogni gara ha una storia a sé, può andare bene o male. Personalmente avevo una buona gamba, ma ho avuto un po’ di sfortuna all’inizio. Mi è caduta la catena e questo inconveniente poteva buttarmi fuori dai giochi, però ho rimediato subito perché ero a centro metri dal box. Non ho perso tanto tempo. Più sfortunato invece, e mi spiace per lui, il mio compagno Fabbro che ha rotto la bici mentre era primo.

A livello climatico hai fatto le prove generali per Tabor?

Esattamente. So che in Repubblica Ceca c’è la neve. E’ sempre meglio testarsi un po’. A Cremona ho cercato di capire come potrebbe essere lassù. Aver corso alle 9 del mattino col gelo mi ha dato qualche indicazione. Sarà una gara particolare e spero di fare bene.

Risultati alla mano, quanto è alla tua portata una medaglia al mondiale?

Sicuramente so cosa posso fare e l’ho già dimostrato. Adesso sono arrivato lì, a quel livello, e devo capire come stanno gli altri. Lo capirò in queste due settimane, con le due prove di Coppa del Mondo a Benidorm e Hoogerheide. L’obiettivo naturalmente è arrivare in condizione al mondiale, però prima cercherò di portarmi a casa la maglia della generale. Centrare questo primo traguardo sarebbe poi uno grande stimolo per Tabor.

Viezzi oltre a ciclocross e strada, corre anche in Mtb. Quest’anno dovrà capire come gestire gli impegni (foto Biliotti)
Viezzi oltre a ciclocross e strada, corre anche in Mtb. Quest’anno dovrà capire come gestire gli impegni (foto Biliotti)
In futuro cosa prevedi per te?

Vorrei continuare a fare ciclocross, conciliando la strada nella stagione estiva. Spero di non avere troppi impedimenti in generale. Quest’anno correrò nella Work Service, che fa un’ottima attività, quindi mi sento sereno sotto quel punto di vista. Ogni tanto penso a ciò che potrei fare su strada, ma ora voglio coltivare bene il cross.

In relazione ai risultati internazionali che hai ottenuto, ti sono arrivate proposte per quando passerai U23?

Sì, ne è arrivata più di una. Sono arrivate dall’estero per la strada ed anche per il ciclocross, ma preferisco non dire nulla di più. La tendenza adesso è quella di andare fuori per entrambe le discipline. In futuro non mi dispiacerebbe uscire dall’Italia perché è una bella crescita. Nel ciclocross ad esempio sono totalmente diverse le gare al Nord. Lassù sei sempre al top. Quasi tutti i corridori vincenti sono lì e puoi confrontarti continuamente con loro. Questo ti aiuta tanto a migliorare. Mi fanno piacere queste proposte, ma dovrò valutare con calma se ne varranno la pena.

Alzando il livello, la gestione psicofisica delle due attività ti spaventa?

Per il momento no, perché non si sovrastano molto l’una con l’altra. Si possono fare entrambe le stagioni senza problemi. Anche grazie alle squadre che lasciano più libertà, rispetto invece all’attività estiva di Mtb. Sicuramente stare sempre sul pezzo può diventare stancante dal punto di vista mentale col passare del tempo. Adesso si cavalca l’onda sfruttando anche un po’ la freschezza della mia età (sorride, ndr) e perché ci sono i risultati. Tuttavia so già che ci saranno stagioni in cui bisognerà per forza fermarsi per rifiatare e rendere al meglio. Ma questo lo vedrò più avanti.

Dopo la stagione nel Team Tiepolo, nel 2024 Viezzi correrà con la Work Service (foto instagram)
Dopo la stagione nel Team Tiepolo, nel 2024 Viezzi correrà con la Work Service (foto instagram)
Ti ispiri a qualche corridore in particolare?

Il mio idolo è Van der Poel. Fisicamente siamo simili. Sono appena più alto di lui, ma lui è più largo di me (ride, ndr). Naturalmente devo ancora crescere, quindi qualche chilo in più di muscolatura, anche nella parte alta, dovrò metterlo.

Quali sono invece le caratteristiche su strada di Stefano Viezzi?

Mi considero un passista-scalatore. Attorno a casa mia le salite non mancano. Sia lì che in pianura posso svolgere bene i lavori dei programmi di allenamento.

Chiuso il Regioni, Scotti rilancia con grandi progetti

08.01.2024
5 min
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Su un inedito percorso disegnato nel parco del Divino Amore a Roma, si è conclusa la seconda edizione sperimentale del Giro delle Regioni di ciclocross. Attenzione all’aggettivo perché ha un forte peso nel progetto di Fausto Scotti, che chiude la sua stagione di impegni organizzativi e già si proietta verso un nuovo anno che si prospetta ricchissimo di sorprese.

Dopo le grandi sfide del Giro d’Italia, Scotti ha messo su due confronti nazionali, prima a Gallipoli in Puglia e poi a Roma, lasciando però da parte il tradizionale teatro delle Capannelle per scegliere un nuovo approdo: «Quando si fanno queste scelte si sa bene a che cosa si va incontro – afferma l’ex cittì della nazionale – avevamo un percorso tutto nuovo da disegnare, strutture da studiare e con il tempo che abbiamo avuto, con il fango che si è creato è venuto fuori un ciclocross di stampo belga. E’ un teatro ideale per un grande evento, dove c’è tutto anche se una struttura come Capannelle, dove tutto è davvero nello spazio di pochi metri, è molto più facilmente gestibile».

Grande giornata per la Cycling Café con le vittorie di Cominelli e Bulleri (foto Bit&Led)
Grande giornata per la Cycling Café con le vittorie di Cominelli e Bulleri (foto Bit&Led)
A conti fatti ti puoi ritenere soddisfatto dell’andamento della challenge?

Certamente sì, considerando che per il secondo anno consecutivo abbiamo potuto mettere in piedi un’edizione fortemente ridotta, solo due prove allestite soprattutto per dimostrare di esserci. In Puglia abbiamo avuto numeri leggermente inferiori alle nostre aspettative, ma a Roma sono arrivati in oltre 350 pur avendo il giorno prima un’altra importante prova nazionale in Friuli. Proprio il problema delle concomitanze è ormai improcrastinabile per la federazione. Non si possono dare concessioni di calendario nazionale a 50 gare quando solo un terzo rispettano davvero tutti i dettami e soprattutto non si può continuare su questa strada delle concomitanze che penalizzano tutti.

Che prospettive ci sono per questo circuito?

Molto buone perché già ho ricevuto richieste e penso che il prossimo anno avremo intanto due nuove prove, in Basilicata e Campania. Perché funzioni servono però soldi e infatti siamo in contatto con due grandi sponsor che hanno mostrato interesse, se entreranno potremo davvero mettere in pratica le nostre idee. Ma noi guardiamo all’attività complessiva: basti pensare che per il Giro d’Italia abbiamo ricevuto 15 nuove richieste. I nostri progetti però vanno ben oltre…

Al Regioni erano presenti tutte le categorie con spazio anche per i più piccoli per avvicinarli al ciclocross (foto Bit&Led)
Al Regioni erano presenti tutte le categorie con spazio anche per i più piccoli per avvicinarli al ciclocross (foto Bit&Led)
A che cosa puntate?

Oltre alle challenge abbiamo due grandi idee. La prima è allestire un grande weekend a inizio 2025 legato ai Campionati Italiani giovanili, con 4 e 5 gennaio per le prove tricolori e il 6 gennaio per un evento internazionale, il tutto nel bellissimo teatro di Follonica nostro storico partner per il Giro d’Italia. Il secondo è ancora più ambizioso: vogliamo portare la Coppa del mondo a Torino.

Un colpo di scena. Da che cosa nasce?

Grazie all’esperienza e alla collaborazione del gruppo di Cantoira possiamo mettere su una struttura e un tracciato che saranno pienamente all’altezza del massimo evento internazionale a tappe. Ho già parlato con Flanders Classics e c’è grande disponibilità in merito anche perché ho presentato un progetto molto meno economicamente oneroso di quello di Vermiglio. Avremo bisogno dell’ok di Comune e Regione dove c’è grande sensibilità verso le due ruote, sperando che il Tour de France non assorba tutte le risorse ma diventi anzi un volano per nuove iniziative. Poi avremo bisogno di un grande sponsor con il quale condividere questa grande opportunità.

La prima tappa era stata a Gallipoli con la nazionale italiana al via, qui Elisa Ferri (foto organizzatori)
La prima tappa era stata a Gallipoli con la nazionale italiana al via, qui Elisa Ferri (foto organizzatori)
Torniamo al Giro delle Regioni. Agonisticamente che cosa hai trovato?

Io guardo sempre le gare con occhio molto tecnico e sono rimasto letteralmente elettrizzato soprattutto dalle gare giovanili. Ci sono ragazzini che hanno una tecnica impressionante, c’è un livello generale che è molto alto e se questi ragazzi trovassero strutture adeguate che permettessero loro di fare regolare attività avremmo veri fuoriclasse polivalenti. Per farli maturare serve però una struttura che attualmente il ciclismo non ha, per questo dico che andrebbe rivisto tutto il sistema, legato a concezioni ormai vetuste. Fra tutti segnalo un nome: Nicola Carrer, pugliese vittorioso fra gli Esordienti 1° anno, mi ha davvero impressionato.

E nelle categorie assolute?

Si vede che ormai siamo in piena atmosfera Tricolori, c’è stato un bello spettacolo. Nella gara principale ha vinto Cominelli che è in grande forma battendo Antonio Folcarelli che mi stupisce sempre, lui che al mattino si alza quando è ancora buio per lavorare al mercato, eppure se guardate bene è il più costante di tutti, non esce mai dai primi 5. Fra le donne ha trionfato la Bulleri, completando la grande giornata della Cycling Café ma dietro è emersa la lucana Dalila Langone, ancora junior eppure capace di far sua la classifica generale.

Il podio femminile con a sinistra Dalila Langone, prima nella classifica generale e sorpresa della challenge (foto Bit&Led)
Il podio femminile con a sinistra Dalila Langone, prima nella classifica generale e sorpresa della challenge (foto Bit&Led)
Ora che gli impegni agonistici sono finiti, che farà Fausto Scotti?

Si rimette subito a lavorare perché c’è già da impostare la nuova stagione e come si è visto di carne al fuoco ce n’è davvero tanta. Oltretutto mi stanno arrivando anche molte offerte dall’estero, per allestire gare e non solo, anche da grandi team professionistici. Insomma, non c’è tempo per fermarsi…