Quando si è trattato di scegliere il nome del successore di Sven Vanthourenhout alla guida della nazionale belga, il presidente federale Tom Van Damme ha puntato su Serge Pauwels. Si trattava di sostituire il tecnico vincitore dell’europeo con Merlier e con Evenepoel del mondiale di Wollongong su strada, quelli a crono di Glasgow e Zurigo e il doppio oro olimpico di Parigi. Eppure, nonostante abbia parlato anche con Philippe Gilbert, il dirigente belga alla fine ha scelto Serge Pauwels, un ex professionista che da qualche anno seguiva le nazionali giovanili e collaborava per i pro’ con il tecnico uscente. Una scelta fatta per coerenza tecnica e per risparmiare qualcosa.
«La visione della Federazione – ha spiegato il presidente – è più vicina a quella di Serge. Ci sono stati diversi colloqui, ma i candidati stessi erano piuttosto vaghi. Spesso non sapevano esattamente quale percorso volessero intraprendere, mentre internamente avevamo un candidato a pieno titolo. Il legame tra giovani e professionisti è diventato così importante che è necessario progredire. Abbiamo mantenuto questa linea».
Cosa succede da noi? Si dà per scontato che Bennati non sarà confermato. Chi lo sostituirà? Il tema è caldo. Le indiscrezioni di stampa si susseguono, ma resteranno tali fino al Consiglio Federale del prossimo fine settimana, quando si saprà finalmente tutto. Eppure i nomi emersi hanno stimolato alcune considerazioni, che annotiamo come contributo per la scelta: ammesso che servano e soprattutto che siano gradite.
Villa ai professionisti?
Si è letto di Marco Villa alla guida della nazionale dei professionisti e dello stesso tecnico della pista che negli ultimi tempi sarebbe apparso preoccupato. Lo hanno detto gli atleti che hanno avuto a che fare con lui. Se questa è la prospettiva che gli è stata offerta, la preoccupazione è legittima.
Villa è su pista quello che Vanthourenhout è stato su strada per il Belgio e dopo Parigi aveva già iniziato a pensare al 2028. Ha un bagaglio di conoscenze fuori dal comune e il carisma per imporle, mentre su strada si troverebbe a partire da zero nella gestione di atleti che hanno esperienze di gran lunga superiori alla sua. E’ un azzardo e certamente il modo per risparmiare sull’ingaggio di un tecnico esterno. Nasce dalla volontà di imporre un metodo di lavoro? E’ possibile, ma che metodo si può imporre ad atleti che gestisci per due corse all’anno, senza allenarli e discutendone al massimo i programmi con le squadre di appartenenza?
Il metodo Ceruti
Quando nel 1998 si trattò di sostituire Alfredo Martini alla guida della nazionale, il presidente federale Ceruti tentò una mossa analoga. Prese Antonio Fusi e lo gettò nella mischia. Il lombardo, che aveva guidato fino a quel momento juniores e under 23 con risultati esaltanti, non poté rifiutare l’incarico o ne fu allettato, per cui accettò.
Si disse che avrebbe portato il suo metodo di lavoro e in effetti provò a farlo. Solo che a un certo punto il professionismo lo respinse e rese impossibile il suo lavoro, che era fatto di programmazione e preparazione di atleti che si affidavano a lui in vista degli appuntamenti. Sta di fatto che dopo qualche dissapore e il mondiale di Plouay del 2000, la sua carriera si concluse per lasciare il posto a Franco Ballerini. Fusi tornò agli under 23 e a fine 2005 lasciò la Federazione.
Salvoldi alla pista?
Salvoldi al posto di Villa nella pista degli uomini ha una logica diversa e potrebbe funzionare. Dino è il tecnico degli ultimi record del mondo dell’inseguimento a squadre. I suoi juniores hanno fatto faville nelle gare loro riservate e costituiscono l’ossatura della nazionale che di qui a quattro anni lotterà per le Olimpiadi di Los Angeles. Villa è stanco e la FCI vuole rifondare il settore? Questa può essere la strada giusta.
Salvoldi è uno che studia e avrebbe tutto il tempo per crescere e farli crescere, provandoli nelle rassegne di ogni anno di qui al 2027. Fino ad allora Ganna, Milan, Consonni, Moro e gli altri corridori WorldTour saranno impegnati più su strada che in pista. Il suo problema con loro sarebbe infatti subentrare dopo anni di lavoro con Villa, in un rapporto personale che va oltre quello fra tecnico e atleta. Ma Dino è un tecnico vincente, forse il più vincente fra quelli d’azzurro vestiti e alla fine, dopo essersi annusati, anche i senatori riconoscerebbero il suo valore. A patto che lui sia in grado di dare risposte alle loro domande.
Bragato alla pista donne?
La pista delle donne andrebbe invece a Diego Bragato, attualmente responsabile del Team Performance della FCI. Si tratterebbe di ufficializzare un ruolo che il veneto svolge già da qualche anno, sotto la supervisione attenta di Villa. Avendo collaborato con Salvoldi quando guidava il settore femminile, Bragato ha le conoscenze e i rapporti personali per disimpegnarsi bene nel ruolo, ma dovrebbe probabilmente mettere da parte il suo ruolo di studio o quantomeno ridurre il suo impegno.
Velo alla strada donne?
Si è poi parlato di Marco Velo come tecnico per le donne, al posto di Paolo Sangalli che nel frattempo è approdato alla Lidl-Trek. Alle sue competenze si aggiungerebbe il controllo del settore crono, di cui il bresciano era già il referente unico per tutti i livelli della nazionale. Dopo tanto parlare dell’opportunità di avere per le donne un tecnico donna, sarebbe un chiudere la porta senza la sensazione che una donna per quel ruolo sia stata davvero cercata.
Riconoscendo a Velo la sua competenza, dovendo seguire donne elite e anche le junior, ci chiediamo se lascerebbe il ruolo in RCS Sport che lo impegna per la maggior parte della stagione.
Insomma, dalla necessità di trovare un rimpiazzo per Bennati (la cui colpa più grande è stata quella di aver detto qualche sì di troppo ed essere arrivato alla nazionale in anni di corridori incapaci di lasciare il segno) si andrebbe incontro a una rivoluzione. Restano da definire i tecnici di juniores e under 23 (ci sarà un ruolo per Mario Scirea?), come quelli per il fuoristrada. Non si sa se le ragioni della stessa discendano da esigenze tecniche ed economiche o da debiti elettorali, ma lo capiremo presto.
Sta di fatto che la struttura attuale funzionava e che, al netto di un paio di aggiustamenti nei rapporti fra i settori, potrebbe funzionare ancora. Sostituito il cittì dei pro’, il lavoro fluirebbe ancora bene. Siamo certi che un rimpasto di questo tipo sia ciò di cui il ciclismo italiano ha bisogno?