Honoré: «Sono contento di come abbiamo corso. Tutto o nulla!»

08.06.2025
5 min
Salva

La mente e i pensieri degli appassionati e degli addetti ai lavori sono ancora focalizzati sulla tappa di Sestriere. In particolare ricorrono le immagini della scalata del Colle delle Finestre, quella che fondamentalmente ha deciso l’edizione 108 del Giro d’Italia. Lo scatto di Yates, quando ancora si era lontani dalla cima e dall’arrivo di Sestriere, ha scombussolato i piani. Dietro Del Toro e Carapaz hanno giocato sulla forza dei nervi. Il risultato è che entrambi hanno perso l’occasione per vincere il Giro. 

Per capire cosa sia successo nell’ultima settimana della Corsa Rosa siamo andati da Mikkel Honoré. Il danese della EF Education-EasyPost ci racconta i pensieri all’interno della squadra americana, che per qualche giorno ha dato l’impressione di poter vincere il Giro con il loro capitano Richard Carapaz.

Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré
Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré

Prima salite e prime verità

Il Giro è andato avanti sui nervi fino al termine della seconda settimana. Archiviato il secondo giorno di riposo il gruppo ha affrontato il primo vero arrivo in salita: San Valentino. Una scalata che ha aperto qualche dubbio sulla tenuta della maglia rosa. Del Toro ha mantenuto il primato ma la sua leadership non è apparsa così solida come in precedenza. 

«Dopo il giorno di riposo – ci racconta Honoré mentre torna verso casa – Carapaz è stato bravo a capitalizzare quello che è stato il primo arrivo in salita. Ha messo tutti gli avversari al limite, complice anche il lavoro fatto dalla Ineos nei chilometri precedenti. Quel giorno siamo tornati al bus con un ritardo più che dimezzato dalla maglia rosa. Forse è mancata la tappa che potesse dare il colpo definitivo alla classifica».

Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Cosa intendi?

Sarebbe servito un altro arrivo in salita. In totale il Giro non ha visto molti arrivi di questo tipo, ne avrò contati tre: quello di Tagliacozzo, San Valentino e Champoluc. Ma una salita difficile come quella di San Valentino, nel finale, non c’è stata più. 

Credi sarebbe stato utile?

Per fare la differenza contro uno squadrone come la UAE direi di sì. Abbiamo provato a fare una tattica diversa sul Colle delle Finestre prendendolo di petto e facendo esplodere la corsa. Anche nella tappa del Mortirolo abbiamo attaccato, avevamo Steinhauser in fuga come appoggio. Carapaz è arrivato su di lui, ma poi dietro c’era la UAE con tre uomini più Del Toro. Ci eravamo accorti, durante la scalata del Mortirolo, che la maglia rosa non fosse proprio brillante.

Anche nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Guardando indietro c’è qualcosa che cambieresti?

Tatticamente siamo stati perfetti, per il tipo di squadra che avevamo e per il percorso abbiamo fatto il massimo. Non penso ci siano stati errori, ed è la cosa che mi rende più felice. 

Alla fine la differenza l’ha fatta il Colle delle Finestre e la tattica della UAE…

Ha vinto il più furbo, colui che ha fatto l’attacco giusto al momento giusto. Peccato per noi, ma penso che chi ha perso di più sia la UAE. Erano in maglia rosa e hanno visto sfumare il Giro. Magari Del Toro era al limite sul Colle delle Finestre, ma non penso vista la volata che ha fatto a Sestriere. 

Il momento dell’attacco di Simon Yates sul Colle delle Finestre, Del Toro e Carapaz esitano e il britannico vola verso la conquista del Giro
In squadra che sensazioni c’erano?

Noi eravamo convinti, io per primo, di avere il corridore più forte. Lo sapevamo dal primo giorno. Ero consapevole anche della forza di Del Toro, a chi mi chiedeva di dire i favoriti io rispondevo di non sottovalutare il giovane messicano. 

Quanto eravate preoccupati da Yates?

Se un corridore occupa il terzo posto al Giro d’Italia vuol dire che è forte. Ma per come abbiamo corso e per come stava Carapaz noi abbiamo guardato solamente al primo posto. L’idea era di provare a vincere, tra secondi e terzi cambiava poco.

Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Per questo Carapaz non ha seguito l’attacco di Yates sul Colle delle Finestre?

Ha provato a chiudere, infatti lui e Del Toro sono arrivati a pochi secondi da Yates, ma sul più bello il corridore della UAE non ha dato il cambio per provare a ricucire. Però tutte le volte che Carapaz ha provato ad attaccare è sempre stato seguito da Del Toro

Che sentimenti c’erano in squadra dopo Sestriere?

C’era una sensazione strana. Credevamo nella maglia rosa e avevamo un sogno e sapevamo di avere le carte giuste per realizzarlo. Era la nostra occasione. Non si sa quando ne capiterà un’altra così concreta per vincere il Giro, penso lo stesso valga per Del Toro. Alla fine abbiamo corso come ci eravamo detti. Anzi, se Del Toro avesse chiuso su Yates, sarei stato più arrabbiato. Sarebbe stato il segno che stava correndo per il secondo posto. Abbiamo rischiato tutto pur di vincere ed è stato giusto così.

Yates fa la storia del Giro e sette anni dopo si riprende la rosa

31.05.2025
6 min
Salva

SESTRIERE – «Ho investito molto della mia carriera e della mia vita per il Giro. Ci sono state molte battute d’arresto ed è stato difficile affrontarle. Sono stato costretto a ritirarmi per un problema al ginocchio, un paio di volte anche per il Covid e così via. Quindi sono davvero incredulo di essere riuscito a fare tutto questo. E’ difficile da dire adesso, ma ad essere onesti, penso che sia l’apice della mia carriera. Ci ho provato per anni, fatico a credere di esserci riuscito. Credo che nulla potrà superarlo».

Simon Yates non si vergogna di mostrare le lacrime. E’ passata quasi un’ora dalla vittoria e la nuova maglia rosa è finalmente arrivata davanti alle nostre domande. Ha portato l’attacco decisivo sul Colle delle Finestre a 39 chilometri dall’arrivo, quando sembrava che la partita fosse ristretta fra Carapaz e Del Toro. E’ partito più o meno nel punto in cui sette anni fa andò in crisi per l’attacco di Froome e perse la maglia rosa. Fu un dramma sportivo, al pari di quello che oggi ha investito Del Toro. In qualche modo è stato come se fosse tornato per chiudere il cerchio e la montagna piemontese gli abbia restituito quel che era suo.

Vendetta per due

L’abbraccio fra Simon e Kruijswijk, non appena anche l’olandese ha tagliato il traguardo, ha parlato più di mille parole. Entrambi hanno visto svanire il sogno rosa nelle tappe finali del Giro: a Steven accadde nel 2016 quando cadde sul Colle dell’Agnello. L’impresa di Yates ha vendicato anche la sua sconfitta. Si sono stretti forte, poi Simon è venuto da noi.

«Nei 100 metri finali – dice – è stato il momento in cui mi sono finalmente reso conto di quello che ho fatto. Non ci credevo davvero, anche se il vantaggio era notevole. Cominciavo a sentire le gambe stanche, non ci ho creduto sino alla fine. Quando ho attaccato, avevo l’idea di allontanarmi il più possibile da quei due ragazzi del podio, perché sapevo che una volta che ci fossi riuscito, sarei stato forte abbastanza da tenere un ritmo elevato. Del Toro e Carapaz avevano dimostrato di essere molto più esplosivi nel finale, quindi il mio piano oggi era quello di cercare di ottenere un vantaggio e poi cercare di gestire tutto da solo».

Il Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storia
Il Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storia

Facile a dirsi. Parla per tutto il tempo con lo sguardo basso, chissà cosa gli passa per la testa. Lui, il gemello piegato da tante sconfitte, mentre Adam continuava a vincere diventando il braccio destro di Pogacar e ora di Del Toro. Eppure con quell’attacco la tendenza si è invertita. Simon Yates ha iniziato a scavare il solco, mordendo i tornanti e danzando sullo sterrato del Colle delle Finestre. Si pensava che un’azione simile potesse farla Carapaz, invece l’ecuadoriano si è trovato legato mani e piedi al drammatico destino di Isaac Del Toro.

Ieri hai detto di non avere una gran voglia di affrontare lo sterrato.

Perché amo molto pedalare in piedi e sullo sterrato è molto difficile avere la trazione giusta. Ma oggi mi sono sentito davvero bene. Sono riuscito a spingere fino alla vetta e sapevo di avere ancora delle forze che mi avrebbero sostenuto nel finale. Durante tutta la tappa, la squadra ha creduto davvero in me, per cui una volta arrivato sul Finestre, sapevo di dover fare la mia parte.

In qualche modo aver subito quella sconfitta sette anni fa è stato importante oggi?

Quando ho visto il percorso del Giro, ho sempre avuto in mente di provare a fare qualcosa in questa tappa, su questa salita che aveva segnato così tanto la mia carriera. L’ho sempre avuto in mente. Mi sono sentito bene per tutta la gara, ma avevo bisogno di credere in me stesso.

A 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il Giro
A 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il Giro
Sei rimasto nascosto fino alla ventesima tappa e poi con un solo attacco hai vinto il Giro d’Italia: era calcolato oppure si è trattato di una coincidenza

Un po’ entrambe le cose. Sapevo che, per come è stata disegnata la gara, si sarebbe deciso tutto in quest’ultima settimana. Quindi si trattava più che altro di stare al sicuro e di non perdere tempo nella prima parte e questo, grazie ai miei compagni di squadra, è stata davvero incredibile. Sono stato sempre al posto giusto nel momento giusto. Ho dovuto fare da me soltanto nelle crono (fa un timido sorriso, ndr). In quest’ultima settimana, già nella 16ª tappa (quella di San Valentino, ndr), ho provato a fare qualcosa, ma non sono stato abbastanza forte. Quindi stamattina avevo qualche dubbio sul fatto di provare davvero a fare qualcosa su questa salita. Ma sembrava che la squadra credesse davvero in me, quindi ci ho provato e ce l’ho fatta.

Quanto sei stato contento di incontrare Van Aert dopo il Finestre? E faceva parte del piano?

Vorrei dire che ogni giorno abbiamo avuto dei corridori in fuga sperando che si creasse questa stessa situazione. Ci siamo davvero impegnati in questo senso, per cui ogni giorno che abbiamo la possibilità di farlo, ci abbiamo provato. Ma oggi è stato il primo giorno in cui l’abbiamo usata davvero a nostro vantaggio. E chi c’era davanti? C’era Wout (stavolta sorride, ndr). Non avevo dubbi, ha fatto tutto per me. Mi ha permesso di respirare e di aumentare il vantaggio. Non è la prima volta che si dimostra uno dei migliori compagni di squadra al mondo, oltre che un grande campione. Ringrazierò sicuramente lui e tutti i compagni.

Se ne va ricordando di quando sul Block Haus nel 2022 stramazzò sconfitto sull’asfalto e sconfortato disse che la sua storia con il Giro d’Italia sarebbe finita quell’anno. Negli ultimi due anni ha corso il Tour, ma c’era una ferita aperta, impossibile da dimenticare. La Visma-Lease a Bike gli ha offerto un biglietto fino al via da Tirana e oggi, a distanza di venti giorni, il suo lungo viaggio ha iniziato ad acquisire un senso compiuto. Se ne va col sollievo di aver tirato fuori il bubbone. I corridori partiranno stasera per Roma, noi ci fermeremo ancora qualche ora per raccontarvi le loro storie.