Il suo bagaglio a mano di rientro dall’Olanda dagli europei di ciclocross è più pesante e più prezioso. Luca Paletti, junior azzurro, ieri sera stava per imbarcarsi dall’aeroporto Schiphol di Amsterdam quando gli addetti alla sicurezza del metal detector gli hanno chiesto di aprire il suo zaino perché nel nastro a infrarossi hanno notato due sagome da verificare. Erano il suo asciugacapelli e soprattutto la medaglia di bronzo. Era fresca fresca, l’aveva conquistata da poche ore e la custodiva gelosamente.
«Quando gliel’ho mostrata mi hanno fatto subito i complimenti e qualche domanda – spiega sorpreso il 17enne modenese – anche se non sono certo che sapessero dei campionati europei di cross…».
Limiti da scoprire
Il terzo posto dietro Dockx e Haverdings certifica la sua crescita. E che crescita… Se il ciclocross è la sua comfort zone, su strada negli ultimi cinque anni, dagli esordienti al primo anno da junior, ha ottenuto solo una vittoria (in solitaria nel 2019 da allievo) e una serie infinita di piazzamenti nelle top ten. Insomma un corridore in controtendenza rispetto a ciò che pensano alcuni tecnici che tendono a spremere i ragazzi della sua età, sostenendo che per diventare forte e andare avanti servano sempre e solo le vittorie.
Luca, complimenti per il bronzo. Che corsa è stata?
Sono molto contento. Sapevo di avere una buona condizione, ma non mi aspettavo di centrare il podio. Partivo dalla terza fila, c’è stato un po’ di caos all’inizio però già nei primi giri ero nel gruppo di testa. Il circuito era adatto alle mie caratteristiche, recuperavo nei tratti in salita o dove c’era da spingere. E lo sprint forse potevo gestirlo meglio. Negli ultimissimi metri della volata ho provato a passarlo prima a destra e poi a sinistra ma mi ha sempre controllato.
I tuoi programmi cosa prevedono d’ora in poi?
Domenica 14 novembre parteciperò con la nazionale alla prova di Coppa del mondo in Repubblica Ceca a Tabor, dove tra l’altro nel 2020 ho fatto la mia prima esperienza internazionale.
Ci sono altri obiettivi però. Sei maglia rosa del Giro d’Italia di ciclocross, poi il campionato italiano e il mondiale di fine gennaio negli Usa…
Sì, sono partito forte. Non so se disputerò tutte le altre tappe del Giro, dipende anche da come starò e dagli appuntamenti da preparare. In ogni caso dovrei fare le ultime due tappe (29/30 dicembre a Roma e 2 gennaio a Ferentino, ndr) che potrebbero farmi bene in vista del tricolore. L’obiettivo è vincere la maglia (nel 2020 fu secondo, ndr). L’altro obiettivo è guadagnarmi la convocazione per i mondiali. A quel punto vedrò se fermarmi per recuperare energie o iniziare subito su strada.
Sei figlio di un ex professionista. Come ti sei avvicinato al ciclismo? Che corridore sei?
Sono un passista-scalatore. Mi piace tanto anche fare pista (ha vinto un titolo nazionale giovanile nel 2020, ndr). Da bambino andavo a vedere qualche gara con mio padre Michele (ex Ariostea e Mapei, ndr), ma è stato mio nonno Luciano che ha iniziato a farmi correre da G6, facendomi provare una delle bici che vendeva nel negozio di famiglia.
Nelle categorie giovanili hai colto tanti piazzamenti ed una sola vittoria su strada. In questo ultimo mese hai conquistato già cinque successi nel ciclocross. A cosa si deve questa tua evoluzione?
Mi sono convinto dei miei mezzi e l’ho scoperto correndo il Giro di Lunigiana (disputato con l’Emilia Romagna, chiuso al 14° posto e secondo nella classifica dei giovani, ndr). Quella corsa mi ha cambiato totalmente. Prima correvo subendo, senza mai rischiare.
Ha corso su strada il Gp Liberazione del 25 aprile con la nazionale di cross (foto Instagram) Paletti al momento è leader del Giro d’Italia Ciclocross (foto Instagram)
Mentre adesso?
Ora mi sento sbloccato mentalmente e ci provo sempre in gara. Nel 2022 vorrei ottenere una convocazione per la Roubaix juniores e tornare al Lunigiana per fare ancora meglio di quest’anno. Prima però so che devo andare forte per farmi richiamare dai vari selezionatori.
Luca chiudiamo ancora con questa medaglia di bronzo europea. A chi la dedichi?
A un po’ di gente, sono sincero. Alla mia famiglia, al nonno che non c’è più e che sarebbe felice per me. Poi anche agli sponsor delle mie squadre e alla nazionale, il cui staff fa sempre un gran lavoro per noi atleti.