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All’ennesimo scatto di Vingegaard, la maglia gialla affonda

13.07.2022
7 min
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Cinque chilometri alla vetta. Il Col du Granon è solo l’ultimo di una tappa in cui i corridori della Jumbo Visma hanno messo in mezzo Pogacar, ricavandone ogni volta risposte sconfortanti. Sul Galibier gli scatti di Vingegaard e Roglic lo hanno preoccupato giusto il tempo di reagire e poi metterli a sua volta in riga. Il gesto di dare gas in favore di telecamera è ancora oggetto di dibattito in sala stampa. Ma lassù Pogacar stava bene, al punto che Roglic l’ha pagata cara e si è staccato.

Manca così poco all’arrivo con Majka che tira e Pogacar che gestisce, da pensare che anche oggi attaccheranno domani. Invece Vingegaard parte ancora e questa volta alle sue spalle qualcosa si rompe. I trenta gradi e la quota si fanno sentire. Pogacar di colpo abbassa la lampo sul torace bianco e la sua pedalata perde consistenza.

«Solo quando ho fatto l’ultimo ultimo attacco sul Granon – dice Vingegaard – ho capito che me ne ero andato. Mi sono voltato, ho visto che non veniva. Poco prima avevo fatto un semplice pensiero: se non ci provi, non lo saprai».

Tutto in un quarto d’ora

Come sia stato che in un quarto d’ora sia crollato il dominatore dell’ultimo Tour è qualcosa che resterà nell’aria fino a che stasera in hotel la UAE Emirates non avrà approfondito il discorso. Intanto Vingegaard spinge con tutto se stesso, con la forza che il suo allenatore Zeeman ha spiegato ieri dopo il traguardo.

«Pogacar ha ancora molta esplosività – ha detto cercando di spiegare quel che ci attendeva – che può esprimere dopo una salita più breve. Jonas in proporzione ne ha meno, ma sulle salite più lunghe si avvicina a Tadej. I valori che ha espresso qui al Tour sulle salite più brevi sono i migliori che abbia mai avuto. Questo ci dà fiducia per il resto del Tour. Presto ci saranno salite dove non puoi nasconderti. E’ lì che si deciderà il Tour».

Solo quando si è voltato sul Granon, Vingegaard ha avuto la certezza di aver staccato Pogacar
Solo quando si è voltato sul Granon, Vingegaard ha avuto la certezza di aver staccato Pogacar

Il sogno di una vita

Vingegaard ha mollato la proverbiale agilità e porta sul Granon i suoi 60 chili con una cadenza cattiva, messa lì per scavare il solco profondo. Alle sue spalle Pogacar deve vedersela con Thomas che gli va via e poi anche con Yates. E come succede in questi casi, la fatica del fuggitivo porta solo buone sensazioni, mentre dietro sta trascinando lo sloveno a fondo.

«Penso che sia davvero incredibile – dice Vingegaard – è difficile per me metterci le parole. Questo è quello che sognavo. Ho sempre sognato una vittoria di tappa al Tour e ora è venuta anche la maglia gialla. E incredibile. Abbiamo preparato un piano dall’inizio della tappa e immagino che abbiate capito quale fosse. Volevamo fare una gara super dura e ne ho ricavato molto vantaggio. Non ci sarei riuscito senza i miei compagni, li devo ringraziare. Sono stati incredibili oggi.

«Negli ultimi due chilometri ho sofferto tanto, volevo solo finirlo – prosegue – ero già totalmente al limite da un chilometro e ho dovuto lottare fino alla fine. A dire il vero, quando abbiamo fatto la ricognizione dei passi con il team, non avevo provato quest’ultima salita, ero salito in macchina. Quindi non avevo grandi sensazioni. Ma ora che l’ho provato, posso dire che è stato duro».

Prima di ritirarsi, Van der Poel non ha resistito all’ultima punzecchiatura ed è andato in fuga con Van Aert
Prima di ritirarsi, Van der Poel non ha resistito all’ultima punzecchiatura ed è andato in fuga con Van Aert

Il giorno perfetto

Fra i compagni c’è sicuramente Van Aert, partito in fuga di buon mattino con il suo… amico Mathieu Van der Poel, che ha concluso il Tour con un ritiro.

«Quando mi sono girato – racconta la maglia verde – ho visto Mathieu ed è stata una bella sorpresa. Siamo subito andati a tutta. E’ stato divertente. Io volevo soprattutto vincere il traguardo volante, ho preso i punti e ora abbiamo anche la maglia gialla. E’ stata una giornata perfetta per la squadra. Eravamo pronti per questo giorno, ma non è stato facile. Pogacar è riuscito a stroncare ogni attacco sul Galibier. Ho pensato che sarebbe stata un’altra giornata dura. Gli stavamo già mettendo pressione dall’inizio del Tour. Avevamo già fatto degli sforzi, ma dovevamo andare oltre. Volevamo farlo soffrire. E alla fine Jonas è riuscito a staccarlo».

Jumbo al settimo cielo

In casa Jumbo Visma il buon umore è contagioso, anche se il Tour è ancora lungo e Pogacar potrebbe ancora rivestire i panni del cannibale.

«Questo era il piano – dice il manager Richard Plugge – i nostri direttori e i corridori lo avevano pianificato da un pezzo ed è riuscito al 90 per cento. Il programma infatti era che Roglic se la cavasse sulla Galibier, ma questo sfortunatamente non ha funzionato. Ma era caldo ed erano sopra i 2.000 metri. Vedendo Pogacar contrattaccare, ho pensato che avrebbe speso tanto…».

“Spallone” Kruijswijk al traguardo era fra i più contenti, dopo anni a tirare per conquiste spesso sfumate.

«Abbiamo cercato di demolire Pogacar – dice l’olandese che vide naufragare la sua maglia rosa al Giro del 2016 – è stata davvero una bella giornata. Lo aspettavamo da molto tempo. Speravamo anche in un risultato migliore, perché volevamo riportare davanti anche Primoz (Roglic, ndr). Abbiamo cercato di mettere su Pogacar. Tadej è davvero forte, ma non poteva rispondere a tutti. Avevamo molta fiducia in Jonas e adesso siamo pronti a difendere la maglia».

Bardet ha attaccato sulla salita finale: è arrivato 3° a 1’10” e ora è secondo in classifica a 2’16”
Bardet ha attaccato sulla salita finale: è arrivato 3° a 1’10” e ora è secondo in classifica a 2’16”

Fino a Parigi

Dopo l’arrivo Vingegaard è crollato in un pianto coinvolgente, anche se fra le immagini più belle di questo pomeriggio sulle Alpi, ci sono state le congratulazioni da parte di Pogacar mentre il danese faceva girare le gambe sui rulli.

«E’ molto difficile per me esprimere a parole quello che penso – ha detto il danese – tutto questo è incredibile. Sul Galibier, Tadej mi ha fatto paura. Era molto forte e ripreso tutti. Ero insicuro se valesse la pena provarci. Poi mi sono scosso. Arrivare secondi è un bel risultato, ma l’ho già fatto l’anno scorso e ora voglio puntare alla vittoria in classifica generale. Per fortuna oggi ci sono riuscito e ora ho la maglia gialla.

«Ovviamente Pogacar reagirà. Lo vedo ancora come uno dei miei principali avversari – dice Vingegaard – è un grande corridore, probabilmente il migliore al mondo. Togliergli la maglia gialla era impensabile. Mi aspetto che cerchi di attaccarmi ogni giorno, ogni volta che ne ha la possibilità. Sarà una gara difficile fino a Parigi, cercheremo di fare del nostro meglio ogni giorno per vincerla. Sarà una bella battaglia».

Jonas Vongegaard è nato il 10 dicembre 1996. E’ altro 1,75 e pesa 60 chili. E’ pro’ dal 2019
Jonas Vongegaard è nato il 10 dicembre 1996. E’ altro 1,75 e pesa 60 chili. E’ pro’ dal 2019

Meritato riposo

L’ultima parola è per il direttore sportivo Grischa Niermann, che ha seguito Vingegaard dalla prima ammiraglia ed è fra coloro che hanno elaborato la strategia di attacco.

«Jonas questa mattina – racconta – mi ha detto che poteva vincere. La strada è ancora lunga, ci sono ancora dieci tappe e alcune sono molto dure. Dipenderà dalla situazione se nei prossimi giorni gareggeremo in modo offensivo o difensivo. Jonas ha fatto molti passi avanti negli ultimi anni, anche come leader. Sono convinto che guiderà bene la squadra nella prossima settimana. I piani non sempre funzionano, ma stasera potremo andare a letto soddisfatti».

Il crollo di Pogacar e i retroscena di una UAE stupita

13.07.2022
6 min
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Cinque chilometri che Tadej Pogacar ricorderà a lungo. Cinque chilometri che potrebbero segnare il destino di questo Tour de France. Verso il Col du Granon la (ex) maglia gialla vive il primo momento di difficoltà della carriera.

La sconfitta è sonora. Tra distacco e abbuono l’asso sloveno incassa 3’02” dal rivale danese. Jonas Vingegaard e la Jumbo-Visma ora hanno il coltello dalla parte manico e la “frittata” si è totalmente rigirata.

Ma cosa è successo a Tadej? Troppi sforzi nei giorni precedenti? Troppe energie spese per rispondere agli attacchi sul Galibier? Cattiva alimentazione?

L’ex maglia gialla sul Galibier si è difeso alla grande ma ha speso tanto
L’ex maglia gialla sul Galibier si è difeso alla grande ma ha speso tanto

Doccia fredda

I corridori giungono ai bus parcheggiati all’imbocco della scalata, proprio sulla strada che porta al Lautaret dove domani passeranno di nuovo, ma in salita. Rafal Majka, uno dei protagonisti, piomba veloce quasi un’ora dopo il termine della tappa. “Lancia” la bici ad un meccanico e s’infila nella “casa viaggiante” della UAE Emirates. La sua espressione non è delle migliori.

Proprio Majka aveva fatto tremare. Prima positivo al Covid, poi per la carica batterica molto bassa e per essere asintomatico era partito. Esattamente come era successo Jungels. Però sul Galibier aveva sofferto. Si era staccato presto. Mentre sul Granon ha compiuto un altro capolavoro da gregario.

«Io ho passato ai ragazzi l’ultima borraccia ai 6 chilometri dall’arrivo – racconta Marco Marcato, uno dei diesse UAE – internet non prendeva e non avevo idea di cosa stesse succedendo. Quando sono passati erano ancora tutti insieme. In effetti ho visto i miei, Rafal e Tadej, un po’ affaticati, ma più o meno come gli altri.

«Poi mentre scendevo per tornare qui, sentivo dai tifosi a bordo strada che aveva vinto Vingegaard, ma non credevo così».

Sino all’attacco del danese, Pogacar era stato perfetto. Era rimasto isolato. Aveva risposto agli attacchi e anzi aveva contrattaccato lui stesso per placare gli animi degli avversari. Non poteva assolutamente lasciarsi scappare né Roglic, né tantomeno Vingegaard con Laporte e Van Aert davanti sul Galibier.

Mauro Gianetti spiega cosa è accaduto e come si rimboccheranno le maniche
Mauro Gianetti spiega cosa è accaduto e come si rimboccheranno le maniche

Gianetti placa gli animi

A tenere banco, a metterci la faccia, con grande signorilità, è il team manager della UAE Emirates, Mauro Gianetti. Il ticinese si presta ai microfoni che lo assalgono.

«Questo è lo sport – dice serio, ma non affranto – abbiamo assistito ad una tappa storica. Oggi abbiamo perso. La Jumbo-Visma è una squadra fortissima e avete visto tutti come ha corso. Ci hanno attaccato sin da subito e da lontano. Oggi hanno fatto qualcosa di straordinario».

Non solo, ma con due uomini in meno, Majka che all’inizio non stava bene, Pogacar ha dovuto rispondere a tutti gli scatti in prima persona.

«Chiaro – riprende il manager – che con un Laengen e un George Bennett in più le cose sarebbero potute andare diversamente e per questo sono ancora più orgoglioso dei miei ragazzi. Ma la forza della Jumbo resta. Tuttavia noi sull’ultima salita avevamo un uomo col capitano e loro no. Ma ci aspettavamo un loro attacco con tutti quei campioni».

Pogacar a pochi chilometri dall’imbocco del Granon scherzava con la telecamera imitando il gesto di quando si dà gas alla moto. La sua squadra rilanciava quel momento con un tweet, sottolineando come Tadej fosse rilassato.

«Mah sapete – spiega Gianetti – a Pogacar piace quando c’è la lotta. Si gasa. Evidentemente stava bene per davvero.

«Poi non so se abbia pagato gli scatti degli Jumbo, ma in quel momento non poteva fare altro. Non so se sia andato in crisi di fame, se abbia sofferto il caldo (per la prima volta si è aperto la maglia, ndr). Di certo noi non possiamo rimproverargli nulla. Non abbiamo l’obbligo di vincere, siamo qui se vogliamo per imparare ancora vista la sua età».

«Cosa gli dirò stasera? Nulla, lo abbraccerò. Anche perché durante l’ultima scalata ci ha messo il cuore, ha dato l’anima. Questo è lo spirito della nostra squadra».

Pogacar a tutta verso il Granon, per la prima volta aveva la maglia aperta
Pogacar a tutta verso il Granon, per la prima volta aveva la maglia aperta

Paura del Covid

Più di qualcuno però teme che questo calo così repentino di Pogacar possa attribuirsi al Covid. In fin dei conti la UAE Emirates lo sta schivando già da prima del Tour con Trentin. Due atleti sono stati costretti ad andare a casa, Majka comunque è risultato positivo: il cerchio si fa sempre più stretto.

«La pressione in tal senso c’è – dice Gianetti – Il Covid è entrato in squadra, due ragazzi sono andati via… In più c’è anche la pressione della corsa, dello stare attenti al virus fuori dalla corsa, della conferenza stampa e dei controlli che ogni sera ti fanno arrivare in hotel sempre dopo le 21,30-22». 

I leoncini del leader della generale sul bus della UAE Emirates. Che non siano stati troppi per difendere a lungo la maglia gialla?
I leoncini del leader della generale sul bus della UAE Emirates. Che non siano stati troppi per difendere a lungo la maglia gialla?

Quella maglia gialla…

«Noi – aggiunge Andrea Agostini, altro dirigente del team arabo – facciamo davvero di tutto per prevenire il Covid. Abbiamo comprato non so quante mascherine, i ragazzi mangiano separati, dormono in camere singole. Indossiamo le mascherine sempre. Solo di lampade speciali per la sanificazione abbiamo speso 15.000 euro. Disinfettiamo tutto, bus, ammiraglie… più di così proprio non possiamo fare. Se poi è Covid… ad oggi i nostri non lo avevano».

Tornando alle parole di Gianetti una cosa però va approfondita: «Arrivare ogni giorno più tardi in hotel aggiunge stress e stanchezza». Verissimo. Ma a quel punto non conveniva lasciare la maglia?

Più di qualcuno nel team ci fa capire che l’intento c’era. E ci avevano anche provato, ma con l’esuberanza di un ventritreenne c’è poco da fare! Insomma è stato Pogacar che non la voleva cedere.

Ed in questo è stato coerente con quanto detto nella conferenza stampa prima di Copenhagen: «Non è facile lasciare la maglia gialla. Non è facile lasciare andare via qualcosa per cui si lotta».

Lo sloveno in maglia bianca, sorridente sul podio dopo la batosta
Lo sloveno in maglia bianca, sorridente sul podio dopo la batosta

Non è finita

Pogacar ha preso la più grossa (e unica) batosta della sua carriera. Forse è da stasera in poi che si vedrà davvero quanto è grande. Che è fenomeno lo sappiamo. Per diventare un gigante gli serviva l’occasione di una sconfitta. Eccola…

E a un primissimo impatto a caldo, anche stavolta sembra essere sulla strada giusta. Sul podio per la maglia bianca sorrideva. Ha fatto i complimenti a Vingegaard.

«Non so cosa sia successo – ha detto Pogacar – di certo non è stata la mia miglior giornata. Non avevo energie nel finale. Pensavo a guardare avanti, ma altri ragazzi mi superavano. La Jumbo oggi ha giocato le sue carte davvero bene. E’ stato molto difficile controllare gli attacchi».

 

«Però voglio continuare a lottare. Il distacco è ampio, ma mancano ancora diverse tappe importanti fino alla fine e farò di tutto per non avere rimpianti. Come ho preso io oggi quasi tre minuti, li può prendere anche lui».