E Remco cosa fa? Lo ha raccontato nel podcast

21.04.2024
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LIEGI (BELGIO) – Evenepoel, il grande assente: cosa fa Remco? Sono due anni che il mondo del ciclismo aspetta il duello con Pogacar alla Doyenne, ma per altrettanti infortuni ancora non è stato possibile. Prima l’uno, poi l’altro. Due è anche il numero degli anni che li divide: classe 1998 lo sloveno, 2000 il belga. E mentre sta per scattare la Liegi numero 110, con la minaccia di neve sulle Ardenne e Pogacar favorito in mezzo a un branco di predatori di tutto rispetto, il belga della Soudal-Quick Step ha partecipato al podcast della sua squadra: The Wolfpack Howl.

Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)
Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)

L’analisi della caduta

Evenepoel è stato il primo a cadere nella quarta tappa al Giro dei Paesi Baschi. A forza di scorrere il video del più catastrofico capitombolo degli ultimi tempi, da cui sono usciti tutti fortunatamente vivi, si sospetta che sia stato proprio il belga ad aver innescato la maxi caduta. Lui è andato dritto, sbagliando la curva. Tesfatsion, subito dietro, ha preso paura ed è caduto a sua volta.

«Se guardate attentamente il movimento della mia bici – ha detto – potete vedere chiaramente che ho preso la traiettoria sbagliata. Sono finito nella parte più sconnessa della curva e ho perso il controllo. Non ho più avuto aderenza e ho frenato per paura di uscire di curva. Poi sono andato tutto a sinistra e ho saltato quel canale nella scarpata. E’ successo tutto molto velocemente. Un attimo dopo ero già in piedi e mi tenevo la spalla. Nelle immagini al rallentatore sembra facile mantenere il controllo, ma dal mio punto di vista non era proprio così. Era anche una discesa pericolosa, perché ogni tanto guardavo la velocità sul computer della mia bici e segnava dagli 80 agli 81 chilometri orari».

Remco si è raccontato nel podcast della sua squadra
Remco si è raccontato nel podcast della sua squadra

Ripresa sui rulli

La caduta gli ha provocato la frattura della clavicola e della scapola e per questo escluso dalle sfide delle Ardenne e da questa benedetta Liegi che anche lui aspettava da un anno, avendo vinto le due edizioni precedenti. Avendo davanti l’obiettivo Tour e poi le Olimpiadi, a un certo punto le corse più immediate sono passate in secondo piano.

«Il mio corpo si sta gradualmente riprendendo – ha detto venerdì durante il podcast – e ogni giorno ho meno dolore. Ho sofferto molto, soprattutto i primi giorni dopo la caduta. Dall’inizio della settimana invece, ho potuto dormire di nuovo tranquillamente e senza dolori. Ho cominciato anche a fare alcuni esercizi di fisioterapia, in modo che i miei muscoli non smettano di lavorare. Non è ancora possibile uscire in bici, anche a causa del maltempo, ma da lunedì posso allenarmi di nuovo sui rulli».

Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)
Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)

Pausa di metà stagione

Evenepoel ha poi raccontato di aver parlato brevemente con Roglic nell’ospedale di Vitoria, dato che erano vicini, e di aver mandato invece un messaggio a Vingegaard. Avendo già sperimentato una caduta ben più drammatica al Giro di Lombardia del 2020, il belga ha scherzato sull’aver sottovalutato la frattura della clavicola. Per cui si sta godendo la vita in famiglia e ne ha approfittato per fare da testimonial al progetto Tous a Bord (foto di apertura). L’associazione opera nello sport paralimpico e sta per festeggiare i 20 anni di attività con una Bruxelles-Parigi di 400 chilometri per atleti disabili.

«Prima di romperla – ha detto – ero sempre stato un po’ troppo ottimista riguardo ad una clavicola rotta, ma ora non più. Non è proprio l’infortunio più semplice per un ciclista e spero che i miei colleghi non debbano sperimentare la stessa cosa. Non è il mio primo infortunio grave e proprio quella prima esperienza mi ha insegnato a non andare troppo veloce nel recupero. So di dover affrontare con calma la fase della rieducazione, per cui sono abbastanza rilassato e cerco di godermi questa pausa di metà stagione. Mercoledì scorso ho festeggiato la fine del Ramadan con Oumi e ho anche guardato tanto calcio. Ho dormito molto, ho giocato a minigolf e guardato il ciclismo in televisione. Non sono il tipo che non guarda le corse se non può prendervi parte».

Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva
Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva

Quando gli è stato chiesto quali corse siano state più dolorose da guardare, Remco ha puntato subito il dito verso l’Amstel Gold Race, che avrebbe corso con qualche ambizione. «Certamente non la Freccia Vallone – ha sorriso – visto quello che è successo». Chissà cosa proverà fra qualche ora guardando i suoi rivali sfidarsi sulle sue strade…

Pontoni: «Dopo l’incidente Pidcock potrebbe avere paura»

07.06.2021
4 min
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La scorsa settimana Tom Pidcock ha avuto un incidente: è stato investito da un’auto. Il fenomeno inglese era in allenamento sui Pirenei. Da quel che si è capito una vettura lo ha colpito da dietro e Tom è rovinato a terra fratturandosi la clavicola. Vedendo la foto di come era ridotta la sua Pinarello si può quasi dire che gli sia “andata bene”. La Ineos-Grenadiers ha reso la cosa pubblica quando Tom era addirittura già stato operato.

Tutto ciò sconvolge l’avvicinamento ai Giochi di Tokyo2020 del talento di Leeds. E non solo nelle tempistiche (poco male che abbia saltato il Tour de Suisse), ma anche dal punto di vista psicologico. Come potrà affrontare salti, discese tecniche e rock garden sapendo di avere una clavicola in quelle condizioni?

La bici di Pidcock dopo l’incidente
La bici di Pidcock dopo l’incidente

L’esperienza di Pontoni

Ne abbiamo parlato con Daniele Pontoni che di offroad e di clavicole rotte se ne intende. Tom correrà con il “tarlo” nella testa?

«L’approccio – dice il tecnico friulano – cambia. Riporto il mio esempio. Ho rotto la clavicola due volte, la prima sul Bondone e la seconda a Pila. La seconda volta fu difficile. Io feci una cavolata. In pratica mi voltai per controllare la posteriore, l’anteriore mi finì in una canalina di scolo. Feci una capriola in avanti e mi fratturai quell’osso. Alla ripresa ebbi grossi problemi, avevo paura. Quando ripresi, nella gare di Coppa arrivavo sempre ultimo. Un giorno dissi a Gregori, l’allora tecnico azzurro, di rimandarmi a casa. Piangevo. Non potevo continuare in quelle condizioni.

«A Mont Saint’Anne (uno dei tracciati storici e più difficili, ndr) ero in ricognizione quando arrivai in cima alla discesa più grande. Staccai il pedale: un piede a terra, l’altro agganciato sull’altro pedale. Ero bloccato. Un mio amico spagnolo arrivò da dietro, mi diede una pacca sulla schiena e andai giù lungo questo pendio, senza il pedale agganciato. Avevo un controllo pari a zero. Però in qualche modo arrivai in fondo. In quel momento cambiò tutto. Il giorno dopo pur partendo ultimo arrivai terzo. Quindi anche a Tom potrebbe volerglici del tempo». 

Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Daniele Pontoni. Oggi il friulano dirige la sua squadra, la DP 66. Per anni è stato un azzurro della Mtb e del cross
Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Daniele Pontoni. Oggi il friulano dirige la sua squadra, la DP 66. Per anni è stato un azzurro della Mtb e del Cx

Occhio alla testa

La parte psicologica conta molto, quindi. 

«Io – riprende Pontoni – ero spaventato perché non avevo visto la dinamica della mia caduta, come era stata generata. Pidcock magari può essere avvantaggiato dal fatto che l’incidente lo ha subito su strada e non in Mtb, in una situazione totalmente differente. Non ha “traumi” con la Mtb. Ricordo che un’altra volta ebbi un problema con un menisco. Fui operato e 12 giorni dopo vinsi una gara in volata. La testa conta».

Una cosa è certa che se un corridore come Pontoni, che non aveva peli sullo stomaco, che si buttava anche nel fuoco ha passato momenti del genere, non è detto che per Pidcock sia tutto liscio. Anche se per l’inglese sembra tutto okay.

L’inglese dopo l’operazione. «Un completino sicuro», ha detto. Il fatto che ci scherzi su è un buon segno (foto Instagram)
L’inglese dopo l’operazione. «Un completino sicuro», ha detto (foto Instagram)

In linea coi tempi 

E poi c’è la componente fisico-atletica vera e propria: questo incidente lo taglia fuori dai giochi per le medaglie? Oppure gli lascia il tempo necessario? Tom è stato fermo solo pochi giorni.

«Ha tutto il tempo di riprendersi. La gara olimpica di Mtb c’è a fine luglio e ha 40 giorni abbondanti a partire da oggi. Certo che sono settimane importanti queste per dare le ultime “botte” e poi iniziare a scaricare e a prepararsi per il viaggio, ma è anche vero che oggi sono avanti con le terapie di recupero. Presumo che farà più strada, per evitare traumi alla clavicola».

«Ho iniziato a seguire Pidcock in quel mondiale di ciclocross che vinse in Lussemburgo nel 2017 – conclude Pontoni – Prima credo lo conoscessero solo gli inglesi. E’ un predestinato. Che andasse forte nel cross e nella Mtb me lo aspettavo, dove mi ha stupito invece è su strada. Già l’anno scorso non credevo potesse vincere il Giro U23. Come Van Aert e Van der Poel può far bene su tutte le specialità, anche se ha un fisico diverso da quei due. Un fisico alla Pontoni!».

Clavicola rotta? Non imitate i corridori…

27.01.2021
6 min
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La frattura della clavicola è una delle seccature più ricorrenti per il corridore. Basta andare giù sul fianco e avere il semplice riflesso di mettere la mano a terra per ripararsi dalla caduta e si percepisce netto lo schioccare dell’osso o del legamento, a seconda che si tratti di frattura o lussazione. Tutti durante la carriera prima o poi passano per l’antipatico inconveniente. Ricordate Pozzato fratturato a febbraio al Tour of Qatar del 2012 recuperare in tempo per fare secondo al Fiandre dietro Boonen e prima di Ballan? Oppure Tyler Hamilton che corse il Tour del 2003 malgrado la frattura, arrivando addirittura al quarto posto?

Noi ci siamo rivolti al dottor Antonio Padolino, ortopedico specialista  in Chirurgia della Spalla e del Gomito e consulente del Centro Fisioradi di Pesaro, per capire quanto sia da prendere ad esempio il recupero kamikaze di certi atleti o non convenga piuttosto rispettare i tempi di una guarigione più cauta.

Frattura della clavicola, la radiografia non lascia spazio a dubbi
Frattura della clavicola, la radiografia non lascia spazio a dubbi
Che cos’è la clavicola?

La clavicola fa parte delle ossa lunghe del corpo umano, è a forma di “S” e si articola trasversalmente tra il processo acromiale della scapola, formando l’articolazione acromion-clavicolare e lo sterno, formando l’articolazione sterno-clavicolare. Il suo nome deriva proprio dalla sua forma a piccola chiave musicale “clavicola”. Gli uomini presentano una maggiore lunghezza di quest’osso rispetto alle donne ed un’angolatura maggiore.

Perché si rompe ed in quanti modi?

Le fratture della clavicola avvengono solitamente per trauma ad alta energia, come cadute ed incidenti stradali. Si può rompere in diversi modi, sia dal punto di vista dei frammenti che delle sedi. Se immaginassimo di dividere la clavicola in tre parti, mediale, centrale e laterale, le fratture si possono raggruppare in queste tre sedi. Le fratture “centrali”, meglio dette del corpo della clavicola, sono quelle più frequenti in quanto la densità ossea è inferiore rispetto alla porzione mediale e laterale. Ci possono poi essere fratture a due, tre o più frammenti.

Come si risolve? Intervento chirurgico sempre?

La prima cosa da fare, quando si ha un trauma alla spalla, è recarsi in pronto soccorso per effettuare una radiografia. Se confermata la frattura, la scelta del trattamento può essere duplice. Conservativa o chirurgica. Questa valutazione deve essere fatta dallo specialista ortopedico che, in base al tipo, sede, numero e scomposizione de frammenti, può decidere per l’una o l’altra soluzione. 

Valutazione importante sono anche l’attività che svolge il paziente e l’età?

La scelta conservativa, per molti ancora oggi, è il trattamento di scelta, in quanto la clavicola ha un’ottima capacità di guarigione con un’immobilizzazione adeguata ed un minor rischio di complicanze di non guarigione. L’intervento chirurgico deve essere ben ponderato per quelle fratture altamente scomposte, con sovrapposizione dei frammenti ossei, che potrebbero forare la cute (vista la vicinanza tra osso e cute) e nei casi di un evidente accorciamento dell’arto superiore interessato.

Tyler Hamilton con compact FSA
Tyler Hamilton al Tour del 2003 corse e arrivò in fondo nonostante la frattura
Tyler Hamilton con compact FSA
Hamilton al Tour del 2003 arrivò in fondo nonostante la frattura
Che mezzi di sintesi si usano e poi si devono rimuovere?

Presa la decisione chirurgica, anche qui dobbiamo fare delle scelte in base all’età e all’attività del paziente. Nei bambini e negli adolescenti, con ancora un basso grado di formazione ossea, è preferibile utilizzare una sintesi temporanea, ad esempio con un chiodo endomidollare. Nell’adulto o nello sportivo agonista, è preferibile ridurre e sintetizzare la frattura di clavicola con una placca in titanio e le relative viti. Questo tipo di sintesi permette di riallineare i frammenti e di stabilizzare la frattura permettendone la guarigione. Anche se non è scevra da rischi, come la mancata consolidazione a causa della riduzione dell’afflusso sanguigno in sede di frattura, dovuto all’insulto chirurgico.  I mezzi di sintesi, nella maggioranza dei casi, vanno rimossi una volta guarita radiograficamente e clinicamente la frattura. In rari casi, in accordo con il paziente, possono rimanere in sede.

Ritorno in bicicletta dopo intervento?

Dopo l’intervento chirurgico, è necessaria un’immobilizzazione del braccio di circa 3 settimane, per consentire una corretta guarigione primaria della frattura e la formazione di callo fibroso, prima ed osseo poi. Una mobilizzazione precoce può aumentare il rischio di mancata guarigione. Dopo le canoniche tre settimane, si può iniziare una mobilizzazione passiva, con il fisioterapista, per recuperare l’articolarità della spalla ed evitare il rischio di rigidità. Dopo 4-5 settimane si può iniziare la riabilitazione in piscina riabilitativa, con acqua a temperatura di 32-34 gradi. I movimenti attivi, fuori dall’acqua, sono consentiti dopo circa 6 settimane. Il ritorno in bicicletta o comunque all’attività sportiva, deve essere valutato caso per caso, in base al dolore, articolarità della spalla, iniziale guarigione della frattura, comunque non prima delle 8 settimane. Le forze di stress, soprattutto in bicicletta, sulla clavicola sono molto importanti. 

Pozzato venne operato e recuperò a tempo di record fino al secondo posto del Fiandre
Pozzato si operò e recuperò a tempo di record per il Fiandre
A volte, a parità di trauma, si può avere una lussazione acromion-claveare. Come prognosi è migliore della frattura?

La clavicola, nella porzione laterale, è stabilizzata all’acromion tramite i legamenti acromion-clavicolari (una vera e propria articolazione) e stabilizzata al processo coracoideo della scapola tramite i legamento coraco-clavicolari (conoide e trapezoide). Quando avviene un trauma diretto in questa zona della spalla (nello sport da contatto o nelle cadute dirette sulla stessa), si possono rompere questi legamenti ed abbiamo la lussazione acromion-clavicolare. La prognosi, rispetto alla frattura della clavicola, è praticamente sovrapponibile.

Quanti tipi di lussazione ci sono?

La classificazione universalmente accettata è quella di Rockwood. Sono classificati 6 tipi diversi di lussazione, in crescendo da 1 a 6 in base alla gravità della stessa ed alla compromissione dei legamenti prima elencati.  La lussazione acromion-clavicolare è più frequente nei traumi in bicicletta rispetto alla frattura di clavicola

Quale tipo di trattamento per la lussazione acromion-clavicolare?

Anche qui il trattamento si divide in conservativo e chirurgico. E’ necessario eseguire in acuto una radiografia in proiezioni standard, nella proiezione per l’acromion-clavicolare ed una radiografia comparativa di entrambe le spalle per stabilire il grado della lussazione, oltre ovviamente all’esame obiettivo specialistico. La Risonanza Magnetica e l’esame TC possono essere di aiuto in casi selezionati. Fatta la diagnosi, anche qui si discuterà con il paziente il tipo di trattamento da effettuare. Per il grado 1 e 2, il trattamento di scelta è conservativo. Per il grado 3, si può discutere tra trattamento conservativo e chirurgico. Dal grado 4 in poi, il trattamento è pressoché chirurgico. L’immobilizzazione postoperatoria è mandatoria per 3 settimane. Poi il percorso riabilitativo segue sempre una mobilizzazione passiva con il fisioterapista e poi recupero attivo e passivo in acqua dopo 4-6 settimane. Il ritorno all’attività sportiva non può avvenire prima delle 8 settimane, compreso il ritorno in bicicletta.

Un tutore per immobilizzare la spalla
Un tutore per immobilizzare la spalla
E’ più rapida la ripresa dalla frattura di clavicola o dalla lussazione acromion-clavicolare?

Ovviamente va fatto un distinguo da caso a caso. Con le evidenze di oggi, possiamo dire che la ripresa dell’attività fisica post intervento della frattura di clavicola e della lussazione acromion-clavicolare può essere sovrapponibile.  A volte si può “rischiare” una ripresa precoce nelle frattura di clavicola con un’ottima sintesi rispetto alla stabilizzazione acromion-clavicolare

Possono avvenire entrambe contemporaneamente?

Un trauma ad alta energia, come quello stradale, può portare ad avere contemporaneamente una frattura dell’estremo laterale di clavicola con rottura dei legamenti coraco-clavicolari, con conseguente lussazione del corpo della clavicola. In questo caso particolare, abbiamo la possibilità di un trattamento chirurgico unico con il sistema a carrucola che va a sostituire i legamenti coraco-clavicolari e riallineare i monconi di frattura, permettendone una corretta guarigione della frattura. I tempi di recupero non sarebbero comunque superiori ad una delle due lesioni prese singolarmente.

Formolo

Formolo più forte della caduta (e dell’anestesia)

23.09.2020
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Davide Formolo è stato uno dei protagonisti della ripresa dopo il lockdown: secondo alla Strade Bianche, primo in una tappa del Delfinato e spesso davanti nelle altre corse cui ha preso parte. Al Tour de France stava svolgendo egregiamente il suo ruolo di gregario di lusso per Tadej Pogacar quando nella quinta tappa è caduto, si è rotto la clavicola ed è stato costretto al ritiro.

Come ha cambiato la sua stagione questo incidente? Come ha vissuto quei giorni dopo la caduta? Ce lo dice direttamente “Roccia”.

Davide, raccontaci come è andata dopo la caduta al Tour…

Sono stato fermo completamente solo quattro giorni. Poi sono subito risalito in sella però non avevo considerato una cosa: l’anestesia, dopo l’operazione. Mi ha davvero “ammazzato”. Pensate che il primo allenamento l’ho fatto sui rulli e quando ho finito sono svenuto. Mi sentivo debole nelle uscite, ma non immaginavo di stare così.

Formolo
Giro del Delfinato 2020, Formolo a braccia alzate sul traguardo di S. Martin-de-Belleville
Formolo a braccia alzate al Delfinato
Una tenacia incredibile…

Eppure l’anno scorso alla Vuelta fu peggio. Mi si staccò il gluteo dall’osso. Pedalare era un disastro. E sulle buche poi, un dolore bestiale. Quando arrivai ero sfinito. Quest’anno al Tour devo dire che è stata una brutta sensazione, non mi ero mai rotto un osso, però alla fine la tappa l’ho conclusa “bene”. Guidavo con una mano sola, la destra. In cuor mio pensavo che la spalla fosse solo uscita. Mi dicevo: stasera il massaggiatore mi farà vedere le stelle, ma me la rimetterà a posto. Invece appena sono arrivato al bus tutti sono stati pessimisti.

Ecco perché ti chiamano Roccia! 

Questo mondiale mi… chiamava, ci avevo messo l’anima per esserci. Poi però le cose non sono andate come immaginavo e a quel punto ho dovuto rinunciare, però volevo mantenere almeno le classiche delle Ardenne, che erano nel mio programma. Ma alla fine ho dovuto dire no anche a quelle.

Quando Davide Cassani ha eliminato i nomi dalla prima lista di 13 uomini, ha dichiarato di aver apprezzato la sincerità di chi si è chiamato fuori, il pensiero è andato a te…

Olimpiadi e mondiali sono gare che ho sempre sognato. Anche l’anno scorso dopo la Vuelta, dove ero caduto e mi sono ritirato, ho fatto di tutto per esserci. Sono andato a fare le classiche italiane, Toscana, Sabatini, Matteotti…. All’inizio non andavo, ho sofferto, poi però stavo bene e sinceramente fui amareggiato quando Davide non mi convocò.

E glielo hai detto?

Sì, con Cassani ho un bel rapporto. Sono una ragazzo sincero. Lui lo ha apprezzato e infatti quest’anno mi ha dato fiducia fino alla fine. Poi sono stato io dopo le prime uscite a dirgli che non ero in grado di correre. I dottori mi dicevano che avrei perso 4-5 settimane, io dicevo che al massimo ne avrei persa una, invece…

Oggi quasi nessuno si allena con le corse, ma tutti puntano. E’ il metodo Contador…

Come hai fatto invece ad essere subito al top dopo il lockdown?

Con il mio preparatore, Rubens Bertogliati, avevamo deciso di partire forte. Poi avrei “staccato” quasi subito, cioè avrei fatto due settimane tranquille dopo il Delfinato. Sarei andato al Tour per essere d’aiuto a Pogacar, soprattutto nella terza settimana. L’idea era di crescere durante la Grande Boucle ed essere in forma per il finale, così da aiutare Tadej e uscire bene per il mondiale e le classiche delle Ardenne.

E come hai lavorato per essere vincente al rientro?

Ho sempre fatto le mie best performance dopo l’altura e i grandi blocchi di lavoro. A me piace allenarmi. Quando va così riesco a tirare la corda il giusto, a calibrare bene le fasi intense e quelle di recupero, quando sei in corsa invece non sei tu che decidi l’andatura. E’ un po’ il ciclismo moderno. E’ il metodo Contador.

Cosa intendi?

Che oggi raramente qualcuno va alle corse per allenarsi. Squadre, atleti, sponsor nessuno lo vuole. Contador magari correva meno, ma mirava ad ogni appuntamento. Quest’inverno al Teide c’erano Roglic e la sua squadra, ebbene da lì andavano direttamente alla Parigi-Nizza senza intermezzi. A me per esempio hanno più volte proposto di fare la Challenge di Majorca (ad inizio febbraio, ndr) ma se vado lì devo fare dei lavori specifici ed intensi già a gennaio, lavori che poi servono a poco per il resto della stagione. Mi sono trovato bene invece iniziando al UAE Tour.

La caduta al Tour non ha quindi cambiato il tuo programma: niente Giro ma classiche delle Ardenne…

Sì, ci tenevo troppo. Mi piacevano troppo. Ma poi ero indietro e sono saltate anche quelle. Ho lasciato però un occhio alla Vuelta. In Spagna vorrei fare bene.

Un calendario serratissimo…

Esatto. Se tutto fosse andato secondo programma da dopo il lockdown avrei fatto due allenamenti, ma due di numero! Uno dopo il Delfinato e uno dopo il mondiale: poi o viaggi o corse.

Formolo
Tadej Pogacar e Davide Formolo scherzano con Vasile Morari, meccanico della UAE
Formolo
Formolo scherza con Vasile Morari, meccanico UAE
Prima hai parlato di aiutare Pogacar, ma quindi questa vittoria non è stata del tutto una sorpresa come si dice, la UAE era partita con l’idea di far classifica con lo sloveno?

Beh, dopo quella sua Vuelta dello scorso anno… Lì Pogacar aveva vinto le tre tappe più dure e aveva fatto terzo nella generale. Mi è dispiaciuto non poterlo aiutare, anche perché Tadej abita due piani sotto di me e usciamo sempre insieme. Nel ritiro di Livigno questa estate siamo andati insieme ripartendo quasi da zero, stando sempre fianco a fianco in bici e fuori.

Per te quindi non è stata una sorpresa?

No. Ricordiamoci che alla Vuelta 2019 nella cronosquadre iniziale erano caduti tutti, perdendo oltre un minuto. Pogacar è un ragazzo davvero unico. Lo svegli a mezzanotte e gli dici di fare un test all’improvviso si alza e ti fa 20′ a 7 watt per chilo!