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Alla Milano-Torino, prima vittoria Tudor: Cozzi racconta

15.03.2023
4 min
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La prima della Tudor nella classica più antica del mondo. Nessun olandese aveva mai messo il proprio nome nell’albo d’oro della Milano-Torino fino ad Arvid De Kleijn, che al sesto sigillo in carriera, il più importante, ha fatto sorridere la professional guidata da Fabian Cancellara.

Il ventottenne di Herveld è sfrecciato sul traguardo di Orbassano nella corsa di 192 chilometri scattata da Rho e durata meno di 4 ore (3h59’02), alla media monstre di 48,2 km/h (record di sempre, perché mai era stato superato il limite dei 48), sfruttando la scia del connazionale della Dsm, Casper Van Uden (poi terzo), e poi si è lanciato come un missile fino all’arrivo, senza lasciare scampo nemmeno all’esperto Fernando Gaviria (secondo).

Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria
Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria

Bus accanto

Casualmente, i bus della Tudor e della Movistar erano vicini nel lungo serpentone a poche centinaia di metri dall’arrivo e così il velocista colombiano, mentre intervistavamo Claudio Cozzi, si è subito avvicinato al ds della Tudor per fargli i complimenti e commentare lo sprint.

«Di solito parto lungo e mi fregano – dice – stavolta ho aspettato e mi han battuto lo stesso».

De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima
De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima

Studiato nei dettagli

Cozzi ha sorriso e si è goduto il momento storico, raccontando proprio come è stato preparato a tavolino il finale della Milano-Torino.

«Nel meeting di ieri sera avevamo guardato gli ultimi undici chilometri – racconta – con attenzione particolare agli ultimi 6 e mezzo, che erano molto complicati per via delle rotonde. Ognuno aveva il suo compito da fare e in pratica dovevamo entrare con due corridori davanti a lui ed è andata più o meno così. Poi, bisognava prendere a tutta l’ultima curva e cercare di portarlo più vicino possibile all’arrivo e lui doveva soltanto fare il suo sprint».

Preziosissimo il lavoro dell’ultimo uomo Maikel Zijlaard che, nell’insidioso finale, l’ha messo nelle condizioni migliori per regalarsi un mercoledì da leoni.

Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech
Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech

L’entusiasmo di Cancellara

Così è stato e il semi-sconosciuto velocista oranje, avvicinatosi al ciclismo a 16 anni, è stato scaltro abbastanza per chiudere gli spazi allo scafato Gaviria senza però commettere scorrettezze. E pensare che Arvid nasce scalatore, poi ha messo su chili ed è diventato sprinter.

«E’ un sogno che diventa realtà – aggiunge Cozzi – va ringraziato tutto lo staff. Fabian mi ha chiamato subito dopo l’arrivo, già alla deviazione delle macchine. Ci aveva già chiamato anche stamattina, nel trasferimento e mi ha detto: “Oggi voglio vedere un bel team, che lavoriamo bene e dobbiamo ottenere il massimo risultato possibile”. Ce l’abbiamo fatta. In questa squadra non ci sono ragazzi di primo pelo, ma hanno grande entusiasmo. Questa è la seconda vittoria che ricorderò più di tutte, dopo quella di un gregario come Belkov al Giro d’Italia 2013 nella tappa di Firenze».

Fra astuzia e malizia

Festa in famiglia per De Kleijn: al traguardo ad applaudirlo c’erano anche mamma e papà, con quest’ultimo che teneva con orgoglio il trofeo.

«Ho sfruttato il lavoro di un grande treno – racconta – ci siamo ritrovati in testa dopo ultima curva, ho sentito che le gambe erano buone, sapevo di avere una grande opportunità che ho saputo sfruttare. Questa è una vittoria molto importante per noi, arrivata dopo un ottimo lavoro di squadra. E’ bello avere Fabian Cancellara con noi, è stato uno dei migliori corridori della storia, le sue vittorie mi hanno ispirato».

Poi, sul concitato sprint, aggiunge con un po’ di malizia: «Fernando aveva lo spazio necessario per superarmi, se avesse avuto le gambe per farlo. Non ho fatto niente di irregolare».

Non farà la Milano-Sanremo, a cui la Tudor prenderà parte, perché correrà in Francia, ma Arvid sogna già per l’anno venturo un’altra corsa Rcs Sport. «In futuro mi piacerebbe fare il Giro d’Italia». Chissà che non ci riesca in questa sua seconda giovinezza che è fiorita oggi.

Cozzi ci porta nel cuore del Tudor Pro Cycling Team

12.01.2023
5 min
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Entrando in contatto con il Tudor Pro Cycling Team, l’impressione è quella di approcciarsi a qualcosa in grande evoluzione. Il team svizzero voluto da Fabian Cancellara entra a far parte delle formazioni professional dopo un apprendistato nella categoria inferiore (dove comunque rimane la diramazione development) ma questa probabilmente è solo una tappa verso un approdo più lontano, chiaramente nella massima serie.

La squadra è stata costruita senza cercare grandissimi nomi e considerando i progetti a medio-lungo termine non sarebbe stato neanche corretto farlo. Si lavora soprattutto sui giovani e si costruisce l’infrastruttura, proprio perché il progetto è ambizioso e a lunga scadenza. Di questo progetto fa parte anche Claudio Cozzi, diesse fuoriuscito dalla Israel Premier Tech e approdato quasi per caso alla formazione elvetica.

Il team al lavoro sulla pista di Ginevra, sede degli allenamenti sulla tecnica (foto Tudor Pro Cycling)
Il team al lavoro sulla pista di Ginevra, sede degli allenamenti sulla tecnica (foto Tudor Pro Cycling)

Solo fino a poche settimane fa, Cozzi aveva altre idee per la testa: «Ero uscito dalla formazione israeliana con l’idea di prendermi un periodo di riposo – dice – da dedicare soprattutto alla soluzione di alcuni problemi di salute. Invece sono stato contattato da Ricardo Scheidecker, il responsabile sportivo del team, che mi ha convinto presentandomi il progetto. Ho trovato un ambiente entusiasta, di quell’entusiasmo contagioso che ti coinvolge. Soprattutto un ambiente nuovo. Non ho mai lavorato alla formazione di giovani talenti e la sfida mi solletica alquanto».

E’ qualcosa di completamente diverso dalla formazione israeliana, anche perché quella aveva un’età media molto più alta.

E’ effettivamente un team molto diverso, basato su corridori di grande esperienza che in passato hanno vinto molto. Avevamo a disposizione atleti già completamente svezzati, un calendario del massimo livello, sfide con i più grandi. Qui si lavora su basi concettuali completamente diverse. Significa rimettersi in gioco, almeno per me.

Il lussemburghese Luc Wirtgen e il francese Alois Charrin. Wirtgen è stato 3° al Tour of Antalya (foto Tudor Pro Cycling)
Il lussemburghese Wirtgen (3° al Tour of Antalya) e il francese Charrin (foto Tudor Pro Cycling)
Che cosa ti ha colpito di più nel tuo approccio con il team elvetico?

La grandissima professionalità, che credo sia il primo ingrediente se si vuole davvero crescere. Abbiamo un management e uno staff dirigenziale davvero molto buono, con tanta voglia di crescere e soprattutto con un’enorme voglia di lavorare. Ci sentiamo costantemente fra noi direttori sportivi: almeno una riunione settimanale per analizzare ognuno dei nostri corridori.

Com’è strutturata la squadra?

Abbiamo 20 corridori nell’organico, con 4 tecnici. C’è una ripartizione fra noi dei vari corridori, cerchiamo di mantenere uniti i vari gruppetti in base ai loro allenatori, tutta gente che ho visto essere estremamente preparata. C’è poi un direttore sportivo che è dedicato esclusivamente alla squadra Devo, per tenere un rapporto di filiera e questo dimostra che i progetti sono proiettati in là nel tempo. E poi c’è Cancellara…

Fabian Cancellara con i suoi ragazzi. Lo svizzero ora vuole puntare sui giovani (foto Tudor Pro Cycling)
Fabian Cancellara con i suoi ragazzi. Lo svizzero ora vuole puntare sui giovani (foto Tudor Pro Cycling)
Si sente la sua impronta nel team?

Enormemente. E’ un leader nato, ha un carisma fortissimo che gli deriva anche dal suo eccezionale palmarés. Sta trasmettendo in tutti quella voglia di vincere che è stata alla base delle sue imprese e non vale solo per i corridori, tutti ne siamo contagiati.

C’è un equilibrio tra il blocco svizzero e quello estero, con corridori di altre 7 Nazioni. La sensazione è che la squadra sia anche uno strumento di crescita del movimento nazionale, un po’ come si vorrebbe in Italia attraverso un team del WorldTour…

E’ così, sin dall’inizio Cancellara è stato chiaro: il progetto era creare un gruppo che consentisse ai ragazzi del suo Paese di seguire le sue orme. Anche per questo il progetto Tudor Pro Cycling è a lungo termine e vuole approdare nel WorldTour, per completare quel cammino che poi sarà a disposizione in primis di tutti i ragazzi svizzeri.

Che impressione hai della squadra, qual è il livello generale?

Molto buono, ci sono giovani ma anche elementi d’esperienza come ad esempio Simon Pellaud, che in Italia è ben conosciuto. Pellaud ma anche altri come Bohli, Kamp, Suter devono essere il collante del team e il riferimento per consentire ai più giovani di crescere e migliorare e soprattutto ambientarsi sempre di più nel ciclismo che conta.

Il 22enne tedesco Mika Heming, molto promettente. Nel 2022 ha colto 2 vittorie e ben 26 top 10 (foto Tudor Pro Cycling)
Il 22enne tedesco Heming: nel 2022 ha colto 2 vittorie e ben 26 top 10 (foto Tudor Pro Cycling)
Quali sono gli elementi più promettenti?

Sarebbe antipatico fare una distinzione, ci sono tanti corridori che possono far bene e anche i più anziani, quelli di cui prima non sono qui solo per pensare agli altri ma anche per trovare le loro occasioni. Se proprio devo fare un nome ricorderei Robin Froidevaux se non altro perché è il campione svizzero in carica e perché viene dalla vittoria nella Serenissima Gravel.

Proprio a proposito di gravel, come viene vista la multidisciplina?

Non c’è una chiusura, anche se chiaramente essere un progetto sul nascere bisogna ancora prendere le misure. L’esempio di Froidevaux è però indicativo, ma bisogna considerare che l’attività su strada è logicamente primaria. Magari qualche altra sortita a fine stagione nel gravel la faremo, per il resto si vedrà con il tempo.

La Israel retrocessa, il WorldTour e le critiche di Cozzi

09.11.2022
5 min
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«Non è vero che nessuno ha protestato – dice Claudio Cozzi con la voce risentita – avete mai partecipato a una riunione dell’UCI sul WorldTour? Ci sono le 18 squadre che, avendo comprato la licenza, sono soci della stessa organizzazione. Arrivano alle riunioni e gli viene detto: «Abbiamo deciso di fare così!». Punto. Avete mai sentito di qualche decisione presa in accordo con le squadre? Tante si sono lamentate per la situazione. Era a rischio anche la Movistar, come anche la Bike Exchange che ha la licenza da 10 anni…».

Claudio Cozzi era già alla Katusha, da cui la Israel-Premier Tech ha comprato la licenza WorldTour
Claudio Cozzi era già alla Katusha, da cui la Israel-Premier Tech ha comprato la licenza WorldTour

Calendari diversi

La Israel-Premier Tech invece è retrocessa. Nel ciclismo stupendo ma per certi versi disfunzionale degli ultimi anni, quel che si fatica a considerare credibile è il sistema dei punti – promozioni e retrocessioni – varato dall’UCI. E’ palese che se le squadre non disputano lo stesso… campionato, è impossibile che la classifica risulti attendibile. Così c’è chi ha gareggiato per tutto l’anno nel WorldTour e chi invece ha fatto razzia di punti nelle corse più piccole. Come quando nel dilettantismo dei prima e seconda serie, si andavano a disputare le tipo pista al Sud che davano gli stessi punti delle corse al Nord.

La squadra del miliardario israeliano Sylvan Adams è finita tra le professional a capo di una stagione non certo brillante, anche se ha presentato ricorso. E siccome meglio di loro ha fatto anche la Total Energies di Sagan e compagni, nel 2023 la squadra israeliana sarà soggetta agli inviti. Le wild card, spiega infatti Cozzi, spetteranno infatti alla Lotto Dstny e al team francese.

La vittoria di Woods al Gran Camino è stata uno dei momenti migliori della primavera
La vittoria di Woods al Gran Camino è stata uno dei momenti migliori della primavera
Come l’avete presa?

Non bene. Sono stati spostati i mondiali di calcio, sono state rimandate le Olimpiadi, non so perché abbiano continuato con questa situazione, visto che già a dicembre qualcuno si lamentava. Il nostro percorso è stato molto accidentato dall’inizio della stagione. C’erano corridori che arrivavano alle corse e li dovevi rimandare a casa subito perché stavano male. Vomito e dissenteria nel periodo del virus intestinale, oppure Covid o febbre. Per problemi come questo abbiamo perso tutta la parte importante della stagione. Abbiamo avuto un po’ di luce al Gran Camino dove Woods ha vinto la tappa, poi è arrivato secondo in classifica.

Siete mancati soprattutto a primavera…

Ben Hermans non ha mai corso quest’anno ed è uno che ha sempre portato punti. Mancando corse importanti come Tirreno, Sanremo, Strade Bianche, Catalunya, Paesi Baschi e classiche, sono tanti punti che perdi. Alla fine dell’anno scorso eravamo a metà classifica. L’anno prima eravamo entrati nel WorldTour con i contratti in essere, quindi il team era quello, con rispetto per i corridori che c’erano. Non era andata neanche male. Avevamo vinto una tappa al Giro con Dowsett e una alla Vuelta con Dan Martin, che era arrivato quarto. Anche l’anno scorso è stata una buona stagione con una tappa al Giro e altre vittorie. Invece quest’anno purtroppo non abbiamo mai potuto essere competitivi. La gente parla, però io so quanto abbiamo lavorato.

Al Tour de France, la commovente vittoria di Houle, con dedica al fratello. L’abbraccio di Woods
Al Tour de France, la commovente vittoria di Houle, con dedica al fratello. L’abbraccio di Woods
Per provare a salvarvi?

Abbiamo lavorato per cercare di risolvere la situazione, anche mettendo sotto stress staff e corridori. Per andare a cercare le corse, rendendoci conto che non è logico il modo in cui è stata fatta la divisione dei punti fra le corse di seconda categoria e quelle WorldTour. C’erano dei momenti in cui noi facevamo contemporaneamente 2-3 corse WorldTour, mentre altre squadre di cui non faccio il nome, andavano nelle corse minori a fare tutti i loro punti.

Retrocedere significa non avere più il calendario di prima.

Un’altra cosa che secondo me non è normale è il periodo di tre anni fino alle prossime promozioni e retrocessioni. Se così vogliono fare, allora il meccanismo deve essere secondo me annuale, come in tutti gli sport. Per come è adesso, le wild card le avranno la Lotto e la Total Energies che è finita davanti a noi, mentre noi saremo soggetti agli inviti. Poi guardi il livello delle squadre e pensi: le due che sono salite hanno l’organico per fare i tre grandi Giri? Forse la Alpecin, che però ha perso Merlier e Jay Vine, che gli ha vinto due tappe alla Vuelta. Hanno Philipsen e Van der Poel, ma anche loro dovranno barcamenarsi.

De Marchi Giro 2021 Regeni
Alessandro De Marchi in rosa al Giro del 2021: il friulano lascia la Israel e passa alla Bike Exchange
De Marchi Giro 2021 Regeni
Alessandro De Marchi in rosa al Giro del 2021: il friulano lascia la Israel e passa alla Bike Exchange
Quanto è stato stressante per staff e corridori?

Io vi dico che non ho mai finito stanco come quest’anno. C’erano più corse da fare. A un certo punto Verbrugghe (altro tecnico della Israel, ndr) mi ha chiesto se dovessimo fare ancora più corse. Ma cosa volevi fare di più? Abbiamo corso tantissimo. Quando è finita l’ultima, la Veneto Classic, ha ricominciato a circolarmi il sangue, dopo mesi di biglietti da fare e rifare, corridori da mettere insieme per le corse, biciclette da spostare, i mezzi. Mostruoso, non potete immaginarlo. Non ho mai fatto così tanto lavoro in vita mia…

Cambia qualcosa nella squadra 2023?

L’organico rimane uguale, alla fine saranno 26-27 corridori. Non puoi averne tanti di meno, almeno da quello che ho capito, se vuoi provare a ritornare nel WorldTour. Smantellare sarebbe deleterio, perché comunque l’idea è costruire una squadra che diventi un riferimento. Sylvan Adams qualcosa per il ciclismo l’ha fatto. Ha organizzato la grande partenza del Giro da Israele. Ha aiutato le ragazze afghane a venire qua. Ha istituito la Fondazione per costruire un centro in Rwanda, che partirà presto. Insomma, io spero che lui possa rimanere nel WorldTour perché se lo merita.

La guerra dei punti. La classifica UCI cambia anche le tattiche

26.08.2022
7 min
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La questione dei punti sta assumendo sempre più peso. Ormai influenza in modo visibile l’andamento delle corse. Tattiche, formazioni… si sta scatenando un vero rush finale. Al termine di questa stagione infatti scadrà il triennio che determinerà chi resterà nel WorldTour e chi no.

La maggior parte dei team è al sicuro, ma ci sono gli ultimi 5-6 in classifica e gli ultimi due in particolare che se la stanno passando davvero brutta. Rischiano di perdere una licenza che all’epoca fu pagata e che dopo l’ultima riforma (fatta nel 2019, attiva dal 2020) si è trasformata in uno status che si ottiene per merito: la classifica, appunto.

Marcatura a uomo. Tour du Limousin: scatta un Movistar, chiude un Lotto, rispettivamente 18° e 19° nella classifica UCI
Marcatura a uomo. Tour du Limousin: scatta un Movistar, chiude un Lotto, rispettivamente 18° e 19° nella classifica UCI

Coltello tra i denti

Sportivamente parlando sarebbe anche giusto, ma ci sono due “ma” che non vanno sottovalutati.

Uno: di questa classifica fanno parte anche i team che non sono WorldTour, i quali si ritrovano per regolamento ad essere avvantaggiati sulla gestione degli obblighi di calendario e delle conseguenti formazioni da schierare.

Due: l’avvento del Covid è stato un terremoto che ha sparigliato le carte e mandato a monte tante programmazioni.

Dicevamo dell’andamento tattico. Giovanni Ellena ci ha detto di aver visto al Tour du Limousin una Movistar stile Tour per la formazione schierata, i mezzi, lo staff e la cattiveria agonistica nell’affrontare la corsa. Filippo Conca, della Lotto Soudal (una delle squadre a rischio), che non rientra nei primi dieci corridori del team e quindi non “porta punti”, sa già che sarà costretto a fare quasi sempre il gregario. Dovrà lavorare per quei dieci compagni che invece contribuiscono alla causa del team. E come lui moltissimi altri atleti.

All’Arctic Race Lafay ha vinto, ma non ha portato punti al team in quanto 11° della Cofidis, ma ha limitato i diretti rivali della Israel (3° e 5°)
All’Arctic Race Lafay ha vinto, ma non ha portato punti al team in quanto 11° della Cofidis, ma ha limitato i diretti rivali della Israel (3° e 5°)

Damiani: è caccia ai punti

«Purtroppo – dice Roberto Damiani diesse della Cofidis – bisogna essere realisti e dico che ha ragione Conca. L’UCI ha creato questa spaccatura che è devastante per i team e fa male soprattutto ai giovani. Quando il loro livello non è eccelso non hanno modo di fare la corsa. E se in gara ci sono i top team sono costretti a lavorare anche per non vincere.

«Anche noi ci siamo ritrovati a tirare per fare i punti o per non far vincere gli altri. Una marcatura a squadre che di certo taglia lo spettacolo».

Damiani riprende la situazione che si era venuta a creare quando c’era la Coppa Italia. In pratica si correva per portare più atleti nei primi, piuttosto che farne vincere uno. Perché un 5° e un 7° posto davano più punti che una vittoria.

«Oggi ci sono 13-14 squadre che tutto sommato sono tranquille, poi è bagarre totale. Basta sbagliare una settimana di corse che ti ritrovi in piena lotta retrocessione.

«Non solo la Movistar ha corso così al Limousin – ha commentato Damiani – ma anche noi all’Arctic Race. Per forza: sei costretto. Abbiamo corso col coltello tra i denti: abbiamo vinto due tappe, indossato una maglia, portato due corridori nei primi cinque e preso 250 punti, una boccata d’ossigeno.

«Ci siamo ritrovati in questa situazione in virtù di un 2020 pessimo a causa del Covid. Un 2021 che ne ha risentito ma discreto e un 2022 direi buono. Adesso, avendo la tripla attività, la squadra è ripartita con tre (o quattro) atleti dei primi dieci che portano punti in ogni corsa e tutti gli altri a tirare per loro. Non solo, ma ci siamo ritrovati a partecipare o a richiedere di partecipare a corse che un tempo neanche avremmo preso in considerazione».

Cozzi nell’ammiraglia della Israel. Al momento questa squadra, 20ª, avrebbe la wild card 2023 solo per le gare WT di un giorno
Cozzi nell’ammiraglia della Israel. Al momento questa squadra, 20ª, avrebbe la wild card 2023 solo per le gare WT di un giorno

Israel nella burrasca

Chi chiude la classifica delle WorldTour e in questo momento sarebbe fuori dalle “fab 18” è la  Israel-Premier Tech. La squadra ha in Claudio Cozzi uno dei suoi direttori sportivi di maggior esperienza. E anche lui ricalca quasi per filo e per segno le parole di Roberto Damiani.

«La situazione – dice Cozzi – è così quasi per tutti. Non dico che siamo sotto stress, ma da giugno a settembre ci siamo ritrovati a fare un sacco di corse. Corse che non pensavamo di dover fare. La situazione è questa e ognuno cerca di portare acqua al suo orto… altrimenti i frutti non nascono».

E i frutti si chiamano WorldTour. Cozzi punta fortemente il dito contro il 2020 e l’avvento del Covid. E’ quello che più di altri ha scombinato le cose, ha mescolato così tanto le carte in tavola da vanificare molte delle programmazioni fatte. Fatto che non è stato preso in considerazione.

«E anche in questa stagione – dice Cozzi – il Covid si è fatto sentire. Noi abbiamo dovuto rinunciare al Giro delle Fiandre perché non avevamo corridori a sufficienza. Ma vi rendete conto? Il Fiandre…

«Anche la Movistar è crollata. Prima si reggeva quasi con i punti del solo Valverde, adesso è con noi a rischio. E’ un vero caos. E anche la questione dell’assegnazione dei punti deve cambiare. Non può essere che molti team che erano al Giro abbiano raccolto meno di squadre che non c’erano e che non avendo l’obbligo di partecipazione hanno potuto scegliere dove correre».

Il riferimento è al caso Arkea-Samsic, di cui parlammo a giugno.

«Quello che dice Damiani è vero. Spesso si corre per non far fare punti agli altri che per vincere. Non ci sono poi vincoli sul numero delle gare e si può cercare di correre su più fronti. Il che in teoria è vantaggioso. Ma anche fare la tripla (o quadrupla, ndr) attività non è facile. E’ dispendioso sotto ogni punto di vista e anche avendo tutti i corridori non ci si arriva con lo staff e la logistica. E’ un impegno importante.

«Per le formazioni si cerca di mandare quell’uomo o due più appropriati per la determinata gara e gli si mette loro una serie di gregari. Non puoi fare altro. E anche in questo caso penso che i punti dovrebbero portarli tutti gli atleti e si dovrebbe consentire di schierare più corridori nelle corse, almeno quelle a tappe. Tanto più con il Covid. Noi quest’anno, per esempio, al Giro dopo meno di una settimana siamo rimasti con cinque corridori. Come fai a fare un gioco di squadra?».

Aranburu vince al Limousin, mentre sprintano anche i compagni Garcia Cortina e Serrano, contro ogni manuale del ciclismo
Aranburu vince al Limousin, mentre sprintano anche i compagni Garcia Cortina e Serrano, contro ogni manuale del ciclismo

Movistar: parla Unzue 

Se la Cofidis di Damiani tutto sommato si è un po’ ripresa e adesso è al 15° posto, la Israel-Premier Tech naviga in acque burrascose. Al momento il team è ventesimo, quindi fuori. E la Movistar, 18ª, è appesa ad un filo. La filosofia della squadra di Eusebio Unzue è sempre stata quella di fare bene nei grandi Giri, ma si è visto che sono le piccole corse di un giorno quelle che pagano: le 1.1 e le 1.Pro.

Ma dopo un Giro e un Tour sotto tono questa Vuelta diventa più che un ancora di salvezza: è la vita.  

«Questo sistema di punti – ha detto Unzue a L’Equipe – è stato creato con buone intenzioni. Ma non funziona. Credo che dobbiamo correre per garantire lo spettacolo e non mi sembra logico come si corre adesso. Ora si va a caccia di punti UCI per restare nel WorldTour».

Anche nel giorno della vittoria di Aranburu al Limousin, la squadra spagnola ne ha piazzati tre nei primi sei: primo, quinto e sesto, col rischio di perdere la volata principale.

Il team, forse per la prima volta o comunque dopo moltissimo tempo, prenderà parte al Tour of Langkawi, l’importante corsa in Malesia, lontana anni luce dalla filosofia di ciclismo del manager spagnolo e della sua squadra.

Ma la Movistar come le altre squadre a rischio non ha scelta. Perdere il WorldTour significa perdere certezze sul futuro, fatica a reperire sponsor, possibilità che alcuni contratti con i corridori possano decadere poiché firmati per una squadra il cui status non c’è più. Insomma, una patata a dir poco bollente.

Quindi se dovessimo vedere, anche in questa Vuelta, tattiche poco chiare e andamenti della corsa che apparentemente non hanno senso, magari la spiegazione potrebbe essere proprio nella guerra dei punti.

Cozzi e il circolo virtuoso di Froome. I segnali positivi di Chris

08.06.2022
4 min
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«Chris finalmente non ha più dolori e può allenarsi bene». Il Chris in questione è Froome, chiaramente. Queste parole Claudio Cozzi, direttore sportivo della Israel-Premier Tech, ce le aveva dette al Tour of the Alps e ce le aveva ripetute al Giro d’Italia.

E in effetti qualcosa si muove per il britannico. I segnali positivi ci sono stati sia nelle sue sensazioni, sia in corsa, e nel suo computerino che è tornato a parlare di wattaggi importanti.

Mentre Froome pedala il Tour de France al Delfinato, torniamo a parlare con Cozzi.

Claudio Cozzi (classe 1966) è uno dei diesse della Israel-Premier Tech
Claudio Cozzi (classe 1966) è uno dei diesse della Israel-Premier Tech

Dolori giù, watt su

«Confermo tutto – dice Cozzi – nelle ultime settimane ci sono stati dei miglioramenti in allenamento, ma anche in corsa. E lo abbiamo abbiamo visto al Mercan’Tour. So che in questi primi giorni del Delfinato le sue sensazioni sono buone. Io non sono con la squadra adesso, ma ho sentito Chris anche pochi giorni fa in quanto voleva provare una nuova radio e mi ha ripetuto che non ha dolori e per questo ragione è motivato e contento».

La cosa più importante, ancora prima dei valori espressi in bici che sono tornati ottimi, è proprio l’assenza di dolore. Questo cambia tutto. Cambia l’umore, aumenta l’ottimismo e ti fa tornare la voglia di allenarti forte. Cosa che comunque a Froome proprio non è mai mancata. Lui è uno stakanovista del lavoro. S’innesca il famoso circolo virtuoso.

«Al Tour of the Alps per la prima volta ci aveva detto che non avvertiva più i soliti dolori. Che rispetto allo scorso anno stava meglio e quindi sapeva di essere sulla buona strada. In quanto a chilometri e volumi di lavoro, non che sia cambiato molto: Chris non è mai stato restio ad allenarsi, neanche quando stava male.

«Riguardo ai valori che crescono, in questi giorni non sono in grado di quantificarli e non posso, però il fatto che qualche giorno fa, quando ha vinto Fuglsang (il Mercan’Tour, ndr) sia stato con il gruppetto dei primi fino ai 10 chilometri dall’arrivo è un’ottima notizia. E’ qualcosa che fino a qualche mese fa sarebbe stata impossibile».

Il britannico sta ritrovando il sorriso
Il britannico sta ritrovando il sorriso

Forza mentale

Come lo squalo che fiuta mezza goccia di sangue e fa scattare il suo istinto killer, anche Froome se sente “mezza gamba” come si dice in gergo, cambia i suoi orizzonti. 

Il britannico può davvero fare bene, può davvero essere ad una nuova svolta della sua carriera. E già la crono o un arrivo di tappa in salita fatte bene al Delfinato possono dire molto. Se dovesse arrivare con i primi… automaticamente ritornerebbe la testa del campione di vertice.

«Vedendo che va si carica – riprende Cozzi – questo è sicuro. Chris già è carico di suo. Mi diceva: «Io non sono sicuro se tornerò a vincere un grande Giro, ma non voglio finire così”. 

«Se riuscirà a tornare in alto, il 90% sarebbe da attribuire proprio alla sua voglia, alla sua testardaggine, alla sua forza mentale. Poi se dovesse arrivare una volta davanti sì, ripeto, sarà contento e motivato, gli scatterà qualcosa nella testa ma non ha comunque la bacchetta magica».

«Froome non si pone obiettivi di corsa o di posizioni al Tour. Tra l’altro per correttezza devo dire che neanche è ufficiale la sua presenza alla Grande Boucle: ci sono in lista 11 atleti per 8 posti e lui ne fa parte. L’obiettivo è tornare ai suoi livelli e quello sarebbe un punto di partenza. Se Froome torna Froome, poi può vedere una volta per tutte cosa fare».

Cozzi, per onestà dice che non c’è ancora una convocazione ufficiale, ma di certo il Tour de France è l’obiettivo di Froome: uno come lui vuole e “deve” esserci in Francia.

Froome è al Delfinato pensando al Tour, anche se ufficialmente non è ancora certa la sua presenza
Froome è al Delfinato pensando al Tour, anche se ufficialmente non è ancora certa la sua presenza

Meglio in sella

Il lavoro una volta era impostato per il Tour e provare a vincerlo, adesso è sempre per il Tour, ma come detto, prima ancora per ritrovare se stesso. E in tale senso il Tour è una delle tappe da affrontare.

«Si è allenato bene ad Isola 2000 con la squadra. Tanta quantità e tanta qualità: non sono mancati lavori specifici, fuori giri che riproducano le situazioni di gara e dietro motore.

C’erano Woods, Fuglsang, Clark… ne hanno approfittato anche per fare delle ricognizioni. Ma lui ha poco da scoprire sul Tour, visto che ne ha vinti quattro!».

Cozzi parla poi di un Froome visto bene anche in sella. L’assenza di dolori hanno migliorato anche questo aspetto.

«Non che Chris sia un grande “stilista” in bici – conclude il diesse della Israel PremierTech – però da quel che ho visto al Tour of the Alps e da quel che vedo nelle corse alla tv, mi sembra meglio dello scorso anno. Per esempio nella corsa che ha vinto Fuglsang l’ho visto bene quando era davanti con i primi. E quando dico bene intendo che si muove meno in sella. E’ più stabile.

«Con Gary Blem, il meccanico che si porta dietro dal vecchio team, hanno lavorato bene. Chris si fida ciecamente di lui».

Froome e De Marchi, il punto dall’ammiraglia con Claudio Cozzi

29.04.2022
4 min
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In casa Israel – Premier Tech vale la pena soffermarsi un attimo a parlare di due nomi. Due nomi importanti: Alessandro De Marchi e Chris Froome. Due veterani della squadra diretta da Claudio Cozzi, uno dei diesse, e due corridori che in questo inizio di stagione hanno fatto più fatica del dovuto.

Ma se per il britannico il barometro volge al bello, per il friulano il meteo è ancora incerto, anche se qualche timido segnale positivo è arrivato dalla Liegi.

Froome e De Marchi, rispettivamente primo e terzo da sinistra, al via da Cles nella prima frazione del TOTA
Froome e De Marchi, rispettivamente primo e terzo da sinistra, al via da Cles nella prima frazione del TOTA

Niente dolori…

Partiamo dal re di quattro Tour, un Giro e due Vuelta. Dicevamo che le cose migliorano. Nei giorni del Tour of the Alps lo stesso Cozzi ci aveva detto che erano tre anni che Chris non raggiungeva certi valori in allenamento.

«Esatto – dice il direttore sportivo – tre anni che non raggiungeva certi valori, ma quello che più conta è che non sente più dolore e questo gli consente di allenarsi bene, forte come vuole lui. 

«Sta continuando a dare segnali positivi. Al Tour of the Alps è caduto però poi sembrava che stesse abbastanza bene, non ha avuto problemi fisici: nessun tipo di dolore, ginocchio, schiena o caviglia quello che lo tormentava lo scorso anno. Io sono fiducioso».

«Chris è un fighter, un combattente, nella vita e nello sport – ha aggiunto Cozzi – Ha una testa veramente forte e quindi man mano che vede che sta bene, che migliora, va in progressione. Prende fiducia. La sua testa è molto forte, adesso ha bisogno di recuperare il suo fisico dopo quel maledetto incidente. E non è facile, anche perché gli anni passano. Però, ripeto, Chris ha una testa fuori dal normale».

«E’ di una professionalità incredibile. Mi colpiscono la calma e la tranquillità che ha nel gestire ogni situazione. Lui non sente le pressioni, non sente i giudizi altrui, se i giornalisti lo criticano per lui è uguale».

Froome ha anche provato ad andare in fuga sul Rolle (2ª tappa del TOTA)
Froome ha anche provato ad andare in fuga sul Rolle (2ª tappa del TOTA)

Froome e il Giro?

Alla luce di un buon Tour of the Alps, al netto dell’ultima tappa in cui Froome è uscito fuori tempo massimo come la metà del gruppo (hanno preferito non rischiare tra pioggia, freddo e discese tecniche), è curioso conoscere quale sarà il programma di lavoro e di gare del britannico.

«Stiamo decidendo proprio in questi giorni – ha detto Cozzi – gli allenatori valutano i suoi dati e di conseguenza stileremo il suo programma. Una remota possibilità di vederlo al Giro? Difficile da dire. Stiamo disegnando la squadra del Giro in questi giorni».

Il fatto di lasciare una piccola porta aperta sulla presenza di Froome al Giro è legata principalmente alla questione dell’ormai noto bollettino medico che coinvolge tutte le squadre. Di base Chris non dovrebbe essere al via da Budapest. Tanto più che dopo il Tour of the Alps si è schierato anche al Romandia: proprio perché stava bene voleva accumulare un buon volume di lavoro.

«Abbiamo sempre qualche corridore fermo, pertanto dobbiamo tenere in considerazione tutti i nostri atleti. Anche perché poi c’è da stare vigili anche sulla questione dei punteggi (per la classifica WorldTour a squadre, ndr). Nello stesso periodo della corsa rosa ci sono il Giro di Norvegia e altre gare: dobbiamo distribuire bene la squadra».

De Marchi ha disputato una buona Liegi visto il lavoro che doveva svolgere e la condizione non certo al top
De Marchi ha disputato una buona Liegi visto il lavoro che doveva svolgere e la condizione non certo al top

“Dema” c’è…

Capitolo De Marchi. Leggendo gli ordini di arrivo si potrebbe dire che Alessandro proprio non va quest’anno. Poche gare, molte delle quali finite anzitempo con dei ritiri. Chiaramente alle spalle c’è una grossa dose di sfortuna. Anche De Marchi come Froome, è un combattente nato, ma quando la salute non gira per il verso giusto c’è poco da fare.

Anzi che almeno la Liegi, seppur indietro, l’ha portata a casa.

«De Marchi – riprende Cozzi – non è che non va, solo che ogni volta ha avuto influenza e mal di stomaco. Nella prima tappa al Tour of the Alps ha vomitato e non ci si aspettava questo. 

«Lui mi ha detto che al Giro vuole esserci, vuole stare con noi, e conoscendolo sono abbastanza fiducioso. L’ho sentito anche nel corso del Tour of the Alps, dopo il suo ritiro ed era in miglioramento (e infatti poi quasi a sorpresa è volato alla Liegi, ndr)».

Alessandro vuole il Giro, okay, ma bisogna anche essere pronti per andarci e di certo il suo cammino non è stato privo di ostacoli. Avrà la condizione giusta? Avrà il volume di lavoro necessario per affrontare tre settimane di corsa?

«Guardate – conclude Cozzi – che Alessandro si è allenato e bene. Non è che non abbia la condizione, ma come ripeto è stato male. I suoi volumi di allenamento li ha fatti. In virtù di questi problemi abbiamo eseguito degli accertamenti e virus non ne sono usciti… quindi dopo la Liegi va diretto al Giro».

Frigo, l’esordio con la WorldTour costa tanta aria in faccia

04.03.2022
4 min
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Nonostante l’inverno non fosse iniziato al meglio, vista la doppia frattura della clavicola. Nonostante sia ancora un giovanissimo (è un classe 2000), Marco Frigo si è già guadagnato un posto nel WorldTour e ha debuttato nel Gran Camino. Calma, nulla ancora è definitivo, ma il corridore vicentino ha esordito con la Israel Premier Tech, mentre ufficialmente milita nella Israel Cycling Academy, cioè la continental della squadra israeliana.

Marco lo abbiamo imparato a conoscere soprattutto nel corso del 2021, tra gli under 23 italiani più in vista. Bene al Tour de l’Avenir, fu poi una delle colonne portanti degli azzurri di Amadori ai mondiali di Leuven. Ragazzo dallo sguardo buono, sempre educato, in bici è un combattente nato.

Frigo in testa a tirare nel Gran Camino: obiettivo tenere sotto tiro la fuga
Frigo in testa a tirare nel Gran Camino: obiettivo tenere sotto tiro la fuga

Ritmo da WorldTour

Marco è soddisfatto di quanto fatto sin qui, di questo inizio di stagione con la nuova squadra. E guardando come si è comportato, ne ha ben ragione…

«L’inverno – racconta – non è stato dei migliori, venivo appunto dalla doppia frattura della clavicola e sarei dovuto partire anche un po’ prima, se vogliamo. Numeri alla mano, i miei valori non sono cresciuti ancora: con quelle due fratture non ho mai avuto una condizione costantemente in crescendo e che mi consentisse di migliorare. Ho fatto il ritiro, non ero super, ma queste gare erano nei programmi. Non è stata una sorpresa.

«E comunque non ci sono arrivato male. L’idea era di farmi fare esperienza. Ma la cosa più importante è che ho rotto il ghiaccio. La gamba risponde bene. Vedo che tutto sommato tengo. Quando aprono il gas… è tanta roba! La differenza si sente».

Frigo è un buon cronoman, lo scorso anno ha preso parte anche al mondiale U23
Frigo è un buon cronoman, lo scorso anno ha preso parte anche al mondiale U23

Già integrato

Marco è stato accolto alla grande nella Israel-Premier Tech. E’ in camera con Alessandro De Marchi ed è seguito da vicino dal diesse Claudio Cozzi. Entrambi lo sostengono, gli danno consigli.

«Sono davvero due brave persone – dice Frigo – che sanno il fatto loro. La squadra è contenta di quanto faccio. Il mio ruolo era quello di lavorare, di tenere la corsa sotto controllo. In una tappa praticamente ho fatto 140 chilometri in testa al gruppo. Però nonostante tutto nel finale ho continuato a lavorare secondo il programma. Insomma c’ero. La squadra è contenta di quanto ho fatto.

«Ed è stato bello perché ti senti utile per la squadra, in corsa hai un ruolo attivo. Cosa mi ha colpito di più? Ritrovarmi a tavola con gente dello spessore di Woods o di Fuglsang e parlare alla pari con loro. Quando ti vengono vicino e ti dicono del buon lavoro svolto, fa piacere».

Sempre in testa, anche in giornate di vento. Un lavoro che è piaciuto molto al team (foto Instagram)
Sempre in testa, anche in giornate di vento. Un lavoro che è piaciuto molto al team (foto Instagram)

Sognando il Giro

E allora si può pensare di essere presi in considerazione per il Giro d’Italia? Alla fine se il team è soddisfatto, se Marco tutto sommato tiene botta e se si pensa che è il ciclismo dei giovani… perché non sognare? In realtà non si può, come dice il regolamento, ma si potrebbe se sulla bilancia si mettesse lo spessore tecnico dell’atleta.

«Essendo tesserato in una continental – spiega Frigo – per regolamento non posso fare il Giro. Posso fare delle corse 1.Pro al massimo. La WorldTour non può convocarmi. Per il Giro dei grandi ci sarà tempo nei prossimi anni. Quello è l’obiettivo». Meglio dunque restare con i piedi per terra e pensare al concreto.

E il concreto è che dopo le prime gare (dopo il Gran Camino, c’è stata Le Samyn) con la squadra WorldTour, Marco è tornato a casa per allenarsi una decina di giorni prima di ripartire per il Belgio, sempre con la squadra dei grandi, almeno all’inizio. In fin dei conti lassù è un po’ di casa, visto che fino alla passata stagione vestiva i colori della Seg Cycling Academy. Frigo correrà infatti la Nokere Koerse, la Bredene Koksijde Classic e poi andrà al Tour de Normadie, stavolta sì con la Israel Cycling Academy.

E dal Belgio, metaforicamente parlando, ritorniamo alla Spagna, al Gran Camino, questa nuova corsa che ha lasciato un’ottima impressione tra gli addetti ai lavori.

«Davvero una gara ben organizzata – conclude Frigo – la Galizia è una terra bellissima. Percorsi ideali e anche strade sempre buone. C’era anche un bel montepremi. Già quest’anno c’era un gran parterre, tanto più se vediamo che ha vinto Valverde, ma sono convinto che l’anno prossimo ci saranno ancora più corridori di spessore».

Fuglsang: alla Israel idee chiare e la Strade Bianche in testa

09.02.2022
5 min
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Jakob Fuglsang cambia ancora pelle. Il danese dopo ben nove stagioni ha lasciato il gruppo Astana. Tra i grandi del WorldTour solo Valverde, Ulissi, Pinot e Puccio sono rimasti altrettanto tempo nello stesso team. E questo per chi va per i 37 anni non è una cosa da poco. Significa rimettersi in gioco, accettare nuove sfide, uscire da quella che oggi è la comfort zone.

Per l’ex biker approdato alla Israel – Premier Tech gli obiettivi non saranno più i grandi Giri, come già aveva dichiarato lo scorso anno, ma le classiche. E stavolta non si tratta solo della “sua” Liegi (che vinse nel 2019). 

Fuglsang verso obiettivi inediti come il Fiandre
Fuglsang verso obiettivi per lui inediti come il Fiandre

Nuove avventure

Fuglsang ha pagato un bel po’ lo scotto del Covid, anche se proprio al rientro nel 2020 era stato il migliore. Aveva dominato l’insolito Lombardia d’estate e “pagato dazio” al Giro d’Italia in autunno. E il 2021 è andato così così, fra strascichi del 2020 e qualche intoppo.

«Quella passata non è stata la mia stagione migliore – ha detto tempo fa Fuglsang – e per questo ho voglia di rifarmi partendo subito bene. Cercherò di lottare per una vittoria fin dall’inizio della stagione. La Strade Bianche è sicuramente uno dei primi grandi obiettivi. Successivamente farò anche il Fiandre. Poi penserò alle Ardenne». 

A stargli vicino ci sarà un altro “vecchietto” tosto, Michael Woods. Il canadese, che ha un anno in meno, è stato uno dei corridori più regolari dell’anno passato e proprio nelle Ardenne mostrò forse la sua versione migliore. Durante la ricognizione della Doyenne mostrò una concentrazione pazzesca ed affrontò, sotto i nostri occhi, la Redoute in modo feroce.

«Se ci sarà la possibilità di essere in due nel finale di una classica monumento – ha ripreso Fuglsang – sarà un vantaggio. Avremmo la possibilità di giocarci le nostre carte e fare la differenza. L’importante è che uno dei due vinca una grande gara quest’anno».

Fuglsang (classe 1985) con i nuovi compagni della Israel – Premier Tech
Fuglsang (classe 1985) con i nuovi compagni della Israel – Premier Tech

Cozzi soddisfatto 

Fuglsang stavolta non ha nel mirino “solo” la Liegi-Bastogne-Liegi. La Strade-Bianche e il Giro delle Fiandre lo aspettano al varco. Due corse prestigiose, durissime e che richiedono una certa abilità di guida. E in tal senso l’ex iridato U23 di Mtb non dovrebbe avere problemi.

Quest’anno il Fiandre vedrà al via più campioni del solito. Oltre agli specialisti, hanno alzato il braccio anche Nibali, Pogacar e adesso il danese. Anche se Jakob ha corso solo una volta la Ronde.

Il suo esordito con la Israel – Premier Tech è stato davvero pimpante. Il danese ha chiuso la Valenciana al sesto posto. Ma quel che lo ha reso felice sono state le sensazioni.

«E’ stata una gara difficile, ma ideale per me. Un buon inizio di stagione e un buon inizio di avventura con la Israel-Premier Tech. Sono molto contento di come è andata la gara, delle sensazioni che ho avuto e anche molto contento di come ha corso la squadra. Ho avuto un fantastico supporto dai miei compagni. Ci stiamo conoscendo».

«Ho visto un Fuglsang molto determinato – ci ha detto il diesse, Claudio Cozzi – Jakob non è venuto qui per essere “uno di passaggio”. Mi è sembrato un ragazzo molto serio. Un ragazzo che sa quel che vuole.

«Il programma? Lo abbiamo stilato insieme, cosa che facciamo soprattutto con i leader. Con loro cerchiamo di fare un calendario personalizzato, anche in base alle loro preferenze. I buoni corridori sono un potenziale che va “sfruttato”, per loro e per il risultato della squadra. Se un corridore non vuole andare ad una corsa è inutile portarcelo. Sì, è stato lui a chiedere di fare il Fiandre».

Insomma Fuglsang è sul pezzo. E ogni sua scelta è stata ben ponderata.

Il danese è più che soddisfatto della sua Factor Ostro Vam (foto Instagram)
Il danese è più che soddisfatto della sua Factor Ostro Vam (foto Instagram)

Sterrato nel Dna

E per quanto riguarda lo sterrato (e sul fatto di partire forte) tutto torna, visto come è andato alla Comunitat Valenciana, appunto. «Sono contento di come sia andata sullo sterrato. Ho dato tutto in quei 1.700 metri… forse troppo in una curva! Ma va bene così», ha detto il danese.

Anche il feeling con la bici è ottimo a quanto pare. Il danese, solitamente molto pacato, ha detto che la sua Factor Ostro Vam è probabilmente la migliore bici da strada che abbia mai avuto. «E’ una bici così ben bilanciata che è una gioia guidarla».

Bici o no, il danese è come il buon vino: più invecchia e più esalta le sue qualità. In gruppo non ci sono solo i “bimbi” della nuova generazione a fare la voce grossa. Prima di vincere devono battere i veterani.

«Dopo la Valenciana riprenderò alla Ruta del Sol. Spero che la mia forma continui a migliorare. Già lì vorrei ottenere un risultato migliore della Valenciana. Il mio obiettivo è continuare ad accrescere la mia forma fisica in vista dei miei prossimi obiettivi».

Fuglsang con il meccanico Gabriele Tosello alla vigilia della Strade Bianche 2021
Fuglsang con il meccanico Gabriele Tosello alla vigilia della Strade Bianche 2021

Strade Bianche in testa

E occhio davvero a queste due gare italiane, la Strade Bianche e la Tirreno-Adriatico. 

«Alla Strade Bianche Jakob ci tiene davvero – dice Cozzi – arriveremo in Toscana il 2 marzo (tre giorni prima della gara, ndr) e ne approfitteremo per fare delle ricognizioni approfondite». Anche nella messa a punto della bici il danese è un vero cecchino. Lo scorso anno, proprio alla vigilia della gara senese, discuteva coi meccanici dell’Astana, su sensazioni, millimetri… e aveva fatto fare degli interventi sulla pedaliera.

«Jakob – conclude Cozzi – sa cosa è meglio per lui. Come ho già detto, è molto professionale e il suo palmares parla per lui. Ha capito dove può fare bene e quali possono essere le corse più adatte al suo potenziale in questo periodo della sua carriera».

Niente Argentina, i team ripiegano su Mallorca

13.01.2022
5 min
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Il Covid ci sta mettendo lo zampino nuovamente. E speriamo che si sia fermato solo alla Vuelta a San Juan, originariamente in programma dal 30 gennaio al 6 febbraio. E’ qui, dall’Argentina, che sarebbe dovuta ripartire la stagione agonistica di molti team, alcuni grandi, alcuni grandissimi, altri più piccoli come quelli locali.

La tappa sudamericana era ormai diventata un riferimento per molti atleti per iniziare la propria stagione agonistica. Il fatto che sia “saltata” come intacca i programmi dei team? Quanto incide ai fini della preparazione? Ne abbiamo parlato con alcuni tecnici: due preparatori e due diesse.

Paolo Slongo, in Argentina ai tempi dell’Astana quando si correva a San Luis. Dietro, Pizzorni, addetto stampa del team a quei tempi
Paolo Slongo, in Argentina ai tempi dell’Astana quando si correva a San Luis

Slongo: stop sì, ma per tutti

Iniziamo da Paolo Slongo, che molto spesso ha aperto le danze a quelle latitudini, soprattutto ai tempi di Nibali.

«Noi – spiega il preparatore della Trek-Segafredo – avevamo un gruppo in cui c’erano soprattutto velocisti. L’idea era di farli partire con una corsa in più in vista del UAE Tour, la prima gara WorldTour dell’anno. E lavorare al caldo sarebbe stato importante. Però è anche vero che come salta per noi, salta anche per gli altri e nessuno ne trae vantaggio».

«A questo punto credo che dirotteremo su Mallorca, che non era in programma e lì recupereremo delle giornate di gara per qualche corridore. Quindi cambia sì, i programmi cambiano un po’ ma tutto è ben gestibile. Se invece dovessero saltare anche le corse del mese di febbraio si complicherebbero le cose. Ma anche in questo caso resto dell’idea che salterebbero per tutti».

«Bisogna cambiare i piani e negli ultimi anni ci siamo abituati. Li abbiamo rivisti tante volte. L’allenamento diventa fondamentale e si simulerebbe di più il ritmo gara. Tra lavori di gruppo e dietro moto si trasformano alcuni allenamenti in vere tappe.

«Noi già eravamo in ritiro e lì avevamo la possibilità di lavorare in gruppo. Magari chi doveva andare in Argentina anziché fare una settimana in meno di ritiro per partire alla volta di San Juan, resta fino alla fine».

L’aumento dei casi Covid ha indotto le autorità locali a fermare la corsa

Cucinotta: tutto sotto controllo

Più o meno dello stesso parere di Slongo è Claudio Cucinotta. Per il preparatore dell’Astana tutto è ancora sotto controllo…

«Alcuni dei nostri corridori avrebbero dovuto riprendere dall’Argentina, ma anche per altre squadre è così. Vediamo se ripartire dal Saudi Tour o dall’Oman, come gare alternative. Ma non bisogna essere  troppo preoccupati. Il calendario è folto sin da febbraio e alla fine si tratta d’iniziare una settimana o dieci giorni dopo. In più noi non saremmo andati con una squadra di big.

«La preparazione per ora resta quella di base. Non andremmo a rimpiazzare quel periodo con della qualità, ma facendo appunto ancora della “base”. Tanto più che per San Juan nessuno sarebbe andato per finalizzare. Magari qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa di più ed era leggermente più avanti, ma ripeto, cambia poco… Se salta solo l’Argentina. Rimescoleremo un po’ i vari partecipanti nelle varie gare».

Miguel Florez, vince sull’Alto del Colorado per l’allora Androni Giocattoli
Miguel Florez, vince sull’Alto del Colorado per l’allora Androni Giocattoli

Spezialetti: allenarsi e vincere

«Cosa cambia senza l’Argentina? Beh, per fortuna noi avevamo già dato l’okay alle gare di Mallorca, Vuelta Murcia e Costa de Almeria – dice Alessandro Spezialetti, diesse della Drone Hopper – il problema sarebbe stato se non ci fosse stato Mallorca. In generale comunque dispiace visto che sono due anni che l’annullano.

«Per noi è una gara importante, facciamo spesso bene ed abbiamo anche vinto come con Florez in un arrivo in salita. Era importante per mettere giù chilometri e iniziare a correre e magari anche a vincere.

«In più quest’anno si doveva andare giù una settimana prima ed era l’ideale per allenarsi al caldo, accumulare, come ho detto, chilometri, insomma sfruttare il buon clima e le alte temperature per fare un buon allenamento. Ci sarebbe stato solo da stare un po’ attenti al ritorno con il freddo che c’è ancora da noi e poi era buona anche perché il fuso orario è abbastanza ridotto, solo quattro ore in una settimana si recupera subito».

La Drone Hopper rispetto ai team WorldTour partiva con qualche velleità in più. Alla fine la Vuelta San Juan è una ghiotta occasione per mettersi in mostra in una gara che ha molta visibilità proprio perché ci sono le squadre WorldTour, le quali però (forse) non sono ancora al top.

«Partivamo per sfruttare qualche occasione – aggiunge Spezialetti – queste erano le nostre velleità. Avremmo portato tre scalatori e tre ragazzi per fare le volate».

La Israel Start-Up Nation era presente nell’edizione 2020. E vinse la prima frazione con Barbier
La Israel Start-Up Nation era presente nell’edizione 2020. E vinse la prima frazione con Barbier

Cozzi: Mallorca, un bell’aiuto

Infine parola a Claudio Cozzi, direttore sportivo della Israel Start-Up Nation, una delle 24 squadre che sarebbe stata al via di San Juan.

«Dal punto di vista della preparazione cambia molto poco – dice Cozzi – mentre incide di più sulla rotazione dei corridori, anche perché non si è ancora sicuri che si svolgeranno Saudi Tour e Oman, questo potrebbe essere un problema.

«Noi abbiamo stilato un calendario fino alla fine di febbraio e, poiché ci sono di nuovo delle incertezze abbiamo parlato a tu per tu con i corridori e lo faremo ancora in questo ritiro. Sfrutteremo al massimo dei training camp anche in altura, Teide o Etna. Training camp che avevamo già programmato, ma che abbiamo atteso a confermare. A quel punto stabiliremo le date con i corridori.

«Inizieremo a correre a Mallorca e poi seguiremo il programma spagnolo. In particolare la gara sull’isola si gestisce molto bene. E’ una challenge: cinque giorni di gara, due per gli sprinter, tre un po’ più mossi. Andremo lì con un numero maggiore di corridori e cercheremo di farne correre il più possibile».