Tra vino e ricordi, sul monte con Vanzella

06.06.2022
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Vanzella è uguale a quando correva. Nel villaggio hospitality della Adriatica Ionica Race sul Monte Grappa, Flavio ha portato i vini della sua cantina e ha colto l’occasione per salutare alcuni vecchi amici. Gente che prima componeva la sua quotidianità e che invece, una volta uscito dal ciclismo, aveva perso di vista.

«Nel 1998 – racconta – ho smesso di correre e ho iniziato pian piano con i vini, perché erano la mia passione, non volendo rimanere nel ciclismo. Mi sono ambientato gradualmente, non è stato facile lasciare un mondo come il ciclismo e spostarsi nell’agricoltura e nel vino. Non volli rimanerci perché ero ormai appesantito dall’essere sempre in giro, dall’essere ogni giorno in un hotel. Era diventato faticoso per me muovermi da casa, quindi ho fatto questa scelta e ne sono orgoglioso».

Nel 1988 Vanzella corre le Olimpiadi a Seoul nella 100 Chilometri. Qui con Roberto Maggioni
Nel 1988 Vanzella corre le Olimpiadi a Seoul nella 100 Chilometri. Qui con Roberto Maggioni

Di vino e di ciclismo

Un metro e 84 per 78 chili, Vanzella smise di correre nel 1998 a 34 anni, dopo dieci stagioni da professionista. Fece le ultime due alla Française des Jeux, a chiusura di una carriera che lo vide iridato nel 1987 e quinto alle Olimpiadi l’anno dopo nella Cento Chilometri. Vinse solo tre corse da pro’ e per due giorni al Tour del 1994 indossò la maglia gialla. Ma la sua è stata una carriera monumentale soprattutto nel ruolo di gregario. Al servizio prima di Saronni, poi di Ballerini, Cipollini, Chioccioli e anche Bugno.

«Mi dispiace – ammette Vanzella – aver tralasciato così tanto il ciclismo per il lavoro. Ritrovarsi qui dopo tanto tempo è bello. E’ bello ritrovare vecchi amici. Il ciclismo è allenamento, dedizione e passione. Fare il vino gli assomiglia molto come dedizione e impegno. Anche questo è un allenamento, perché bisogna capire, costruire e portare avanti i tuoi vitigni e il tuo vino come vorresti che sia. Ci vuole tanto impegno, tanta dedizione e fatica, quindi assomiglia molto al ciclismo».

Vanzella con Amadio, entrambi grandi cronoman con un anno di differenza
Vanzella con Amadio, entrambi grandi cronoman con un anno di differenza

L’effetto Ca’ del Poggio

Risotto, salumi, formaggi, vini, birra e dolci tipici. Nella corsa di Argentin c’è spazio anche per l’enogastronomia. Così il piatto tipico sul Grappa è stato realizzato dai ragazzi dell’Istituto Professionale Giuseppe Maffioli di Castelfranco Veneto, accompagnati da un professore vestito da chef e dal preside in doppio petto. E mentre in un angolo del villaggio viene illustrata la preparazione del risotto, Vanzella va avanti a raccontare.

 «I miei genitori avevano acquistato l’azienda a Susegana nel 1966 – dice – tanti anni fa. Io sono nato in un paese lì vicino, a Vazzola, ma a due anni ci siamo spostati nell’azienda che ancora oggi produce principalmente prosecco e altri vini rossi. Siamo vicini al Muro di Ca’ del Poggio, che per fortuna quando correvo io non c’era ancora. Se non erro, era ancora su una strada bianca. Però va riconosciuto ad Alberto Stocco di aver fatto veramente una bella cosa a inventare questa strada, questo muro. Perché ormai è meta di tantissimi ciclisti della zona e anche dall’estero».

Un’azienda familiare

E così, nel segno di una dedizione molto simile, dopo aver versato un calice di rosso fatto da un blend fra merlot e cabernet, Vanzella spiega che la sua è una giornata di campo. Qui è con il suo enologo, che illustra al pubblico presente le caratteristiche del loro vino.

«La mia è una vita di cantina – dice – ma ci sono anche i lavori di ufficio, che si devono seguire assolutamente. Però c’è una persona importante di cui mi fido, che sta portando avanti tutta la burocrazia. E nel vino ce n’è tanta! In tutto abbiamo 20 ettari e facciamo circa mezzo milione di bottiglie all’anno. E’ un’aziendina piccola, familiare. Comunque sta andando bene e speriamo che continui così. Il mercato del vino non è semplice.

«Il prosecco ha un gran nome, ma alla fine ci sono le grandi aziende che hanno il vantaggio di andare in tutti i mercati del mondo. Noi piccolini invece portiamo avanti la nostra nicchia e i nostri clienti. Ci mettiamo impegno e tempo, ma va bene così. Ognuno al suo posto. C’è chi è bravo a portare avanti grosse realtà e chi si gestisce la propria».

Tempo di ricordi

Lavoro e cantina. Il gusto di raccontare il vino e insieme l’occhio che scintilla incontrando Beccia e Roberto Amadio, un anno più di lui e altro reduce da quelle cronometro così lunghe.

«Del ciclismo mi restano tanti ricordi – dice – soprattutto quando vieni in questi posti e trovi i vecchi compagni di squadra, i vecchi corridori. Avevamo vent’anni, eravamo sempre noi, quindi abbiamo tanti ricordi. Magari con qualcuno non avevi grandi rapporti, ma quando finisci capisci che ognuno correva per la sua strada e faceva il suo lavoro. E allora ritrovarsi è bello. Parlare del passato e di bei ricordi.

«Io ho avuto la fortuna di vivere un periodo di cambiamento. Ho iniziato che c’erano i fili esterni, poi si è passati ai Look. Le bici da crono erano le più tecnologiche con le ruote lenticolari. E’ passato tanto. La bicicletta per ora è più in garage che fuori. Ultimamente ho ripreso piano piano, ma vedo che la fatica è sempre tanta. Vorrei ricominciare, però mi manca la grinta. Adesso però ci metto del mio e vorrei riprovare a fare qualche giretto domenicale. Così, in amicizia…».

Cima Grappa incorona Tesfatsion, ma Zana va in maglia

05.06.2022
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Zana parte lungo. Sul Monte Grappa ci sono nuvole che vanno e vengono, nascondendo il sole e scoprendolo di colpo. Il vicentino della Bardiani-Csf-Faizanè vuole dimenticare il secondo posto di ieri alle spalle di Scaroni e ha messo tutta la squadra a tirare. Prima Zoccarato, poi Covili. I ragazzi di Reverberi impongono un bel ritmo e non ottengono cambi. Quando Zana parte, Amadio, fermo sulla destra della strada nella polo azzurra, dice che è troppo presto. Filippo lo sa, ma sa anche che Tesfatsion è più veloce. L’anticipo però non dà i risultati sperati: il Grappa diventa terra di conquista dell’Eritrea, in una sorta di insolito contrappasso storico. Zana è ancora secondo.

«Sono uscito bene dal Giro – dice il corridore riccio della Drone Hopper-Androni – dove il livello era alto per il ritmo e gli avversari. Sono caduto malamente, ma per fortuna va tutto bene. Alla fine è stato un buon allenamento, perché ora ho gambe molto forti. Ieri ho parlato con il mio direttore sportivo e gli ho detto: “Sto bene, domani vinco”. E oggi ho vinto. Sono molto felice».

Il volo del Block Haus

Natalino è uscito bene dal Giro, corso con la solita verve anarchica. Per cui se i direttori gli dicevano di stare buono, lui attaccava. Non doveva muoversi nel giorno del Block Haus, ad esempio, eppure è partito all’attacco e in quel volo spaventoso in discesa ha rischiato la pelle. Dal Giro se ne è andato il giorno di Aprica, ma appena le ferite hanno smesso di fargli male, s’è preso il secondo posto all’Appennino e oggi la tappa.

«Avevo fiducia di vincere lo sprint – racconta ancora dopo aver posato per foto e stretto mani a un gruppo di tifosi africani con la bandiera eritrea – per questo ho detto a Cepeda di tirare. Conoscevo i corridori nel gruppetto, pensavo che Zana fosse più veloce, ma l’ho battuto».

Tesfatsion ha 23 anni e quest’anno aveva già vinto il Tour of Rwanda
Tesfatsion ha 23 anni e quest’anno aveva già vinto il Tour of Rwanda

Condizione ritrovata

Zana non sa se mangiarsi le mani o rallegrarsi per la maglia di leader, che non sarà facile da difendere ma è pur sempre un passo avanti. Fortunato, vincitore quassù lo scorso anno, è caduto ieri e solo partire oggi è stato un atto eroico. Non riusciva nemmeno a frenare, poi con i chilometri la situazione è un po’ migliorata. Scaroni invece si è staccato in preda ai crampi a 4 chilometri dall’arrivo. Quando non corri per due mesi e ricominci di botto, soprattutto se è caldo e l’arrivo è in cima al Monte Grappa, un crampo in fondo è il minimo che possa capitarti.

«La squadra ha fatto un lavoro supersonico – dice Zana – devo ringraziarli. Speravo di ripagarli con la vittoria, ma sapevo che Tesfatsion era più veloce. Per questo sono partito lungo. Ho provato a prendergli un paio di metri, ma mi ha chiuso subito. In fondo sono uscito bene dal Giro. E’ tutto l’anno che cercavo questa condizione e finora non l’avevo mai trovata. Adesso mi sembra di essere tornato alle sensazioni dello scorso anno e magari nelle tre tappe che restano proverò a dare soddisfazione alla squadra».

Fratelli d’Africa

Natalino detesta la ribalta o così almeno sembra. Grazie alle vittorie di Biniam Girmay, sull’Eritrea si sono accesi riflettori potenti. E così, dopo aver finito di salutare i suoi tifosi venuti per lui sul Monte, torna a raccontarsi.

«In Eritrea – dice Tesfatsion in inglese – ci sono tanti corridori forti, anche meglio di me. Forse dopo le nostre vittorie, qualcosa cambierà, magari le squadre verranno a cercarli e per l’Eritrea e per l’Africa si apriranno prospettive interessanti. Non conosco quelle persone – dice ammiccando ai tifosi che se ne vanno sventolando la bandiera del suo Paese – neanche pensavo che ci fossero degli eritrei quassù. Fra noi è come essere una grande famiglia. Chiunque abbia quella bandiera potrebbe essere mio padre o mio fratello. E spero già da domani di dargli altre soddisfazioni. Domani a Brisighella è una tappa che mi piace molto».

Restano gli alpini

E poi si incammina assieme a Zana verso il Sacrario Militare di Cima Grappa, mentre la gente inizia a defluire e la montagna si riappropria del suo silenzio. Un’altra tappa è in archivio, il Food Program previsto dall’organizzazione oggi ha servito risotto al formaggio Piave Stravecchio, salumi e vini di due cantine, fra cui quella di Flavio Vanzella. Domani la corsa lascerà il Veneto e si sposterà in Emilia Romagna, con Zana in maglia di leader. Un ultimo sguardo alle penne degli alpini che rimarranno quassù per custodire uno dei luoghi più struggenti dell’arco alpino, che conserva i resti di oltre 12 mila soldati italiani e oltre 10 mila austro-ungarici, e anche noi prendiamo la via di Bassano. Il mondo là in basso sembra davvero lontano e silenzioso.