Alla scoperta di Ben Healy, con Charly Wegelius

03.05.2025
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Con il terzo posto alla scorsa Liegi-Bastogne-Liegi, Ben Healy ha conquistato il suo primo podio in una Monumento. Un risultato arrivato dopo tre stagioni in cui abbiamo imparato a conoscerlo e a riconoscerlo: sempre in fuga, sempre all’attacco, con quella testa leggermente piegata sulla sinistra.

Nel 2023 si è rivelato al mondo con un 2° posto all’Amstel Gold Race e un 4° alla Liegi, e da quel momento non ha smesso di crescere e stupire. Ma chi è davvero Ben Healy? E dove può arrivare ora che, a 25 anni, è nella piena maturità? L’abbiamo chiesto al suo direttore sportivo all’EF Education-EasyPost, Charly Wegelius.

L’inglese Charles Wegelius (classe 1978) è dal 2017 a capo dello staff della EF Education-EasyPost
L’inglese Charles Wegelius (classe 1978) è il diesse della EF Education-EasyPost
Charles, ci racconti com’è stato il tuo primo impatto con Healy?

Aveva già fatto ottimi risultati come dilettante e per questo lo abbiamo voluto con noi. Nel primo anno abbiamo deciso di farlo correre senza cercare picchi di forma specifici per poter decidere un programma misto, in modo da capire dove inquadrarlo nel ciclismo di questo livello. La stagione successiva (2023, ndr) abbiamo puntato più specificatamente sulle gare di un giorno. Quell’anno cadde a febbraio e mi ricordo che fece dei lavori impressionanti sui rulli, al punto che poco dopo riuscì ad arrivare 2° all’Amstel dietro Pogacar e disputare un ottimo Giro d’Italia. Proprio in virtù di quell’esperienza, in questa stagione abbiamo cercato di ricreare una programmazione simile al 2023, e per ora direi che sta funzionando.

Quindi avete capito presto di avere tra le mani un corridore di qualità?

Tutti i corridori che arrivano in una squadra come la nostra hanno grandi qualità, ma poi bisogna capire come farle fruttare. Dopo aver visto quello che Ben ha fatto già il primo anno, quando come dicevo abbiamo evitato di fare lavori specifici, ci ha convinti del suo valore. A quel punto non ci voleva un genio a capire che con una preparazione mirata sarebbe solo migliorato. E infatti così è stato.

Ben Healy all’ultima Liegi attacca con sua caratteristica andatura, finirà 3° dietro Pogacar e Ciccone
Ben Healy all’ultima Liegi attacca con sua caratteristica andatura, finirà 3° dietro Pogacar e Ciccone
Torniamo al 2025. Quali saranno gli obiettivi dopo la primavera?

Ora si prenderà un periodo di pausa dalle gare e preparerà il Tour. Poi punteremo ai mondiali e poi alle classiche di fine stagione in Italia.

Al Tour si concentrerà sulle tappe o proverà a fare classifica?

La classifica per ora la scartiamo, perché vorrebbe dire fare una gara anonima e precludersi obiettivi più grandi. Per lui in questo momento conviene uscire di classifica e puntare a qualche tappa specifica, magari meno del solito, ma in maniera più precisa. Anche se non è facile con lui, perché ha sempre tanta voglia di attaccare. Potrebbe anche pensare alla maglia a pois, ma quello si vedrà al momento in base a come andrà la corsa. Certo per uno come Ben resta un obiettivo possibile.

All’Amstel Gold Race del 2023 Healy è riuscito a staccare un campione come Pidcock
All’Amstel Gold Race del 2023 Healy è riuscito a staccare un campione come Pidcock
Hai detto che non sempre è facile tenerlo fermo. Quel modo di correre è quello che l’ha fatto amare fin da subito dai tifosi.

Sì, questa è una sua caratteristica, ma non vuol dire che sia un cavallo pazzo, anzi. E’ consapevole sia delle sue capacità che dei limiti, e corre di conseguenza. Per fortuna di tutti, il risultato è che spesso questo crea delle gare molto divertenti, ma c’è sempre un pensiero dietro. Lui sa che può mantenere delle velocità alte per molto tempo e il ciclismo di oggi ti obbliga a partire da lontano, ad anticipare, anche perché lui non ha un grande spunto in volata e quindi sa che deve arrivare da solo.

Per ora l’abbiamo visto in azione nelle classiche. Un giorno credi che potrà puntare alla classifica in un Grande Giro?

Non vogliamo scartare nulla, perché sta crescendo ancora. Prima o poi vorremmo provare a fare classifica in una corsa di una settimana e da lì vedere come va. Quando ci sarà spazio proveremo a sperimentare e capiremo assieme. Non penso che abbia già raggiunto i suoi limiti fisici. E se non ci fosse Pogacar…

Alla Liegi 2025 per la seconda volta l’irlandese ha condiviso il podio con Pogacar
Alla Liegi 2025 per la seconda volta l’irlandese ha condiviso il podio con Pogacar
A proposito di Pogacar, abbiamo visto quel simpatico siparietto al termine della Liegi, quando Healy gli ha chiesto quando ha intenzione di ritirarsi. Pensando già in ottica Lombardia, come si fa a battere questo Pogacar, anticipando gli attacchi sempre di più?

Il problema è che non solo lui è fortissimo, ma ha una squadra di altissimo livello. Bisogna prendere atto della sua superiorità e accettare il fatto che la sua presenza cambia anche tatticamente la corsa. Ma non bisogna darsi per vinti prima di partire, anche lui è un essere umano e noi ci proveremo sempre. Come con la pioggia o con il sole c’è la tendenza a pensare che quello che abbiamo di fronte durerà per sempre, ma non è così. Arriverà il momento in cui anche Pogacar sarà battuto, in cui ci sarà uno spiraglio di luce, e quel giorno Ben sarà pronto.

Veniamo al Ben Healy corridore e uomo, ci racconti che tipo è?

E’ un ragazzo molto tranquillo, non è uno che alza la voce, ha una buona anima, pensa sempre tanto prima di parlare. Ha cervello, capisce quello che gli succede attorno. Fuori dalla sua bolla, per esempio è uno di quei corridori che nota tutto il lavoro che fa lo staff per lui. Quando ci parli devi essere preparato anche tu, perché conosce bene gli aspetti tecnici del ciclismo, come l’aerodinamica e la meccanica. Direi che in generale è molto facile lavorare con lui.

Al Giro 2023 Healy ha vinto a Fossombrone la sua prima corsa nel WT. Quest’anno riuscirà a fare sua anche una tappa al Tour?
Al Giro 2023 Healy ha vinto a Fossombrone la sua prima corsa nel WT. Quest’anno riuscirà a fare sua anche una tappa al Tour?
Con il terzo posto alla Liegi Healy è entrato di diritto nel novero dei più forti corridori al mondo nelle classiche da scalatori. Oltre alla gambe quanto conta il carattere per raggiungere questi livelli?

Direi che ci sono tanti corridori molto forti, ma spesso quello che distingue quelli che hanno un livello superiore è la mentalità. Tutti fanno sforzi e sacrifici, ma quelli superiori hanno un carattere differente. Hanno qualcosa di diverso, una determinazione, una consapevolezza, che si vede ancora di più nelle gare di un giorno. Perché sai che quelle poche ore si concentrano magari mesi di lavoro e devi avere una mentalità particolare per non farti prendere dall’ansia e dare il meglio di te. Lì, in quel momento.
Mio padre lavorava con i cavalli e mi diceva che i più forti avevano un carattere speciale che notava subito. Secondo me con i corridori è simile, i campioni hanno qualcosa di particolare che li differenzia dagli altri. E Ben rientra sicuramente in questa categoria.

La gialla di Carapaz, progettata e raggiunta. Ecuador in festa

02.07.2024
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TORINO – Tutta l’America Latina in visibilio nel nome di Richard Carapaz. Il campione olimpico di Tokyo 2020 ha un rapporto speciale con Torino. E dopo averci sfrecciato in rosa il 21 maggio di due anni fa, ieri ha coronato il lungo inseguimento giallo, regalandosi una giornata storica non soltanto per l’Ecuador ma per l’intero Continente.

Dopo la maglia conquistata quasi per sbaglio da Tadej Pogacar a Bologna, ne arriva una cercata, voluta e sudata nel primo arrivo per ruote veloci nonché la tappa più lunga di questo Tour (230,8 km). Nell’arzigogolata classifica dopo le prime due tappe, erano ben quattro e a pari tempo i pretendenti al simbolo del primato. Oltre all’asso sloveno c’erano Remco Evenepoel, Jonas Vingegaard e appunto Carapaz. Quest’ultimo, con la rabbia ancora in corpo per l’esclusione dai Giochi di Parigi 2024 da campione uscente, era per tanti il candidato numero uno a indossare la maglia tanto ambita. E così è andata con il quattordicesimo posto nella tappa vinta da Biniam Girmay.

«Richard, ma sei in maglia?», gli chiediamo pochi metri dopo lo sprint. Lui ribatte: «Credo di sì», ma al tempo stesso fa segno di aspettare e butta giù alcuni orsetti gommosi. Poi arriva l’ufficialità e comincia la festa. «Good job, guys» il messaggio di un euforico Carapaz al traguardo, dopo la conferma che la missione era compiuta e prima di abbracciare il campione portoghese Rui Costa, tutti i compagni che arrivano alla spicciolata, artefici dell’impresa corale.

Carapaz è 14° all’arrivo: sta realizzando proprio ora di aver preso la maglia gialla
Carapaz è 14° all’arrivo: sta realizzando proprio ora di aver preso la maglia gialla

Il piano giallo

A pilotarlo fuori dal traffico nel concitato finale, evitando la caduta ai – 2 km è stato Marijn Van der Berg (13°) che, mentre defatica sui rulli, rivive quegli istanti con noi: «Ho provato a tirargli la volata – dice – è stato qualcosa di nuovo trovarsi lì davanti con uomo di classifica alle tue spalle, ma è stato spettacolare e penso che Richard fosse super felice di quello che abbiamo come squadra».

Poi, racconta il piano maglia gialla: «Al mattino, prima della partenza da Piacenza, abbiamo cominciato a studiare come prenderla e abbiamo fatto di tutto perché diventasse realtà. Avere la maglia gialla è super speciale. Ovviamente, tutti sognano di conquistarla in prima persona, ma se la indossa un tuo compagno, la senti davvero vicino ed è qualcosa di pazzesco. Siamo stati uniti come squadra e ora speriamo di tenerla per un po’, anche se ci aspetta subito una giornata molto dura, ma ci proveremo».

L’irlandese Ben Healy gli fa eco: «Ce l’abbiamo fatta, siamo andati a tutto gas e ci siamo riusciti. Il mio lavoro è stato meno tattico e più di fatica perché è arrivato ben lontano dal traguardo, ma credo che faremo un po’ di festa ora. Sarà bello vedere Richard vestito di giallo».

Una festa di paese

Il diesse della EF Procycling Charly Wegelius racconta ancora: «Dopo la grande prestazione di Richie a Bologna, abbiamo guardato la classifica. Sapevamo che in caso di parità, si sarebbe guardata la somma dei piazzamenti. Valeva la pena lavorare per un obiettivo di questo calibro, ma sapevamo che in un arrivo così concitato allo sprint poteva succedere di tutto».

E a chi mormora che Pogacar volesse comunque cedere la maglia, ribatte: «Abbiamo fatto il nostro lavoro senza pensare a chi la voleva lasciare. Ora teniamo i piedi per terra e cercheremo di difenderla, ma sarà la strada a parlare».

I tifosi al motorhome fucsia attendono il loro beniamino e fanno un gran fracasso. «Eravamo a Verona quando ha trionfato al Giro 2019. Ora siamo qui per questa festa gialla che proseguiremo a Pinerolo, acclamandolo alla partenza della quarta tappa», racconta Osvaldo, originario di Ambato, ma oramai trapiantato a Torino, e a capo della curva ecuadoregna.

Attorno al bus della squadra americana si sono radunati tifosi provenienti anche da Panama, Costa Rica, Colombia tutti uniti nella festa della Locomotiva del Carchi. Accanto al costaricano Ricardo e alla panamense Argelia si fa largo Josè, ecuadoregno arrivato da Varese, che fa da capocoro col suo megafono e poi ci racconta. «Sono originario di Milagro – dice – ma oramai vivo qui ed è fantastico averlo visto raggiungere questa maglia storica. Ora speriamo che vinca il Tour».

Il sogno giallo

Il bus della squadra se ne va, non c’è nemmeno la troupe di Netflix a immortalare questo giorno storico perché oggi aveva la giornata libera. Però Johannes Mansson, video e social manager della squadra ci assicura che la nuova maglia gialla è in arrivo ed è pronto a filmare tutto. La strada viene riaperta e comincia a ripopolarsi di macchine, scendono le prime gocce di pioggia, ma ecco che alle 18,11 compare un puntino giallo in lontananza e si sente musica latina nell’aria.

I tifosi rimasti in via Filadelfia, proprio davanti allo Stadio Olimpico Grande Torino, vengono ricompensati dalla visione paradisiaca. Richard sorride a tanto affetto e ci concede qualche battuta: «Mi sto godendo questo momento unico. Ho sempre sognato di portare questa maglia, è davvero speciale e non potete capire quanto sono felice in questo momento».

Il pullman è andato in hotel: Carapaz tornerà su questo van della squadra
Il pullman è andato in hotel: Carapaz tornerà su questo van della squadra

Torino porta bene

Torino gli ha regalato un’altra giornata magica, da aggiungere al cassetto dei ricordi: «E’ una bella casualità. Passai proprio qui da leader del Giro nel 2022 e ora guardate, sono qui vestito di giallo».

E’ il primo sudamericano a indossare tutte le tre maglie dei Grandi Giri in carriera, lui sorride e replica: «Sono molto contento di questo». E chissà che non ci torni l’anno prossimo nel capoluogo piemontese che dice bene ai ciclisti dell’Ecuador. Lo aveva già dimostrato l’accoppiata tappa e maglia di Jhonathan Narvaez (preferito a Carapaz per l’imminente Olimpiade) nella prima tappa dello scorso Giro. Torino, infatti, ospiterà anche la grande partenza della Vuelta nell’agosto del 2025 come confermato ieri da più fronti istituzionali per un tris inedito.

Sul calore proveniente da ogni angolo del Centro e Sud America, commenta: «E’ qualcosa di splendido rappresentare insieme questi Paesi e vedere che il ciclismo sta crescendo anche lì. È una grande cosa e mi rende molto felice». La dedica? «E’ per la famiglia, perché soltanto loro sanno quanti sacrifici ho fatto e quanto tempo passo lontano da casa. I miei figli quando saranno grandi potranno rendersi conto di quello che ho fatto e sono questi gli sforzi che vale la pena fare». 

Johannes carica la bici sul tetto, le porte si chiudono, ma il tripudio latino-americano prosegue per le strade torinesi: «Carapaz-Carapaz-Carapaz». Un ritornello che travolgerà anche Pinerolo in un altro abbraccio giallo prima che la corsa lasci l’Italia.

Healy, lanciato a tutta verso il futuro (e verso il Giro)

26.04.2023
5 min
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LIEGI – Ben Healy è un altro corridore che si aggiunge alla lista della nuova generazione dei ragazzini terribili. L’irlandese della EF Education-EasyPost esce da un’ottima primavera e non è finita qui. Ben infatti sarà presente al Giro d’Italia.

Dall’inizio dell’anno ha ottenuto undici piazzamenti nei primi dieci, comprese due brevi corse a tappe, e due vittorie: una tappa alla Coppi e Bartali e il Gp Industria e Commercio a Larciano.

Ben Healy (classe 2000) è al primo anno tra i pro’. Viene dalla scuola di Wiggins e dalla Trinity (stessa squadra di Pidcock)
Ben Healy (classe 2000) è al primo anno tra i pro’. Viene dalla scuola di Wiggins e dalla Trinity (stessa squadra di Pidcock)

In Irlanda…

Vogliamo conoscere meglio questo ragazzo, un “non inglese” più che un irlandese. Taciturno, stile molto brithis, Healy è nato in Inghilterra a Kingswinford, nei pressi di Birmingham nel cuore della Gran Bretagna. Aveva iniziato a pedalare sotto quella bandiera ed era un ottimo biker.

L’Inghilterra in quegli anni usciva dall’onda del boom ciclistico in seguito alla grande spinta per le Olimpiadi. Insieme a Tom Pidcock – forse il suo rivale di sempre, ma di un anno più grande – faceva parte della nazionale di mtb. Tuttavia venne scartato. Ben capì che in quella nazione c’era meno spazio per lui ed “emigrò” nell’isola di San Patrizio.

«E così – ha detto tempo fa Healy ad un media irlandese – ho iniziato anche a pedalare su strada e proprio in quel periodo ho scelto l’Irlanda».

Ma se questa è la sua storia più remota, per quanto lo possa essere quella di un ragazzo del 2000, di Helay ricordiamo l’affondo nel finale dell’ultima tappa del Giro d’Italia U23 2021, scappando via in pianura quando il gruppo filava ad oltre 50 all’ora. Ma anche la tappa alla Ronde de l’Isard, i titoli nazionali a crono e su strada e la tappa all’Avenir 2019 al primo anno tra gli U23.

Dopo il secondo posto all’Amstel Gold Race. Al via della Freccia e della Liegi è stato uno degli atleti più “attenzionati” persino da Pogacar.

Ben Healy vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore
Ben Healy vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore

Da giovane a pro’

«Mi stupisco che adesso tutti scoprano Healy, come se saltasse fuori dal nulla  – dice il suo direttore sportivo Charly Wegelius – ma bisogna guardare il suo palmares tra i dilettanti». E su questo punto ribattiamo subito a Charly, ricordando le sue prestazioni anche tra gli under 23. Ma certo l’exploit di questa primavera non può passare inosservata.


«Ben – va avanti Wegelius – si sta abituando alle nuove attenzioni. Attenzioni che fino ad ora non aveva avuto. E  questo cambia un po’ le cose per lui.

«Io, come atleta non ho mai vissuto in prima persona questa situazione, perché non ho mai fatto questo tipo di risultati, ma penso che faccia parte di una fase nella carriera di un atleta che spera diventare importante. Ma tra sperare e fare c’è di mezzo il mare!».

Ben il meticoloso

E le speranze erano vive anche alla Liegi. Quel giorno c’era l’atteso scontro fra Pogacar ed Evenepoel. E un corridore come Healy aveva la condizione e i numeri per mettersi in mezzo. E ha le caratteristiche fisiche (175 centimetri per 64 chili) per potersi scontrare, ogni tanto, anche con Van Aert e Van der Poel. Ma si sente pronto a questi scontri diretti?

«Per me – spiega Wegelius – Ben è pronto a questi scontri diretti e lo ha dimostrato all’Amstel, ma non ne fa un’ossessione. Quel giorno in alcuni momenti lo avevano staccato, ma lui è stato capace di rientrare su di loro. 

«Ben ha grandi aspettative su se stesso, vuole sempre fare del suo meglio. È molto, molto meticoloso nella preparazione, pensa molto alle corse e poi si vede anche dalla sua posizione in bici quanti curi tutti gli aspetti».

In effetti su materiali e posizione Healy è molto particolare. Noi stessi abbiamo visto una sella molto in avanti, un manubrio strettissimo (38 mm, nonostante spalle non proprio piccole) e leve fortemente piegate all’interno. Una posizione moderna, segno che è sul pezzo. E sulla crono non è da meno.

Sulla Redoute un po’ di fatica, poi è uscito alla distanza. Altro segnale non da poco per un ventiduenne
Sulla Redoute un po’ di fatica, poi è uscito alla distanza. Altro segnale non da poco per un ventiduenne

Ragazzo sincero

«Io mi aspettavo questa maturazione da parte sua – va avanti il diesse – ma lasciatemi anche dire che per me è un po’ scomodo sentire che salta fuori dal nulla. Questo è un ciclismo in cui i giovani emergono molto rapidamente, almeno quando hanno il talento.

«Che tipo di corridore è lo dobbiamo scoprire. Adesso Ben farà il suo primo grande Giro, appunto il Giro d’Italia e li vedremo come reagirà alla lunga. Strada facendo, vedremo anche se proverà a tenere o a puntare sulle tappe. Come EF abbiamo vari progetti e lui senz’altro ne farà parte. Credo che di certo sarà un protagonista in qualche tappa.


«Io – conclude Wegelius – vedo in lui un ragazzo intelligente, che ha fiducia in se stesso e che parla normalmente. Se ha una domanda la fa senza problemi. Non se la tiene dentro dicendo chissà cosa pensano di me gli altri. Ed è così con noi tecnici e anche con i compagni».

Prima le Ardenne poi il Tour per Carapaz, leader unico

10.03.2023
4 min
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Che fine ha fatto Richard Carapaz? L’asso ecuadoriano ha esordito col botto in questa stagione, vincendo il campionato nazionale. Esordio stagionale che ha coinciso con il debutto nella sua nuova squadra, la EF Education-Easy Post. 

A febbraio dunque il re del Giro d’Italia 2019 viaggiava con le ali spiegate. Poi però ecco che la salute ci ha messo lo zampino. Carapaz ha avuto problemi con le tonsille: stop di tre settimane e necessità di rivedere il tutto. 

Carapaz (classe 1993) ha vinto il titolo nazionale davanti a Alveiro Cepeda e Alexander Cepeda (suo compagno)
Carapaz (classe 1993) ha vinto il titolo nazionale davanti a Alveiro Cepeda e Alexander Cepeda (suo compagno)

Riparte dall’Italia

Fa strano infatti vedere uno dei contendenti dei grandi Giri e delle classiche delle Ardenne non essere né alla Parigi-Nizza, né alla Tirreno-Adriatico.

«La sua malattia lo ha rallentato parecchio – spiega il suo direttore sportivo Charly Wegelius – Carapaz è rimasto in Ecuador più a lungo. E’ arrivato in Europa da poco. Abbiamo dovuto rivedere il suo calendario chiaramente. 

«Debutterà alla Milano-Torino il 15 marzo e poi andrà al Catalunya, ma il fatto che ormai sia qui “con noi” è un bel segno. Significa che tutto è sotto controllo. Anche se devo dire, che pur avendolo visto poco, ci siamo sempre mantenuti in contatto in questi mesi».

Almeno dalle sue parti Carapaz ha potuto approfittare del buon clima, dell’altura e anche della presenza di diversi connazionali. Spesso laggiù c’è più di qualche corridore con lui negli allenamenti lunghi e tutto sommato un po’ di “alegria” sudamericana non guasta mai.

Dopo tre stagioni alla Ineos-Grenadiers il campione olimpico è passato alla EF di Wegelius. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram jcueva7)
Dopo tre stagioni alla Ineos il campione olimpico è passato alla EF di Wegelius. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram jcueva7)

Carapaz leader

In EF Easy-Post un uomo come Carapaz era forse il corridore che mancava. Il vero leader, quello di personalità. E’ vero che c’è Rigoberto Uran, ma il “vecchio” Rigo non è più un ragazzino e, almeno su carta, Carapaz dà ben altre garanzie.

«Per noi – va avanti Wegelius – Rigo è Rigo. E’ più di un corridore. Credo che resterà con noi per sempre, anche dopo il termine della sua carriera. E’ un corridore importante per il ciclismo e per la EF. Certo, Carapaz aggiunge molto alla squadra. E’ un atleta forte e di qualità e sono convinto che potrà fare bene.

«Sto imparando a conoscere Richard – va avanti il diesse inglese – Da quel che ho visto, valorizza moltissimo il gruppo. Vedo che si tiene in contatto con i compagni e le persone della squadra, partecipa… Poi da buon sudamericano preferisce i rapporti reali a quelli via internet. Ma io sono sicuro che da adesso in poi, quando starà in pianta stabile con noi, si troverà bene. E’ già parte del gruppo».

Ma soprattutto per la prima volta nella sua carriera Richard potrà essere (e sentirsi) il leader unico. Ruolo che non ha mai potuto avere in Movistar prima e in Ineos poi. E questo non è poco, specie se si è sensibili, come ci dicono essere Carapaz.

Al Tour de France, Pogacar ha giocato di fino contro Vingegaard e Carapaz
Al Tour de France, Pogacar ha giocato di fino contro Vingegaard e Carapaz

Ardenne e Tour

Ma dove potrà fare bene? Wegelius parla di Tour de France, senza mezzi termini. Anche se non sarà facile visto che Vingegaard punta sul Tour, Pogacar punta sul Tour, e anche atleti un filo al di sotto di questi due fenomeni fanno rotta sulla Grande Boucle, vedi Mas. Forse per Carapaz il Giro poteva essere un’occasione ghiotta. Però va anche ricordato che alla fine proprio Carapaz, oltre a Vingegaard e Mas è stato uno dei tre atleti in grado di stuzzicare Pogacar in salita. Ricordiamoci del Tour 2021, in particolare dei Pirenei…

«Abbiamo scelto il Tour – conclude Wegelius – perché si adatta molto bene alle sue caratteristiche. C’è poca crono e molta salita. Prevediamo due picchi di condizione per Carapaz: uno per le Ardenne e uno appunto per il Tour che, ripeto, ha un percorso nervoso sin da subito e può essere buono». 

Wegelius: «Piccolo è un talento grosso»

04.03.2023
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«Andrea è un talento grosso», inizia con queste parole la chiacchierata con Charles, per tutti Charly, Wegelius, direttore sportivo della EF Educational-Easy Post. Si parla di Andrea Piccolo, ragazzo approdato alla corte del team americano in fretta e furia durante la scorsa estate.

Per Piccolo già 13 corse nel sacco, un quinto posto e subito una breve pausa. Non è un caso. Tutto è calibrato. In casa EF hanno capito che non hanno preso un corridore come gli altri e ci puntano molto. Vogliono gestire al meglio la loro gemma.

L’inglese Charles Wegelius (classe 1978) è il diesse della EF Education-EasyPost
L’inglese Charles Wegelius (classe 1978) è il diesse della EF Education-EasyPost

Classe indiscussa

Ripartiamo dunque dalle parole di Wegelius. E’ bastato chiedergli delle sue impressioni e l’ex corridore della Liquigas è partito con tono serio: «Andrea è un talento grosso – scandendo lentamente le parole e caricando di enfasi gli aggettivi – ha una mentalità vincente. Penso che potrà fare grandi cose. C’è da vedere fin dove potrà arrivare, ma questo lo vedremo solo strada facendo. Di certo è un viaggio interessante».

Ormai i due lavorano insieme da qualche mese e se nel corso dell’estate di tempo per i giudizi ce n’è stato poco adesso è diverso.

«Del suo talento… non c’è dubbio. Della sua voglia di lavorare… non c’è dubbio. Della sua capacità di tollerare grandi carichi di lavoro… non c’è dubbio. Per questo dico che possiamo attenderci ottimi risultati».

Dal tono e da come ne parla si capisce che Wegelius non sta parlando di un corridore qualunque. Ormai è un direttore sportivo da oltre dieci anni, ne ha visti passare di ragazzi… Cosa lo ha colpito dunque di Piccolo?

«Certe sue cose nell’approccio alle corse non sono comuni – spiega Wegelius – Non è comune come si pone di fronte alle gare e agli ostacoli. Spesso vedi corridori che mancano di vera fiducia in sé stessi. Andrea invece parte sempre con l’idea di poter vincere».

«Vedo che forse neanche ci ragiona. Fa parte del suo istinto. Gli altri pensano: “Come faccio?”. Andrea invece pensa: «Come faccio per vincere?”. Per questo dico che è un corridore vero. Non c’è solo l’atleta. C’è l’istinto del campione. E credo che sia un aspetto molto importante in questo mondo fatto di numeri, di strumenti… spesso l’istinto è trascurato. Piccolo corre e non si allena e basta».

Andrea Piccolo (al centro) si è ben integrato con i compagni della EF (foto Instagram)
Andrea Piccolo (al centro) si è ben integrato con i compagni della EF (foto Instagram)

Programmi ad hoc

Piccolo ha iniziato la stagione relativamente presto: il 25 gennaio con il Trofeo Calvia, alle Baleari. Da allora ha inanellato 13 giorni di gara. Ha lavorato per il team e ha raccolto un buon quinto posto. Ma come sarà gestito?

«Sappiamo che Andrea riesce a gestire bene delle fasi intense – va avanti Wegelius – periodi di corse ravvicinate. Noi vogliamo agevolarlo per i piazzamenti e la vittoria. Quindi abbiamo pensato ad un calendario specifico per lui, che ricordo è anche molto giovane. E anziché mandarlo alle grandi gare e farlo correre in modo anonimo abbiamo scelto delle corse più “piccole” affinché possa fare risultato e soprattutto giocarsi le sue carte».

«In questa prima parte di stagione, abbiamo pianificato di fatto due pause maggiori: una dopo la Sanremo e una dopo le Ardenne. La nostra idea è di fare un blocco di corse e un reset. Corse prevalentemente di un giorno. Per ora lo vedo meglio per queste piuttosto che per quelle a tappe».

Poi sempre Wegelius aggiunge: «Ma per ora…», come a dire che non ci sono limiti per Piccolo anche pensando ai grandi Giri. «Anche perché mi sembra piuttosto portato anche per le crono».

«In ogni caso non vorrei fare troppi calcoli sul domani, ma concentrarci sull’oggi. Fare sì che possa essere protagonista il più possibile. Che possa esprimersi in prima persona, anziché stare nascosto in gruppo. Deve imparare a vincere».

Il milanese (classe 2001) impegnato nell’ultimo piovoso Trofeo Laigueglia
Il milanese (classe 2001) impegnato nell’ultimo piovoso Trofeo Laigueglia

Etna: sì, no, forse

Insomma Wegelius non fa altro che confermare le buone impressioni di chi ha avuto Piccolo tra le mani prima di lui, vedi Ellena, il preparatore Toni, Valoti…

«Andrea si è ben ambientato – dice Wegelius – ma questo è piuttosto normale nel nostro ambiente. In EF accogliamo chiunque molto bene. In tanti anni ho davvero poche esperienze di chi non si è integrato bene da noi. Siamo una squadra così internazionale che l’accoglienza ce l’abbiamo nel DNA! In più lui è sveglio, giovane… un atleta e un ragazzo moderno. Senza contare che sa farsi voler bene».

Infine si torna a parlare brevemente dei suoi reset. E ci si chiede se anche Piccolo seguirà la tendenza a cui stiamo assistendo: vale a dire meno corse e solo al top. E tra un blocco e l’altro ritiro in altura.

«Ne abbiamo parlato questo inverno. Forse ci andrà a fine marzo e possibilmente sull’Etna, ma vediamo. Alla fine parliamo di un ragazzo molto giovane e magari ci sta che abbia anche bisogno di stare casa. Anche perché l’altura è stressante per il fisico e anche per la mente e se non dovesse essere super predisposto, gli peserebbe ancora di più e magari non raccoglierebbe gli stessi benefici».

Wegelius: «Primavera dura, ma noi veniamo fuori nel finale»

09.08.2022
6 min
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Sedicesimi nella classifica a squadre relativa all’ormai noto triennio 2020-2022. Autori sin qui di un’importante campagna acquisti. Reduci da un buon Tour de France, i ragazzi di Charly Wegelius, direttore sportivo della EF Education-EasyPost si preparano al futuro. Quello immediato del finale di stagione, quello un po’ più lontano dell’anno che verrà.

Non è ancora ufficiale, ma ormai è il “segreto di Pulcinella”: il prossimo anno Richard Carapaz vestirà la maglia del team americano. Un’importante svolta verso la classifica generale nei grandi Giri, il che è un po’ una novità per il gruppo di Jonathan Vaughters (il team manager), almeno nei tempi recenti.

Prima del ritiro, Cort aveva dato spettacolo tra maglia a pois e fughe, poi anche la vittoria a Megeve
Prima del ritiro, Cort aveva dato spettacolo tra maglia a pois e fughe, poi anche la vittoria a Megeve

Primavera dura

Con Wegelius partiamo proprio da Carapaz, ma il tecnico mantiene la bocca cucita, come ci si poteva attendere. Fino a che non avverrà l’annuncio ufficiale guai ad esporsi. Giusto così.

Quel che è certo è che la EF ha bisogno di rilanciarsi. E deve farlo prima che arriverà la maglia rosa del 2019. La stagione sin qui è stata difficile.

«Faccio quasi fatica a giudicare la stagione – dice Wegelius – perché abbiamo avuto una primavera davvero difficile. Io non so perché, ma sembra proprio che abbiamo sofferto più di altri il Covid e le altre malattie, anche quelle normali. E questo ha inciso moltissimo». 

«Faccio un esempio: Magnus Cort Nielsen. Si è rotto la clavicola, poi ha avuto il Covid… In questo modo è tosta avere continuità e fare programmi per la condizione dell’atleta, ma anche per la squadra. Ammetto che più di qualche volta abbiamo avuto difficoltà a schierare sette uomini al via delle varie corse».

«Oppure Uran (che abbiamo visto in difficoltà al Tour, ndr): a primavera ha avuto il Covid. Si stava riprendendo, ma è caduto alla Liegi. Si è rialzato e dopo quattro giorni al Romandia è caduto un’altra volta, rompendosi la spalla. Tra l’altro quella che si era già fratturato in passato: ecco questa è stata la foto della nostra primavera».

Rigoberto Uran ha avuto un inizio di stagione tribolato, lo vedremo molto meglio alla Vuelta
Rigoberto Uran ha avuto un inizio di stagione tribolato, lo vedremo molto meglio alla Vuelta

EF da fine anno

Poi però le cose piano piano hanno iniziato a girare per il verso giusto. Un discreto Delfinato, uno Svizzera in crescendo…

«E direi un ottimo Tour – commenta Wegelius – abbiamo dato spettacolo, abbiamo vinto una tappa e credo che abbiamo creato i presupposti per disputare un ottimo finale di stagione. Che poi è un po’ una caratteristica della nostra squadra».

E qui scatta la curiosità. Perché una squadra ha “caratteristiche ideali” per il finale di stagione? Le corse più o meno sono quelle: dure, facili, un grande Giro (la Vuelta), brevi corse a tappe…

«E’ una conseguenza del fatto che abbiamo possibilità di fare mercato solitamente più tardi rispetto ad altri team. Cerchiamo i corridori relativamente tardi nel corso della stagione. Abbiamo meno budget e prendiamo quelli rimasti disponibili. E di solito a questo punto dell’anno, sono quelli che appunto vanno forte con il caldo e nella seconda metà della stagione».

La speranza per la EF Education-Easy Post è che la teoria di Wegelius sia corretta. La classifica UCI, come dicevamo, è certamente meglio che ad inizio stagione, ma non è del tutto rosea. Ci sono molte squadre in pochi punti. E la zona retrocessione non è lontana.

«Vero – dice Wegelius – va meglio che ad aprile-maggio ma non si può mollare. Ci sono 8-9 squadre raccolte in pochissimi punti. Basta avere un momento no, qualche ritiro che la situazione può diventare impossibile. Il gap tra i team che abbiamo sopra e quelli che abbiamo sotto è davvero ridotto. La Cofidis mi sembra abbia pochissimi punti più di noi».

Bettiol si affaccia dal suo bus. Wegelius ripone grandi speranze su di lui (foto Instagram)
Bettiol si affaccia dal suo bus. Wegelius ripone grandi speranze su di lui (foto Instagram)

Su Bettiol…

E chi può portare tanti punti è uno dei suoi corridori simbolo, Alberto Bettiol. Il toscano, al Tour si è fatto le ossa. Non sarà alla Vuelta e potrà andare a caccia di traguardi importanti nelle corse di un giorno, che sono il suo pane.

«Anche Alberto è un esempio perfetto della nostra situazione e della nostra stagione – spiega Wegelius – ha reso meno di quel che ci si poteva aspettare da un corridore come lui. Ma sono un paio di anni che lottava con i guai. Ora pare finalmente essersi stabilizzato. Sappiamo come gestire il suo problema (la colite, ndr).

«Ad inizio anno ha fatto meno gare. Quando prima dicevo che il Covid con noi si è fatto sentire di più mi riferivo anche a lui. Alberto anche in virtù del suo problema, ha pagato di più il Covid. E poi al rientro è stato sfortunatissimo con il suo “timing”, i suoi programmi.

«Era partito bene a Besseges, senza aver fatto nessun lavoro specifico. Avevamo programmato un grande blocco di lavoro proprio nel periodo in cui si è ammalato. E’ stato il peggior momento e devo dire che lui mentalmente è stato bravo a gestire la situazione. Tanto più che da lui i tifosi si aspettano tanto. Non a caso come ha fatto un po’ di base tra altura e Svizzera, al Tour ha lottato. Io ho tanta fiducia in lui».

Andrea Piccolo ha disputato solo 5 corse con la Drone Hopper-Androni, da oggi vestirà la maglia in gara della EF Education Easy Post
Andrea Piccolo ha disputato solo 5 corse con la Drone Hopper-Androni, da oggi vestirà la maglia in gara della EF Education Easy Post

Talento Piccolo

Un altro ragazzo che può fare bene e desta curiosità è Andrea Piccolo, acquistato in fretta e furia nel corso dell’estate dalla Drone Hopper-Androni. Andrea esordirà con la maglia della EF Education-EasyPost proprio a partire da oggi al Tour de l’Ain.

«Piccolo lavora con Acquadro. Il suo procuratore ce lo ha proposto durante il Tour o pochissimo prima. E la nostra squadra è specializzata nel reclutare questo genere di corridori. Atleti di grande potenziale che magari hanno avuto problemi, corridori che in quel momento gli altri non vogliono. Abbiamo la possibilità di prendere un top rider ad un prezzo più basso. Vaughters è attento a queste dinamiche.

«Piccolo non lo conosco di persona, ma di nome. So che ha un grande talento e da quel che ho visto è un ragazzo con la testa sulle spalle. Ci sorprenderà».

Mark Padun è pronto a disputare una grande Vuelta
Mark Padun è pronto a disputare una grande Vuelta

Equilibro Padun 

E uno dei corridori fedeli al “metodo Vaughters” è Mark Padun. Anche lui è arrivato in un momento in cui la Bahrain-Victorious lo aveva messo un po’ da parte. 

Il team americano lo ha messo a proprio agio, ha avuto pazienza e infatti al Polonia si è visto un Padun in buone condizioni e alquanto magro. L’ucraino sarà alla Vuelta.

«Padun sarà in Spagna – conclude Wegelius – non credo con velleità di classifica, ma per fare delle belle prestazioni nelle tappe. Con la potenza che ha, se Mark controlla il suo peso è fortissimo.

«Anche per lui non è stato un anno facile. Mark magari parla poco, ma il discorso della guerra ha inciso. E’ sensibile. Soffriva più di noi per il fatto che non riusciva a fare ciò che voleva».

Bruttomesso-Ursella, Borgo Molino mostra i gioielli

28.05.2021
5 min
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La Borgo Molino Rinascita Ormelle in questa stagione sta ottenendo grandissimi risultati, sono molte le vittorie collezionate dai ragazzi del team veneto. In questo inizio di stagione le due punte di diamante sono Alberto Bruttomesso e Lorenzo Ursella, i due atleti si sono aggiudicati ben quattro vittorie a testa nella categoria Juniores. Parliamo un po’ di loro con Pavanello, il loro direttore sportivo, il quale ci tiene a precisare che i due sono ottimi amici ed i risultati ottenuti sono frutto di un duro lavoro ma anche di un reciproco aiuto, che i due ragazzi si danno ogni volta che indossano il numero sulla schiena.

La Borgo Molino ha abbastanza forza da tenere spesso in mano la corsa (foto Scanferla)
La Borgo Molino ha abbastanza forza da tenere spesso in mano la corsa (foto Scanferla)

La squadra diretta da Christian Pavanello è da più di 60 anni il riferimento nella categoria Juniores. Una società costruita con organizzazione e tanta dedizione da parte del presidente Pietro Nardin e del vicepresidente Marco Bonaldo, grazie ai quali gli atleti possono correre e divertirsi, sapendo che c’è sempre qualcuno con lo sguardo fisso sul loro futuro.

Abbiamo pensato, vista la grande serenità ed il clima amichevole della Borgo Molino, di fare un’intervista diversa, infatti i due ragazzi racconteranno l’uno dell’altro. Quindi Bruttomesso ci parlerà di Ursella e viceversa. L’idea ci è venuta parlando con Christian Pavanello, il quale ci ha detto con orgoglio che i due sono ottimi amici oltre che compagni.

Qui Ursella al Circuito di Orsago, vinto su Lava (foto Scanferla)
Qui Ursella al Circuito di Orsago, vinto su Lava (foto Scanferla)

Parola a Bruttomesso

Parliamo prima con Alberto, vicentino, più precisamente di Valdagno, che ha 17 anni e studia per diventare tecnico elettronico. Ad inizio maggio ha conquistato ad Altivole la maglia di campione regionale Veneto, categoria Juniores.

Ciao Alberto, descrivi il tuo rapporto con la squadra e con Lorenzo

La Borgo Molino è per me una famiglia, per me i direttori sportivi sono come dei padri e i miei compagni dei fratelli. Io e Lorenzo siamo molto amici, anche al di fuori della bicicletta. Ci vediamo poco a causa della distanza, ma tra ritiri e gare abbiamo costruito un rapporto molto solido.

Come descriveresti il Lorenzo corridore?

E’ uno sprinter puro, sempre pronto a lanciarsi in volata. E’ impegnato anche nella pista, ma non vorrebbe farne la sua attività principale, anche se è molto forte anche in questa disciplina.

Per Alberto Bruttomesso, arrivo imperioso alla Coppa Montes (foto Scanferla)
Per Alberto Bruttomesso, arrivo imperioso alla Coppa Montes (foto Scanferla)
Pensi che nel futuro possa continuare in tutte e due le attività?

Come detto, su pista è davvero bravo, ma non lo vedo molto convinto. Mi ha detto che non vuole abbandonarla, allo stesso tempo però non vorrebbe togliere troppo tempo all’attività su strada.

Se lo dovessi paragonare ad un corridore a chi lo accosteresti?

Visto il discorso della doppia disciplina, lo affiancherei a Viviani. So che è un corridore che ammira molto.

E ora parla Ursella

Passiamo a Lorenzo, 17 enne di Buja, come Alessandro de Marchi, al quale si ispira per la voglia di non mollare mai. Studia meccanica a Gemona del Friuli, rispetto al suo compagno è un po’ più timido, ma in bici la timidezza viene spazzata via e si trasforma in un gran combattente pronto a farsi spazio in mezzo al gruppo.

Ciao Lorenzo, ti facciamo la stessa domanda, parlaci di Alberto e di come ti trovi con lui. 

La Borgo Molino per me è casa, visto come mi fanno sentire i direttori sportivi e i compagni. Per quanto riguarda Alberto, beh lui ed io andiamo in simbiosi, mi trovo davvero bene con lui, sia in gara che fuori.

Per Ursella quattro vittorie in poco più di un mese (foto Scanferla)
Per Ursella quattro vittorie in poco più di un mese (foto Scanferla)
Descrivici il vostro rapporto in gara

Parliamo tanto, spesso ci affianchiamo per capire come stia l’uno rispetto all’altro. Questo atteggiamento ci ha permesso più volte di darci una mano a vicenda per vincere delle gare.

Alberto ti ha descritto come uno sprinter puro, tu come lo definiresti dal punto di vista sportivo?

Lui rispetto a me è un corridore più completo, ha un ottimo spunto veloce e a differenza mia va forte a che in salita, predilige le salite corte, dai 3 ai 5 chilometri. Questa è una caratteristica che gli invidio molto, perché riesce a farsi trovare davanti anche in gare con percorsi molto più impegnativi.

Pensi possa diventare un corridore da grandi Giri o da classiche?

E’ presto per dirlo, non abbiamo mai fatto grandi prove su più giorni, vero che ha una buona base di partenza viste le sue caratteristiche. Lo vedo bene però anche nelle gare di un giorno, è uno che non molla mai e questa sua mentalità lo aiuterebbe molto nei finali impegnativi.

Per Bruttomesso al Gp Rinascita 2° posto dietro Ursella (foto Scanferla)
Per Bruttomesso al Gp Rinascita 2° posto dietro Ursella (foto Scanferla)
Nonostante vi alleniate poco insieme, il vostro rapporto sembra essere molto solido, qual è il vostro segreto?

Nessun segreto, abbiamo alle spalle dei direttori sportivi bravi e competenti, questo ci aiuta a dare sempre il massimo. Non ci viene messa alcuna pressione per i risultati, lavoriamo seriamente ma allo stesso tempo ci divertiamo molto nel farlo. Penso proprio che i risultati arrivino di conseguenza in un ambiente così organizzato e tranquillo.

Carthy capitano, la politica dei piccoli passi

28.05.2021
4 min
Salva

Alla partenza da Canazei, Charly Wegelius aveva in qualche modo predetto che Hugh Carthy avrebbe dovuto stringere i denti a Sega di Ala, perché il britannico della Ef Education-Nippo preferisce le tappe con tante salite e probabilmente il solo passo di San Valentino prima del finale così duro, lo avrebbe messo in difficoltà. Detto e subito fatto, tanto che c’è voluto il super Bettiol di questi giorni per portarlo al traguardo, perdendo però più di 3 minuti da Yates. Resta comunque il fatto che il corridore del team americano, magrissimo (è alto 1,93 e pesa 69 chili) sta continuando nella progressione iniziata al Giro di Svizzera del 2019, che lo scorso anno lo ha portato sul podio della Vuelta, avendo vinto sull’Alto de Angliru.

Wegelius è tecnico in questo team sin dal 2012, quando si chiamava Garmin
Wegelius è tecnico in questo team sin dal 2012, quando si chiamava Garmin

«Lo aspettavamo a questi livelli – spiega Wegelius – ha avuto una progressione più lenta dei fenomeni e di tanti bimbi prodigio che ci sono in giro. Ha 26 anni. E’ sempre estato regolare. La tappa in Svizzera del 2019, prima di Rohan Dennis e di Bernal, poi la Vuelta sono stati dei passaggi fondamentali verso questa leadership. Ma non è facile gestire le aspettative di una squadra che lavora per te. Tutti vogliono la responsabilità, poi quando arriva si accorgono che pesa…».

Resta comunque una grande scuola…

La nostra squadra ha mentalità aperta. E’ chiaro che momenti come questi per un corridore, per un uomo sono significativi. Finora quello che accade è per lui uno stimolo positivo. Non ha buttato via energie per cause nervose e del resto viene dalla grande scuola con Rigoberto Uran, che ha insegnato a tutti in questa squadra a dare la giusta dimensione alle cose.

Primo arrivo in salita a Sestola, arriva con Bernal, Landa, Vlasov e Ciccone
Primo arrivo in salita a Sestola, arriva con Bernal, Landa, Vlasov e Ciccone
Che tipo di corridore è Hugh Carthy?

Io lo definisco un corridore all’antica. Va bene nelle tappe con più salite, che logorano di più. Il finale di Sega di Ala era buono per le sue caratteristiche, ma l’avvio era troppo veloce. Si è vista la stessa cosa sullo Zoncolan. Perché lui possa venire fuori, serve qualcosa che diminuisca l’esplosività degli altri.

Hai parlato di leadership.

Fondamentale in una squadra, ma non parliamo di un leader che batte il pugno sul tavolo perché pretende aiuto. Nelle squadre ci sono delle dinamiche, la ruota gira, tutti contribuiscono alla causa perché ne trarranno giovamento. Più che leadership, nel suo caso parlerei di credibilità verso i compagni. E’ un uomo onesto, trasparente. Ha il coraggio di chiedere aiuto. E’ diverso dal carisma di Rigo, ma piano piano troverà il modo di usare la sua voce.

Hai detto che non è come i ragazzi prodigio: è difficile farlo capire all’atleta?

E’ difficilissimo. Prima della Vuelta, si sentiva pronto, ma vedevo che viveva una frustrazione. Vedeva coetanei arrivare dal nulla e vincere. Ma il ciclismo non è come lavorare il legno, è giardinaggio e ogni pianta per crescere ha bisogno del suo tempo. E lui ora sta raccogliendo, forte proprio dell’esperienza della Vuelta.

Fino a qualche giorno fa si ragionava del podio.

Non voglio pensare che il Giro sia chiuso. Bernal sembrava inattaccabile, ma resta forte. Non so se il podio sia ancora possibile, forse no, ma siamo qui e continueremo a lottare.