Casa Ineos, il casco non è più un marginal gain

16.01.2024
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Il casco da bici non fa più parte della categoria marginal gains, ma è uno strumento alla base del pacchetto performance dell’atleta. Fa parte di un puzzle in cui vanno inclusi tutta la bici, l’abbigliamento, la posizione in sella e in cui la variabile più grande resta il corridore. Nell’economia della performance complessiva quanto conta l’efficienza di un casco?

Lo spunto tecnico nasce dalla curiosità legata al nuovo Kask, non ancora ufficiale e già vittorioso in Australia con Narvaez. Approfondiamo l’argomento con Luca Oggiano, amministratore delegato di NablaFlow, genio della ricerca aerodinamica, uomo chiave per il Team Ineos-Grenadiers nell’ambito della ricerca e della performance.

Narvaez vittorioso in Australia con il nuovo casco
Narvaez vittorioso in Australia con il nuovo casco
E’ corretto il suffisso aerodinamico riferito ad un casco da bici?

Non esiste una risposta corretta. Forse usare il termine aerodinamico è eccessivo. E’ altrettanto vero che la ricerca, la tecnologia (e in questo sono da includere gli studi dell’aerodinamica applicata al ciclismo) portano ad usare termini che non appartenevano a questo sport anni addietro. I caschi di oggi non hanno nulla a che vedere con quelli di un’epoca passata. Si lavora sulla riduzione dell’impatto frontale e sul peso che ha l’aerodinamica sull’efficienza. Sopra tutto c’è il caposaldo della sicurezza.

Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
La linea di studio per lo sviluppo di un casco da bici è una oppure ci sono diversi indirizzi?

Dipende sempre da cosa si vuole ottenere dal prodotto e le linee guida vengono dettate dalle aziende. Uno dei segreti è quello di far collimare al meglio i diversi fattori e le tante variabili. A noi vengono chiesti i dati ed i numeri, dalle aziende, dai team e anche dagli staff delle nazionali. Anche le nuove generazioni di corridori sono preparati e cuoriosi, vogliono sapere che cosa indossano.

Una simulazione dell’impatto dello spazio su bici e ciclista (grafico NablaFlow)
Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
Atleta, bici ed equipaggiamenti in generale, quanto conta il casco nel pacchetto totale?

Dipende dalla disciplina. In una cronometro tantissimo, in una prova su strada influisce meno, mediamente il 3/5%, perché in questo secondo caso l’atleta è più esposto all’impatto frontale. Un casco può arrivare ad influire complessivamente fino al 10%. Tantissimo, se contiamo che oggi si vincono le gare con una margine scarso di qualche watt.

Si parla sempre di guadagni di watt, ma la sensazione è quella che man mano la ricerca va ad esplorare nuovi modi per esprimere il potenziale. E’ così?

E’ difficile immaginare quanta ricerca c’è dietro ad un semplice casco, dico semplice proprio perché è complicato pensare a tutte le simulazioni e interazioni. Centinaia, migliaia. Anni addietro i guadagni della performance erano facili, perché il plateau tecnologico non esisteva. Oggi è più complicato. Il livello dei prodotti è davvero elevato e quel plateau tecnologico che ho menzionato si è evoluto. E alla portata di molti, ma dipende anche dagli investimenti. I costi sono elevati e anche questo fattore ha un peso da non sottovalutare. Siamo molti vicini, con le dovute proporzioni, alla F1.

Anche per Ganna orecchie coperte nella sezione superiore (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
Anche per Ganna orecchie coperte nella sezione superiore (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
Se dovessimo pensare alla porzione più complicata da sviluppare e disegnare?

L’interno del casco. I parametri da considerare sono tanti, ad esempio i capelli. Studiare la porzione interna di un casco non è semplicemente capire come far passare l’aria o come far indossare il casco. I flussi che passano all’interno del casco si riuniscono a quelli esterni. Se studiati male, mandano alle ortiche tutto il lavoro fatto anche per l’esterno.

Prendiamo come soggetto il Kask che abbiamo visto in alcune immagini. Che guadagno può portare la calottatura delle orecchie?

Partiamo dal presupposto che è un casco che nasce per le classiche, dove la velocità media di gara è elevata. Più che sulla calottature delle orecchie, c’è da considerare quanto è il peso che ha la resistenza aerodinamica di un casco, rispetto alla leggerezza.

Spiegaci meglio!

Un casco più pesante, ma con un’efficienza aerodinamica migliore, anche solo dell’1%, mostra dei vantaggi non trascurabili, risultando più efficiente rispetto ad un casco più leggero e con tante aperture. Stiamo argomentando la ricerca della performance migliore. Il nuovo Kask inoltre considera anche l’eliminazione dei cosiddetti rumori aerodinamici, un fattore percepito in modo negativo da diversi atleti.

Una soluzione che vedremo anche in futuro, magari adottata su larga scala sui caschi da strada?

Nel ciclismo come in quasi tutte le altre categorie ci sono i conservatori ed i progressisti. E’ probabile. Di sicuro noi abbiamo smosso le acque con una sorta di trasposizione del casco da crono verso la strada. Il mercato ha come sempre l’ultima parola.

Mips, cos’è e cosa significa per un ciclista

03.03.2022
5 min
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Molti appassionati ciclisti identificano un casco di qualità proprio grazie a Mips. Succede una cosa simile anche nella categoria delle calzature, dove l’utente finale identifica il valore di una scarpa, grazie alla presenza dei rotori Boa. Ma rimaniamo focalizzati su Mips e cerchiamo di comprendere cosa si nasconde alle spalle di questo acronimo (multidirectional impact protection system).

Hans Von Holst, fondatore di Mips (foto jonas@jonaskullman)
Hans Von Holst, fondatore di Mips (foto jonas@jonaskullman)

Un’azienda svedese

Mips è un’azienda svedese leader nel settore della protezione e sicurezza, un brand che collabora attivamente con l’università di Stoccolma per la ricerca di nuove e innovative soluzioni in termini di safety program (non solo nello sport, non solo nel ciclismo ma anche in tutte quelle attività legate al mondo del lavoro, militare etc.). Proprio grazie alla collaborazione con il polo universitario, Mips è impegnata attivamente nello studio delle conseguenze che possono avere gli impatti sul cervello dell’uomo, dei danni celebrali e del valore che ha un sistema di protezione.

La gabbia gialla, simbolo del marchio svedese
La gabbia gialla, simbolo del marchio svedese

La gabbia gialla di Mips

Le aziende hanno investito ingenti risorse nella ricerca e sviluppo, sono nate leggi e normative che regolano la costruzione dei caschi e l’impiego dei materiali. Sono nati dei marchi che hanno come obiettivo aziendale la costruzione di sistemi di sicurezza da applicare al casco e che offrono un valido aiuto allo sviluppo del prodotto finito.

E’ il caso di Mips: un protocollo che ha stravolto i concetti di sicurezza, protezione ed effetti negativi che possono avere sul cervello. Non solo il risultato di un colpo negativo, ma anche la natura e le dinamiche, il tutto rivolto a contrastare, in un certo senso anticipare e assecondare, migliorare lo strumento di protezione.

Oggi identifichiamo Mips come la “gabbia gialla” ancorata all’interno del casco, o comunque in quel simbolo giallo che è al lato del casco. E’ una sorta di sistema di sicurezza attivo applicato al sistema di sicurezza passivo per eccellenza dedicato al ciclista: il casco. Ma le evoluzioni sono costanti e anche il pacchetto Mips non è esente da questo percorso.

Thibaut Pinot, con indosso il casco Giro Spherical Mips, una delle ultime evoluzioni in termini di sviluppo
Thibaut Pinot, con indosso il casco Giro Spherical Mips, una delle ultime evoluzioni in termini di sviluppo

Mips, come funziona

Oggi Mips, nelle configurazioni più moderne, ha diverse forme e design. Quello che noi vediamo in un casco da bici, quel bollino giallo applicato ai lati identifica il protocollo BPS (brain protection system), che aumenta l’efficacia protettiva e offre una migliore prevenzione contro gli eventuali traumi da movimento rotatorio. Quindi, parliamo anche di traumi che possono interessare la zona cervicale, non solo la testa.

In caso di urto le forze negative si dividono in radiali e tangenziali, impatto diretto piuttosto che angolare. Quelle radiali dimostrano la capacità del casco di proteggere il cranio. Un test specifico per le forze tangenziali dimostra la capacità di prevenire potenziali lesioni cerebrali. Nel secondo caso entra in gioco il movimento rotazionale per cui è stato concepito Mips, un vero e proprio piano di scorrimento di 10/15 millimetri progettato per ruotare all’interno del casco. L’obiettivo è quello di ridurre gli effetti dell’azione rotatoria e aumentare il potere di scivolamento, che si traduce anche in una sorta di “spalmatura” delle forze negative. Queste ultime non si concentrano in un solo punto, ma si allargano.

A prescindere dall’angolazione della caduta, il sistema Mips aumenta il potere di scivolamento e distribuzione delle pressioni dell’impatto
Il sistema Mips aumenta il potere di scivolamento e distribuzione delle pressioni dell’impatto

Le varie forme di Mips

Non esistono degli standard di sicurezza in questa categoria, ma ci sono diversi studi che mettono in luce gli effetti negativi che gli impatti possono avere su cervello e colonna vertebrale. Molti di questi prendono vita proprio dagli oltre 22000 test che Mips ha condotto nel suo laboratorio.

Ecco perché il concetto Mips assume diverse forme, che sono il risultato del suo percorso evolutivo, ma anche della collaborazione con le aziende che producono caschi. C’è la gabbia gialla ancorata nel mold e ci sono i pads che hanno una struttura che agevola il movimento. Oppure ci sono i caschi, come ad esempio il Giro che adotta una sorta di doppia struttura, come dire: un casco nel casco.

Il casco, strano non usarlo

Il casco è diventato uno strumento d’immagine, che completa la dotazione del ciclista: i caschi moderni hanno delle belle forme, hanno un peso leggero e in molti casi, una volta indossati, diventano quasi impercettibili. Ovviamente proteggono. I caschi si sono evoluti, abbinando le forme all’efficienza e arricchiscono la fotografia dell’atleta.

mips