Search

Quanto sono cambiati i tempi di recupero? Spiega Guardascione

26.08.2023
4 min
Salva

Si continua a dire che per vedere il miglior Bernal bisognerà attendere il prossimo anno, che questa stagione è fondamentale per il recupero. L’incidente che ha messo fuorigioco il colombiano, all’inizio del 2022, ha conseguenze che si protraggono ancora oggi. Bernal è tornato a correre un grande Giro solamente nel 2023, con il Tour de France (nella foto di apertura alla presentazione della 20ª tappa). A poche settimane di distanza è stata annunciata la sua partecipazione alla Vuelta, altro gradino importante verso la scalata alla sua miglior condizione. 

Dopo la caduta alla Vuelta del 1994 (a destra nel fermo immagine della volata) Cipollini recuperò in tempi record
Dopo la caduta alla Vuelta del 1994 (a destra nel fermo immagine della voltata) Cipollini recuperò in tempi record

Il punto di vista medico

Carlo Guardascione, medico del team Jayco-AlUla, è uno dei nomi più noti ed importanti del gruppo. Abbiamo deciso di chiedere a lui un parere su quelle che sono le tempistiche di recupero. Ora i tempi sembrano allungarsi e non poco, si parla sempre più di “stagione di recupero”. Anche in passato era così oppure si tratta di un cambiamento portato dal ciclismo moderno?

«Bisogna fare delle distinzioni – spiega Guardascione – tra traumi singoli e politraumi. Dal punto di vista medico è meglio rompersi il femore in tre punti diversi e sottoporsi ad un’operazione, piuttosto che subire un politrauma come quello di Bernal. Un incidente come il suo allunga notevolmente i tempi di recupero, perché si subiscono diversi scompensi che poi l’atleta si porta dietro una volta tornato in bici».

Nonostante il grave infortunio, Jakobsen (che vola oltre la transenna) in meno di un anno torna a correre e a vincere
Nonostante il grave infortunio, Jakobsen (che vola oltre la transenna) in meno di un anno torna a correre e a vincere

Jakobsen ed Evenepoel

Uno degli incidenti più recenti, accaduti in corsa, che è rimasto maggiormente nella memoria dei tifosi, è quello di Jakobsen al Tour de Pologne del 2020. L’altro è la caduta di Evenepoel al Giro di Lombardia dello stesso anno. 

«Jakobsen – dice Guardascione – ha subito un trauma facciale spaventoso, ma una volta sistemato è riuscito a tornare in sella in tempi davvero brevi. Per quanto brutto e doloroso possa essere un trauma come quello di Jakobsen o dello stesso Evenepoel sono più “semplici” da far rientrare. Tant’è che entrambi, nel giro di un anno, anche qualcosa meno, sono tornati alle corse e a vincere. Nel subire un trauma come la frattura del bacino (nel caso di Evenepoel, ndr) entra in campo anche l’aspetto psicologico. Sai che per guarire da una frattura del genere hai bisogno di 5 mesi e ti dai un obiettivo in termini di tempo.

«In un caso come quello di Bernal – riprende – l’obiettivo principale era rimettere in piedi la persona prima del corridore. Non ci si è dati dei tempi di recupero, perché i traumi erano talmente tanti che non si potevano ipotizzare delle tempistiche».

Evenepoel, dopo la frattura del bacino al Lombardia, tornerà in gruppo direttamente al Giro del 2021, quasi un anno dopo
Evenepoel, dopo la frattura del bacino al Lombardia, tornerà in gruppo direttamente al Giro del 2021

Tutto estremizzato

Nel ciclismo moderno, però, è tutto estremizzato, nel bene e nel male. Le terapie di guarigione e recupero permettono di riprendersi in maniera completa. Tuttavia le prestazioni, in gara, sono talmente elevate che bisogna essere al top per pensare di essere competitivi

«Un conto è voler tornare competitivo – ci dice nuovamente Guardascione – un conto è tornare a pedalare in gruppo. Se si vuole vincere non basta essere al 95 o al 99 per cento. Nel ciclismo moderno devi essere perfetto se vuoi provare a vincere, dieci anni fa non era così. Non c’era questa estremizzazione della performance, siamo come in Formula 1. E per raggiungere la perfezione ci vuole tempo, quindi non si allungano i periodi di recupero, ma quelli per tornare competitivi. Una frattura si cura sempre in 2 mesi, ma per tornare in gruppo con l’ambizione di vincere si deve lavorare tanto. Lo si vede da anni, in gara vai solo se sei perfetto, con i numeri giusti. Non esiste che si vada alle corse con la gamba da “costruire”. Soprattutto dopo un infortunio».

Calo di rendimento, non è per forza mononucleosi

04.07.2023
4 min
Salva

CHIANCIANO TERME – «Ho bisogno di un giornalista per far passare un messaggio sulla mononucleosi». Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla, ci ferma prima della crono di apertura del Giro d’Italia Donne, quella che sarà annullata per maltempo. Solo che ancora non piove e ci prestiamo volentieri alla sua richiesta. Il varesino è uno dei medici più esperti e attenti, non è tipo da perdere tempo.

Qual è il problema?

Noto che negli ultimi tempi moltissimi atleti – parlo di categorie giovanili, quindi esordienti, allievi, juniores e le loro famiglie – sono allarmati in maniera spropositata e non troppo corretta per le conseguenze di un’infezione da mononucleosi. Fanno parecchia confusione fra avere la mononucleosi in atto, quindi in corpo, oppure averla fatta in passato.

Carlo Guardascione è varesino e lavora nel Team Jayco-AlUla con cui sta seguendo il Giro Donne
Carlo Guardascione è varesino e lavora nel Team Jayco-AlUla con cui sta seguendo il Giro Donne
In che senso?

E’ sufficiente che un corridore non renda per 15 giorni oppure abbia un calo di rendimento, che in quell’età è molto fisiologico, che subito scatta l’allarme (la foto di apertura proviene dalla pagina Facebook del Giro della Lunigiana). Avrà preso la mononucleosi? E così mi trovo a rispondere a moltissime telefonate, a moltissime mail, a fare moltissime visite, per spiegare che la mononucleosi è una malattia virale che non ha alcuna cura sulla specifica, ma soltanto terapie di supporto.

Quali sono i segni del calo di rendimento?

Non riescono più a finire le corse e non sono più brillanti come prima. Quelli bravi non sono più performanti e quello che prima andava più piano adesso va più forte. Potrebbero esserci tante motivazioni, invece vanno tutti diretti sulla mononucleosi.

Si sente spesso come motivazione, anche da parte dei diesse, il fatto che dalle analisi emerge che l’abbiano avuta in passato, ma senza accorgersene.

Una volta che sia stata contratta, anche anni prima, la mononucleosi lascia una memoria immunologica. All’esame di laboratorio risulta dalle immunoglobuline IgG per il virus di Epstein Barr, che è il virus della mononucleosi. Quindi se un giovane l’ha avuta nel passato, magari in maniera asintomatica e senza accorgersi, avrà sempre queste immunoglobuline positive per tutta la vita. Oltre ai genitori, anche i direttori sportivi dovrebbero farci sopra una riflessione.

Affinché si possa dire che la mononucleosi è in atto occorre un valore alto delle immunoglobuline (foto Mela Rossa)
Affinché si possa dire che la mononucleosi è in atto occorre un valore alto delle immunoglobuline (foto Mela Rossa)
E queste non sono il segno della malattia in atto, giusto?

Sono solo la memoria immunologica della malattia pregressa. La malattia in atto è determinata soltanto dalla presenza in maniera corposa di anticorpi IgM, che non trovo nel 90 per cento di questi atleti. Per cui l’allarme mononucleosi va sicuramente ridotto. Le motivazioni di un calo di rendimento possono essere molteplici, soprattutto nelle categorie giovanili.

Quali ad esempio?

La scarsità di recupero perché c’è troppo allenamento o magari, al contrario, si ha una preparazione insufficiente. C’è l’approccio con le temperature molto alte di questo periodo, che necessitano periodi di adattamento importanti. L’alimentazione non sempre corretta, anche e soprattutto sul piano dell’idratazione che è sempre sottostimata e sottovalutata da tantissimi atleti. Per cui talvolta le cause di questo scarso rendimento andrebbero cercate in ambiti che non c’entrano niente con la mononucleosi.

In ogni caso, di fronte a certe richieste, è obbligatorio fare degli esami?

Se non conosco lo storico del ragazzo, chiedo un controllo ematologico, anche se 99 volte su 100 non porta a grandi scoperte.

A Cavendish fu diagnosticata la mononucleosi nell’aprile 2017. Sfinito dopo le corse, impiegò un anno per uscirne e torno alla vittoria a inizio 2018
A Cavendish fu diagnosticata la mononucleosi nell’aprile 2017. Sfinito dopo le corse, impiegò un anno per uscirne e torno alla vittoria a inizio 2018
E’ possibile che il fatto di pensare subito alla mononucleosi sia una conseguenza degli anni del Covid?

Sì, sicuramente. C’è un po’ la paura del virus, la consapevolezza che esiste e può essere invalidante. Io però vorrei riportare il discorso in un ambito di logica, di correttezza e di razionalità. E’ come la varicella: se l’hai fatta una volta nella vita, non la fai più. Ci sono delle eccezioni, ma stiamo parlando veramente di un caso su un milione.

In che modo invece il calo di rendimento, anche in atleti di alto livello, può essere imputabile al virus preso di recente?

Ci sono tracce diverse. Se un individuo l’ha fatta in maniera molto importante, con della sintomatologia seria quindi non soltanto la stanchezza, ma anche con linfonodi gonfi ed epatosplenomegalia (ingrandimento simultaneo del fegato e della milza, ndr), il valore di immunoglobuline IgG rimane molto alto. Ma l’hai comunque superata, l’unica cosa è avere le attenzioni necessarie per non trascinarsela a lungo per tutta la stagione.

Il recupero e i suoi parametri in un grande Giro

31.05.2023
5 min
Salva

ROMA – Il Giro d’Italia si è concluso e la quasi totalità dei corridori lo ha portato a termine con le energie al lumicino. Tanta stanchezza e tanto affaticamento… E’ stata un’edizione davvero dispendiosa nella quale ha inciso anche il maltempo. Carlo Guardascione, medico della Jayco-AlUla, ci porta nei meandri di questo aspetto non secondario in una grande corsa a tappe.

Marco Frigo, per esempio, ci aveva detto che al primo giorno di riposo avrebbe tirato dritto, ma che al secondo era già più stanco. E domenica scorsa, al netto delle belle sensazioni ed emozioni, non vedeva l’ora di riposarsi.

Il dottor Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla
Il dottor Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla
Dottor Guardascione, partiamo proprio da questo aspetto. C’è differenza, ed eventualmente quanta, tra il primo e il secondo giorno di riposo?

Molta differenza, perché il secondo giorno di riposo è graditissimo ai corridori. Arriva dopo circa due settimane in cui si è fuori (le squadre si ritrovano dal mercoledì, giovedì prima della grande partenza, ndr) e circa 9-10 di giorni di corsa. E’ un giorno di riposo completo o poco più. I ragazzi vanno in bicicletta un’ora e mezza per fare un giretto. In gergo la chiamano “pausa caffè”,  giusto per tenere la muscolatura in movimento. Si riposano davvero tanto perché ne hanno bisogno. Ma c’è anche un problema: per qualcuno che è abituato alla quotidianità di quei ritmi gara, quel giorno può essere “difficile”. 

E cosa significa difficile?

Allora, dal punto di vista nutrizionale mangiano meno. E’ tutto stabilito dalla nostra nutrizionista (Laura Martinelli, ndr): hanno un introito calorico inferiore. Fanno un massaggio più prolungato, perché come ben sapete arriviamo spesso tardi in albergo e i massaggi non sono lunghissimi, così in quel giorno di riposo si riesce a fare qualcosa di più approfondito. In questo modo anche dal punto di vista del recupero muscolare i ragazzi sono agevolati. Il secondo giorno di riposo, se posso definirlo con un aggettivo, è benedetto.

Durante il giorno di riposo è fondamentale fare una sgambata
Durante il giorno di riposo è fondamentale fare una sgambata
Ma se hanno così bisogno di riposo perché escono in bici, seppur piano, anziché fare un recupero totale?

Uno, per mantenere l’aspetto motorio degli arti inferiori. Due, perché è “il loro lavoro”. Tre, forse il motivo più importante, perché si mantengono alcuni equilibri metabolici in atto. Restano completamente fermi coloro che magari hanno avuto un infortunio o sono malati, altrimenti un minimo di attività ci deve essere.

Perché il terzo motivo, quello degli aspetti metabolici è il più importante?

Perché gli serve per tenere in equilibrio il cortisolo e alcuni ormoni legati alla prestazione che se non si andasse in bicicletta potrebbero vedere delle alterazioni ancora maggiori. Poi, si sa, oggi non si lascia nulla al caso. 

Quali sono i parametri che valutate di più per stabilire se un atleta è più stanco di un’altro?

Usiamo una particolare App che monitora il battito cardiaco dei ragazzi e altri parametri che fanno capire agli atleti, ai loro coach e anche a noi medici in che fase sono. Riguardo ai parametri, la cosa più importante è che ci sia una grande differenza tra pressione massima e pressione minima: più questo differenziale è alto e meglio è.

Nei giorni di riposo il massaggio è più intenso e prolungato (foto Instagram)
Nei giorni di riposo il massaggio è più intenso e prolungato (foto Instagram)
Solo la pressione?

Anche i battiti al mattino, soprattutto al risveglio, devono essere sempre in un determinato range. I ragazzi sono tutti brachicardici, cioè che hanno i battiti molto bassi, e in genere al mattino difficilmente superano le 50-52 pulsazioni. Pertanto se un corridore si svegliasse la mattina e a riposo sul letto avesse 70 battiti farebbe scattare qualche campanello d’allarme. Vuol dire che qualche sistema metabolico di recupero non è ottimale e questo può essere un chiaro segno di affaticamento.

C’è chi studia il sonno, come per esempio fanno in Green Project-Bardiani, voi lo monitorate?

Vi ringrazio per questa domanda, in quanto mi dà l’opportunità di parlare di un progetto che attraverso il nostro patron, Gerry Ryan, stiamo portando avanti con un’università australiana. Stiamo studiando il miglior adattamento del sonno e le sue correlazioni con la miglior performance, attraverso un sistema che comprende anche sedute con degli psicologi e il training autogeno per indurre il sonno in maniera autonoma.

Avere un sonno regolare è molto più complicato nella terza settimana che ad inizio Giro
Avere un sonno regolare è molto più complicato nella terza settimana che ad inizio Giro
Interessante…

E’ un progetto importante e di lungo termine. Per rispondere alla domanda: il sonno è importantissimo. Noi stiamo studiando questa App e probabilmente cominceremo ad applicarla a pieno regime dall’anno prossimo.

Si può dare una percentuale di quanto si stanchino i corridori nel corso di un grande Giro. Per esempio quanta differenza di stanchezza c’è tra il primo e il secondo giorno di riposo? Insomma, quanto varia il livello di stanchezza? 

E’ molto individuale. Ovvio che i corridori che fanno classifica sono meglio dotati da questo punto di vista. Recuperano di più, dormono di più e hanno parametri più stabili e tutto ciò si evince di più nella terza settimana. E’ questo che rende questi atleti tanto performanti in questo tipo di gare.

E facendo un paragone tra un uomo da corse a tappe è un uomo da classiche, che differenze possono esserci mediamente?

Anche in questo caso è impossibile dare una percentuale. L’uomo che non è da corse a tappe è un accumulatore di fatica. La sua capacità di recupero è molto più bassa. Ha percentuali di recupero inferiori. Dare dei numeri è impossibile, direi delle fandonie.

Arteria iliaca, l’incubo del ciclista? Chiediamo al dottore

13.05.2023
5 min
Salva

Stybar ha dichiarato pochi giorni fa di essersi sottoposto all’intervento chirurgico per risolvere la patologia dell’endofibrosi dell’arteria iliaca. Un’operazione che come le pedine di “indovina chi” coinvolge gli atleti del gruppo. Negli ultimi anni ha coinvolto, restando in Italia, Erica Magnaldi, Nicola Conci, Luca Chirico, Eugenio Alafaci, Fabio Aru e Alessandro Monaco. Vista la sua natura, legata perlopiù allo sport, agli occhi ignoranti di chi osserva viene vista come un’ultima spiaggia. 

Risponde Guardascione

Nulla di tutto questo. Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla, ci ha infatti spiegato cosa porta alla diagnosi ma sopratutto chi e perché si decide di operare questa parte del corpo ai più sconosciuta. E forse di incubo non si deve parlare…

«Devo premettere due cose – chiarisce Guardascione – perché sono fondamentali. Esiste una predisposizione anatomica, perché non tutti hanno l’arteria iliaca che fa un’ansa, che fa una specie di curva o di ginocchio a livello inguinale. Il secondo fattore predisponente è proprio l’attività ciclistica intensiva. Quindi riguarda i ciclisti, dilettanti, professionisti e quant’altro che praticano da parecchi anni l’attività di endurance».

Il dottor Carlo Guardascione in carriera ha avuto a che fare molte volte con questa patologia
Il dottor Carlo Guardascione in carriera ha avuto a che fare molte volte con questa patologia
Che patologia è?

La patologia si chiama endofibrosi dell’arteria iliaca. Ed è una patologia vascolare ovviamente dovuta all’ispessimento e al restringimento di alcune zone dell’arteria Iliaca, che però sono già anatomicamente anomale. Nel senso che si inspessisce la parete arteriosa nella zona inguinale in soggetti che fanno questo tipo di sport di endurance da parecchi anni (nei giovani, a parte qualche caso eccezionale, non si vede). Hanno quindi un’arteria che fa una specie di ansa, una specie di curva, fisiologicamente. Per cui inspessendo la parete sotto sforzo, si ha un restringimento del flusso sanguigno. Durante lo sforzo fisico deve aumentare il flusso sanguigno agli arti inferiori, se questo flusso sanguigno deve passare in una zona che è stenotica, perché l’inspessimeto restringe il lume, è ovvio, il sangue non arriva e come conseguenza come sintomo prioritario si ha la difficoltà a mantenere lo sforzo e una sofferenza vascolare.

L’arteria iliaca è un vaso sanguigno di grandi dimensioni che si trova nella regione pelvica del corpo umano
L’arteria iliaca è un vaso sanguigno di grandi dimensioni che si trova nella regione pelvica del corpo umano
Qual’è il principale sintomo?

Dolore alle gambe e la mancanza di forza, la perdita di potenza a livello di gamba perché c’è uno strozzamento del flusso di sangue che deve arrivare agli arti inferiori.

Quindi la la diagnosi non è così difficile…

La diagnosi è duplice. Innanzitutto è clinica, nel senso che l’atleta racconta i suoi problemi che hanno tutti una caratteristica comune: il fatto di manifestarsi solo sotto sforzo intensivo. Non avviene a riposo. Poi la diagnosi viene confermata da un esame diagnostico che è un angiografia, quindi un esame con un mezzo di contrasto in cui praticamente viene verificato e visualizzato com’è il decorso dell’arteria iliaca. Generalmente si scopre appunto che a livello inguinale l’arteria ha una malformazione anatomica. Può presentare un’eccessiva lunghezza o una specie di curva che ovviamente, stando seduti sulla bicicletta, quando la posizione di flessione forzata della schiena comprime la zona, dà origine al problema. 

L’intervento chirurgico in cosa consiste?

Consiste nel togliere quest’ansa mettendo uno stent, generalmente in materiale sintetico, con cui si elimina questo strozzamento dell’arteria e il sangue ritorna a fluire normalmente. 

Monaco ha subito la stessa operazione l’estate scorsa, ora è in mezzo al gruppo in forza al team Technipes
Monaco ha subito la stessa operazione l’estate scorsa, ora è in mezzo al gruppo in forza al team Technipes
Con l’operazione si ha la certezza di risolvere il problema al cento per cento?

In grandissima percentuale l’operazione risolve. Nella mia carriera ricordo soltanto di un caso che ha dovuto essere operato due volte, a causa dello scollamento post operatorio nel punto in cui era stata messa la protesi biologica, che ha richiesto un secondo intervento. Però questo fa parte della casistica operatoria di questo tipo di interventi.

Che tempi di recupero si hanno?

Non brevi, perché ci vuole almeno un mese di immobilità assoluta per consentire alle strutture anatomiche di adattarsi al nuovo stent, a questa nuova protesi che è stata inserita e poi una riabilitazione. Per cui, chi va veloce impiega tre mesi. Poi da tre a sei mesi per la guarigione completa.

Lei ha avuto molti casi di atleti con questo tipo di problema?

Certamente sì. Le caratteristiche sono proprio queste, una malformazione anatomica congenita e un’attività ciclistica o di endurance che può capitare anche ai triatleti. Ma anche sciatori di fondo, podisti. Si parla sempre di un’attività prolungata per tanti anni. Due anni fa abbiamo avuto Amanda Spratt che è una donna. La Van Vleuten è stata operata anche lei, che non era una mia atleta, però questo si sa. Così come Aru.

La posizione in sella non è la causa ma è un fattore che può favorire la patologia
La posizione in sella non è la causa ma è un fattore che può favorire la patologia
Quanto passa dai primi sintomi/sospetti alla effettiva diagnosi e decisione di operarsi?

Inizialmente è una cosa che viene piano piano, perché l’endometriosi è il restringimento dell’arteria e non è repentino, ma lento e progressivo. Quindi si parla di settimane e mesi. L’atleta sente un qualcosa di strano poi, magari per un mese non sente più niente. Poi gli ricapita di nuovo… Quindi arrivare alla diagnosi non è mai repentino. Un’angiografia con mezzo di contrasto non è un esame di routine, per cui bisogna farla con una certa cognizione di causa. Quindi la diagnosi non è immediata perché la malattia è progressiva e molto lenta anche nel progredire. Diciamo che ci sono dei fattori predisponenti e anatomici, anche di viscosità, nel senso che se si ha il sangue molto denso si può avere uno stimolo a l’irrigidimento dell’arteria. Un po’ come capita con l’arteriosclerosi coronarica o l’arteriosclerosi cerebrale nelle persone normali. 

In futuro l’atleta può riprendere al cento per cento la sua carriera al massimo livello?

Diciamo che la prognosi è sempre molto buona. Al 100% no, ma almeno un 90% dei ritorno alle prestazioni precedenti alla patologia ci si arriva. Perché è un problema praticamente meccanico, una volta risolto il problema del sangue, in base alle sue qualità ritorna a essere quello che era prima.

Con la tonsillite non si scherza: ce lo dice Guardascione

04.10.2022
3 min
Salva

In una recente intervista con Alessandro Romele era emerso che una tonsillite lo aveva tenuto fermo per ben quattro mesi. Un’infiammazione che si è presentata nei primi mesi dell’anno e che è stata operata solamente dopo un ciclo di antibiotici. Con Carlo Guardascione, medico del Team Colpack Ballan, cerchiamo di capire come ci si muove per sconfiggere e superare la tonsillite. Non tutti i casi sono uguali, anzi, le sfumature sono differenti ed ognuno reagisce a modo suo

Il tema della tonsillite è nato parlando con Romele, fermato proprio da questa infiammazione questa stagione
Il tema della tonsillite è nato parlando con Romele, fermato proprio da questa infiammazione questa stagione

Come si cura

L’infiammazione delle tonsille è una delle cose che i ciclisti subiscono maggiormente durante la loro attività. E’ molto più facile soffrirne nei periodi invernali: il freddo, l’aria, gli sbalzi termici sono dietro l’angolo e per chi è già predisposto non è un bene

«Partiamo dal presupposto – ci dice dall’arrivo della Coppa Bernocchi Guardascione – che non tutte le tonsilliti vengono operate o aggredite con antibiotico. Si opera solamente nel caso in cui l’infezione diventa recidiva e si sono verificati almeno 3-4 casi in un periodo temporale breve. Nel caso di Romele tra gennaio e febbraio si sono verificate 3 infiammazioni. Altre cause che portano all’operazione sono: tonsille ipertrofiche, cioè si ingrandiscono considerevolmente, e criptiche, ovvero che si riempiono di batteri. Tutte caratteristiche presentate da Romele, il ragazzo ha fatto anche il Covid prima e questo ne ha debilitato le difese immunitarie». 

La tonsillite è una malattia da non sottovalutare, il freddo può essere una causa scatenante
La tonsillite è una malattia da non sottovalutare, il freddo può essere una causa scatenante

Sempre meno operazioni

Le tonsille, soprattutto qualche anno fa, erano sempre soggette ad operazioni, anche alla prima infiammazione. Ora si cerca di sconfiggere l’infiammazione tramite antibiotici. 

«Le tonsille le abbiamo tutti – riprende Guardascione – e ormai non si tende più ad operare. Chi ha una certa età si ricorda che alla prima infiammazione si procedeva subito con l’asportazione. Ora si cerca la terapia “conservativa” anche perché, soprattutto nello sport, non è consigliabile fare operazioni di questo genere durante la stagione agonistica. Operare porta comunque dei rischi, in più quando ti tolgono le tonsille devi stare una settimana a mangiare brodini, gelato o frullati. Lo stop dall’attività agonistica dura fino ad un mese perché poi diventi un soggetto più debole visto che prendi farmaci che necessitano di riposo assoluto. Capirete che l’operazione diventa davvero l’ultima scelta». 

Per prevenire questa malattia occorre proteggersi durante gli allenamenti usando uno scaldacollo o anche un cappellino
Per prevenire questa malattia occorre proteggersi durante gli allenamenti usando uno scaldacollo o anche un cappellino

La prevenzione

Per evitare episodi spiacevoli è sempre bene cercare di proteggersi e di evitare di farsi cogliere impreparati. La prevenzione parte anche da piccoli gesti quotidiani, che sembrano banali ma non lo sono.

«Possiamo definire tre punti da seguire per una buona prevenzione – conclude il dottore – e su questi ci metto la mano sul fuoco. Il primo è prevenire influenze o episodi simili tramite il vaccino antinfluenzale, quello stagionale. Secondo: bisogna proteggersi dal freddo bene, soprattutto durante l’attività invernale, si devono indossare il cappellino in pile ed anche lo scaldacollo. Ultimo: avere una certa igiene, ovvero farsi subito la doccia appena tornati a casa dagli allenamenti o asciugarsi i capelli subito dopo la doccia. Sembrano cavolate ma sono gesti che ti evitano complicazioni, specialmente se si è un soggetto predisposto a questa patologia. 

Ricordate Fabrizio Bontempi? Ora lavora con i più giovani

04.05.2022
5 min
Salva

Fabrizio Bontempi ha legato indissolubilmente la propria vita ai pedali. E’ partito da bambino ed è arrivato fino al professionismo, dove è rimasto per 10 anni, dal 1989 al 1998. Ha indossato tante maglie prestigiose: da quella della Gewiss a quella di Lampre e Mapei per dirne alcune. Per 5 volte ha preso parte al Giro d’Italia e per 3 alla Vuelta.

Appesa la bici, si è imbarcato nella carriera da direttore sportivo, chiusa nel 2020 con la UAE Emirates. Dopo aver ricevuto tanto da questo mondo, nel 2005, ha deciso di restituire qualcosa ed ha fondato la società giovanile ASD Progetto Ciclismo nel suo paese: Rodengo Saiano (Brescia).

Fabrizio Bontempi al Giro d’Italia 1993 in maglia Mapei
Fabrizio Bontempi al Giro d’Italia 1993 in maglia Mapei

Il progetto

«Dopo tanti anni trascorsi nel mondo del ciclismo – inizia a raccontare Fabrizio – mi è sembrato giusto ridare qualcosa. Il gesto più semplice ed allo stesso tempo doveroso, era quello di fare qualcosa per il movimento giovanile. La società è nata nell’inverno del 2005, ma la prima attività sportiva l’abbiamo iniziata nel 2006. Io all’epoca ero ancora diesse della Lampre, questa per me è sempre stata un’attività “secondaria”. Non è un lavoro, ma una passione. A fine 2020 ho avuto la possibilità di andare in pensione e così ho deciso di dedicarmi maggiormente a questo progetto».

Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Mondiale di Varese del 2008. In mezzo il patron Mario Galbusera
Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Mondiale di Varese del 2008. In mezzo il patron Mario Galbusera

Il motore della passione

«Passione: parola importante – riprende dopo un breve silenzio – perché è quella che tiene in piedi il movimento giovanile. Noi abbiamo 20 collaboratori sempre presenti tra gare e allenamenti: lo fanno tutti guidati dalla passione verso questo sport. Non è mai facile perché si porta via tempo al lavoro e alla famiglia. Grazie all’amministrazione comunale si è costruito un ciclodromo di 700 metri dove i ragazzi possono correre ed allenarsi. In più, questa struttura è utilizzabile da tutta la comunità: dai podisti alle handbike. Le categorie con le quali lavoriamo sono quelle dai giovanissimi agli allievi, purtroppo quest’anno non avevamo il numero per fare la squadra, ma torneremo a farla la prossima stagione».

Il ciclodromo costruito dall’amministrazione comunale di Rodengo Saiano e utilizzato anche dai ragazzi per allenarsi e correre
Il ciclodromo costruito dall’amministrazione comunale di Rodengo Saiano e utilizzato anche dai ragazzi per allenarsi e correre

Le difficoltà non mancano

Il Covid e la crisi economica hanno colpito tutto il movimento sportivo, anche se le colpe non mancano o per lo meno si potrebbe fare di più per sostenere lo sport giovanile.

«La mia impressione – dice Bontempi – che non vuole essere una critica ma un’osservazione, è che ci si curi delle esigenze del professionismo trascurando i ragazzi. Vi faccio un esempio: pre Covid avevamo, nella sola regione Lombardia, 8 gare per la categoria giovanissimi ogni domenica. Invece, domenica scorsa (primo maggio, ndr) nessuna gara e siamo dovuti andare a correre in Veneto. Non è possibile che il Comitato Regionale non pensi e non presti attenzione ad una cosa del genere, a mio avviso avrebbero dovuto agire e cercare di organizzare almeno una corsa. Anche perché noi siamo partiti alle 13 e tornati a casa alle 21, capite che se poi uno ha una famiglia, deve fare dei sacrifici per stare dietro a tutto e non è facile…».

La formazione inizia già da piccoli, i ragazzi imparano tutto, anche a pulire la bici
La formazione inizia già da piccoli, i ragazzi imparano tutto, anche a pulire la bici

L’esperienza al servizio dei giovani

L’approccio all’attività dell’ASD Progetto Ciclismo è diverso: improntato a fare conoscere ed apprendere ai ragazzi, e non solo, tutto quello che ruota intorno al mondo della bici. Alla base c’è il divertimento nel praticare questo sport.

«Tanti anni di esperienza nel professionismo – racconta con trasporto Fabrizio – mi hanno permesso di avere una visione diversa, direi più ampia. Ci sono tante sfumature e molte cose da valutare in questo sport. Come società, insieme al consiglio direttivo, si è deciso di puntare molto sulla formazione e sull’informazione, sia con i ragazzi ma anche con i genitori. Spesso proprio questi ultimi creano delle problematiche, noi cerchiamo di far passare il messaggio che innanzitutto questo è un divertimento e uno svago. E che i ragazzi devono essere lasciati liberi di fare e di sbagliare».

Scuola di ciclismo e di vita

«I corsi che organizziamo, soprattutto in inverno – riprende l’ex diesse della UAE – servono per far apprendere come si gestisce questo sport, alla base del quale c’è un meccanismo delicato. Abbiamo fatto incontri con la nutrizionista per insegnare a curare l’alimentazione, non per perdere peso ma per uno stile di vita sano. Ho chiamato con noi il medico della Bike Exchange, Carlo Guardascione, per parlare di allergie da polline e polvere, visto che sono aumentati i casi tra i ragazzi. Lasciamo loro tanto spazio, devono imparare a gestirsi. All’inizio i genitori vengono coinvolti per coordinare il tutto e perché è giusto che anche loro siano partecipi, poi crescendo, i ragazzi vogliono essere indipendenti ed è giusto anche questo».

Sono previsti anche dei giorni di allenamento su pista per diversificare il lavoro
Sono previsti anche dei giorni di allenamento su pista per diversificare il lavoro

Multidisciplina? Parliamone…

«Gli allenamenti sono importanti per i giovani, e sono anche difficili da organizzare, bisogna sempre variare per mantenerli attenti. Io ho una visione diversa della multidisciplinarietà intesa come attività invernale (ciclocross o MTB, ndr) non mi piace molto. Non parlo di valenza tecnica, semplicemente non trovo utile obbligare un ragazzo a stare in bici 365 giorni su 365. Lo stacco invernale serve per fare altri sport come il nuoto e per svagarsi, ricordiamoci che hanno 16 anni, è anche giusto che escano con gli amici. Devono aver voglia di pedalare, se li obblighi a stare in sella anche a novembre e dicembre poi a marzo non hanno più voglia di allenarsi».

Intolleranza al lattosio: cos’è e perché è così diffusa?

07.04.2022
5 min
Salva

Dopo le parole di Marta Cavalli a Rossella Ratto sulle ragioni del suo rapido perdere peso di fine 2019 e la soluzione rintracciata con il dottor Guardascione nell’intolleranza al lattosio, abbiamo interpellato il medico del Team Bike Exchange-Jayco per saperne di più. Di intolleranze alimentari si sente parlare ormai in modo massiccio. Alzi la mano chi non conosce qualcuno che ne sia interessato. E’ tuttavia curioso capire in che modo ciò colpisca un’atleta di vertice, in che modo abbia penalizzato le sue prestazioni e come ne sia uscita. Diciamo che il discorso riguarda Marta, ma potrebbe toccare ciascuno di noi.

«L’intolleranza al lattosio non è un’allergia – spiega Guardascione, varesino e Responsabile Medico del team australiano – sono due cose diverse. L’allergia al lattosio ce l’ha praticamente l’uno per cento della popolazione in età adulta, è una cosa seria ed è dovuta alla carenza di un enzima che degrada al lattosio e si chiama lattasi. L’intolleranza al lattosio è qualcosa cui arrivi per gradi e la individui facendo dei test in cui dosi la capacità dell’organismo di degradare il lattosio. Si fa con un test del respiro, si chiama breath test proprio per il lattosio. Non è invasivo e consiste nell’analisi dell’aria espirata del soggetto prima e dopo l’assunzione di lattosio (in apertura, foto My Personal Trainer, ndr). Il test va a misurare le quantità di idrogeno e metano presenti nell’espirato».

Marta Cavalli ha eliminato gli alimenti a base di lattosio, avendo subito grandi benefici
Marta Cavalli ha eliminato gli alimenti a base di lattosio, avendo subito grandi benefici
Ci saranno dei sintomi, giusto? Che cosa succedeva a Marta?

Succedeva che mangiava e andava in bagno. Aveva una forma di malassorbimento che, associata alla dieta che faceva per aiutarsi dal punto di vista organico generale, l’ha portata a un discreto dimagramento. Marta l’avevo in squadra quando era alla Valcar e ha perso 4-5 chili in qualche mese. Quando però abbiamo capito che qualcosa non quadrava, facendo dei test specifici per il lattosio, abbiamo scoperto che c’era alla base un’intolleranza abbastanza importante a questo alimento.

Si è risolta facilmente?

E’ stato sufficiente fare una dieta di eliminazione di tutti gli alimenti contenenti lattosio e i suoi derivati. Quindi latticini in primis e via dicendo, finché il problema si è magicamente risolto, tra virgolette ovviamente. Non ha più avuto quegli episodi, il fatto di mangiare e dopo mezz’ora dover andare in bagno, magari con scariche che le impedivano di assorbire anche tutto il resto.

Ha dovuto cambiare radicalmente alimentazione?

Nella sua dieta standard c’erano sempre comunque il latte alla mattina, anche se era un latte scremato, gli yogurt e qualche formaggio. Questo le aveva creato un’irritabilità all’intestino, per cui non aveva un assorbimento corretto neppure degli altri nutrienti. E’ stata sufficiente qualche settimana di training graduale, eliminando totalmente gli alimenti contenenti lattosio e piano piano si è arrivati all’equilibrio. Il lattosio è ovunque, anche nei banali integratori o negli aminoacidi ramificati che vengono confezionati in compresse che hanno dentro il lattosio, usato per compattare la compressa. Insomma, facendo le necessarie analisi, siamo arrivati alla soluzione. Nessuna magia…

Il lattosio è ovviamente negli alimenti a base di latte, ma si nasconde anche altrove
Il lattosio è ovviamente negli alimenti a base di latte, ma si nasconde anche altrove
Diceva che si tratta di un problema molto diffuso…

Faccio una premessa. Negli ultimi anni si è avuto un aumento enorme di questi problemi negli atleti, ma anche nelle persone normali. Avendo la fortuna di fare il medico di famiglia, ho l’occhio aperto anche sulla popolazione generale e ho tantissime persone intolleranti al lattosio, anche se non sono atleti. Il latte di adesso non è certo il latte di 20 o 30 anni fa, questo è scontato. Vuoi perché le mucche vengono allevate in un certo modo e vuoi perché vengono additivate come prima non si faceva. Questo latte in alcune persone può provocare disfunzioni di origine gastrointestinale. Si tratta sostanzialmente di problematiche di questo tipo. Solo alcuni hanno eruzioni cutanei, una piccola parte. Comunque negli atleti si verificano più casi, perché sono sottoposti a degli stress organici molto importanti.

Quando Marta Cavalli era alla Valcar non aveva sintomi del problema?

Diciamo che certe manifestazioni in quegli anni erano borderline. Marta era ed è ancora una ragazza molto sensibile, per cui ogni tanto aveva quegli episodi tipici che noi medici chiamiamo di colite o di colon irritabile. Però poi, scavando un po’, si è arrivati a scoprire tutto questo. Lei è comunque di costituzione magra e quei 4-5 chili che ha perso non li ha più ripresi.

Gli ordini di arrivo non hanno evidenziato un grosso calo di rendimento.

Nel 2019 infatti ha vinto la maglia tricolore ed era una delle italiane più forti. Poi è passata alla FDJ Nouvelle Aquitaine, una delle WorldTour più importanti e in mezzo a tante campionesse non sta certo sfigurando, anzi. Ora sta bene, il suo livello anche come atleta si è elevato rispetto agli anni della Valcar. Adesso è ancora una delle migliori atlete italiane anche nelle corse dure e quelle a tappe. Grazie anche a chi la segue dal punto di vista dell’allenamento e chi per la nutrizione, ha trovato il suo equilibrio.

Il dottor Carlo Guardascione è il Responsabile Medico del Team Bike Exchange-Jayco
Il dottor Carlo Guardascione è il Responsabile Medico del Team Bike Exchange-Jayco
Come si rintracciano (e si evitano) i cibi contenenti lattosio?

Ormai sugli alimenti, oltre a gluten free c’è scritto anche lactose free. E’ davvero ovunque, non certo nella bistecca e nel pollo, ma ad esempio c’è in alcune marche di prosciutto cotto. In base al cibo, ci sono vari gradi di concentrazione. Il consumo di latte incide di più di una barretta che contiene qualche traccia di lattosio. Ed è chiaro che un formaggio bianco disturbi più delle compresse di aminoacidi che ne sono rivestite. Una volta che abbiamo appurato che la causa fosse quella, Marta ha risolto gran parte dei suoi problemi. Ripeto, niente di troppo insolito. Il giusto percorso da fare per chiunque.

Pidcock Sanremo 2022

Pidcock fermato di nuovo. Come affrontare un caso simile?

23.03.2022
4 min
Salva

La falcidia che ha colpito il gruppo di ciclisti, soprattutto prima della Milano-Sanremo, ha avuto due origini mediche. Di quella relativa ai problemi respiratori abbiamo già parlato con Gaetano Daniele, ma molti sono stati fermati anche da disturbi gastrointestinali, il caso più eclatante è stato quello di Thomas Pidcock, fermato dalla Ineos Grenadiers dopo una ricaduta (foto di apertura).

Il numero di casi ha destato sicuramente allarme nel gruppo, così abbiamo voluto saperne di più e Carlo Guardascione, medico del Team BikeExchange inquadra il problema nel giusto contesto: «Io oltre che responsabile sanitario del team sono anche medico di base e quando non sono chiamato per gare, sono nel mio studio. Questo mi consente di avere un polso della situazione generale nella popolazione. Ebbene, posso dire con assoluta certezza che rientriamo nei canoni normali del periodo stagionale. La fine dell’inverno porta sempre virus gastrointestinali come respiratori. Le cause sono che ci si scopre di più, si cominciano a cambiare le abitudini invernali e questo ha un prezzo».

Guardascione 2022
Carlo Guardascione, oltre che medico del Team BikeExchange, ha il suo studio di base a Solbiate Olona
Guardascione 2022
Carlo Guardascione, oltre che medico del Team BikeExchange, ha il suo studio di base a Solbiate Olona
Quali sono i sintomi più evidenti?

Diarrea, vomito, febbre. A studio nelle ultime ore sono venuti 5 casi di seguito tutti con problemi gastrointestinali. E’ chiaro che a un aumento nella popolazione corrisponde in maniera direttamente proporzionale anche un aumento nel gruppo di ciclisti: basta una borraccia un po’ più fredda, il sudore che si gela addosso in discesa ed ecco che escono fuori i problemi, c’è un raffreddamento repentino. Inoltre non bisogna dimenticare che possono influire anche le diminuite difese immunitarie.

A tal proposito, Fabio Felline, unico italiano arrivato alla conclusione della Parigi-Nizza, parlava proprio di calo di esse identificandone la causa nella battaglia lunga due anni contro il Covid…

Sicuramente ha influito, ma bisogna capire bene il perché. Ho letto l’articolo e Felline parla di utilizzo delle mascherine che ci ha disabituato a contrastare gli altri virus invernali. Questo è vero solo parzialmente. Noi abbiamo fatto una grande campagna vaccinale contro il Covid, ma questa ha fatto passare in second’ordine quella classica contro l’influenza: nel gruppo quasi tutti si sono vaccinati per la pandemia, ma ben pochi hanno fatto il vaccino antinfluenzale e i risultati sono questi. Guardiamo invece che cosa succede a livello generale: l’85 per cento degli anziani si è vaccinato anche contro l’influenza e infatti sono più difesi. I casi che arrivano al mio studio non li coinvolgono.

Guardascione studio
Negli studi medici i casi di malattie gastrointestinali in questo periodo sono aumentati
Guardascione studio
Negli studi medici i casi di malattie gastrointestinali in questo periodo sono aumentati
Torniamo al discorso relativo ai ciclisti, come abbiamo detto parte sono stati fermati da problemi respiratori e parte da disturbi all’apparato digerente. Le cause sono le stesse?

Generalmente sì, poi per ogni soggetto la sintomatologia può cambiare. Dipende come il fisico reagisce, ma vorrei porre l’accento su un aspetto basandomi sulla mia trentennale esperienza in mezzo al gruppo: gare come la Parigi-Nizza e la Tirreno-Adriatico sono sempre state foriere di malanni, proprio per il periodo di effettuazione. In Francia si è sempre gareggiato affrontando un gran freddo e molti lo soffrono. Anche da noi è vero che si trovano più giornate di sole, ma capitano anchee giornate di freddo intenso. Basti guardare quel che è successo nella tappa del Carpegna. L’unica vera differenza come dicevo è che in gruppo sono stati molti meno i ciclisti che hanno fatto il vaccino antinfluenzale, un dato che deve farci riflettere per la prossima stagione.

Nel caso di Pidcock e della sua recidiva, il britannico è stato fermato dopo che, appena ripresosi dal primo caso, si era subito rimesso ad allenarsi a pieno regime…

Non posso naturalmente giudicare dall’esterno, posso basarmi solo su quello che la squadra ha detto. Trovo estremamente corretto il fatto che Pidcock sia stato fermato, nel suo caso servono a questo punto accertamenti diagnostici, magari una gastroscopia perché potrebbe trattarsi di un’infezione virale che rallenta la fase digestiva. Probabilmente quando ha ripreso non era ancora stata scoperta la causa del suo malessere o non era guarito del tutto.

Ciclisti freddo 2022
Il freddo alla Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico ha provocato molti problemi in gruppo
Ciclisti freddo 2022
Il freddo alla Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico ha provocato molti problemi in gruppo
Nel suo ritiro ad Andorra dopo il primo caso di problemi intestinali, ha detto di essersi allenato a pieno regime, oltre 30 ore in bici. Quando si esce da una simile situazione, come deve essere la ripresa?

A prescindere da quali possano essere state le cause, su questo aspetto che ho letto anch’io sono rimasto un po’ perplesso. Quando si viene da problemi di diarrea e vomito, bisogna riprendere con molta prudenza perché il fisico è debilitato, ha perso non solo molti liquidi ma anche molti minerali e il metabolismo è completamente sballato. Bisogna reintegrare, non solo con i primi, bisogna rimettere in equilibrio ogni componente fisica prima di riprendere al 100 per cento altrimenti si va incontro a recidive. Il ritorno deve essere graduale, prima con gli allenamenti e poi con le gare che, in qualsiasi caso, sono sempre uno stress.

Questo vale anche per chi ha problemi respiratori?

Certamente, anche in quel caso il fisico impiega un po’ per tornare al suo stato normale. Spesso i corridori hanno tanta voglia di riprendere e saltano un po’ di passaggi, ma questo fa commettere errori che poi si pagano…

Squadre e vaccino: alla Bike Exchange sono messi così

04.12.2021
4 min
Salva

Quello che succede nella società civile lo vedi anche in gruppo. Da quando il Covid si è impossessato delle nostre vite, siamo tutti un po’ biologi e un po’ dottori, come quando dilagava il doping e in giro era pieno di ematologi. Perciò, mentre nelle strade c’è chi si batte nel difendere il proprio diritto a non vaccinarsi e chi cerca di spiegargli perché sia illogico, anche nelle squadre si sono vissuti dissidi analoghi. Con l’aggiunta dei tanti dubbi legati alle conseguenze che il vaccino avrebbe sulla carriera degli atleti. Le voci girano. E come ci sono mamme impaurite per la fertilità delle figlie, ce ne sono altre preoccupate per il rischio che il vaccino danneggi il cuore degli atleti.

Con Baroncini ai mondiali U23 di Leuven: Guardascione era parte della spedizione azzurra
Con Baroncini ai mondiali U23 di Leuven: Guardascione era parte della spedizione azzurra

Andiamo dal medico

Di solito davanti a dubbi di questo tipo ci si rivolge al medico e così abbiamo fatto, chiamando in causa Carlo Guardascione. Il dottore varesino della Bike Exchange è agli ultimi giorni di attività… borghese, perché a breve partirà con la squadra per il ritiro di Cambrils, in Spagna.

«I corridori – racconta – hanno vissuto e ancora vivono da quasi due anni nel sistema dei tamponi. Come tanti non hanno potuto lavorare, quindi sanno che cosa abbia significato l’arrivo del vaccino. Ci sono state resistenze ideologiche, ma in proporzione ho avuto più difficoltà a convincere i miei figli».

Qual è la situazione vaccinale della vostra squadra?

Il team femminile è vaccinato al 100 per cento con la doppia dose. Noi dello staff medico abbiamo tutti anche la terza dose. Mentre i maschi sono vaccinati al 95 per cento. Fanno eccezione uno dubbioso che fa resistenza, ma ovviamente non vi dico il nome. E uno che ha avuto il Covid ed è in quella finestra in cui può ancora aspettare. Fra il personale ci sono due no vax, ma sanno che per entrare nel magazzino serve il green pass, quindi vivono di tamponi.

Al Tour dello scorso anno, senza i vaccini, si viveva da un tampone all’altro
Al Tour dello scorso anno, senza i vaccini, si viveva da un tampone all’altro
Come farete in ritiro?

La società è stata chiara. In ritiro tutti i vaccinati verranno con un tampone rapido, che possiamo fargli noi o in una qualunque farmacia. Quelli non vaccinati avranno bisogno del tampone molecolare, che però sarà a carico loro.

Dicono che il vaccino possa favorire la miocardite.

Dicono tante cose, noi in quanto medici ci siamo informati e abbiamo avuto notizie più precise. Se prendi il Covid, hai un’elevatissima probabilità di prendere la miocardite. Succede perché la polmonite interstiziale può propagarsi e arrivare a lambire il cuore, provocando miocardite o pericardite. La miocardite da Covid può portare alla morte, ma si può anche curare. Un dilettante che seguo ha avuto il covid e la miocardite.

E’ guarito?

E’ stato fermo per tre mesi, ha fatto tutti gli esami ed è potuto ripartire.

Esiste anche la miocardite da vaccino?

Non ho avuto casi, ma si parla di un’incidenza di uno, due casi ogni 200.000 persone. E’ comunque meno pericolosa di quella da Covid e si cura con il cortisone.

I corridori hanno osservato qualche precauzione nel giorno del vaccino?

Di solito il giorno dell’iniezione e il successivo rimangono a riposo, giusto per evitare che si allenino casomai venisse un po’ di febbre.

Gli atleti non vaccinati sono costretti a ricorrere al tampone
Gli atleti non vaccinati sono costretti a ricorrere al tampone
E quelli che hanno avuto il Covid hanno ripreso facilmente?

Non esiste una regola uguale per tutti, può essere facile o molto complicato. Ne ho avuti quattro, tre completamente asintomatici, uno con un po’ di febbre. Alla fine hanno effettuato tutti gli esami previsti dall’ordinamento italiano, anche se qualcuno non era di qui, e al massimo avranno perso un mese di attività.

I corridori dovranno fare la terza dose?

Quando sarà il momento, senza dubbio. Una ragazza l’ha già prenotata per gennaio, visto che si sono vaccinati tutti fra luglio e agosto. Al massimo ci sarà qualcuno che chiederà di aspettare fine stagione.