Da Nibali a Bettiol, con Franceschi nel cuore di Mastromarco

29.06.2024
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MASTROMARCO – La casa di Carlo Franceschi la trovi perché lo sai, perché te lo dice il navigatore o solo perché davanti alla porta c’è parcheggiata l’ammiraglia della Mastromarco. Il direttore sportivo che fu di Capecchi, Nibali, Damiano Caruso, Valerio Conti e poi di Bettiol sta per compiere ottant’anni, eppure ha ancora i modi decisi. Siamo qui perché la vittoria tricolore di Bettiol ha riacceso la luce sulla piccola squadra toscana e quel senso di famiglia che l’ha sempre resa una bottega di ottimo artigianato, per il quale oggi c’è sempre meno spazio.

Quando siamo arrivati, Carlo stava preparando il pranzo assieme a sua figlia, fuori il caldo inizia a picchiare. Un corridore con la divisa della squadra locale passa avanti e indietro: scherzando diciamo a Franceschi che magari vuole farsi vedere impegnato. Lui sorride bonariamente e poi invita a sederci. Ha voglia di parlarci dei suoi… figli di Mastromarco: quelli che ce l’hanno fatta e quelli che alla fine si sono arresi. Ma si parte dall’ultimo, da Bettiol e da quegli abbracci a Sesto Fiorentino, dopo la vittoria.

«Balducci lo seguiva negli allenamenti – ricorda – e mi diceva che Alberto era forte, lui lo conosce bene. Solo che con quella caduta al Giro di Svizzera si era… pelato tanto e per questo eravamo un po’ titubanti. E lui allora lo curava anche durante gli allenamenti, affinché le piaghe non si espandessero e si riassorbissero quanto prima. Lo seguiva con il motorino e la bottiglia del disinfettante. Ogni mezz’ora bagnava le ferite finché finalmente il giovedì è stato contento. In due giorni le bruciature erano quasi guarite. E così siamo andati a Sesto Fiorentino, tutti noi del gruppo sportivo. Ci siamo messi sul percorso per fare i rifornimenti, perché lui era da solo. Io ero sulla salita di Monte Morello e l’ho sempre visto pedalare tranquillo. E alla fine abbiamo visto come è andata a finire…».

Il 2 marzo del 2013, Bettiol vince la Firenze-Empoli, prima corsa in maglia Mastromarco (photors.it)
Il 2 marzo del 2013, Bettiol vince la Firenze-Empoli, prima corsa in maglia Mastromarco (photors.it)
Bettiol e Nibali hanno due storie diverse…

Con Enzo è un rapporto più familiare, si può dire più quasi da figlio a padre. Ad Alberto siamo affezionati, ha fatto un anno a Mastromarco. E’ un ragazzo che si fa ben volere e allora ci siamo attaccati anche a lui, perché si dà anche delle belle soddisfazioni. Penso anche che in futuro non avrà più quei continui alti e bassi che lo hanno caratterizzato finora. Ha risolto i problemi che li causavano e già si è visto un primo miglioramento nel suo rendimento, che nel tempo sarà anche più evidente.

Che posto è Mastromarco?

E’ una famiglia. Questi ragazzi li teniamo qui, specialmente quelli che vengono da lontano. C’è il nostro ritiro e alla fine ci affezioniamo perché sono ragazzi seri, volonterosi, con la voglia di faticare e fare tanti sacrifici. Il ciclismo è uno sport duro, richiede tanti sacrifici, anche se alla fine non tutti ce la fanno. Purtroppo non tutti hanno i buoni motori e la mentalità per fare tutti questi sacrifici. Qualcuno si perde, penso a Paolo Baccio, che era un grandissimo talento e alla fine ha smesso di correre. Aveva vinto Mercatale, il Trofeo Piva e il tricolore crono. Aveva firmato un contratto da professionista e poi si è come spento. Per contro ci sono tanti altri ragazzi passati dalla Mastromarco che stanno correndo attualmente nel professionismo. Sono corridori giovani, magari non diventeranno campioni, ma sono buoni corridori.

Paolo Baccio, anche lui messinese come Nibali, era un talento purtroppo sfiorito (photors.it)
Paolo Baccio, anche lui messinese come Nibali, era un talento purtroppo sfiorito (photors.it)
Di qui è passato anche Capecchi…

E’ stato un buon corridore e anche lui ci ha dato tante soddisfazioni. E’ molto attaccato e tutte le volte che ci vediamo, ci abbracciamo e ci facciamo festa. Lui rimase qui un solo anno e poi è passato subito al professionismo…

Come Bettiol, del resto.

Lui abitava qui vicino, prima di trasferirsi in Svizzera, e ogni volta che torna a casa, viene ad allenarsi con noi. Anche con Caruso i rapporti sono meno stretti, perché lui abita in Sicilia. Ma ogni volta che viene alle gare e ci si vede, è una festa. Sono corridori che in un modo o nell’altro sono rimasti qua. Hanno sempre avuto un buon motore e la capacità di faticare e riuscire a concentrarsi come serve.

Nel 2008 Damiano Caruso vince il tricolore in maglia Mastromarco-Grassi-Sensi
Nel 2008 Damiano Caruso vince il tricolore in maglia Mastromarco-Grassi-Sensi
Hai parlato di Bettiol che vive in Svizzera, eppure fra i motivi della sua vittoria ai tricolori ha messo l’essere stato seguito come quando era dilettante. Non sarà che l’Italia gli manca?

Credo che gli faccia piacere sentirsi abbracciato dalla sua gente, perché sono abbracci sinceri. Purtroppo in Italia sono tartassati dalle tasse, mentre in Svizzera pagano meno e per questo vogliono andare via. Se questo Governo aiutasse di più lo sport e facesse le cose come tutti gli altri Stati, sicuramente tanti atleti non andrebbero fuori dall’Italia.

Mastromarco era un laboratorio artigianale, oggi quel ciclismo sembra lontanissimo…

Sta andando alla deriva, è vero. Però noi cerchiamo di fare il possibile, perché comunque i ragazzi devono crescere ed essere seguirli con amore. Devi insegnargli il mestiere del corridore, come devono mangiare e anche dormire. Cerchiamo di insegnargli a fare il ciclismo vero. Oggi li vedi più emancipati anche a rispetto a 5-6 anni fa. Certamente qualcuno si può montare la testa. Vince due o tre gare da under 23 e pensa di essere un campione vero, invece si è appena seduto a tavola e non ha ancora iniziato a mangiare. Alcuni lo capiscono e vanno avanti, gli altri probabilmente si perderanno.

Nibali e Franceschi: qui al Giro d’Italia del 2019
Nibali e Franceschi: qui al Giro d’Italia del 2019
C’è una vittoria che ti è rimasta nel cuore?

Le vittorie di Enzo sono tutte nel cuore. Il Giro d’Italia, il Tour e la Vuelta. Ho avuto la fortuna di essere presente sempre nel momento giusto, ma credo che la soddisfazione più grande l’ho provata alla Milano-Sanremo. Era una gara che non gli si addiceva tanto e ha fatto un numero strabiliante. Nessuno se l’aspettava e quella secondo me è stata la ciliegina sulla torta.

Come si combattono i devo team?

Non si combattono, si tenta di sopravvivere. Se non avessi Balducci come direttore sportivo, non riuscirei ad andare avanti. Lui adesso lavora con il cambio ruote Shimano, perché è giusto che possa guadagnare più del poco che possiamo dargli noi. Davvero qui si lavora con passione. Finché ne abbiamo, ci sarà ancora il Mastromarco.

Una bici al cielo, la piazza esplode per Bettiol tricolore

23.06.2024
7 min
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SESTO FIORENTINO – Quante volte hai pensato ad Alfredo Martini durante la corsa? Bettiol si volta quasi di scatto e tira su col naso. Passa la mano destra nei capelli più di una volta, per qualche prurito dopo tutto il giorno col casco sulla testa e poi guarda fisso.

«Ci ho pensato veramente tanto – dice – prima quando ho fatto la ricognizione, perché praticamente lui abitava qua, dietro la piazza, e conosco molto bene le figlie e i nipoti. Poi quando sono partito sulla salita ed ero solo a cinque dall’arrivo, mi è venuto anche un po’ da piangere. Ho pensato ad Alfredo, ho pensato a Mauro Battaglini e pensavo a quanto sarebbe stato bello che anche loro fossero qua con me oggi, con noi. Insomma, ecco… un pensiero va anche a loro due».

Una settimana difficile

Alberto Bettiol ha appena vinto il campionato italiano, con un’azione da duro sul circuito che aveva provato con la Mastromarco appena era stato ufficializzato. Ha trovato collaborazione in Rota e Zambanini e in tre si sono sobbarcati la fatica della fuga, quando Zoccarato ha deposto le armi. Era il favorito, tutti lo indicavano come tale e nessuno – noi compresi – si era fermato invece a riflettere sulla caduta al Giro di Svizzera che lo aveva costretto al ritiro.

Racconta Gabriele Balducci – suo direttore sportivo da U23, amico e padre ciclistico assieme a Carlo Franceschi – che quando è tornato a casa dal Giro Next Gen, seguito con Shimano, ha trovato un Bettiol da mani nei capelli.

«Ho cercato di non buttare benzina sul fuoco – racconta commosso e senza voce – ma la situazione era veramente brutta. Grazie alla nostra famiglia siamo riusciti a riprendere la situazione. Parlo di famiglia, perché è un gruppo allargato. Ci sono delle persone che ci stanno vicine e ci hanno dato una grossa mano».

Non sappiamo se Bettiol percepisca sino in fondo l’amore di cui è circondato in questa parte di mondo, ma a giudicare dagli sguardi delle persone che lo hanno accolto sul traguardo e spinto idealmente in ogni metro della fuga, si tratta di un fuoco davvero potente. Quando ha attaccato ed è rimasto da solo, un boato ha scosso la piazza del mercato.

Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Eri messo davvero male?

E’ stata dura ragazzi, perché faccio una cosa bene e 10 male. Ho vinto la Milano-Torino, poi sono caduto ad Harelbeke. Stavo andando bene allo Svizzera, poi sono caduto. Però questa settimana è stato bello. La mia squadra, la EF-Easy Post, mi ha supportato dandomi tutto il materiale. Ma è stata soprattutto una settimana vissuta come quando ero dilettante. Con Carlo Franceschi, con Boldrini, con Balducci, con Luca Brucini, il mio massaggiatore toscano. E’ stato bello. Ci siamo uniti e abbiamo cercato di rimediare tutti insieme a questo danno. La mia famiglia mi ha supportato. La mia ragazza mi ha lasciato tranquillo, sapeva benissimo quanto ci tenessi a questa settimana. Forse è questo il mio segreto…

Quale?

La famiglia, la squadra di Mastromarco che non mi abbandona mai. C’era Giuba, c’era anche Tiziano il meccanico a darmi l’acqua sulla salita. C’era Luca giù in pianura e Balducci era sull’ammiraglia della Work Service, che tra l’altro ringrazio perché siamo stati loro ospiti. Ringrazio Bardelli e i quattro ragazzi di oggi. Sono fortunato e questa vittoria la dedico veramente a loro.

La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
Che cosa succede adesso?

Sarà un’annata lunga. Devo onorare questa maglia e ce la metterò tutta. Ma ho anche bisogno di festeggiare, perché le vittorie vanno festeggiate. E poi mi voglio concentrare, perché tra una settimana c’è il Tour de France e spero di essere un degno campione italiano.

Eri il favorito, hai avuto sempre l’espressione molto concentrata…

Oggi è stata dura. Sapevo che era una delle corse più difficili da vincere, perché ero solo e avevo davanti squadre da 17 corridori. Non potevo fare altro che rendere la corsa dura. Fortunatamente ci hanno pensato la Lidl-Trek e l’Astana, ma sapevo che a un certo punto dovevo andare. Non avendo nessuno che potesse darmi una mano, dovevo muovermi. Ho rischiato anche un po’ a farlo tanto in anticipo, però oggi sapevo che bisognava rischiare. In generale mi piace rischiare, oggi bisognava farlo un po’ di più.

Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Sembri un altro Alberto: più preciso, concentrato, anche determinato.

Si invecchia, si matura, si impara dagli errori. Più che errori, direi semplicemente che il ciclismo adesso è diventato molto difficile, molto competitivo. Quest’anno, l’ho sempre detto, è una annata particolare. I Giochi Olimpici, i mondiali, i campionati italiani a Firenze, il Tour che parte da Firenze. Ero stato a vedere il percorso un paio di mesi fa, perché sapevo che sarebbe stato molto difficile tornarci, dato che partivo per Sierra Nevada, poi per la Francia e il Giro di Svizzera.

Come è stato correre senza radio?

Avevo Daniele Bennati (sorride, ndr) che dalla moto mi dava qualche consiglio, perché non avendo la radio e nemmeno la lavagna, non sapevo neanche bene i distacchi. E’ stata veramente una bella giornata. Devo ringraziare anche Lorenzo Rota e Zambanini, che sono stati veramente bravi. E’ stato un degno podio, perché alla fine ci hanno creduto come me. Ci siamo detti di rischiare, io non credevo di staccarli tutti. Credevo comunque di giocarmi qualcosa, scollinata la salita. Ho fatto uno sforzo notevole per balzare davanti, perché ero rimasto dietro. E neanche stavo tanto bene…

Per fortuna…

Avevo i battiti un po’ alti. Era una settimana che non correvo, poi ho fatto tre giorni senza bici e ho avuto un’infezione al braccio. Ho dovuto fare gli antibiotici. Insomma non è stato facile, però avevamo un obiettivo. Dico avevamo perché le persone di cui ho parlato prima si sono sacrificate come me, nella stessa misura. Hanno sacrificato le loro famiglie, i loro impegni, il loro lavoro per dedicarli a me. Luca, il mio massaggiatore, stasera doveva andare in ospedale a lavorare e non ci va perché oggi bisogna festeggiare. Anche questo è importante.

Avevi studiato il fatto di sollevare la bici sul traguardo?

No, dico la verità. Mi sono girato all’arrivo, avevo spazio e volevo fare questa cosa perché devo ringraziare anche Cannondale: sono 10 anni che mi dà le bici e me ne ha fatta una speciale, bellissima. Martedì sera festeggeremo la bici con un grande evento a Castelfiorentino e festeggiarla da campione italiano è una bella cosa.

La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
Sarai alla partenza del Tour da Firenze e per giunta in maglia tricolore…

E’ una cosa che non avrei immaginato neanche in un sogno. Essere l’unico fiorentino alla partenza era già qualcosa di speciale. Ma sfilare con la maglia tricolore non me lo so neanche immaginare. Ho fatto cinque partenze del Tour e sono state una più bella dell’altra. Però ecco ho fatto la ricognizione del trasferimento, ho fatto dei servizi per ASO e ho capito da dove passiamo. E insomma, con tutto il rispetto per le altre città, Firenze sarà Firenze…

E’ il ritratto della felicità. La sua gente lo aspetta. Il fratello, la ragazza, Balducci, Franceschi. Un sacco di gente che non conosciamo. Una famiglia allargata che da anni lo protegge, lo coccola e a volte lo ha giustificato invitando a volergli bene quando le cose non andavano. Per tutti loro stasera sarà il tempo della commozione, della felicità sfrenata e dei brindisi. Fra meno di una settimana saremo nuovamente a Piazzale Michelangelo. E il viaggio tricolore di Alberto Bettiol prenderà ufficialmente il largo.

Metodo di lavoro e margini: la Mastromarco fa così

13.01.2023
4 min
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Continental, non continental. Attività super internazionale e dilettantismo vero. Scegliere la via giusta non è cosa scontata. Ed è impossibile stabilire il dogma universalmente giusto. La cosa che resta centrale è la crescita sana dei ragazzi e in tal senso quelli di Carlo Franceschi e Gabriele Balducci, possono dormire sonni tranquilli. La Mastromarco Sensi Nibali si appresta ad affrontare una nuova stagione con l’entusiasmo di sempre da parte di staff e ragazzi.

E’ da questo team che sono passati corridori come Nibali, Bettiol, Capecchi e Caruso. La squadra toscana va avanti nella tradizione, ma questo non significa che non si lavori con metodologie nuove o si sia dei “negazionisti” dell’evoluzione. Semplicemente le cose si fanno con misura.

Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi Nibali
Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi Nibali

Veri under 23

Si riparte nel segno dei nuovi innesti e delle conferme. 

«La squadra – dice Franceschi – sarà composta da 12 atleti, cinque sono nuovi e di questi, tre vengono dagli juniores.

«Cambia un po’ il modo di fare la squadra? Noi andiamo avanti per la nostra strada e più che alle categorie del team pensiamo alla crescita dei ragazzi. Una crescita che deve essere da under 23 e non da professionisti. Oggi gli allievi si allenano come gli juniores. Gli juniores come gli under 23 e gli under 23 come i pro’. Poi passano e non hanno margini».

Qualche giorno fa avevamo parlato di Filippo Magli, che dalla Mastromarco appunto è passato alla Green Project Bardiani. Lui, ci diceva Franceschi, può fare bene nonostante non abbia un gran palmares tra gli under. Un po’ come fu per Alessandro De Marchi, se vogliamo.

«Filippo, come ho detto, può andare meglio tra i pro’ che tra gli under 23. Non era un corridore che aveva paura di prendere aria in faccia. Era un generoso. Sono convinto che si troverà bene e che abbia i margini per crescere».

Ludovico Crescioli (classe 2003) è uno scalatore. Eccolo in azione in maglia azzurra al Valle d’Aosta 2022 (foto Alexis Courthoud)
Ludovico Crescioli (classe 2003) è uno scalatore. Eccolo in azione in maglia azzurra al Valle d’Aosta 2022 (foto Alexis Courthoud)

Rispettare i tempi

La ricerca degli atleti in casa Mastromarco quindi è molto locale. Un po’ per dare manforte ai ragazzi “di casa” e un po’ perché ormai i campioncini se li accaparrano i grandi team. Neanche più le continental nostrane, parliamo proprio delle WorldTour che poi li dirottano nelle rispettive development se non addirittura, in qualche caso, li portano direttamente in prima squadra.

«Per noi – riprende Franceschi – vincere una corsa o vincerne sette non cambia assolutamente nulla. Per noi conta che i ragazzi crescano gradualmente e con margine. Non devono passare che stanno già all’osso. Perché poi di là durano poco.

«Se tu con una continental gli fai fare solo certe corse e li alleni forte per puntare a quelle corse, sfrutti troppo il loro motore. Io da manager magari vincerò anche, ma non faccio il bene del ragazzo. Non devono essere carne da macello.

«Alla fine i nostri ragazzi che sono passati da noi, al netto di quei due o tre campioni, si sono sempre barcamenati benino. Penso a Marcellusi, a Covili, al giovane NieriIo glielo dico sempre a Balducci che li segue: “Noi siamo un’under 23 e come under 23 dobbiamo allenarci».

Lorenzo Magli (classe 2002) è un corridore piuttosto veloce. Lui e Crescioli saranno un po’ i leader della Mastromarco (foto Instagram)
Lorenzo Magli (classe 2002) è un corridore piuttosto veloce. Lui e Crescioli saranno un po’ i leader della Mastromarco (foto Instagram)

Due leader

La squadra dicevamo sarà composta da 12 atleti. Sarà una formazione completa, ma forse più votata alle corse relativamente veloci. Una delle stelline del team, infatti, sembra essere Lorenzo Magli, fratello minore di Filippo. C’è anche Ludovico Crescioli, scalatore. ma le occasioni per chi va forte in salita non sono tantissime.

«Lorenzo Magli sarà l’uomo di punta per le corse più pianeggianti – spiega Franceschi – lui infatti è abbastanza veloce. Lo scorso anno ha vinto e magari sarà più sicuro dei suoi mezzi. Per le corse più dure invece abbiamo Crescioli. E poi si vedrà… come ho detto sono ragazzi, sono under 23 e tutto può cambiare da una stagione all’altra.

E dicevamo che la Mastromarco i corridori li va a pescare “in casa”, eppure c’è l’eccezione che conferma la regola. Parliamo di Tyler Hannay, ragazzino inglese classe 2003.

«E’ stato Massimiliano Mori a proporcelo, il suo procuratore. Viene dall’isola di Man come Cavendish. E’ un bel prospetto. Lui aveva piacere di correre in Italia e infatti già ad agosto ha fatto uno stage con noi. In più è andato in ritiro con la Ineos-Grenadiers in Spagna».

L’altro padre, “il Franceschi” lo aspettava a Como

13.10.2022
5 min
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L’onda lunga del ritiro di Vincenzo Nibali. Un addio così non svanisce in pochi giorni. Sul rettilineo di Como, ad attendere il suo figlioccio c’era, e non poteva essere altrimenti, anche Carlo Franceschi, presidente della Mastromarco Sensi Nibali, la squadra che ha lanciato il messinese al grande ciclismo.

“Il Franceschi”, lo ricordiamo, è colui che accolse lo Squalo quando Squalo ancora non era, ma era solo un ragazzino partito dalla Sicilia con un’immensa voglia di fare il corridore. Un ragazzino che prometteva bene, ma che chiaramente aveva più sogni che certezze. Franceschi gli aprì le porte di casa sua nel vero senso della parola. I genitori di Vincenzo glielo affidarono.

Carlo Franceschi, ex direttore sportivo e attuale presidente della squadra in cui correva Nibali da dilettante, sull’arrivo di Como
Lago di Como, Franceschi, attuale presidente della squadra in cui correva Nibali da U23

Ventidue anni

«E siamo arrivati a questo momento – dice Carlo con un tono velato di commozione – sono emozionato. La sua carriera è stata lunga. Ho visto la sua prima gara da professionista a Laigueglia nel 2005 e non potevo mancare oggi all’ultima, al Lombardia.

«Cosa devo dire? Dal 2000 (per Carlo “Nibali è iniziato” 5 anni prima degli altri, ndr) mi ha dato soddisfazioni ed emozioni incalcolabili».

Franceschi parla di un ragazzo che è sempre stato serio e maturo, in relazione alla sua età, e soprattutto è sempre stato motivato.

«E lo è stato fino alla fine. Prima della partenza di questo Lombardia era rilassato, ma anche un po’ teso, emozionato, perché comunque sapeva che era l’ultima gara. Mi ha detto però che aveva dormito bene nella notte, perché voleva cercare di dare un piccolo brio a tutti i suoi tifosi».

Per Franceschi la vittoria di Nibali alla Sanremo è stata la più emozionante
Per Franceschi la vittoria di Nibali alla Sanremo è stata la più emozionante

Quella Sanremo

Carlo con i “CanNibali” è partito in piena notte da Mastromarco. Non erano neanche la quattro, ma voleva farsi trovare presente alla sveglia di Vincenzo nell’hotel in cui alloggiava. Bisognava scortalo alla partenza. Poi è andato a vederlo anche in cima ad una delle prime salite.  «Cosa gli ho detto? Corri alla Nibali e poi vediamo che succede. E lui si è messo a ridere».

«Se chiudo gli occhi ho due vittorie di Vincenzo stampate qui dentro – mentre si porta il pollice alla fronte – la vittoria del Tour, soprattutto la prima tappa che vinse, e la Milano-Sanremo

«Alla Sanremo mi ha fatto quasi venire un infarto. Perché lui è abituato a prendere 100 metri e a portarli all’arrivo, ma farlo alla Classicissima era una cosa grossa… e ci è riuscito. Per me è la più bella vittoria della sua carriera. Non era una gara che gli si addiceva tanto. Quello è stato un numero da vero campione».

Il 22 marzo 2006 Nibali coglie la sua prima vittoria da pro’: la Cervia-Faenza, seconda tappa della Coppi e Bartali
Il 22 marzo 2006 Nibali coglie la sua prima vittoria da pro’: la Cervia-Faenza, seconda tappa della Coppi e Bartali

Tirate d’orecchie

In apertura abbiamo scritto che Carlo Franceschi è stato anche un padre per Nibali. E un padre non dice sempre e solo di sì. A volte tira le orecchie, rimprovera… ci si discute anche. E momenti così tra Franceschi e Nibali non sono mancati. Ma sono proprio questi momenti che innalzano il rapporto, lo rendono qualcosa di più. Lo fanno diventare una famiglia.

«Quando era junior e dilettante – va avanti Franceschi – ci ho litigato tanto. E ci ho litigato tanto perché tanto sciupava. Quando vinceva e sapeva che aveva sciupato, poi veniva da me e con un aria da furbetto mi faceva: “Hai visto che ho vinto lo stesso?”. Io però gli ribattevo: “Sì, però domenica scorsa non l’hai finita. E quella ancora prima le hai prese…”. Invece di 15 poteva averne vinte 18. Posto che poi quelle vittorie non contavano nulla perché una volta passato si azzerava, e si azzera, tutto. Ma era il concetto del correre bene che a me stava a cuore. Sembrava che non ascoltasse, però ascoltava e questo contava».

Quelle ramanzine da ragazzino sono servite. Certi errori magari da pro’ in corsa non li ha fatti. Ma Nibali e Franceschi si sono sentiti, anche durante la super carriera del siciliano.

«Mi ha sempre chiamato – prosegue Carlo – quando era ancora a casa mia, chiedeva i consigli e io gli spiegavo certe cose. Le direttive erano sempre quelle: nello sport bisogna essere leali, onesti e altruisti… Ma quando c’è la possibilità di andare, bisogna andare».

Dopo l’arrivo l’abbraccio di Nibali ai suoi genitori e a Carlo, a sinistra (foto Instagram)
Dopo l’arrivo l’abbraccio di Nibali ai suoi genitori e a Carlo, a sinistra (foto Instagram)

La Porsche no

Ma i consigli non erano da direttore sportivo a corridore, erano anche da “padre a uomo”, perché nel frattempo Nibali è chiaramente maturato, si è sposato e ha messo su famiglia.

«Una volta tornò dopo un buon Tour e mi disse: “Voglio farmi un regalo, mi compro una Porsche”. Io gli risposi: “No, la Porsche non si compra, prima finisci casa”. Aveva preso un appartamento nelle mie zone, doveva acquistare anche il garage e così fece… Poi comprò anche la Porsche! Ma intanto le priorità erano state rispettate. I consigli li chiedeva, dai…».

Franceschi continua il suo cammino verso la zona d’arrivo. Nell’area riservata, lo attendono i genitori di Vincenzo. E’ tutto pronto per quella che, a prescindere dal risultato, sarebbe stata una festa. Carlo aspettava il suo ragazzo, come tante volte aveva fatto in questi 22 anni che gli è stato al fianco. 

«Quando arriverà gli dirò grazie di averti trovato. E grazie delle tante emozioni che mi hai dato nella vita».

La scelta degli juniores. Inchiesta tra i diesse degli U23

25.06.2022
7 min
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Come scelgono i ragazzi di primo anno le squadre under 23? Al netto che i migliori juniores hanno la “strada spianata” e magari saltano direttamente fra i pro’, quali sono i criteri di scelta per gli altri ragazzi? Ne abbiamo parlato con alcuni direttori sportivi di squadre under 23 e continental, mettendo a confronto esigenze differenti.

Non bisogna però nascondersi dietro ad un dito: in questa scelta molto dipende dai procuratori e sostanzialmente dagli ordini d’arrivo. Perché, alla fine volenti o nolenti, si parte sempre da là. Ma resta in piedi il discorso tecnico. Vediamo come.

Per i ragazzi della Hopplà (continental) prima di entrare in squadra si passa dai test in Mapei Sport
Per i ragazzi della Hopplà (continental) prima di entrare in squadra si passa dai test in Mapei Sport

Basta plurivittoriosi

«Certo che guardiamo le classifiche – dice Matteo Provini, tecnico della Hopplà Petroli Firenze – ma guardiamo anche il modo di correre dei ragazzi. Qualche anno fa, per esempio, ho fatto l’errore di prendere un ragazzino che aveva accumulato molte vittorie, ma tutte nei circuiti, in volata. Poi nelle prime corse da under 23 si staccava sul primo cavalcavia. Da quel giorno non guardo solo chi vince, ma chi è nei primi dieci. Quando presi Ganna, non lo voleva nessuno, aveva fatto solo due piccole vittorie da juniores. Anche Konyshev non aveva vinto, ma vedevo che era sempre in fuga.

«Per me contano molto tre corse in particolare e sono: l’Internazionale di Solighetto, il Lunigiana e il Liberazione di Massa. Se si va a vedere, da qui sono sempre saltati fuori dei nomi importanti».

Ganna Chrono 2014
Un semisconosciuto Ganna alla partenza della Chrono des Champions 2014, vinta fra gli juniores
Ganna Chrono 2014
Un semisconosciuto Ganna alla partenza della Chrono des Champions 2014, vinta fra gli juniores

«Per il mio modo di fare – prosegue Provini – i plurivittoriosi con me non vanno sempre d’accordo. Hanno già l’impressione di essere dei campioni e non hanno voglia d’imparare.

«Quindi andiamo a contattare gli juniores di livello medio, dopodiché li sottoponiamo a dei test presso il centro Mapei. In base ai valori che danno questi test decidiamo se prenderli o no».

L’aspetto umano

Con Provini si cerca di capire se in qualche modo è valutabile anche l’aspetto umano.

«Qualche junior lo portiamo in ritiro con noi – sorride – e cerchiamo di capire chi sia la persona che stiamo ingaggiando. La prima è capire se hanno voglia di imparare e se ascoltano tutto quello che gli si dice.

«Il problema è che spesso – riflette – ci sono dietro di loro troppe persone, preparatore e famiglie, che li condizionano. Tante volte gli dici di fare una cosa, poi tornano a casa e fanno l’opposto. E così diventa difficile valutare per noi. Non si ha la piena padronanza dell’atleta. Per questo cerchiamo di scegliere chi ha piena fiducia nelle strutture della squadra».

Miodini della Beltrami-Tsa, squadra continental
Miodini della Beltrami-Tsa, squadra continental

Occhio ai punti

«Guardiamo anche le classifiche – spiega Roberto Miodini della Beltrami-Tsa – e le guardiamo perché se fai la continental i ragazzi devono avere dei punti. Senza punti ne possiamo prendere uno solo.

«Ma quando dico che guardiamo le classifiche, intendo che tengo l’occhio sui punteggi. Per forza di cose devo stare in quel range. Anche se sono consapevole che ci sono dei ragazzi che hanno pochi punti ma che sono, o possono essere, fortissimi. Magari non sono riusciti ad esprimersi perché ancora sono in fase di crescita, ma quelli io, ripeto, non li posso prendere. Se potessi, lo farei».

«Sulla nostra scelta – prosegue – incide molto anche la tipologia di calendario che andiamo a fare. Se facessimo anche tante corse che per la maggior parte sono piatte, come i circuiti per gli under 23, magari prenderei anche delle ruote veloci. Ma facendo un calendario continental che è più duro, che prevede corse a tappe, è più utile prendere un ragazzo che sappia fare fatica. E’ più utile un passista scalatore… A me piace chi fa fatica, anche se spesso accumula pochi punti perché lavora per altri. Ed è un paradosso. Quando invece per noi sarebbe il profilo migliore.

«In tal senso è importante avere una rete di fiducia con i direttori sportivi delle squadre juniores, ma anche amici, gente esperta… Perché basarsi solo sul giudizio del diesse di quell’atleta non è totalmente giusto: lui cerca di piazzare il suo corridore».

Turchetti, seduto al centro, con i suoi ragazzi della Delio Gallina
Turchetti, seduto al centro, con i suoi ragazzi della Delio Gallina

Le conoscenze contano

E il discorso delle conoscenze di Miodini e della valutazione umana che in qualche modo faceva Provini si ritrovano anche in Cesare Turchetti, della  Delio Gallina – Ecotek Lucchini Colosio.

«Nella scelta dei ragazzi – dice il diesse bresciano – molto incidono anche le conoscenze. Ci sono dei direttori sportivi in cui ho più fiducia e parlo con loro, ma mi rifaccio anche ai rapporti con amici competenti per capire il corridore e la persona.

«Qui, alla fine tutti vogliono andare alla Colpack-Ballan o alla Zalf Euromobil. Fai fatica a prendere uno junior bravo. E sì che poi noi gli diamo tutto. Nel mio metodo è previsto parecchio tempo in ritiro, quindi c’è anche un certo impegno. Ma se il ragazzo non vuole stare con noi o ci sta con la testa di chi dopo un anno vuole andare via, non va bene. Non è il massimo per chi vuol investire su di lui e cerca di farlo crescere».

Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi-Nibali
Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi-Nibali

Si va sul campo

«Prima di tutto – spiega Carlo Franceschi della Mastromarco Sensi Nibali – valuto il suo rendimento nell’arco della stagione. Non tanto le vittorie, ma la capacità di rendere da inizio a fine annata. Anche se vince poco, ma arriva sempre nei primi dieci, sai che ci devi lavorare, ma altrettanto sai che ci puoi fare affidamento.

«Spesso chi ha tante vittorie sono i ragazzi che vincono i circuiti, ma poi tra gli under servono le caratteristiche di fondo e resistenza».

«Il corridore piccolo ha più difficoltà è vero, però anche qui conta la qualità. Pozzovivo, per esempio, è sempre stato competitivo. Anche da allievo. Io poi, anche per cercare di individuare questi ragazzi che sono più indietro nella crescita, durante la stagione ho il compito di andare a vedere qualche gara juniores. E se il piccolino si fa vedere e magari ti arriva nei dieci è un’ottima cosa.

«Ma anche qui bisogna valutare: è piccolo perché i suoi geni sono così (e lo scopri conoscendo i genitori) o perché non è ancora cresciuto? Solitamente lo vedi in faccia un ragazzino di 17 anni se e quanto ha sviluppato. E lo vedi a prescindere dalla statura.

Anche Franceschi riprende in parte il discorso di Turchetti.

«Con i corridori di fuori regione si va a conoscere la famiglia. Il ragazzo magari vorrebbe venire, ma i genitori non sono d’accordo o non sono convinti di mandarlo a vivere nel ritiro. Così non va bene, non vai da nessuna parte: queste incertezze si riflettono sul ragazzo. La Mastromarco è una famiglia e tutti devono essere sereni di starci».

Coppolillo, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna
Coppolillo, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna

Particolarità #inEmiliaRomagna

«Valutare i ragazzi non è facile – dice Michele Coppolillo della #inEmiliaRomagna – non guardiamo solo il risultato, ma anche altre cose. Nel nostro caso poi è anche più semplice la scelta, in quanto abbiamo sposato la politica di portare avanti i ragazzi dell’Emilia Romagna. Ma è chiaro che guardiamo anche oltre. Che risultati hanno ottenuto, che tipo di attività hanno svolto, quante gare hanno fatto…».

«Ricordiamoci che tra gli juniores si è in una fase di crescita importante. E non tutti hanno sviluppato allo stesso modo. Abbiamo degli esempi in casa. Noi abbiamo preso corridori che da juniores non avevano mai vinto e poi da under 23 lo hanno fatto. Penso a Dapporto. La maturazione a quell’età è molto differente. E non si dovrebbe avere fretta.

«Lo scalatore, che solitamente è più piccolo, oggi fa fatica ad emergere. Fa più fatica in pianura. Le medie sono cambiate e magari arrivano sotto le salite già stanchi. Anche per questo collaboriamo con le società. Parliamo costantemente. Cerchiamo di avere un giudizio complessivo».

Coden, a sinistra, con i ragazzi della squadra Interregionale al Giro. Lui è il diesse della Campana Imballaggi
Coden con i ragazzi della squadra Interregionale al Giro. Lui è il diesse della Campana Imballaggi

Crescita in casa

«Noi – spiega Alessandro Coden della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino – siamo un team nato nel 2011 e abbiamo anche la squadra juniores. Non avendo grosse pressioni dagli sponsor, portiamo i ragazzi più avanti possibile, tanto che abbiamo creato la categoria under 23 da un paio di anni. Per noi quindi si tratta di un cammino. Anche se non manca un occhio rivolto ai ragazzi di altre squadre.

«Su cosa mi baso per prendere gli altri? Guardo il rendimento nella sua regolarità. I suoi piazzamenti. E lavoriamo per farlo crescere. Qualche corridore buono lo abbiamo avuto anche noi: Zambanini, che ora è alla Bahrain Victorious, e Colnaghi alla Bardiani Csf Faizanè. Ci abbiamo creduto e adesso cercheremo di fare crescere qualche altro ragazzo».

Nibali e Bettiol in Toscana, Franceschi gioisce e ricorda…

10.03.2022
4 min
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Alberto Bettiol, Vincenzo Nibali e la Mastromarco Sensi Nibali. Storia, amicizia, passione, sport…. Recentemente i due campioni si sono ritrovati in Toscana (in apertura, foto Instagram), proprio sulle colline dove sono cresciuti,  hanno sudato, hanno gioito e forse anche pianto. E quando i due si riuniscono e si ritrovano da quelle parti, c’è una persona, Carlo Franceschi, che non resta insensibile. Anzi… «Com’è vederli qui insieme? E’ bello», nell’accezione più semplice e sconfinata di questo aggettivo.

“Il Franceschi”, per dirla alla toscana, è stato il riferimento di entrambi quando erano dei dilettanti, in particolare per Nibali. Per lo Squalo è stato quasi un secondo padre, visto che lo ha accolto a casa sua quando poco più che bambino lasciò la Sicilia.

Carlo Franceschi
Carlo Franceschi è il presidente della Mastromarco
Carlo Franceschi
Carlo Franceschi è il presidente della Mastromarco

E adesso?

«E adesso – racconta Franceschi – fino a qualche giorno fa sono stati qui. Ora sono tornati in Svizzera perché si devono allenare. Entrambi devono correre. Però non conosco di preciso quando rientreranno e che programmi hanno.

«Soprattutto Nibali ha bisogno di correre se vuole fare il Giro d’Italia. Perché, sapete, ormai gli anni passano e ha sempre più bisogno di correre se vuole trovare la condizione».

I due si erano ritrovati in Toscana entrambi usciti dal Covid da qualche giorno, in più Nibali aveva avuto la tonsillite. Avevano deciso di riprendere dalle origini. «Bettiol quando è in Toscana si allena sempre con noi e lo stesso vale per “Enzo”. Lui era tanto che non veniva».

Alberto Bettiol in allenamento con i ragazzi della Mastromarco Sensi Nibali (foto Simona Bernardini)
Alberto Bettiol in allenamento con i ragazzi della Mastromarco Sensi Nibali (foto Simona Bernardini)

Campioni diversi

Bettiol e Nibali, pupilli, campioni e due caratteri diversi. 

«Nibali – continua Franceschi – con me ci viveva e ho avuto modo di studiarlo ancora più a fondo. Era più fiscale, programmava molto tutta la sua giornata. Stava attento a tutto. Bettiol invece sapeva concentrarsi bene su alcune specifiche gare e già all’epoca ci arrivava preciso. La mentalità era quella buona per entrambi. Due vincenti.

«Oggi i ragazzi ascoltano. Ascoltano, ma non praticano. Vederli fare i sacrifici che poteva fare un Nibali da juniores è ben più difficile. Magari sono io che invecchio, cerco di adeguarmi anche ai nuovi metodi, ma alcune cose di questo ciclismo mi sono lontane. Oggi vincono una gara e sono già campioni. E ogni anno si è “punto e daccapo”. Almeno però quando sono qui, i ragazzi li vedo molto interessati a Nibali e Bettiol».

Dalla Mastromarco alla nazionale, per Vincenzo e Alberto il talento è la prima qualità
Dalla Mastromarco alla nazionale, per Vincenzo e Alberto il talento è la prima qualità

Ritorno alle origini

Quando due così sentono in qualche modo il bisogno di tornare alle origini significa che qualcosa di buon si è fatto. Che quegli anni passati alla Mastromarco, in questo caso, sono stati anni importanti. Anni in cui si è formato il corridore, ma anche il carattere. Anni dai pensieri positivi.

«Mi piace che siano qui – racconta con un filo di commozione, Franceschi – la Mastromarco la sentono dentro. E ci danno una grossa mano, anche economica con i materiali, le bici… Da poco anche grazie al loro aiuto abbiamo preso un nuovo appartamentino per i ragazzi qui in zona a Mastromarco.

«L’altro giorno ero a Camaiore al via della Tirreno-Adriatico. Ho incrociato Richie Porte e l’ho chiamato. Lui quando mi ha visto si è fermato. E tornato indietro, mi ha abbracciato e mi ha fatto di quelle feste… Tutto ciò mi ha riempito di gioia. E ha fatto così, tanto lui quanto Damiano Caruso. Significa che si è lavorato bene , che ci sono sintonia e affetto».

Tirate d’orecchie

Nibali e Bettiol oggi sono due adulti. Il siciliano è addirittura un padre di famiglia, ma con Franceschi tornano ad essere due ragazzi, quasi due “figli”.

«E ancora oggi se c’è bisogno “gli tiro le orecchie” quando si parla di questo o quello, dei “farei così”, di “ quello ha fatto questo”… E anche all’epoca se a tavola mangiavano un boccone di troppo glielo dicevo. Guardate che domenica poi non andate in salita. E loro si facevano una risata. 

«Ascoltavano, ma forse di fronte a questi rimbrotti, “Enzo” era più, come dire, orgoglioso. Bettiol invece era, ed è, più legato a Gabriele Balducci. Lui ancora lo aiuta negli allenamenti. Ma ho un ottimo rapporto con entrambi. Oggi magari i consigli che posso dargli sono più sulla vita privata, qualche parere. Ormai ne sanno più di me di ciclismo».

Prima il Covid, poi le vittorie: il 2021 della Mastromarco…

20.10.2021
5 min
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Non è stata una stagione facile per la Mastromarco Sensi Nibali, la squadra del presidente Carlo Franceschi. All’inizio dell’anno i ragazzi erano stati presi in toto dal Covid, poi per fortuna (e per bravura) sono riusciti raddrizzarla non poco.

Al Giro U23 quest’anno avevamo incontrato proprio l’esperto diesse, storico “papà toscano di Nibali”, il quale un po’ sconsolato ci disse allargando le braccia: «Si fa quel che si può». In realtà proprio in quel periodo i suoi ragazzi cominciavano a stare meglio. Ma un conto è iniziare a stare meglio e un conto è scontrarsi con chi è all’apice della stagione. C’è una bella differenza.

Carlo Franceschi è il presidente storico di questa società (foto S. Bernardini)
Carlo Franceschi è il presidente storico di questa società (foto S. Bernardini)

Finale scoppiettante

«Esatto – dice Franceschi – nella prima parte è andata così. E pertanto neanche abbiamo insistito troppo con i nostri i ragazzi in termini di preparazione. Il ferro per modellarlo va battuto quando è caldo e non quando è freddo. Perché non è tanto il Covid, ma quello che ne consegue. Per recuperare ci vuole un bel po’. E così li abbiamo fatti correre meno, abbiamo insistito meno con gli allenamenti. Quando poi abbiamo visto, anche dalle analisi, che stavano meglio e recuperavano bene, abbiamo iniziato a spingere di più.

«Da luglio in poi infatti abbiamo vinto quattro corse e non siamo quasi mai scesi dal podio. Per non perdere troppo tempo, dopo il Giro non siamo neanche andati in altura, ma abbiamo preferito allenarci a casa. Perché per andare davvero forte con l’altura serve un mese. E noi di tempo ne avevamo già speso abbastanza».

Franceschi parla di un anno che alla fine si è raddrizzato non poco. I suoi ragazzi sono stati bravi e adesso tre di loro passeranno con la Bardiani Csf Faizané.

«Mi passano Martin Marcellusi, Filippo Magli e Alessio Nieri. Marcellusi è il nostro corridore più conosciuto. Ha vinto la crono finale a Ponsacco e la settimana prima aveva vinto il Trofeo Mario Zanchi. Ha attaccato nel muro finale ed è stato fuori per tutto il giro, davvero una bella azione.

«Alessio Nieri (classe 2001, ndr) non ha vinto ma è un buono scalatore. Scalatore puro. E poi c’è Filippo Magli. Ecco, lui ha vinto una sola corsa, ma questo ragazzo ha una marea di buoni piazzamenti. E’ molto costante. Sono convinto che si troverà meglio nei pro’, che corrono un po’ più regolari, che nei dilettanti. Ha già fatto qualche gara sta stagista ed è stato a lungo in fuga».

Verso il 2022

Ma per una stagione che finisce c’è n’è subito un’altra che parte. L’altalena non si ferma e Franceschi ha già impostato la Mastromarco 2022.

«Sarà una squadra giovane – dice il tecnico toscano – una squadra composta da 12 ragazzi. Ho preso tre juniores. Probabilmente il prossimo anno raccoglieremo un po’ pochino e dovremmo lavorare in ottica futura per far crescere i ragazzi. Ma ci sta. Li alterneremo bene nelle corse».

«Se è più stimolante lavorare con questi ragazzi o con quelli già vincenti? Da parte mia è stimolante sia lavorare quando hai già il corridore buono, sia quando invece come il prossimo anno devi costruirlo. Ma è un tutt’uno. Tu ci lavori, lo fai crescere per far sì che diventi un cavallo di razza. E se riesci a farlo passare professionista dici: beh, ho lavorato bene. E sei soddisfatto». 

Ultime parole prima del via, sotto lo sguardo di Alberto Bettiol (foto S. Bernardini)
Ultime dritte parole del via, sotto lo sguardo di Alberto Bettiol (foto S. Bernardini)

Troppa fretta

E al discorso dei cicli, Carlo dall’alto della sua esperienza fa un discorso molto interessante, sullo stato del dilettantismo italiano.

«Per quel che riguarda gli U23 c’è davvero poco. E ‘un momento un po’ così. A volte ti capitano delle infornate in cui ce ne sono tanti e altre in cui ce ne sono molto pochi. In questo momento tra gli U23, a parte qualcosa che si è visto da Colpack e forse Zalf, non vedo grossa qualità in giro. E lo stesso tra gli juniores: qualche gara l’ho seguita».

«E poi oggi non si dà neanche il tempo di farli crescere e neanche di trovarli i ragazzi. Perché se c’è già uno juniores “buonino” lo prendono subito le squadre pro’. Al massimo fanno un anno da dilettanti. Non hai tempo di lavorarci su. Questi ragazzi sono sfruttati troppo tra juniores e il primo anno da U23. Hanno la scuola, la bici… troppa pressione. Io poi cerco di farli passare che debbono fare ancora un gradino di crescita. Invece oggi nella maggior parte dei casi non hanno più margini. E infatti fanno un anno o due… e poi vanno a cercarsi lavoro».