Il ciclismo del Caneva: un po’ per fatica e un po’ per gioco

14.01.2025
8 min
Salva

Qualche anno fa, ci rendemmo conto che in ogni intervista Alejandro Valverde continuava a tirar fuori la stessa espressione: «Disfruta de la bicicleta» che in qualche modo significa godersi la bicicletta, divertirsi a praticare lo sport. E’ una frase che per chi scrive è sempre stata alla base della longevità dello spagnolo. Per questo quando qualche giorno fa ci siamo imbattuti in un post su Facebook della Gottardo Giochi Caneva, un passaggio ci ha riportato alla memoria le parole del grande spagnolo. «In questi giorni – si legge – i gialloneri hanno alternato uscite in bicicletta ad attività ludiche con l’intento di mettere chilometri sulle gambe e cementare lo spirito di gruppo. Chilometri, sedute di yoga e torneo di padel hanno riempito le giornate dei gialloneri».

L’ammiraglio Ravaioli

In questi anni di juniores inquadrati e sollecitati ai massimi livelli, il concetto di attività ludica ha richiamato l’attenzione. E dato che il direttore sportivo della squadra friulana è un vecchio amico e spirito libero del ciclismo come Ivan Ravaioli, lo abbiamo contattato per farci raccontare questa dimensione e il suo approccio da direttore sportivo con questo piccolo/grande ciclismo. Ivan, classe 1980, è stato professionista dal 2003 al 2006 e poi ha corso nel circuito della Red Hook su bici fixed.

«Ho sempre pensato che correre in bici, avendolo fatto – dice il romagnolo ormai adottato dal Veneto e tecnico della Gottardo Caneva – sia molto faticoso. Oggi la categoria juniores è diventata molto, molto, molto esigente. Praticamente sono gli under 23 di quando correvo io e forse anche di più. Pretende professionalità, impegno, dedizione e ore di allenamento. C’è già chi ha il mental coach, chi ha il preparatore, chi ha il nutrizionista… Insomma siamo arrivati ad un livello molto serio, però gli anni che questi ragazzi hanno potenzialmente davanti sono sempre gli stessi che avevamo noi. Se un ragazzo merita e da grande farà il corridore, avrà davanti 10-15 anni. Quindi io dico: okay essere seri, impegnarsi, allenarsi, mangiare bene e fare la vita, ma andare avanti è difficile. E allora dall’anno scorso, il mio primo anno con loro, ho sempre cercato e cercherò anche in futuro di trovare un modo divertente per fare le cose sul serio».

Nel 2017, Ravaioli ha corso nel circuito Red Hook. Dallo scorso anno è alla Gottardo Caneva (foto Team Cinelli Chrome)
Nel 2017, Ravaioli ha corso nel circuito Red Hook. Dallo scorso anno è alla Gottardo Caneva (foto Team Cinelli Chrome)
Come si fa?

Il lavoro in palestra si può fare in maniera monotona e, se vogliamo, anche un po’ triste. Vai in palestra da solo, ti metti le tue cuffiette, fai le tue ripetute, i tuoi squat, leg extension, la pump, lo stretching. Stai lì dentro per due ore, fai tutto quello che devi fare, però la testa non si è divertita. Allora l’anno scorso, per fare un esempio, durante il primo ritiro di gennaio abbiamo fatto una giornata in campo di addestramento militare all’aperto. Abbiamo fatto più o meno le stesse cose che fai in palestra, forse anche più impegnative a livello fisico. I ragazzi si sono sfidati uno contro uno, tre contro tre, squadre da quattro, squadre da cinque. Insomma abbiamo passato due ore in cui la testa non si è impegnata nel lavoro specifico, ma il fisico sì.

Abbiamo letto del padel…

Va di moda, i Carera l’hanno proposto nella festa con Pogacar e i ragazzi guardano i social. Allora dato che mia moglie ci gioca da un po’ di mesi e io sono andato qualche volta a giocare con lei, mi è sembrata una cosa divertente. E’ comunque un’attività fisica e quindi l’ho voluta inserire nel ritiro. L’anno scorso addirittura avevamo fatto anche una giornata di noleggio e-bike, le mountain bike elettriche.

Una briscola nel ritiro della Gottardo Caneva: si fa gruppo anche così
Una briscola nel ritiro della Gottardo Caneva: si fa gruppo anche così
Come è andata?

Un profano può pensare che non abbiano fatto fatica, io però ho fatto mettere il cardio a 3-4 ragazzi e dopo 4 ore, quando abbiamo finito le batterie, più di un ragazzo è arrivato alla fine del giro con 158-160 battiti medi. Secondo me ci sono modi per rendere le cose divertenti, ma facendole comunque in maniera seria e professionale. Lo stesso discorso può valere per le ripetute, per una salita fatta in soglia o fuori soglia.

Possono essere divertenti anche quelle?

Il preparatore ti dà tre minuti così, due minuti in alto modo e va bene per far capire ai ragazzi come dovranno lavorare negli anni successivi se continueranno a correre. Però più o meno la stessa cosa la posso fare in altro modo, magari mettendo un premio in cima alla salita su cui fai le ripetute. I ragazzi lavorano spesso da soli. Hanno il loro preparatore e difficilmente durante la settimana si riesce ad allenarsi tutti insieme. La domenica però cerco di farmeli lasciare, in modo da lavorarci in modo meno schematico. Domenica abbiamo fatto quattro ore che potevano essere pesanti per la testa, se fatte seguendo delle tabelle. Invece fatte giocando fra loro, hanno speso, ma la testa non ne ha risentito.

Le strade sono sporche, ma sguazzare nel fango non è il sogno di ogni bambino? In bici, non si cresce mai del tutto
Le strade sono sporche, ma sguazzare nel fango non è il sogno di ogni bambino? In bici, non si cresce mai del tutto
Che rapporto hai con i loro preparatori?

Mi sono accorto da subito che gli juniores e gli under 23 che ho fatto io non hanno nulla in comune con quello che hanno ora. Da junior, io prendevo la bici 2-3 volte a settimana. E da U23 mi allenavo a intensità inferiori a quelle degli attuali juniores, si faceva tanto fondo. Se vedi la tabella di uno junior di oggi, prendi paura. E io sto cercando di fargli vivere due anni nel modo più bello possibile. A volte anche con il rigore che serve, ma in modo leggero. Mi affido molto ai preparatori. Credevo che la mia esperienza sarebbe bastata anche per la preparazione, invece non mi ero reso conto che il ciclismo fosse cambiato così tanto. E così ho capito che il direttore sportivo ha un ruolo ridimensionato per quanto riguarda la preparazione, mentre lavora di più sul lato mentale per spronarli. Chi con una parolina, chi con una carezza, chi battendo il pugno sul tavolo. Il lavoro del direttore sportivo non è diminuito, è solo cambiato.

Esci mai in bici con i ragazzi?

La testa vorrebbe uscire tutti i giorni con loro, il fisico monterebbe in macchina e questa lotta va a periodi. L’anno scorso durante le ferie di Natale ho ripreso a pedalare e a gennaio e febbraio sono andato per due mesi con loro. Non pretendo di arrivare in cima alle salite con il primo, mi basta arrivare a tiro dell’ultimo in modo da non farli aspettare tanto. E poi in pianura in un qualche modo ci si arrangia. Quest’anno sto facendo la stessa cosa e vedo che ogni allenamento vado sempre meglio.

Riccardo Da Rios, classe 2007, è un secondo anno della Gottardo Caneva. Nel 2024 alcuni interessanti piazzamenti
Riccardo Da Rios, classe 2007, è un secondo anno della Gottardo Caneva. Nel 2024 alcuni interessanti piazzamenti
Uscire con loro ti dà qualche ritorno?

Mi piace e mi fa star bene, non lo nascondo. E poi secondo me stando in bici con loro, vedi qualcosa che dall’ammiraglia ti sfugge. In più, spesso un allenamento di 3-4 ore mi consente di risparmiarmi un sacco di telefonate. Dieci minuti in coppia con uno, dieci minuti con l’altro e si tirano fuori un sacco di argomenti. In più riesco a intervenire in tempo reale, magari le dinamiche di una doppia fila, come si fa il treno. Io mi metto a ruota, chiaramente finché ce la faccio, vedo come lavorano e come svolgono il compito che gli viene assegnato, quindi secondo me è utile. Alcuni direttori sportivi non sono favorevoli, però io vado avanti con la mia testa e penso che sia utile.

Il tuo direttore sportivo alla Zalf, Luciano Rui, ha sempre interpretato il ciclismo cercando anche il divertimento. Qualcosa che porti con te?

Un anno ho fatto un post su Facebook dove ho ringraziato lui, Angelo Gentilini, il mio direttore sportivo da junior e un’altra persona. Sono le tre persone che mi hanno insegnato tantissimo, sia a livello ciclistico ma soprattutto a livello umano. Io cerco di prendere il buono da ogni persona che incontro nella mia vita. In quei quattro anni che ho passato alla Zalf Fior, Ciano per me è stato quasi un secondo padre. Sono andato da Faenza a Castelfranco Veneto che avevo 18 anni, non era semplice. Mi sono affidato molto a lui e mi è stato d’aiuto anche dopo che è finita la storia con la Zalf, soprattutto quando ho smesso di correre.

Si gettano le basi della stagione, ma a febbraio la Gottardo Caneva volerà a Calpe
Si gettano le basi della stagione, ma a febbraio la Gottardo Caneva volerà a Calpe
Come?

Io non ho smesso per scelta mia, ma ho smesso per scelta d’altri e non è stata una cosa semplice da metabolizzare. Mi ricordo benissimo che ho chiamato Ciano e ci siamo visti, dato che abita a dieci chilometri da me. Ci siamo trovati una sera e mi è stato tanto vicino. Ciano è una persona importante, lo è stato e lo è tuttora, perché ogni tanto quando voglio fare una chiacchierata su certe cose delicate, lui è sempre presente. Quei quattro anni sono stati importanti, mi hanno permesso di fare dei risultati negli U23 e a passare professionista. Il fatto che la Zalf abbia chiuso è stata la fine di un cammino di 40 anni. Probabilmente non hanno capito il cambio di passo che c’è stato 4-5 anni fa.

L’anno scorso a febbraio andaste in Sicilia, quest’anno a Calpe: come mai?

L’esperienza in Sicilia è stata bella, perché avevo tre o quattro ragazzi che addirittura non avevano mai preso l’aereo. Anche quella per dei ragazzi di 17-18 anni è un’esperienza di vita. Quest’anno abbiamo deciso di cambiare e andare a Calpe, per dare loro qualcosina in più a livello mentale. Calpe è diventata molto famosa perché tutti i pro’ vanno là, così abbiamo deciso di fare questo sforzo per dargli questa ulteriore possibilità. Quindi dal 28 febbraio al 6 di marzo, durante la settimana delle vacanze di Carnevale, saremo in Spagna. E poi sarà tempo di cominciare con le corse.

In viaggio con Biz nel mondo del Caneva

17.04.2021
4 min
Salva

C’era una volta la Record Cucine Caneva, con la maglia gialla, nera e bianca. Correvano con quei colori corridori come Lombardi, Piepoli, Colombo e Contri, Cerioli e Villa, Conte e Tomi, Galati e Di Lorenzo, Di Luca, Perez Cuapio, Spezialetti, Valjavec… Li guidavano Ezio Piccoli, detto “Stecca, unico al mondo” e Gianni Biz. Il primo sull’ammiraglia con la sua storia di gelataio in Germania. Il secondo dalla sua panetteria di Caneva, ancora di proprietà della famiglia. Li incontravi alle corse e mettevano soggezione come oggi la Ineos.

«Mi racconta l’avvocato Celestino Salami – sorride Michele Biz – che in quegli anni era dilettante in Veneto, che quando arrivava il Caneva e scendevano dai furgoni, i rivali erano subito in soggezione. Questa cosa, facendo le dovute proporzioni, è la stessa che capita oggi ai nostri ragazzi quando arrivano altre squadre più vittoriose. I nostri tecnici non si capacitano, come probabilmente non si capacitavano gli altri direttori in quegli anni. Però ci sono molti ex che pubblicano sui social le loro foto di quegli anni. Un po’ per nostalgia e un po’ per senso di appartenenza a una squadra che aveva dei numeri importanti in un ciclismo diverso e in un mondo diverso».

Stefano Benedet, ha mostrato buona condizione al Giro Primavera
Stefano Benedet, ha mostrato buona condizione al Giro Primavera

Nuovo corso

Quel mondo iniziò a sgretolarsi. Prima quando venne meno il supporto della Record Cucine, poi nel 2012 con la morte di Gianni Biz ad appena 69 anni, mentre fu nel 2017 quando se ne andò anche Piccoli che svanì l’ultimo sprazzo di memoria. Oggi la Gottardo Giochi Caneva è una società che opera con allievi e juniores e dall’anno scorso ha rivolto lo sguardo ai giovanissimi: non ancora con finalità agonistiche, ma per il gusto di mettere in bici anche i più piccoli.

Al timone dell’antico vascello è salito Michele Biz, figlio di Gianni. Perché nel ciclismo nulla è mai per caso.

Come va, Michele?

Siamo ripartiti. Vista la penuria di gare, ci siamo rimboccati le maniche e assieme ad altre cinque società abbiamo cominciato a organizzarne noi, badando all’essenziale. Quindi rimanendo nei confini comunali, in modo da ottenere facilmente tutti i permessi. Bisogna che la Federazione capisca come è cambiata la categoria juniores. Erano 10 anni che non organizzavamo qualcosa, ma c’era un valido motivo. Abbiamo riproposto il percorso che facevamo in notturna con i dilettanti a Stevenà. Quasi mille metri di dislivello, temevo fosse troppo, ma è piaciuta e magari la riproporremo.

Nove juniores affidati a Stefano Lessi e 11 allievi per Nunzio Cucinotta
Nove juniores affidati a Lessi e 11 allievi per Cucinotta
Bisogna che la Federazione capisca come è cambiata la categoria juniores…

E’ evidente che gli juniores stiano acquistando peso. La categoria U23 ormai è appannaggio delle continental e sempre più ragazzi approdano al professionismo senza neanche passarci. All’estero alcune squadre WorldTour non si limitano ad avere la squadra U23, ma rivolgono lo sguardo ai più giovani. Da noi ci sono i problemi di tesseramento e un calendario che non permette di lavorare bene, basti pensare che abbiamo due internazionali a maggio-giugno che creano problemi a chi va a scuola. I 17-18 anni sono un’età particolare.

Pensi ci sia la volontà di metterci mano?

Ho parlato con Roberto Amadio, che è a capo della Struttura tecnica. Si è messo a studiare ed è venuto alle nostre corse per vedere e ascoltarci e questo è molto positivo. Anche quando era nella Liquigas, è sempre stato attento ai giovani e poi ha fatto con noi tutta la carriera giovanile. La sua scelta probabilmente fa capire che c’è dietro un disegno. Tanto per occupare un posto, ne avrebbero avuti di nomi…

Foto di azione per Perin, uno dei nove juniores
Foto di azione per Perin, uno dei nove juniores
Come va il ciclismo a Caneva?

Stiamo vivendo anni di carestia. Nelle ultime cinque stagioni abbiamo avuto poche vittorie, ma di qualità. Se una squadra riesce a fissare e centrare gli obiettivi che sono alla sua portata, vuol dire che è consapevole dei suoi mezzi. E noi lo siamo. Abbiamo un bel gruppo di allievi che renderà in prospettiva e negli juniores abbiamo dei ragazzi che altrove non si sono espressi e che vogliamo far crescere come uomini.

Chi li guida?

Con gli allievi c’è Nunzio, il papà di Claudio Cucinotta, che ha l’esperienza e l’età giuste. Con gli juniores abbiamo Stefano Lessi, che ha 31 anni, ha fatto il corridore e per come ragiona sembra anche più maturo.

I ragazzi hanno la consapevolezza del grande passato della società?

Non troppo, li vedo più presi ad ammirare i ragazzi della Borgo Molino, come un tempo altri ammiravano il Caneva. Ma noi andiamo avanti a costruire. Abbiamo degli amici come i nostri sponsor che credono nel progetto e senza i quali non si potrebbe fare molto. E speriamo di esser bravi a ricostruire quella grandezza, perché domani anche i ragazzi di oggi abbiamo il senso di appartenenza dei ragazzi di ieri.