Scatto su sterrato a 710 watt massimi: come ha fatto?

21.05.2021
4 min
Salva

Lo scatto di Egan Bernal sullo sterrato di Campo Felice è stato uno dei momenti più entusiasmanti del Giro fino ad ora tanto da far scomodare paragoni con Marco Pantani o, più recenti (e meno blasfemi), con il numero di Van der Poel alla Strade Bianche. Gran merito di questa esaltazione è da attribuire alla difficoltà del gesto, eseguito su un suolo insidioso dopo una tappa durissima. La prima reazione di tutti è stata: «Ma come ha fatto?».
Noi abbiamo provato a rispondere, perché quell’entusiasmo di tutti è stato anche il nostro. Per farlo ci siamo avvalsi di Michele Bartoli che con il colombiano ha lavorato al debutto tra i professionisti e che a sua volta da corridore ci ha lasciato più volte increduli con azioni impossibili su terreni difficili. Con lui analizziamo l’aspetto tecnico e fisico della accelerazione del corridore della Ineos.

Terzo ai mondiali juniores Mtb del 2015, l’anno dopo passerà su strada
Terzo ai mondiali juniores Mtb del 2015, l’anno dopo passerà su strada

Grazie mountain bike

Partiamo dall’inizio: manca un chilometro e mezzo al traguardo, Bernal parte da seduto, poi mette il 53 e si alza sui pedali. E’ il momento dello scatto.

«Questo è stato il suo primo vantaggio. Il rapporto più lungo ti porta una pedalata più rotonda, perciò molto meno scivolosa che con un rapporto agile. Sapeva quel che faceva»

Se questo è stato il primo vantaggio, vuol dire che ce ne sono stati degli altri, quali?

Ad esempio una cosa che non si vede dalla televisione: sarà stato molto attento a spostare il peso sulla ruota posteriore per dare ancora più motricità. Queste sono abitudini consolidate per lui, essendo praticamente un biker.

Abbiamo notato che teneva le mani sopra il manubrio e non sotto, c’entra qualcosa con questo discorso?

Potrebbe essere stata una scelta per migliorare la distribuzione del peso. Mettendo le mani troppo in basso tendi a spostare il peso in avanti.

Per cui in queste situazioni la posizione deve essere piuttosto arretrata?

Esatto, ma stando attenti a mantenere una pedalata che faccia la differenza, uno che è abituato riesce a farlo. Per esempio dopo attacchi come quello sul Grammont a me chiedevano: «Come hai fatto a scattare in piedi sullo sconnesso e fare tutta quella velocità?». La risposta è che con il ciclocross mi ero costruito un bagaglio tecnico che mettevo in pratica naturalmente. Come Van der Poel, Van Aert e appunto Egan.

Il momento decisivo. Fuggitivi nel mirino, catena sul 53, sgommata e… scatto
Il momento decisivo. Fuggitivi nel mirino, catena sul 53, sgommata e… scatto
Torniamo alla sua esperienza fuoristrada allora, in che altro modo lo ha aiutato?

In mountain bike devi spesso modificare la posizione del corpo in base al fondo stradale. Per lui è un attimo riconoscere la necessità del momento, non deve neanche pensarci. Questi automatismi nella guida, nello scegliere le traiettorie, rappresentano una grande superiorità e la deve tutta al suo essere stato un ottimo biker. Non solo, anche l’espressione di forza mostrata all’arrivo di Campo Felice viene da lì.

Gli viene tutto naturale quindi e così risparmia energie mentali. Anche questo gli ha permesso di dare continuità all’attacco e di gestire bene lo sforzo?

Certo. Si metteva seduto per alleggerire la muscolatura. Quando stai in fuorisella la stressi molto di più, a lui però sono bastati pochi secondi per recuperare e ripartire.

E difatti ha alternato perfettamente i tratti di… riposo con quelli sui pedali.

Esatto. Si è alzato nei punti in cui c’era più pendenza. Chiudiamo il discorso del vantaggio, appunto. Lui è riuscito ad usare la posizione più redditizia nei punti più duri, mentre gli altri non riuscivano, probabilmente proprio perché scivolavano troppo.

Grazie madre natura

Il suo recupero in questi strappi è spaventoso e oltre la tecnica, alla base di tutto c’è un livello atletico impressionante: 23,7 km/h e 560 watt in media e 36,4km/h e 710 watt di massima questi i suoi dati secondo Velon nei 54 secondi dell’attacco. Come ce lo spiega Bartoli?

Io Egan lo conosco bene, è fortissimo ma è anche un atleta esplosivo, ce l’ha nelle fibre muscolari. Metabolicamente e muscolarmente è molto completo.

Felice dopo l’arrivo, per la sua prima vittoria di tappa al Giro
Felice dopo l’arrivo, per la sua prima vittoria di tappa al Giro
C’è da considerare anche il fisico relativamente minuto?

In realtà la prestazione è data dalle qualità muscolari, non tanto dal peso. Certo di solito chi è dotato di buone fibre bianche, quelle un po’ più veloci ha il fisico più possente, ma non è detto e Bernal ne è la dimostrazione. Il perfetto compromesso delle caratteristiche di velocità e resistenza.

Questo livello di equilibrio ce l’aveva già nei tempi in cui lavoravi con lui o ci ha dovuto lavorare?

No no, questa è madre natura! Con la bacchetta magica ti dà le qualità e te le porti sempre dietro. Poi bisogna comunque allenarle per renderle produttive, ma il talento naturale è determinante.

Le forze però devi comunque trovarle, come si fa?

Devi focalizzare il momento. Lui sapeva che doveva arrivare allo scatto al 100 per cento delle energie e per farlo doveva alimentarsi bene, correre bene senza prendere aria, guidare bene la squadra nei momenti difficili che in una tappa ci sono. Non è così semplice come sembra in televisione. E’ per questo che si chiamano campioni, perché riescono ad applicare a tutti i chilometri della gara tutte queste attenzioni e a fare la differenza nei finali. Hanno “la marcia in più”.

Ma Ciccone era lì. Ci sarà fino a Milano?

16.05.2021
4 min
Salva

E poi c’è Giulio Ciccone. Oggi l’abruzzese ci ha messo di tutto e di più, ci ha messo anche quello che non aveva. Sotto l’arrivo per poco non cade. Il suo addetto stampa, Paolo Barbieri, riesce a stento a tenerlo. Giulio lancia un grido e poi finalmente riesce a sganciare il pedale. Beve e poi tossisce. Ed è più l’acqua che cade in terra di quella che manda giù. Sfinito. Però lo sguardo è di quelli presenti, non è stralunato. Il che ci dice che la base è buona.

Ciccone sorretto dal suo addetto stampa dopo l’arrivo di Campo Felice
Ciccone sorretto dal suo addetto stampa dopo l’arrivo di Campo Felice

Aria di casa

La sua gente lo ha spinto a più non posso. Ieri aveva assaporato l’aria di casa nel passaggio a Chieti. Oggi ha fatto di più. Come un falco, già prima di Rocca di Cambio, ha battezzato la ruota di Bernal, neanche fosse un velocista che si mette dietro allo sprinter che reputa favorito. Sul momento dello scatto del colombiano, ha reagito immediatamente. Poi si è dovuto arrendere alla super potenza dello stesso colombiano.

«E’ stato molto bello correre nelle mie zone. C’era tanta gente. E anche per questo c’era voglia di fare qualcosa. Un secondo posto è difficile da accettare, soprattutto sulle strade di casa. Però la tappa era impegnativa e questo piazzamento conferma che la mia condizione è buona».

In Abruzzo si aspetta Ciccone (e non solo lui) con gli arrosticini di pecora
In Abruzzo si aspetta Ciccone (e non solo lui) con gli arrosticini

Cambio di tattica

E questo suo stare bene lo ha portato a cambiare atteggiamento in gara. Forse, anzi senza forse, neanche Giulio immaginava di stare così. E le sue stesse parole dopo San Giacomo dicono molto: «Non mi aspettavo di essere tanto brillante nell’ultima salita. Col senno del poi seguire Bettiol è stato un errore».

E quindi adesso ha iniziato a correre come un uomo di classifica, quale effettivamente è. In fin dei conti era settimo prima di partire da Castel di Sangro questa mattina ed è quarto questa sera.

«Per ora si corre alla giornata – dice il corridore della Trek-Segafredo – cercando di dare il massimo, poi si vedrà. Anche con Vincenzo (Nibali, ndr) abbiamo fatto un ottimo lavoro. Il Giro è lungo. E continueremo a lottare».

Tratto sterrato: Bernal pronto a partire, Ciccone è concentrato sulla sua ruota
Tratto sterrato: Bernal pronto a partire, Ciccone è concentrato sulla sua ruota

Un finale tremendo

Tanta salita, ancora pioggia, ma in fin dei conti si è deciso tutto all’ultimo, almeno guardando la corsa da fuori. Perché poi da dentro le cose non sono andate proprio così.

«Oggi siamo partiti veramente forte – dice Ciccone – Per i primi 70 chilometri la fuga era sempre lì. Ho anche sofferto molto, non lo nego. E per questo credo che questa tappa resterà nelle gambe. Io sono contento della mia condizione, ho chiuso la corsa con i ragazzi che lottano per la classifica generale.

«Oggi non abbiamo perso tempo ed era una tappa dura. La condizione sta migliorando. Ho provato a seguire Bernal ma era davvero troppo forte. Quando ho visto che ha messo il 53 – fa una pausa e ride – ho provato solo a salire con il mio passo e a dare il massimo».

Ciccone esce così dal suo Abruzzo, e più in generale da questa prima parte di Appennini, decisamente più motivato e fiducioso di come ci era arrivato. L’attacco di Sestola, annullato in quattro pedalate da Landa, il tentativo verso Ascoli, il secondo posto di oggi. Adesso ne abbiamo la certezza. E’ lui il capitano della Trek-Segafredo e punterà alla generale.

«In classifica ho fatto un piccolo passo in avanti – dice Ciccone – e si sono anche un po’ scoperte le carte. Sappiamo che Bernal è quello che va più forte. Adesso la Ineos ha la maglia e ci sarà una gestione della corsa diversa. Noi dobbiamo sfruttare al massimo questa situazione. Vedremo giorno per giorno, senza programmare nulla».

Razzo Bernal si prende la rosa. «E’ un sogno»

16.05.2021
4 min
Salva

«En este momento solo siento felicidad». Egan Bernal si confida dopo l’arrivo. I suoi occhi ridono sotto la visiera del cappellino della Ineos-Grenadiers e dentro la sua prima maglia rosa. 

Dall’inizio del Giro d’Italia il colombiano sta correndo da vero leader e con grande convinzione. La squadra gli sta vicino, lui è sempre davanti… sembra un corridore esperto. A volte hanno persino sprecato, Egan e i suoi compagni. Ma non oggi.

Egan Bernal nelle interviste dopo la tappa era davvero felice
Egan Bernal nelle interviste dopo la tappa era davvero felice

Come una crono

«Abbiamo corso come avevamo pianificato stamattina. Abbiamo fatto una crono nel finale – dice Moscon dopo l’arrivo – io dovevo fare il mio lavoro proprio così. Intanto mettiamo nel sacco una vittoria di tappa. E’ un bel segnale, ma le vere montagne devono ancora arrivare. La maglia rosa che ci interessa è quella di Milano. Oggi era importante guadagnare il più possibile e ce l’abbiamo fatta».

Proprio Moscon è stato autore di un vero capolavoro. Nel tratto sterrato di Campo Felice, su quella che d’inverno è una pista da sci, il trentino ha fatto qualcosa di eccezionale. Ha rintuzzato i fuggitivi e soprattutto ha letteralmente frantumato il gruppo. Erano in cinque quando è partito Bernal.

Questa scena l’avremmo dovuta vedere due anni fa probabilmente, quando il colombiano doveva far rotta sul Giro. Invece eccolo adesso. Sulla sua tenuta non tutti scommettono. Su Egan pende il “quid” della schiena. Quello spessore sotto la scarpa lo fa pedalare bene, ma ci dice anche che di sicuro qualcosa c’è. E lui stesso solo 48 ore fa ha ammesso di sentire dolore alla schiena, aggiungendo: «E le grandi salite non sono ancora iniziate».

Intanto “Eganito”, come è già stato ribattezzato sul palco, non ha perso un colpo. Si è mostrato il più forte ogni volta che la strada saliva e se vogliamo è sembrato anche in crescendo. Il finale di oggi non era durissimo, ma sono andati davvero forte. E forse per chi è scalatore puro come lui questo è un segnale ancora più incoraggiante.

Gianni Moscon ha lanciato Bernal in modo magistrale, eccolo sull’arrivo di Campo Felice
Gianni Moscon ha lanciato Bernal in modo magistrale, eccolo a Campo Felice

In maglia rosa

«Mi dicono: “Hai vinto il Tour e tutto deve essere facile o scontato” – racconta Bernal – ma non è così dopo il brutto Tour dell’anno scorso. Ci sono tanti corridori a lottare. Per ora sto bene, la squadra lavora compatta. Anche oggi i ragazzi hanno fatto un lavoro eccezionale.

«Volevo fare il Giro da sempre, da quando sono passato professionista nel 2016. Sapete che sono molto legato all’Italia, l’ho detto anche dopo la vittoria del Tour. Indossare la maglia rosa è un onore, anche se fosse per un solo giorno. Ma non voglio guardare troppo avanti».

E su quest’ultimo punto il campione di Zipaquira glissa un po’. Dice di volersi godere la giornata e il primato, ma in realtà alla classifica ci pensa chiaramente. Non può non essere così. Sia per le sue caratteristiche, sia per le sue qualità, sia per la squadra in cui corre. Che però sia davvero felice è vero. Dopo l’arrivo era commosso: «La maglia rosa è un sogno».

Il colombiano (24 anni) veste la sua prima maglia rosa. E’ sua anche quella bianca
Il colombiano (24 anni) veste la sua prima maglia rosa. E’ sua anche quella bianca

Razzo Bernal

E poi basta vedere quanto e come ha spinto nel finale. Ad un certo punto, dopo che era già scattato, ha messo il 53 sprigionando una grande potenza. E lo si è capito quando Ciccone, che aveva provato a tenerlo, ha dovuto sedersi. In una frazione di secondo ha perso cinque metri, segno evidente di due velocità molto differenti. E poi ha spinto fino all’ultimo metro, tipico di chi pensa alla classifica.

«Non ho esultato – conclude Bernal – perché ero troppo concentrato a spingere e perché non sapevo se davanti ci fosse ancora qualcuno».

E che venisse su forte, ce lo conferma anche Bouwman, che era davanti con Bouchard. «Quando ai 300 metri Bernal mi ha passato sembrava un razzo!».