C’è un nome che fino alla scorsa settimana era assente dagli ordini d’arrivo del ciclocross italiano e non era un nome di poco conto, trattandosi del campione italiano. Jakob Dorigoni ha iniziato la sua stagione con molto ritardo, volutamente, pensando al futuro. Rispetto agli altri, l’altoatesino ha chiuso dopo la sua stagione “extraciclocross” dedicata alle marathon mtb e ha avuto bisogno di tempo per poter ripartire. Finora ha preso parte a tre gare e i lavori procedono, in attesa di ritrovare la forma dei momenti migliori.
La sosta si è resa necessaria per ricaricare le batterie e l’altoatesino non è per nulla dispiaciuto della scelta: «Mi sono fermato il 23 ottobre e ho ripreso a gareggiare il 4 dicembre: in questo frattempo sono rimasto senza bici non più di 10 giorni, perché altrimenti la ripresa sarebbe stata più difficile e lunga. Avevo bisogno di staccare sia di testa che fisicamente. Noi atleti non ci rendiamo conto di quanto siamo stressati a fine stagione e di quanto la testa influisca sulle prestazioni».
La tua stagione di mtb com’era andata?
Diciamo che mi ha fatto riflettere: nel finale di stagione non mi sono praticamente allenato, andavo avanti quasi per forza d’inerzia, eppure sono state le mie migliori gare in assoluto. Questo significa che era la testa a influire maggiormente e riposare non faceva che accrescere le mie possibilità. Avrei anche potuto tirare dritto con la condizione che avevo, ma mi sarei portato dietro una grande stanchezza. Inoltre bisogna anche sapersi dosare e prendersi le pause dovute per avere dei buoni picchi di forma.
Come ti sei trovato nelle tue prime uscite di ciclocross?
Sono stato contento non per i risultati, quanto per la mia resa in bici. Ho affrontato subito gare difficili, con molto fango e che necessitavano di corsa a piedi. Erano più sfide contro se stessi che per la classifica, almeno per me e nel complesso mi sono trovato bene. Si vedeva che gli altri avevano un altro ritmo, soprattutto nelle prime fasi, ma sono sempre riuscito a chiudere in crescendo rimontando posizioni e questo mi fa ben sperare.
Con te ha ripreso anche Filippo Fontana, che a differenza tua viene dal cross country di mtb. Considerando le differenze delle vostre due discipline alternative, la ripresa è diversa, nel tuo caso sei penalizzato rispetto a lui?
Non direi, io penso che ogni disciplina ti dà e ti toglie. Anche chi viene dalla strada ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Quel che conta è l’allenamento specifico e il ritmo gara, dove convogliare le proprie caratteristiche. Forse all’inizio io sono più lento a carburare rispetto a chi fa cross country ed è più esplosivo, ma nel finale la situazione può cambiare e la mia resistenza mi permette di recuperare.
Tu hai scelto di esordire subito con gare internazionali…
E’ stata la scelta migliore. Il ritmo gara in allenamento non lo acquisisci, devi per forza metterti alla prova confrontandoti al massimo livello. Una gara ideale ad esempio è quella di Vittorio Veneto, dove davvero ognuno deve correre per sé.
Quali obiettivi ti poni a questo punto?
Io guardo alle gare di gennaio, alla difesa della maglia tricolore al campionato italiano, l’importante sarà essere in forma per allora. Poi nel frattempo voglio dare il massimo e cogliere più risultati possibili con il passare delle settimane e il miglioramento della mia condizione.
Non hai parlato di maglia azzurra…
La maglia azzurra bisogna meritarsela e si può fare solo con i risultati. In nazionale ci va chi merita, il pedigree passato non serve a molto. Se farò i risultati giusti bene, altrimenti sarò il primo a fare il tifo per chi ci sarà.
Con Pontoni ti sei sentito?
Finora no, ma sa che iniziavo più tardi e sa bene come la penso, quando sarà il momento avremo modo di confrontarci, ma come detto voglio farlo con qualcosa di concreto in mano.
Nella prossima stagione di mtb cambierà qualcosa?
Direttamente no, continuerò ad affrontare le marathon sperando di andare sempre più forte, rimanendo alla Torpado che è un top team. Quel che cambia è il contorno: da quest’anno sto studiando scienze motorie a Innsbruck, questo intanto mi ha costretto a spostarmi in Austria come base operativa, dove sono durante tutta la settimana per studiare e seguire le lezioni per poi essere in trasferta nei weekend. Poi un po’ influisce anche sulla gestione quotidiana che è un po’ cambiata, ma ci si può adattare senza penalizzare il rendimento in gara.