Paladin, il team building fatto di gravel, basket e turismo

18.12.2023
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I ritiri di fine stagione sono quegli appuntamenti dove si gettano le basi per l’anno successivo. Momenti collettivi di transizione dove le ultime arrivate conoscono la nuova squadra. Un periodo di giorni vissuto intensamente, alcune volte in contesti poco affini al ciclismo, altre volte in modo un po’ alternativo, ma sempre con divertimento. Soraya Paladin è rientrata da poco da un training camp in California nel quale si è ritrovata a fare anche da… tour operator.

Tutto ruota attorno al gravel e al profondo concetto di team building. E’ l’unica anticipazione che vi diamo perché sarà proprio la trentenne di Cimadolmo a portarci dentro ai dettagli di questa trasferta della Canyon-Sram, così originale sia per la preparazione che per lo svolgimento.

La Canyon Sram ha scelto un training camp in gravel in California, organizzato dalle atlete (foto Tino Pohlmann)
La Canyon Sram ha scelto un training camp in gravel in California, organizzato dalle atlete (foto Tino Pohlmann)
Soraya da dove iniziamo col racconto?

Col viaggio della speranza che ho fatto per giungere a San Diego. Sono arrivata il 2 dicembre al mattino, con più di mezza giornata di ritardo perché la neve aveva bloccato l’aeroporto di Monaco, in cui avevo la coincidenza del volo intercontinentale. A cavallo del mezzogiorno però ero già in bici per abituarmi al fuso e mettere in moto le gambe, prima del primo impegno istituzionale.

Quale era?

A metà pomeriggio avevamo una piccola presentazione della squadra a Carlsbad, 50 chilometri a nord di San Diego, sempre sulla costa pacifica dove c’è la sede statunitense della Canyon. La squadra ha scelto la California per questo team building perché così potevamo fare visita ad alcuni nostri sponsor. Siamo stati da Giro, Oakley e Zwift. Bisogna dire però che durante quei dieci giorni non abbiamo quasi mai parlato di calendari e programmi di corse. Lo faremo al prossimo ritiro, qui dovevamo solo fare gruppo.

Come si è sviluppato il vostro training camp?

In realtà è iniziato da casa nostra (dice sorridendo, ndr). I nostri tecnici avevano diviso la squadra in coppie. Ognuna di esse doveva organizzare una tappa del nostro viaggio con le gravel tra San Diego e Los Angeles, conoscendo solo l’hotel in cui avremmo dormito. Inoltre dovevamo pianificare anche le attività ricreative di quella giornata. Dalle soste per il pranzo o per il caffè a quelle per i migliori punti panoramici fino alla serata. Al mattino la coppia che aveva organizzato quella tappa indicava il percorso e si pedalava tutti assieme. Qualche giorno anche i nostri diesse sono venuti con noi, a volte con la bici normale, altre con e-bike.

Come erano le tappe?

Abbiamo fatto circa dieci giorni, il 12 dicembre siamo ripartite da Los Angeles per l’Europa. In media facevamo 80/90 chilometri o circa 4-5 ore al giorno. Avevamo creato anche le tracce con altimetria e planimetria. Non è stato così scontato però perché non conoscevamo la zona. Abbiamo dovuto studiare le mappe del posto affidandoci alle app o piattaforme usate dai pedalatori. E’ stato un bel lavoro d’equipe. Ci siamo divertite, anche nel confrontarci per stabilire chi aveva programmato il giorno migliore.

La tua coppia che tappa ha organizzato?

La pianificazione l’ho fatta con Antonia Niedermaier. Ci sentivamo via whatsapp o tramite videochiamate per allineare le informazioni che avevamo raccolto. Purtroppo lei è stata male qualche giorno prima di partire e non ha potuto essere con il resto della squadra. Alla fine abbiamo tracciato un percorso di 120 chilometri, prevalentemente pianeggiante, fino ad Hermosa Beach, nella periferia sud di Los Angeles. E per la sera avevamo previsto un bell’intrattenimento.

Cosa?

Sono una appassionata di basket, spesso vado a vedere la Famila Schio (la più titolata formazione femminile italiana, ndr). Così ho controllato se c’erano partite dell’NBA e allo Staples Center c’era in programma Lakers-Phoenix Suns dei quarti di finale della NBA Cup. Una competizione nuovissima che poi hanno vinto proprio i Lakers. Insomma, ho scelto bene, ho fatto vedere alle mie compagne i futuri campioni (sorride, ndr).

Avevate mezzi al seguito?

No, anche perché sarebbe stato impossibile. C’erano molti tratti sterrati, alcuni dei quali si sono rivelati particolarmente impervi anche per le bici stesse, le Mtb sarebbero state più utili. In alcuni punti abbiamo guadato dei piccoli corsi d’acqua oppure abbiamo spinto la bici sia in salita che in discesa per evitare di farci male. Un paio di pulmini viaggiavano con le nostre valigie da un hotel all’altro. Avevamo attrezzato le bici con una borsa da manubrio dove inserivamo tutto l’occorrente per le forature o altri problemi meccanici. Dovevamo fare tutto in autonomia ed è stata una bella esperienza anche quella (ride, ndr). Il buon clima poi ha reso tutto più semplice e bello.

Però tu sembri avere un bel rapporto col gravel…

Sì, diciamo il giusto. Devo ringraziare mia sorella Asja che mi ha introdotto nel mondo gravel qualche anno fa. Per fortuna mi ha anche indottrinato su tante cose che mi sono servite in California. Quando esco in bici con Asja ed il suo gruppo, li seguo e faccio fare a loro quando capitano inconvenienti. Nel nostro training camp invece ero una delle più esperte, così come Tiffany e Kasia, che è campionessa del mondo gravel (rispettivamente Cromwell e Niewiadoma, ndr). Entrambe pedalano tantissimo con quel tipo di bici.

Cosa rappresenta il gravel per Soraya Paladin?

Per me è un buon modo di tenermi allenata durante l’off season. Mi serve soprattutto a livello mentale, perché mi aiuta a scaricare tanto la tensione accumulata. E’ vero che si fatica, perché in discesa non puoi rilassarti come su strada, dove puoi recuperare fiato, però ti pesa meno fare anche cinque ore. Le gare a cui ho partecipato, le ho fatte con uno spirito differente pur dando sempre il massimo. Quando si stacca tra un blocco di gare e l’altro, si potrebbe pensare di fare gravel anche a metà stagione, ma a quel punto subentra la paura di farsi male e gli allenamenti sarebbero differenti. Di sicuro col gravel mi diverto. Si impara sempre qualcosa e ti dà la possibilità di scoprire posti nuovi, anche dietro casa o in vacanza, in una maniera più tranquilla.

Veneto is Fabulous: in California con partner importanti

20.04.2023
3 min
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Si chiama Fabulous Veneto, la rete di imprese che operano a diverso titolo e a diverso livello su tutto il territorio regionale in ambito turistico e produttivo. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di promuovere il territorio e le sue ricchezze artistiche e naturali includendo le proprie città d’arte, le Ville Venete, le Dolomiti e tanto, tantissimo altro ancora. Tutte esperienze uniche che hanno solo la necessità di farsi conoscere ed apprezzare dal mondo del turismo, anche attraverso itinerari in bicicletta oppure a piedi. 

Chi parteciperà a “California 2023” lo farà in sella ad una bici pedalando nello stato americano per eccellenza
Chi parteciperà a “California 2023” lo farà in sella ad una bici pedalando nello stato americano per eccellenza

Guidati da Moser 

“California 2023” è l’originale iniziativa – promossa attraverso un bando della Regione Veneto – che vede impegnati i promotori di Fabulous Veneto in un emozionante “tour” in bici nell’iconico Stato americano, per presentare l’intera filiera turistica regionale a quello che è considerato un mercato obiettivo: la West Coast americana, appunto. Durante questo giro a tappe, verranno incontrati potenziali “stakeholders” locali quali tour operator, operatori/aziende, istituzioni e potenziali turisti. Fabulous Veneto è convinta che questo tour possa rappresentare una grande occasione per far conoscere il Veneto e le sue bellezze naturali ed artistiche ai potenziali turisti e agli imprenditori californiani, allo stesso tempo promuovendo le realtà imprenditoriali venete e creando nuove opportunità di business

Tra i membri principali del team “Fabulous” è incluso anche Francesco Moser, testimonial di grande rilievo (gli altri sono l’ex pro’ Marco Benfatto e lo Youtuber Federico Dalla Palma) e guida in bici per l’intero tour.

“Tappa” alla Sea Otter Classic

Le date e le tappe dell’iniziativa sono state organizzate per poter raggiungere sui pedali una delle principali fiere di settore: la “Sea Otter Classic”, dove lo stesso tour si concluderà.

Arrivati a Los Angeles, il gruppo si sposterà pedalando sulle colline di Pasadena e poi in direzione nord. La partecipazione in bicicletta è aperta a chiunque volesse. Tutte le escursioni in bici vedranno protagonista la bicicletta, davvero un mezzo ideale per visitare la costa californiana, ed i Fantic Dealer sempre accompagnati dallo “Sceriffo di Palù”. Arrivati alla Sea Otter Classic, dopo aver pedalato lungo la famosa 17 Miles Drive in direzione Monterey, il gruppo ripartirà successivamente verso l’ultima e suggestiva tappa, quella con arrivo San Francisco. Sono partner e sostenitrici dell’iniziativa le realtà di settore Fantic Motor, GSG (che ha realizzato le bellissime maglie ufficiali), FSA e Vision.

Fabulous Veneto

Just Ride, in California con Oss: un evento a Bolzano

12.12.2022
5 min
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Un evento a Bolzano poco prima di Natale, il 20 dicembre, per raccontare Just Ride. Così Daniel Oss ha dato appuntamento ai suoi tifosi nello SPORTLER Bike, strizzando l’occhio a Sportful di cui è ambassador, per raccontare il suo viaggio di quest’anno. Era il 2016 quando dopo il Giro d’Italia il trentino prese la bici e partì nel suo viaggio che sollevò qualche stupore. Con quale voglia un professionista si rimette in bici per una settimana dopo aver corso il Giro?

«Non è un segreto – risponde Daniel ridendo – che Just Ride sia nato da una filosofia fatta di leggerezza, rispetto all’attività agonistica fatta a livelli altissimi. Volevo sdoganare la diceria per cui un corridore che va a farsi un giro con le borse è uno che vuole abbandonare. E’ esattamente il contrario. Uno che va a farsi un giro in bici vuole tornare con meno stress nel mondo in cui lavora e che di solito gli richiede la massima concentrazione. Andare in vacanza non è solo volare su una spiaggia alle Seychelles. Si può fare anche quello, anzi l’ho sempre fatto anch’io a Zanzibar. Just Ride è però il modo per continuare a essere attivo. Negli anni capisci che è bello fare anche altro, come andare in bici in questo modo. Conoscere altri lati dell’attività che svolgo da anni».

Per Just Ride, Oss ha utilizzato una Specialized Aethos verniciata da Lumar Colors
Per Just Ride, Oss ha utilizzato una Specialized Aethos verniciata da Lumar Colors

Così l’evento del 20 dicembre adesso ve lo spoileriamo un po’ noi, in questa serata di chiacchiere spagnole mentre in Trentino fa un freddo cane e qui si esce in maglietta e pantaloncini.

Quest’anno Just Ride ha lasciato l’Italia…

Siamo andati in California, abbiamo fatto la Coast Ride, la classica da San Francisco a San Diego. E abbiamo realizzato un video per farlo vedere in giro, magari fuori dai soliti canali social. Volevamo arrivare dove magari anche Sportful avesse interesse. Per cui a Bolzano faremo vedere il video e poi ci sarà una chiacchierata. Una serata open, non c’è un biglietto d’ingresso. Sarà solo l’occasione per conoscersi e parlare. Vorrei rispondere alle domande, quello che viene, insomma…

Poteva mancare la foto ricordo davanti alla sede californiana di Specialized? Eccola qua
Poteva mancare la foto ricordo davanti alla sede californiana di Specialized? Eccola qua
Un po’ l’opposto di Just Ride che nasce come pedalata solitaria, no?

L’idea che c’è sempre stata dietro a Just Ride non è mai stata quella di coinvolgere tanta gente da un punto di vista fisico. Era una cosa che volevo fare da solo e non avrei mai voluto avere tanta gente o un gruppone intorno. Il gruppo c’era però sui social, anche grazie ai miei amici da cui Just Ride è sempre stata documentata. Ne abbiamo sempre parlato sui social, sapete quanto è potente Internet in questo senso?

Perché la California?

Con le prime volte ho girato tanto per l’Italia. Poi, dopo averne parlato con Sportful, abbiamo pensato di fare una cosa un po’ più americana, un po’ diversa ma pur sempre conciliabile con il mio lavoro. Quest’anno avevo in concomitanza la possibilità di andare in altura con Peter (Sagan, ndr) nello Utah e così sono partito una settimana prima per fare questa cosa

Oss non ha mai cercato compagni di avventura per le sue avventure, ma è stato possibile seguirlo sui social
Oss non ha mai cercato compagni di avventura per le sue avventure, ma è stato possibile seguirlo sui social
Che cosa ti sei portato via da laggiù?

Di quelle strade ho sempre avuto bellissimi ricordi, perché ho sempre partecipato al Tour of California. Anche agli albori di Peter ed era proprio una figata pazzesca. Sono passato anche in posti come Morro Bay, che ricordavo benissimo. Ci avevamo vinto anche una tappa e io avevo preso anche la maglia a pois. Lo scalatore più pesante della California! Tutta la costa, l’Ocean Road da San Francisco e anche il ponte che avevamo fatto in gara. La California è gigante, l’America è gigante.

Hai fatto qualche incontro memorabile?

Ho conosciuto anche tanta bella gente. Abbiamo fatto dei featuring con Chris Cosentino, un cuoco che collabora con Sportful e abbastanza famoso a San Francisco. Ho ritrovato anche il mio amico Virgilio, che si è trasferito da Roma in California trent’anni fa e ha fatto carriera come imprenditore digitale. Oppure Steve Caballero a San Diego, il famoso skateboarder. Lui non sapeva chi fossi, per me era un mito…

Abbiamo visto foto di una Specialized dalla colorazione inedita.

Non l’avevamo fatta per Just Ride, ma l’ho usata perché aveva un senso. Un anno e mezzo fa, Specialized ha lanciato un nuovo modello che si chiama Aethos. E’ molto chiara nei colori, molto pastello, molto leggera. Noi volevamo farla brandizzare e così l’abbiamo portata da un verniciatore di Padova. La Lumar Colors che li fa per tutti.

Che cosa gli hai chiesto?

Di rappresentarci la montagna, l’acqua con un lago, il mare, l’erba. E’ tutto stilizzato. C’è un coniglietto, perché a me piace la polenta e con il coniglio. Ho usato questa bici che è una bici da strada. Gli ho montato solo delle ruote un po’ più larghe per essere sicuro di non bucare. Non mi serviva la velocità e a Los Angeles abbiamo fatto uno switch dall’asfalto per andare su un background di strade sterrate. Delle collinette fighissime da fare con la gravel.

L’evento del 20 dicembre si svolgerà presso SPORTLER Bike di Bolzano (WHISTHALER Photo)
L’evento del 20 dicembre si svolgerà presso SPORTLER Bike di Bolzano (WHISTHALER Photo)
Quanto sei stato fuori?

Il tutto è durato 5 giorni. E’ stata quasi una corsa a tappe, ma siamo riusciti anche a fare qualche giro in più a Los Angeles. Sono andato alla torre di Hollywood, abbiamo anche fatto un po’ i turisti. In fondo erano vacanze, no? Ma adesso basta spoiler, ci vediamo il 20 dicembre a Bolzano!

Blitz in California: Aleotti ricomincia dalla crono

16.11.2021
5 min
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Aleotti è appena tornato dalla California, anche lui dalla galleria del vento di Specialized. La Bora lo ha avvisato durante il ritiro in Austria di fine stagione, quando Gert Kodanic, il responsabile tecnico per lo sviluppo dei materiali, gli ha confermato la possibilità di lavorare sulla posizione della crono. Giovanni era consapevole della necessità, per cui non c’è voluto molto a trovare l’accordo e la data.

«Era la prima volta in galleria del vento e in America – sorride – mi è piaciuto molto. Avevo fatto tre settimane di vacanza dopo il Lombardia. Poi ho ripreso, ma dopo pochi giorni siamo volati negli Usa…».

Il primo anno da professionista è stato lunghissimo, con 69 giorni di corsa tutti… veri o quasi. A cominciare dalla primavera, in cui il debuttante emiliano ha messo in fila Strade Bianche, Tirreno-Adriatico e Giro dei Paesi Baschi prima del Giro d’Italia.

«Mi sento comodo – dice Aleotti – e soprattutto vedo bene». Il collo non sembra in rotazione
«Mi sento comodo – dice Aleotti – e soprattutto vedo bene». Il collo non sembra in rotazione
Che anno è stato?

Lungo è la parola giusta. Sono stato per tanti giorni via da casa e mi sono divertito tanto. Mi piacciono i training camp. Quelli d’inverno quando si va a pedalare al caldo e quelli d’estate, che se restassi a casa da solo, non mi allenerei bene.

E’ bello quando ogni giorno è una scoperta…

E io infatti ho scoperto tanto. Il Cycling Team Friuli è un ambiente più piccolo ed è giusto che sia così. Qui ho a che fare con una realtà grandissima. Basti pensare a questa trasferta americana, alla cura dei dettagli, al fatto che non si trascuri niente.

Che cosa avete scoperto in California?

E’ stata una cosa lunga, 4-5 ore di lavoro. Con me c’erano Kodanic, il capo dei meccanici e l’osteopata della squadra. Siamo partiti dalla posizione 2021 come riferimento, poi abbiamo cominciato con vari aggiustamenti, fino a trovare la posizione definitiva.

Circa 5 ore di test, per cercare (e trovare) la posizione più redditizia
Circa 5 ore di test, per cercare (e trovare) la posizione più redditizia
Basandosi su cosa?

Innanzitutto sulle mie sensazioni e poi sui numeri per piccole variazioni. Quando ci siamo resi conto che gli aggiustamenti non davano più benefici, ci siamo fermati. Sono molto soddisfatto, perché sono comodo e riesco a vedere bene davanti, senza dover forzare col collo.

Sei riuscito anche a fare il turista?

Pochissimo. Siamo stati quattro giorni, di cui due in galleria del vento. Solo l’ultima sera siamo andati a San Francisco in macchina. Abbiamo visto il Golden Gate (foto di apertura, ndr), Alcatraz e fatto un giro in centro. Poco, ma bello lo stesso.

Che cosa significa che la Bora-Hansgrohe abbia scelto te per andare in galleria del vento?

Che ci credono e mi fa piacere. Per me è uno stimolo in più. Ho capito che le crono sono molto importanti ed è bello che la squadra abbia voluto investirci.

La sua posizione a crono (qui al Giro nel giorno di Torino) era già interessante
La sua posizione a crono (qui al Giro nel giorno di Torino) era già interessante
Ci sono stati dei giorni di questo 2021 in cui ti sei sentito davvero forte?

Due occasioni, a parte Sibiu che ho vinto. La prima c’è stata al Giro di Polonia, nella seconda tappa, quando sono finito ottavo (traguardo di Premysil, ndr). Alla fine c’era uno strappo di 2 chilometri al 15 per cento, il classico finale da fare a tutta che mi piace tanto. Poi mi sono piaciuto a fine stagione alla Primus Classic, in Belgio. C’erano tutti quelli che preparavano il mondiale e mi sono ritrovato davanti con Van der Poel, Nizzolo e Alaphilippe.

Si dice che dopo un grande Giro la cilindrata aumenti.

Dopo il Giro sono migliorato, ma soprattutto per uno step mentale. Ho più consapevolezza, mi piace come sono stato gestito. Ho avvertito benefici subito dopo, a luglio, fra la Sardegna, San Sebastian e il Polonia, ma i compagni dicono che si vedrà di più quest’anno

Nel frattempo è andato via Sagan e sono arrivati solo scalatori.

Sagan è impossibile da rimpiazzare. Con lui se ne è andato il gruppo con cui ho legato tanto, con Oss e anche Bodnar. Il prossimo anno saremo più orientati sui Giri, ma finché c’è stato ho rubato tanto da Peter. Abbiamo corso insieme Tirreno e Giro, l’ho osservato.

E che cosa hai visto?

Soprattutto come gestiva il fuori corsa, da capire che per uno come lui la corsa è davvero il meno. In gruppo invece ho ammirato la sua freddezza, il saper essere un vero capitano. Gli viene naturale, lo vedi che non lo cerca, perché ce l’ha dentro e questo fa sì che tutti lo seguano. Nella tappa del Giro che ha vinto, abbiamo dato tutti il 200 per cento.

A te quando accadrà?

Ci vuole pazienza (sorride, ndr) e non so se ci arriverò mai. In questo primo anno non mi ero dato obiettivi, al di fuori di crescere. Certi ruoli non devi cercarli, se ci sono vengono fuori da soli. Per cui adesso si lavora. La prima settimana di dicembre andremo in Germania per test e controlli atletici. Poi a fine anno ho già prenotato con Matteo Fabbro e andremo a Gran Canaria fino al 10-12 gennaio, quando raggiungeremo la squadra a Mallorca. Sto bene, si riparte. Le vacanze sono finite.

Malori rimanda la nuova posizione di Cattaneo. Perché?

14.11.2021
6 min
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Va bene stare scomodi, ma se parliamo di cronometro – dice Malori – in linea di massima vince sempre l’aerodinamica. E in certi casi la posizione più redditizia è quella più comoda. Si parla del nuovo assetto di Mattia Cattaneo, che ci ha incuriositi. Pare che la nuova posizione sperimentata in galleria del vento a Morgan Hill sia estremamente performante, ma per starci dentro Mattia dovrà fare tanta ginnastica

Cattaneo e Ricardo Scheidecher, responsabile sviluppo e materiali, al lavoro in galleria del vento
Cattaneo e Ricardo Scheidecher, responsabile sviluppo e materiali, al lavoro in galleria del vento

«Su carta, con la nuova posizione – ci ha detto il bergamasco la settimana scorsa – dovrei avere un miglioramento notevole. Chiaro che il test di 8 minuti è diverso dalla crono di mezz’ora, ma la nuova posizione promette bene. Anche se essendo alto 1,85, per me riuscire a stare raccolto e compatto come Evenepoel è difficile. Dovrò fare molto lavoro a corpo libero per adattarmi a stare più basso, con la testa al livello delle mani».

A ciascuno il suo assetto

Uno come Malori davanti a discorsi del genere va in brodo di giuggiole. La crono è il suo terreno e da sempre la sua passione, la curiosità è il nostro mestiere. E ci siamo chiesti quanto sia agevole nel corso di una gara a tappe disputare una crono in una posizione così estrema e magari l’indomani affrontare una tappa di montagna. Malori riprende il filo…

«Va bene fare esercizi – dice – ma comanda la posizione. Ganna sulla bici da crono è una statua, ma non è bassissimo. Castroviejo ha il… naso sul copertone, ma a me non hanno mai chiesto di stare in bici come lui. Perché lui è 1,71, mentre io sono 1,82. Se uno non ha il fisico adatto alla posizione più estrema, non puoi forzarlo perché si adatti. Magari riesce anche a trovare la posizione, poi però non spinge tutti i watt di cui dispone. Quando mi portarono in galleria a Silverstone, mi allargarono e mi alzarono, perché stando basso e con gli appoggi stretti, non riuscivo a incassare la testa fra le spalle».

Forse poi un conto è studiare la posizione estrema per una crono secca, altra storia per fare le crono di una corsa a tappe…

Di sicuro alla fine di un Giro, la posizione fai fatica a tenerla. Con un ragazzo come Mattia si dovrebbe lavorare sulla miglior posizione per lui, non sulla più redditizia. Poi ovviamente non sappiamo come ci sono arrivati, sappiamo solo quello che ha detto lui.

E’ prassi dover lavorare per adattarsi alla nuova posizione?

Quella della galleria di Silverstone la usai subito. La prima volta nella cronosquadre della Tirreno del 2014 in cui arrivammo terzi e poi nella crono finale, a distanza di sei giorni, quando vinsi battendo Cancellara, Wiggins, Martin e Dumoulin. Non ho dovuto adattarmi, era la mia posizione. Se invece la posizione non ti viene naturale, allora ti sembra scomoda.

In ogni caso gli esercizi a corpo libero per stare meglio in bici si facevano anche prima, no?

Soprattutto gli addominali e poi tutti gli esercizi di core stability. Ma se sei comodo e sulla bici ti senti bene, ecco che riesci anche a fare dei watt. Non devi stare a pensarci…

Pensare a cosa?

Durante una crono, la testa lavora tanto. Devi guardare i watt, ricordarti come tagliare le curve, di non andare troppo duro, devi capire da che parte stare per il vento. Se devi pure pensare a cosa fare per tenere la posizione, sei fritto. Continuo a fare l’esempio di Ganna. Non dà l’impressione di essere scomodo, non lo vedi muoversi in continuazione cercando la posizione.

Quindi cosa ti sembra della nuova posizione di Cattaneo?

Non mi piace.

Non ti sembra di essere un po’ drastico?

Nella parte frontale, ha le braccia sovraccariche. L’angolo fra braccio è avambraccio dovrebbe essere di 90 gradi, mentre questi saranno 85. Allo stesso modo, è troppo chiuso anche l’angolo fra braccio e schiena. Le mani potrebbero stare più alte, senza costringere Mattia a ruotare così tanto il collo in avanti. Guardate, ha il collo 6 centimetri sotto le spalle.

Questo è vero…

Il collo così non riesci a tenerlo. Spero che con i giusti esercizi Mattia migliori, perché si merita di andare forte. Ma in una crono di un’ora oppure una molto vallonata e con tanti rilanci, in cui sei costretto ogni volta a rimetterti in posizione, la vedo dura se stare giù non gli viene naturale. E non è tutto qui.

Cos’altro?

Sembra troppo disteso e in avanti. Si vede dalla schiena che sprofonda dopo la scapola. Di sicuro è una posizione che dà ottimi risultati in galleria del vento. Molto simile a quella di Evenepoel. Ma io Mattia lo conosco, abbiamo anche corso insieme alla Lampre. Ha leve lunghe, non si può pensare di distenderlo così tanto. Ganna ha la schiena dritta e parallela all’asfalto. Chissà se questa posizione rimarrà tale o se dopo qualche prova si faranno degli aggiustamenti…