Delfinato come i Baschi: di nuovo tutti giù per terra

07.06.2024
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Per qualche minuto è parso di rivivere la stessa scena del 4 aprile, quando il Giro dei Paesi Baschi rovinò la primavera del ciclismo. Gli stessi attori – Evenepoel e Roglic – e uno scenario tutto sommato simile. Questa volta però teatro della maxi caduta sono stati il Criterium del Delfinato e la Cote de Bel Air, salitella di poco conto nel finale della quinta tappa.

Eppure dopo essersi lasciati alle spalle quei quasi due chilometri al 5 per cento di pendenza, i corridori hanno scoperto che la discesa sarebbe stata ben più insidiosa della salita. Strada stretta e bagnata. Le squadre spalla a spalla per stare tutte davanti. E appena uno ha toccato i freni, è iniziato il disastro. Un altro, verrebbe da dire, provocato dalla scarsa propensione alla prudenza, anche quando in ballo c’è l’incolumità a tre settimane dal Tour.

Come ai Paesi Baschi, i corridori hanno atteso che la Giuria e la Direzione Corsa prendessero una decisione
Come ai Paesi Baschi, i corridori hanno atteso che la Giuria e la Direzione Corsa prendessero una decisione

Il cuore di Lefevere

Le immagini per qualche istante hanno raggelato il cuore. Evenepoel nuovamente per terra, questa volta con la maglia gialla a poche ore dalla crono dominata. Fermo nell’erba, la mano sulla spalla e una ferita sul ginocchio, come per fare il punto della situazione e scacciare i fantasmi.

«Posso immaginare che Remco si sia spaventato dopo una caduta del genere – dice Patrick Lefevere – quindi per questo si è toccato la spalla. Non dico che il mio cuore si sia fermato, non succede così spesso. Ma certo il divertimento è un’altra cosa. Però vorrei dire che questa volta non c’è nessuno da incolpare, certo non gli organizzatori del Delfinato. Era tutto anche ben segnalato, ma all’improvviso ha iniziato a piovere e il gruppo si è schiantato. E’ stata una reazione a catena».

Remco nell’erba

Per fortuna il leader della corsa alla fine si è rialzato e approfittando della neutralizzazione della tappa, è andato a riprendere il suo posto. Poco prima si era anche sfilato la mantellina, perché mancavano 20 chilometri e la tappa sarebbe presto entrata nel vivo. L’attesa è stata un po’ ansiosa, soprattutto pensando al Tour. Poi Remco ha parlato con il medico della squadra, che era in ammiraglia, ha sorriso ed è ripartito.

«Mi ha salvato il casco – ha detto Evenepoel – e questo dimostra ancora una volta quanto sia importante indossarlo. Sapevamo che c’erano già state delle cadute durante la discesa precedente, quindi forse avremmo potuto viverla con un po’ più di tranquillità. Amo ancora il mio lavoro, ma il mio obiettivo è vincere gare e non finire per terra. Ho battuto sul lato destro. Ero seduto perché non riuscivo a muovere il ginocchio, ma quando ho visto che altri intorno erano messi peggio, mi sono rialzato.

«Sono felice perché sono ancora vivo. L’anno scorso ero dieci secondi davanti a qualcuno che subito dietro è morto (il riferimento è al Tour de Suisse 2023 e alla morte di Gino Mader, ndr). Purtroppo le cadute fanno parte dello sport, ma a volte bisogna fare i conti anche con la morte. Questo mi aiuta ad accettare i momenti difficili e a tenere alto il morale».

Roglic si ritira?

Chi non ha troppa voglia di sorridere è Primoz Roglic, che quando c’è una caduta, ci finisce spesso dentro. Così era stato martedì e così anche questa volta. Va bene non avere paura, ma forse se lo sloveno cade così spesso, probabilmente un motivo deve esserci.

«Sono caduto sulla spalla – dice – quella che ho dovuto operare qualche anno fa, quindi non va bene. Non posso dire con certezza che continuerò, dovrò prima farmi controllare dal medico».

Difficile credere che, non avendo corso dai primi di aprile, Roglic valuti il ritiro dal Delfinato se non ci sono motivazioni più che valide. Arrivare al Tour senza questa corsa nelle gambe significa concedere a certi avversari un vantaggio sin troppo importante. Sono invece otto i corridori che hanno dovuto lasciare la corsa. Fra loro Dylan Van Baarle con una clavicola fratturata e Steven Kruijswijk con un trauma al bacino: entrambi elementi molto importanti per Vingegaard al Tour.

Bentornato Baroncini, rinascita iniziata dalla Francia

01.06.2024
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Un ottavo posto di tappa alla Boucles de la Mayenne. Normalmente un risultato del tutto trascurabile, uno dei tanti in una lunga stagione, ma anche qualcosa di così poco valore può averne tanto, è tutto relativo a quel che c’è intorno. Per Filippo Baroncini è il primo spiraglio verso la rinascita.

Parlando del corridore della Uae sembra quasi di trasporre nel ciclismo i principi di “Aspettando Godot”, ma non si può certo dire che sia per colpa del ciclista di Massa Lombarda. Gli ultimi due anni (ma mettiamoci dentro anche questa prima parte di 2024) sono stati costellati di infortuni, di ostacoli, di una sfortuna che non ha mai smesso di coprire con il suo fosco velo la carriera di un corridore passato sull’onda dell’entusiasmo derivante dal titolo mondiale U23, condito dall’argento europeo.

Baroncini ha ripreso a gareggiare al Giro di Romagna. In Francia la sua prima Top 10
Baroncini ha ripreso a gareggiare al Giro di Romagna. In Francia la sua prima Top 10

«Lo so bene che un ottavo posto in una corsa a tappe francese, di buon livello ma nulla più, dice poco, ma per me è un primo passo. Cerco di guardarlo in positivo, devo farlo dopo quel che ho avuto, dopo l’ultimo colpo di sfortuna con la caduta e la frattura al gomito al GP Denain. Per me vale molto».

Quanto ti è costata quella frattura?

Sono stato completamente fermo due settimane, poi ho ripreso e già dopo altre due settimane ero di nuovo in gara al Giro della Romagna, ma chiaramente la condizione fisica tanto inseguita aveva subito un brusco arresto, c’era da rimettere insieme tutti i pezzi. Con pazienza mi sono rimesso al lavoro guardando al futuro, fino alla trasferta francese e a questo primo, minuscolo segnale per me comunque importante.

Il GP di Denain è stato l’ultimo colpo di sfortuna, una caduta costatagli la frattura a un gomito
Il GP di Denain è stato l’ultimo colpo di sfortuna, una caduta costatagli la frattura a un gomito
Sei tornato in gara presto…

Meno di quanto si pensi, anzi questa volta ho voluto fare le cose con calma e ponderazione. Una cosa che ho capito in questi due anni così difficili è che dovevo fare con calma, seguire tutti i passi. Essere precipitoso non mi ha aiutato, ho cambiato prospettiva e ho visto che questa è stata la scelta giusta.

Hai mai avuto il dubbio che il Baroncini vincente da U23 fosse rimasto lì, proprio relegato al 2021?

Dubbi no, ma ho la consapevolezza che non si è più visto e che le speranze che nutrivo quando sono passato professionista, sull’onda di quelle inebrianti sensazioni, sono rimaste speranze. Non ho mai avuto il tempo di crescere. Io so però che quel Baroncini c’è ancora e che verrà fuori prima o poi. Ma perché ciò avvenga non ci devono più essere problemi, più ostacoli perché ne ho superati davvero troppi…

Baroncini sul podio mondiale 2021: il suo biglietto da visita per entrare fra i pro’
Baroncini sul podio mondiale 2021: il suo biglietto da visita per entrare fra i pro’
Hai mai rammarichi per come sono andate queste due stagioni?

Mi guardo indietro e posso dire che un paio di cadute le potevo evitare, sono state per colpa mia, ma ho pagato un prezzo alto. Mi dispiace soprattutto perché avrei voluto avere più occasioni per fare esperienza. Sarebbe stato importante per la mia crescita.

Com’era la corsa francese?

In generale è stata importante perché ho sentito che stavo crescendo tanto, ho sentito la mia condizione migliorare giorno dopo giorno. Mi sento più fiducioso, continuando di questo passo so che qualche risultato “vero” arriverà a breve.

I fan di Filippo sono sempre attivi e presenti, ora vuole ripagarli con un grande risultato
I fan di Filippo sono sempre attivi e presenti, ora vuole ripagarli con un grande risultato
Oltretutto si avvicina la stagione più calda che normalmente ti è favorevole…

Sì, il caldo è sempre stato il mio punto forte. Sono solito partire presto nella stagione perché ci metto molto a carburare, a raggiungere la forma migliore e normalmente la seconda parte di stagione mi è sempre stata più favorevole proprio perché nei mesi caldi riesco a rendere di più. Nelle ultime stagioni partivo già a gennaio per puntare a raggiungere la miglior forma in occasione delle classiche. Io spero che già dall’estate si possa vedere la miglior versione di me stesso.

Dove ti vedremo ora?

Domani sarò alla Brussels Classic, poi arriveranno gare che mi sono congeniali come il GP del Cantone d’Argovia e il Giro di Slovenia dove ci sono tappe che possono darmi soddisfazione. Il tutto pensando al campionato italiano che nella mia agenda è cerchiato di rosso perché è su un percorso che va benissimo per me. Gareggerò sia a cronometro che nella prova in linea e mi aspetto molto da quelle gare.

Il romagnolo a cronometro. Sarà in gara ai campionati italiani il 20 giugno a Grosseto
Il romagnolo a cronometro. Sarà in gara ai campionati italiani il 20 giugno a Grosseto
Farai quest’anno il tuo esordio in un grande Giro, alla Vuelta. Mancano molte settimane, come ti stai avvicinando psicologicamente?

In maniera tranquilla, con curiosità piuttosto che con timore. In questi giorni, nelle gare sono in camera con Juan Sebastian Molano che è reduce dal Giro d’Italia e gli ho chiesto come si è gestito, che cosa significa correre per tre settimane. Ma c’è tempo per abituare la testa al grande impegno, per prepararlo con tutti i crismi anche andando in altura. Farà parte della mia crescita per presentare a tutti il vero Baroncini.

Cadute, ferite, infezioni: un cerotto spesso non basta

01.03.2024
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Chi corre in bici purtroppo si è trovato spesso a fare i conti con escoriazioni e ferite. Il questo periodo di strade bagnate e fondi sconnessi, fra strade bianche e pavé, le cadute sono all’ordine del giorno. L’asfalto è il nemico numero uno dei ciclisti e quando si cade, uscirne illesi è un utopia a cui nessuno davvero crede. Un pericolo da non sottovalutare quando si parla di abrasioni sono le infezioni. Una condizione che può colpire tutti, dai pro’ ai ciclisti occasionali.

Infezioni che possono essere figli di una sottovalutazione dell’entità, un errato trattamento oppure nessuno di questi. Le infezioni a volte possono farsi strada anche tra pomate e antibiotici. Per fare luce su questo pericolo, che purtroppo può far parte della vita di chi va in bici, abbiamo chiesto lumi al dottor Emilio Magni del team Astana Qazaqstan

Le cadute portano spesso a ferite ed escoriazioni
Le cadute portano spesso a ferite ed escoriazioni
Dopo traumi e cadute c’è il rischio da parte degli atleti di incorrere in infezioni?

Sì, direi che è il pericolo maggiore dal momento in cui avviene appunto un’abrasione, una ferita lacero contusa. Insomma tutto quello che comporta una soluzione di continuo della cute che è il nostro rivestimento e che quando è integra offre un ostacolo agli agenti infettanti. Quando invece, appunto per un motivo traumatico, avviene una interruzione della sua continuità, si apre un varco dall’esterno verso l’interno del nostro organismo. Quindi il pericolo più importante è proprio quello che si vada incontro a un processo di infezione.

In che modo si può sviluppare, qual’è l’iter che causa l’infezione?

L’iter, appunto è questa interruzione di continuità della cute e insieme la presenza di germi che sono nell’aria e a maggior ragione nel suolo. I germi sono ubiquitari e quindi possono impiantarsi nella ferita e questo è il primo pericolo da scongiurare. Purtroppo non sempre ci si riesce, però con un comportamento corretto e dei protocolli abbastanza semplici ma da attuare con grande attenzione, si cerca di ridurre la possibilità che la ferita possa infettarsi.

Le medicazioni si possono portare per giorni durante le settimane di corsa
Le medicazioni si possono portare per giorni durante le settimane di corsa
Quali sono questi questi protocolli?

Ci vuole un’attenzione quasi maniacale nei confronti delle ferite, soprattutto nei primi giorni, quando il pericolo dell’infezione si può subdolamente concretizzare. Anche se inizialmente la ferita non è oggetto di infezione, lo può diventare nel giro delle 48/72 ore successive al trauma. Per cui è proprio lì che bisogna agire. I protocolli da seguire sono quelli di osservare la ferita due volte al giorno. Si deve mettere in atto una somministrazione molto accurata di disinfettanti simili a quelli che si usano come preparazione nelle sale operatorie. Quindi il lavaggio della ferita, una disinfezione molto accurata e poi l’applicazione di creme, di trattamenti locali a base di antibiotici. Io cerco sempre di variare queste somministrazione nel giro di 2 o 3 giorni, proprio per ampliare un po’ lo spettro d’azione e cercare di coprire il più possibile l’incognita di vari germi che potrebbero essere interessati a infettare la ferita.

Se si dovesse sottovalutare questa condizione a cosa si va incontro?

Si va incontro a un’infezione o una suppurazione della ferita, si mettono in atto dei processi infettivi che possono portare alla formazione di pus. Non è altro che un liquido, che dimostra che i germi stanno infettando la ferita.

Si parla mai di setticemia in questi casi?

La setticemia è un passo oltre che va sicuramente scongiurato. Questa condizione corrisponde a un’infezione a livello generale dell’organismo. Vuol dire che la ferita non è stata ben trattata e ha dato origine a una quantità di infezione notevole. Il pus viene riassorbito a livello del sangue e poi, trasportato dal sangue stesso, può arrivare anche a organi importanti per la nostra sopravvivenza. E’ un caso molto raro che può mettere a rischio anche l’incolumità dell’individuo.

Arti superiori e inferiori sono i più predisposti
Arti superiori e inferiori sono i più predisposti
Per quanto riguarda le infezioni, ci sono delle parti più esposte del corpo?

Questo dipende molto dal tipo di attività che viene svolta. Per il ciclista, si sa, le parti più esposte sono quelle degli arti inferiori e degli arti superiori. Soprattutto a livello dell’anca, del ginocchio, della caviglia, dei malleoli che sono le parti più sporgenti. A livello dell’alto superiore, spalla, gomito, mano perché viene appoggiata come mezzo di difesa quando si cade.

C’è il rischio che nonostante si prendano tutte le precauzioni del caso, si possa comunque incorrere in infezioni, anche non così gravi, che però si protraggano nel tempo? 

Sì, nonostante l’attenzione, alcune ferite comportano la perdita di sostanza. Parliamo di ferite più profonde, che vanno a interessare i tessuti sottostanti la cute, pertanto diventa più difficile combattere la presenza dei microrganismi. Per cui purtroppo ci sono casistiche che si protraggono nel tempo: dipende appunto dall’entità della ferita.

Vale a dire?

Se si ha una semplice escoriazione, nel giro di qualche giorno si risolve. Se sono ferite, come ho detto, anche più importanti, più vaste e più profonde, è ovvio che il lavoro sia maggiore. Ricordo di casi di ragazzi caduti la prima o la seconda tappa di un grande Giro, che si sono dovuti sottoporre a medicazioni due volte al giorno per tutti i 20 giorni della corsa.

Le Samyn, De Lie cade e riparte. Dopo l’arrivo i medici hanno preso subito in mano la situazione
Le Samyn, De Lie cade e riparte. Dopo l’arrivo i medici hanno preso subito in mano la situazione
In questi casi il ciclista percepisce una debilitazione generale che si potrae?

Quando le ferite sono vaste e si parla quindi di perdita di sostanza, vengono interessati gli strati superficiali dei muscoli e fuoriescono sostanze che dovrebbero svolgere ben altra funzione. Anche sul piano generale l’atleta ne può risentire. Poi c’è tutta la problematica legata alla posturologia, nel senso che quando c’è una ferita, spesso e volentieri c’è anche una contusione. Quindi vuol dire che l’organismo e la postura dell’atleta ne risentono. L’organismo infatti mette in atto anche delle posizioni antalgiche per difendersi dal dolore, che poi vanno a riflettersi anche su una postura scorretta sulla bici.

Nizzolo fermo ai box, ma già pensa a un grande ritorno

22.01.2024
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Non sono state feste davvero fortunate per Giacomo Nizzolo. Neanche il tempo di stappare lo spumante che il lombardo si è ritrovato a terra, vittima di una caduta in allenamento a Chur, in Svizzera, che di fatto ha interrotto sul nascere la sua stagione, la prima nella Q36.5.

Passato qualche giorno, l’ex campione europeo sta reagendo innanzitutto nello spirito, primo passo verso la completa ripresa: «Il 12 febbraio – racconta – farò la lastra per vedere se e come si è formato il callo osseo. In base ai risultati si stabiliranno i necessari tempi di ripresa. Intanto vado avanti con la fisioterapia e cerco di affrontare tutto con il sorriso perché sono i rischi del mestiere».

Nizzolo resta tra i più riconosciuti e amati dal pubblico. Alla Q36.5 è come tornare a casa, ha corso in quel gruppo 3 anni
Nizzolo resta tra i più riconosciuti e amati dal pubblico. Alla Q36.5 è come tornare a casa, ha corso in quel gruppo 3 anni
Come è successo?

Non potrei neanche raccontare nulla di speciale. La cosa che più mi dispiace è che è stata una caduta stupida, da solo, di quelle che ne capitano tante nel corso di una carriera. Ma stavolta ha avuto danni davvero pesanti. Proprio non ci voleva.

Il milanese ha chiuso il biennio all’Israel – Premier Tech con due vittorie all’attivo
Il milanese ha chiuso il biennio all’Israel – Premier Tech con due vittorie all’attivo
Oltretutto è arrivata in un periodo delicato, quello del cambio di squadra…

Una caduta simile non è mai piacevole, a maggior ragione quando capita prima del ritiro prestagionale. Avevo avuto occasione di conoscere i miei compagni, lo staff devo dire lo conosco già bene, dai tempi della Ntt e della Qhubeka. Ero contento perché era come se fossi tornato a casa, poi è bastato un attimo di disattenzione per stravolgere tutto.

Cerchiamo di mettere da parte la disavventura e pensare al futuro. Per te approdare alla Q36.5 è, come hai detto giustamente, un po’ ritrovare la strada di casa…

La cosa che più mi ha colpito è che ho rivisto lo stesso entusiasmo di allora, di prima che tutti i problemi portassero alla cancellazione della squadra WorldTour. C’è una gran voglia di crescere e un gruppo affiatato, fra l’altro sin dai primi momenti non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno e il responsabile sanitario Lorenz Emmert segue la mia guarigione con attenzione pressoché costante. L’impressione è stata davvero entusiasmante.

La vittoria più importante in carriera, il titolo europeo conquistato nel 2020 a Plouay
La vittoria più importante in carriera, il titolo europeo conquistato nel 2020 a Plouay
Quando hai chiuso la stagione ti sentivi abbattuto per com’era andato il biennio all’Israel Premier Tech e soprattutto per la tua stagione?

Abbattuto no, perché ho combattuto fino alla fine: non posso rimproverarmi davvero nulla. Certamente però mi aspettavo risultati migliori: ho chiuso la stagione con una sola vittoria in Francia e non è da me. Ma cambiando aria, ho recuperato entusiasmo, sin dalle prime pedalate avevo voglia di ritornare il Nizzolo che tutti conoscono.

Oltretutto tu sei abituato a partire sempre forte, molti tuoi risultati di spessore sono arrivati proprio nella primissima parte dell’annata agonistica…

E’ vero, mi è stato tolto un pezzo importante, ma questo non mi turba. Vorrà dire che troverò la forma un po’ più tardi e per me saranno comunque le prime settimane, dove poter ottenere risultati, solo che saranno altre gare. Il problema è che dovrò ripartire da zero, quanto ho fatto prima è stato pressoché annullato da questo maledetto infortunio. La cosa importante sarà comunque non avere fretta, seguire tutti gli step secondo i tempi giusti. In questo la squadra mi dà sicurezza. Il primo passo sarà recuperare il tono muscolare.

Nonostante il brutto infortunio, Nizzolo guarda con ottimismo al futuro, puntando alla seconda parte dell’anno
Nonostante il brutto infortunio, Nizzolo guarda con ottimismo al futuro, puntando alla seconda parte dell’anno
Entri in una squadra molto composita, con giovani e anziani in egual misura. Dal tuo punto di vista, lavorerai in un team che imposterà le corse in maniera diversa dall’Israel? Quale supporto avrai per le volate?

E’ certamente presto per dirlo, ma io credo che ci siano tanti buoni corridori, ci sia un bellissimo potenziale per costruire un treno di qualità che possa pilotarmi verso il finale nella maniera migliore, possa permettermi di giocare le mie carte al cospetto di chiunque. Poi dipenderà dalla forma che avrò io e quella che avranno gli altri, ma sono ottimista. Ora devo solo aspettare e fare quello che serve, poi verrà il mio momento.

L’incredibile odissea turca di Nieri. Presto si riparte…

08.11.2023
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Tredici ottobre. Sesta tappa del Giro di Turchia. La più lunga, la più severa, decisiva per la classifica. La Green Project-Bardiani-CSF-Faizané è ben messa, Pellizzari lotta per le posizioni di vertice ma anche Santaromita e Nieri sono nei primi 20. Quest’ultimo è rimasto staccato sulla penultima salita, ma in discesa sta rinvenendo. Si è messo alle spalle del sudafricano Gibbons, segue le sue traiettorie.

Il corridore della Uae sbaglia però una curva, scivola. Nieri prova a frenare, ma non c’è spazio sufficiente. Il resto glielo racconteranno alla sera, in ospedale, all’inizio di una vera odissea.

«Non ricordo nulla della caduta – racconta il toscano – so solo che ho sbattuto contro il guardrail e sono volato via, mi hanno detto che sono caduto di testa e infatti il caschetto è distrutto. Ho ripreso i sensi che ero seduto, ricordo vagamente che mi stavano prestando i primi soccorsi e intanto sentivo in bocca quell’acre sapore di sangue. Mi ero morso la lingua, avevo sbattuto da più parti».

Sul viso di Alessio tutti i segni della terribile caduta. Ma i danni maggiori erano ai polmoni (foto Instagram)
Sul viso di Alessio tutti i segni della terribile caduta. Ma i danni maggiori erano ai polmoni (foto Instagram)
Che danni hai riportato?

La cosa peggiore è stato il pneumotorace, piuttosto serio che ha imposto il ricovero in ospedale. Temevano anche che mi fossi rotto qualcosa e sinceramente non capisco come sia riuscito a rimanere con la struttura ossea integra, salvo qualche microfrattura. Mi hanno messo un drenaggio al polmone e per i primi giorni sono rimasto quasi paralizzato, non riuscivo a fare il benché minimo movimento.

Quanto sei rimasto ricoverato e dove?

Ero all’Ospedale Universitario di Izmir. Sono rimasto dieci giorni lì ed è stata dura, non posso negarlo. I miei genitori volevano raggiungermi ma ho detto loro di non farlo, si sarebbero impressionati inutilmente. Ero completamente solo, con i dottori che almeno parlavano inglese, ma con gli infermieri e il personale dovevo utilizzare il traduttore dello smartphone. Per fortuna gli ultimi giorni mi ha raggiunto una mia cara amica, per me come una seconda mamma, che ha reso la permanenza un po’ più sopportabile. Almeno avevo una voce amica, in italiano…

Il toscano con Santaromita. Entrambi stavano facendo bene in classifica
Il toscano con Santaromita. Entrambi stavano facendo bene in classifica
Ed ora come va?

Almeno mi muovo. Ho però avuto una piccola recidiva al pneumotorace perché quando mi hanno tolto il drenaggio è entrata aria, quindi devo stare ancora molto accorto. Ho ancora dolori alla schiena e al polso, ma ogni giorno è un piccolo passo verso la ripresa. Il problema è che mi accorgo che l’incidente ha avuto conseguenze sulla mia impostazione fisica e questo si potrebbe tradurre in problemi una volta in bici.

Quando potrai tornarci a salire?

Per ora non se ne parla, spero entro dicembre di poter ricominciare molto piano, ma sicuramente dovrò affrontare non solo la fisioterapia, bisognerà soprattutto ritrovare il giusto assetto in bici. Sono convinto che se ci salissi ora, spingerei con una sola gamba…

Per Nieri 53 giorni di gara quest’anno, la maggior parte all’estero in un vero giro del mondo
Per Nieri 53 giorni di gara quest’anno, la maggior parte all’estero in un vero giro del mondo
Finora abbiamo parlato dell’aspetto fisico, ma quello morale?

Cerco di tirarmi su come posso. Mi è dispiaciuto molto perché la gara stava andando bene, mancava l’ultima salita e contavo non solo di dare una mano a Pellizzari ma anche di risalire ancora in classifica e sarebbe stato un bel modo per chiudere una stagione di alti e bassi. Questa insieme al Tour of Qinghai Lake in Cina era la gara a tappe più lunga, ci tenevo a chiuderla bene per mettere alle spalle due anni non fortunati, dai quali mi attendevo molto di più.

Magari un esito più fortunato avrebbe cambiato anche il tuo futuro…

Forse. Comunque sapevo già che la Bardiani non mi avrebbe confermato e avevo trovato un nuovo approdo in una continental che non posso ancora annunciare. Il team comunque mi è stato molto vicino, Amoriello che era il diesse che ci seguiva è stato con me nel giorno dell’incidente e non è mai mancato un contatto quotidiano, anche i medici hanno continuato a seguirmi anche se a distanza. Lo stesso dicasi per la nuova squadra.

Il 22enne ha mostrato il meglio al Tour of Qinghai Lake, vincendo la classifica per scalatori (foto organizzatori)
Il 22enne ha mostrato il meglio al Tour of Qinghai Lake, vincendo la classifica per scalatori (foto organizzatori)
Che ti aveva ingaggiato prima di tutto questo problema…

Esatto, ma devo dire che si sono mostrati estremamente sensibili, mi hanno lasciato tranquillo, sanno che forse non sarò già pronto per l’inizio di stagione, che ci vorrà tempo e tanto lavoro. Anche questo mi dà forza per andare avanti.

A tal proposito, il morale com’è?

Alterno giorni dove ho una grande voglia di riprendere in mano la bici ad altri dove mi chiedo se faccio bene ad andare avanti. Non nego che anche prima dell’incidente mi sono chiesto se fosse il caso di insistere, ma se mi guardo indietro mi dico che devo provarci perché in questi due anni non si è visto il vero Alessio Nieri e so che invece c’è ancora. Voglio soprattutto tornare a divertirmi, cosa che non avveniva più…

Quella in Turchia era l’ultima gara del toscano con la Green Project Bardiani
Quella in Turchia era l’ultima gara del toscano con la Green Project Bardiani
Cambierà il tuo calendario.

Indubbiamente, approdando in una squadra continental ma so che ci saranno occasioni per correre con i pro’, occasioni per andare all’estero. Si gareggerà molto in Italia, molto con gli under 23 e il fatto che la squadra sia equilibrata tra giovani ed elementi un po’ più “scafati” come il sottoscritto mi piace, se potrò accompagnare chi è più giovane di me e dare qualche consiglio. Anche questo mi spinge a rimettermi in sella quanto prima…

Ginocchio a rischio per cadute e posizioni errate

28.10.2023
5 min
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Il ginocchio rappresenta una delle parti del corpo più delicate per lo sportivo. Per quanto riguarda il ciclista si apre un vero e proprio capitolo che comprende un’ampia serie di insidie e casistiche che poi possono sfociare in infortuni più o meno gravi. Due di queste sono sicuramente le cadute e le scorrette posizioni in sella. La sottovalutazione o la fretta di risalire in bici a seguito di infortuni al ginocchio sono due dinamiche che possono causare problemi seri per il futuro. 

In una nostra intervista, Davide Ballerini ha detto: «Dopo la caduta, ho fatto prima 20 giorni senza bici. Pensavo fosse poca roba, invece non è risultato così. Dopo lo stop ho ricominciato e ho sempre avuto un fastidio al ginocchio». 

Per approfondire le casistiche e le insidie a cui il ciclista può andare incontro ci siamo affidati al parere esperto del Medico Chirurgo Marco Corzani, specialista in chirurgia del ginocchio, caviglia e piede presso il Fisioradi Medical Center.

Marco Corzani, Medico Chirurgo Specialista in ortopedia e traumatologia
Marco Corzani, Medico Chirurgo Specialista in ortopedia e traumatologia
Gli infortuni al ginocchio nel ciclista sono per la maggior parte sono causati da cadute?

Nella traumatologia sportiva in realtà sono più che altro causati da distorsione, perché per esempio nel calcio, nella pallavolo, nel basket sono dovuti a cambi di direzione, quando il ginocchio si trova in torsione e in flessione. I casi peggiori per l’articolazione cioè i traumi dell’impatto diretto sono meno frequenti, sono in genere correlati più a incidenti stradali, traumi da caduta per esempio, in bicicletta, motocicletta e situazioni di questo tipo.

Prendendo come esempio il caso di Ballerini. A che tipo di infortunio si va incontro?

Il caso di caduta con impatto sul ginocchio, quindi sulla rotula, è un po’ diverso dai traumi distorsivi, Bisogna andare a cercare più che altro dei danni sulla cartilagine, che vengono scovati bene con la risonanza. I traumi da impatto sono dovuti a un contatto con un’alta energia tra la rotula e il femore. Questi traumi sono come delle micro fratture a livello della cartilagine e dell’osso che si trova al di sotto di essa. Causano gonfiore, dolore e impotenza funzionale. Quindi il ginocchio non è più quello di prima. 

L’anatomia complessa del ginocchio in ogni sua parte (foto Mypersonaltrainer.it)
L’anatomia complessa del ginocchio in ogni sua parte (foto Mypersonaltrainer.it)
Come si trattano?

Con il riposo. In 20 giorni si può riportare l’articolazione ad uno stato più o meno sano a seconda dei casi. Le tempistiche di guarigione purtroppo vanno rispettate. Bisogna dare tempo all’osso di guarire. Quello che si può fare per aiutare lo sportivo di alto livello è modulare un po’ quello che può o non può fare. Bisogna cercare di ridurre le flesso estensioni del ginocchio, perché sono quelle che vanno a stuzzicare l’area interessata dal trauma. Si deve lavorare più sul quadricipite, per esempio, con la leg extension per agevolare la ripresa della bici.

Il riposo è importante, ripartire prima anche se con buone sensazioni è pericoloso?

Tendenzialmente sì, nel senso che se noi anticipiamo i tempi è un azzardo, perché c’è il rischio che se poi non guarisce bene quella lesione, ci si portano avanti gli strascichi per diverso tempo.

Si può ripresentare un dolore al ginocchio dopo un infortunio di questo tipo?

No, non si ripresenta perché è correlato a un trauma acuto. Quello che si può ripresentare è la sintomatologia. Perché in quell’evento può aver causato delle alterazioni della cartilagine tali successivamente da creare un problema di “usura”. Se si è creata una lesione importante alla cartilagine, che non è stata trattata con la dovuta attenzione, e si sono voluti anticipare i tempi, questa lesione alla lunga causa un’artrosi precoce della femoro-rotulea. 

La riabilitazione in palestra è un momento fondamentale per la ripresa
La riabilitazione in palestra è un momento fondamentale per la ripresa
Si procede mai con operazioni chirurgiche in questi casi?

Sì, ci sono trattamenti di vari livelli. Il primo, è l’acido ialuronico, un blando antinfiammatorio, ma soprattutto è un gel che nutre le cartilagini e le rende più trofiche, cioè più voluminose e le prepara meglio al lavoro. Agisce come un olio lubrificante fondamentalmente. Successivamente, se vediamo che alla risonanza il trauma è vistoso con dei distacchi di cartilagine, in quei casi allora il trattamento diventa chirurgico.

Con l’intervento si allungano i tempi di ripresa?

Sì. Quello che si può fare anche da un punto di vista fisioterapico, diciamo del contenimento del tono muscolare, è molto più limitato e va anche rimodulato, cercando ovviamente di non fermare l’atleta per un lungo periodo.

Nella sua esperienza ha avuto a che fare con ciclisti che hanno accusato problemi al ginocchio, anche non di questo tipo?

Sì, è interessante perché la patologia che riguarda il ciclista è un po’ un capitolo a parte del ginocchio. L’apparato estensore è composto da quadricipite, tendine del quadricipite, rotula e legamento rotuleo. Questi sono il motore del ciclista e il ginocchio è quello che lavora di più agendo nella pedalata. Le patologie che più causano dolore nella zona anteriore del ginocchio sono tante, essendo tante le strutture coinvolte. Nella pedalata la rotula è un osso che scorre sopra un binario in modo ripetitivo e crea un’usura ripetuta nel tempo, che si può evolvere in un’artrosi in futuro. E’ infatti importante per il ciclista calibrare bene l’altezza del sellino e studiare un corretto arco della pedalata. Queste sono variabili che sicuramente vanno a influire sulla salute del ginocchio per il futuro. 

La rotula è la parte più esposta e stressata del ginocchio (foto scienzemotorie.com)
La rotula è la parte più esposta e stressata del ginocchio (foto scienzemotorie.com)
Un esempio di possibili casistiche dovute a questa usura?

Il gesto tecnico ha un’importanza in quella che poi può diventare una problematica in futuro. Per esempio, chi ha una pedalata con le ginocchia molto addotte, quindi molto vicine l’una all’altra, è un po’ più soggetto a dolori anteriori come tendiniti del rotuleo, tendiniti del quadricipite o situazioni simili. Chi invece pedala con i talloni flessi, quindi con la caviglia troppo in dorsiflessione, ha più probabilità di sviluppare problematiche in futuro. Quindi è importante anche avere un biomeccanico e un allenatore che riescano a correggere il gesto tecnico perché più il gesto è pulito, meno sono le probabilità di andare incontro a infortuni o a dolore da iperallenamento. 

Quindi non è la bici che porta a queste casistiche ma una posizione o un gesto tecnico sbagliato?

Esatto, non è la bici che fa male in sé, ma è una scorretta posizione che può portare a questo. Ovviamente tutto va correlato all’entità del proprio impegno in bici. Chiaramente un ciclista che fa 100 chilometri a settimana è meno esposto rispetto a uno che ne fa 200. Però se il ciclista che ne fa 100, ha una pedalata con gesto tecnico errato, sarà sicuramente più incline in futuro a sviluppare delle problematiche.

Europei, una caduta di troppo ferma Ganna e Trentin

24.09.2023
4 min
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C’è amarezza nella voce di Daniele Bennati, che probabilmente sperava di festeggiare diversamente il compleanno. Il campionato europeo si è concluso davvero da poco e proprio quando sembrava che l’Italia fosse pronta per l’attacco decisivo, un’altra caduta ha tagliato fuori Ganna e Trentin. I due leader si sono ritrovati fuori e poi a inseguire, uno davanti e uno dietro, senza essere consapevoli di lavorare al reciproco sfinimento. L’assenza di radio porta anche a questo. Così se anche ci fosse stata una possibilità di rientrare sul gruppetto che davanti si è giocato la corsa, il destino ci ha impedito di farlo. Ma l’Italia questa volta c’era e ha fatto tutto quel che doveva per vincere il titolo continentale. Ha tenuto testa a Belgio e Danimarca, ma nulla ha potuto contro una banale caduta altrui.

Gli azzurri sono rimasti coperti nelle fasi iniziali, ma nel finale hanno rotto il gruppo: forcing feroce, il gruppo c’era
Gli azzurri sono rimasti coperti nelle fasi iniziali, ma nel finale hanno rotto il gruppo: forcing feroce, il gruppo c’era

Una gara (quasi) perfetta

Torniamo a casa con le pive nel sacco, come era già successo ai mondiali, solo che questa volta la componente della casualità è stata più incisiva della capacità di prestazione, che è parsa all’altezza delle squadre più forti. L’ennesima grande azione di Cattaneo che ha rotto il gruppo e poi la menata di Ganna hanno fatto vedere che i nostri sarebbero stati all’altezza del gran finale.

«Sarebbe stata una gara perfetta – dice con amarezza il toscano – se fossimo restati davanti senza incappare in troppi incidenti, troppe cadute. Purtroppo ancora una volta devo dire che per quello che abbiamo dato, per quello che i ragazzi hanno costruito, abbiamo raccolto veramente poco. Questa volta non abbiamo raccolto davvero nulla. E’ vero che il Belgio e la Danimarca hanno fatto la corsa nella prima parte, ma poi una volta che abbiamo deciso di rompere gli indugi, abbiamo fatto noi l’azione, come eravamo d’accordo sin da ieri sera con i ragazzi».

Troppe due cadute

Strade strette, gara nervosa. I nostri sono abituati alle corse del Nord, ma quando si è entrati nel circuito, gli angoli delle curve erano da piega col ginocchio a terra. E proprio all’uscita di una di queste, è avvenuto il fattaccio che ha tagliato fuori i nostri leader. La caduta maldestra del tedesco Heiduk ha spaccato il gruppo di testa. E se già Ganna era… sopravvissuto alla prima caduta, questa volta la ripartenza non è stata così immediata.

«La prima aduta di Pippo e quella di Pasqualon – riprende Bennati con lucidità – ci hanno un po’ destabilizzato. Però Pippo non ha non ha subito grosse conseguenze, sembrava stare molto bene. La seconda caduta invece ha determinato l’attacco dei dieci che si sono giocati il campionato europeo. L’attacco non è avvenuto di forza, ma proprio perché quando erano rimasti in 20-25, la caduta ha rotto il gruppo e nella seconda parte si sono ritrovati sia Pippo sia Trentin. Ed è svanito tutto.

«Dietro abbiamo cercato di inseguire. Chiaramente senza radioline a un certo punto davanti tiravano, mentre Pippo stava cercando di rientrare, ma non è facile comunicare con i ragazzi quand’è così. E la corsa è andata. Purtroppo è normale che ci siano cadute in un circuito così, soprattutto quando ti giochi una maglia di campione europeo. I ragazzi sono abituati a correre con il famoso coltello tra i denti. E quando poi quel ragazzo è andato fuoristrada, ha tirato giù anche i nostri. Ci si può fare poco…».

Dopo l’arrivo, Ganna con il massaggiatore Santerini: il piemontese porta sulla schiena i segni della caduta
Dopo l’arrivo, Ganna con il massaggiatore Santerini: il piemontese porta sulla schiena i segni della caduta

Ganna rassegnato

Le parole di Ganna dopo l’arrivo sono concilianti, come di chi ha avuto il tempo prima di rendersi conto di avere davvero delle grandi gambe e poi di rassegnarsi chilometro dopo chilometro quando, aiutato prima da Mattia Cattaneo e poi da Arnaud Demare, ha capito che non sarebbe mai riuscito a rientrare.

«Abbiamo avuto un po’ di sfortuna nella prima caduta – dice il piemontese – in cui siamo rimasti coinvolti più corridori. Abbiamo avuto i compagni di squadra per rientrare e abbiamo preso bene il circuito. Eravamo pronti per fare una bella prova, quando purtroppo c’è stata la sfortuna della seconda caduta, quando eravamo usciti a portar via il gruppo giusto. Però ci possiamo rifare al più presto, adesso cerchiamo di recuperare…».

Consonni, la paura, poi nove giri allo sfinimento

08.08.2023
3 min
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GLASGOW – Da sola contro tutte. A bocca aperta, cercando di far entrare più aria possibile. Prima per i sette giri in cui i giudici (un po’ sprovveduti) non hanno fermato la madison femminile, malgrado le due cadute. Poi quando si sono decisi e l’hanno fatta ripartire a 9 giri dalla conclusione, Chiara si è ritrovata sola nuovamente, perché Martina Fidanza non ce l’ha fatta a ripartire. Così Consonni ha stretto i denti e si è appiccicata alla ruota delle polacche: facendo la volata contro di loro avrebbe ancora potuto prendere il bronzo. Ma l’illusione è durata il tempo che le altre iniziassero a darsi i cambi. A quel punto, per lei si è spenta la luce.

Lo racconta con la carica dell’adrenalina ancora in corpo. Fidanza sta bene. Hanno detto che in un primo momento abbia rimesso e che inizialmente non riuscisse a bere. Poi gradualmente la bergamasca è tornata in sé e anche le preoccupazioni della bergamasca vincitrice dell’ultina tappa del Giro sono svanite.

Scoratata da Morini e dal dottor Angelucci, Fidanxa lascia la pista
Scoratata da Morini e dal dottor Angelucci, Fidanza lascia la pista
Come è stato da sola per nove giri?

Bruttissimo, giuro. Ho cercato di stare davanti, ma inseguire da sola, quando tutti si davano i cambi… Negli ultimi due giri sono crollata, non c’è la facevo più, però tutto sommato sono contenta, sto bene. Con Martina avevamo fatto la madison già due volte, siamo state campionesse europee under 23, quindi è stata un’emozione correrla con una compagna che è anche un’amica e la ringrazio. Ringrazio tutta la nazionale che ci ha seguito questa settimana.

Poteva venire una medaglia?

Lo speravamo, perché ci manca in questa trasferta. L’importante a questo punto è che Martina non si sia fatta niente di grave e per la prossima volta speriamo in qualcosa di meglio. Siamo tanto affiatate, oltre a essere compagne di squadra, siamo anche amiche. Ci vediamo fuori dalle gare, per me è qualcosa in più. In un lavoro come questo, il fatto che siamo tutte coetanee e condividiamo la stessa passione, è qualcosa in più che aiuta tanto.

Consonni e Fidanza sono state campionesse europee della madison: erano in lotta per il podio
Consonni e Fidanza sono state campionesse europee della madison: erano in lotta per il podio
Villa ha tirato le orecchie, senza fare nomi, per le poche presenze in pista…

Il calendario non ci ha permesso di avere tanto tempo libero. Anche questi mondiali sono capitati fra il Tour e i mondiali su strada, sono stati difficili da preparare. Quest’anno non abbiamo potuto fare un avvicinamento mirato come quello dell’anno scorso. Arrivavamo da traumi diversi, da infortuni diversi e siamo contentissime di essere qui a contenderci le medaglie. L’anno prossimo ci concentreremo sicuramente molto di più.

Se ne va ridendo. Giada Borgato, poggiata accanto sulla transenna, dice che in un gruppo in cui magari potrebbe esserci qualche musona, una come Consonni vale oro. La definisce un’artista e forse ha davvero ragione lei…

Fra la caduta e la vittoria, ecco la Slovenia di Zana

21.06.2023
6 min
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Nelle ultime settimane Filippo Zana è pressoché un ospite fisso dei media nazionali. Il suo Giro d’Italia, al di là della tappa vinta non è passato inosservato, la conquista del Giro di Slovenia (nella foto d’apertura premiato da uno speciale padrone di casa, Primoz Roglic) è un altro tassello della sua crescita, ma c’è anche altro. Moltissime piattaforme hanno ripetuto all’infinito le immagini della sua caduta alla corsa slovena, il suo rialzarsi e poi andare addirittura in fuga per vincere la tappa e vestire la maglia di leader portata fino al traguardo.

Una caduta spettacolare e senza conseguenze, come ce ne sono tante nella vita di un corridore, ma questa non era una caduta normale: era due giorni dopo quella ben più tragica che ha portato via Gino Mader e questo ha dato uno straordinario risalto al suo incidente. “Filippo Zana è un miracolato: paurosa caduta in una scarpata, la bici precipita” titolava un importante sito d’informazione sportiva, non si sa quanto per richiamare visualizzazioni o, vogliamo crederlo vedendo le immagini, realmente spaventati dalla meccanica dell’evento.

Nelle prime tappe Zana aveva lavorato per gli sprint di Groenewegen, esultando per le sue vittorie
Nelle prime tappe Zana aveva lavorato per gli sprint di Groenewegen, esultanndo per le sue vittorie

A distanza di qualche giorno la chiacchierata con Filippo non può non prendere spunto da quel che è successo: «E’ stata una caduta tanto scenografica quanto poco significativa. Ho sbagliato l’impostazione della curva, la stessa che nel giro precedente era costata la stessa caduta a un mio compagno di squadra. Veniva alla fine di un pezzo molto veloce e ho commesso un errore di guida. Mi sono rialzato subito notando che non mi ero fatto nulla e ho pensato solo a ripartire».

Eppure quello scivolone ha avuto un enorme risalto…

Posso capirlo. Quando alla sera ho rivisto la scena nei video mi sono spaventato un po’ anch’io, ma capisco che l’enfasi fosse data soprattutto per quanto era successo in Svizzera, la tragedia che è costata la vita a Gino. Lì per lì non ci avevo pensato ma riconosco che vedendo le immagini mi è passato alla mente quel che è successo allo svizzero e ho capito di essere stato fortunato, tanto fortunato

E’ vero che le cadute ci sono sempre state per ogni ciclista, ma ragionandoci sopra, secondo te si potrebbe fare qualcosa in più in tema di sicurezza?

Qui apriremmo un dibattito enorme. Forse in quella curva dove sono caduto, un addetto che la segnalasse sarebbe stato utile. Forse nel caso di Mader non c’era bisogno di porre l’arrivo alla fine della discesa, bastava chiudere la tappa in cima alla salita. Ma bisogna guardare ogni cosa sotto altri aspetti. Nel caso elvetico capisco anche gli organizzatori, che trovano un accordo per arrivare in un dato posto e devono adeguarsi, soprattutto percorrere quelle date strade. A proposito della Slovenia, in una tappa di 200 chilometri quanti addetti dovresti allora spargere per il tracciato? E’ difficile trovare la quadratura del cerchio, anche se un’idea me la sono fatta.

Quale?

Premesso che si va sempre più veloci perché i materiali di gara sono in continua evoluzione, sta anche al ciclista metterci del suo, usare attenzione e prudenza, senza le quali ogni accortezza organizzativa sarà utile. Il nostro è uno sport rischioso, non dimentichiamolo mai e facciamo del nostro per ridurre i pericoli.

Nell’ultima tappa fuga a due con Mohoric. Lo sloveno vince la tappa, Zana è primo in classifica
Nell’ultima tappa fuga a due con Mohoric. Lo sloveno vince la tappa, Zana è primo in classifica
Ti aspettavi questa vittoria, soprattutto dopo le fatiche del Giro?

Sapevamo di essere usciti bene dal Giro e soprattutto sentivo di avere una buona forma, ma poi ci sono anche gli avversari e la partecipazione al Giro di Slovenia era sicuramente molto qualificata. Nessuno partecipa per arrivare secondo, c’è stato da lottare. Alla fine sono rimasto molto contento non solo del risultato, ma per come è arrivato, per la forma che ho mostrato contro gente che andava davvero molto forte.

La sensazione è che il Giro ti abbia fatto fare un altro salto di qualità…

Spero che sia così, ma il cammino è ancora lungo e rispetto ai più forti c’è ancora tanto margine da colmare. Sicuramente questo tipo di corse a tappe, racchiuse in 4-5 giorni, è la mia dimensione ideale al momento.

Alla partenza in tanti a chiedere autografi al nuovo campione del ciclismo italiano
Alla partenza in tanti a chiedere autografi al nuovo campione del ciclismo italiano
Ci sono molti esempi di corridori che in queste corse si sono costruiti una carriera, arrivando poi a emergere anche nei grandi Giri. Può essere il tuo caso?

Io me lo auguro. Dopo il Giro molti predicono il mio futuro come uomo da classifica, ma per esserlo davvero c’è ancora tanta strada da fare. I fenomeni come Pogacar capaci di vincere subito sono pochi proprio perché sono fenomeni. Io credo di essere sulla buona strada, ogni gara serve per maturare, queste soddisfazioni danno la spinta a insistere e provarci ancora, continuare a migliorare, sperando che un giorno possa essere anch’io lì a lottare per una maglia importante in un grande Giro.

Ora che cosa ti attende?

Naturalmente il campionato italiano, poi finalmente si stacca la spina per un po’. Avevamo impostato la stagione per essere al massimo al Giro e devo dire che alla fine abbiamo avuto ragione, anche se all’inizio non ero certo molto brillante. Mi prenderò un po’ di riposo e poi si dovrebbe ripartire verso la metà di agosto, per la seconda parte di stagione, vedremo con quali obiettivi.

P.S. Le cadute sono parte del mestiere, Zana lo sa e forse la sua porzione di fortuna l’aveva già riscossa. Fatto sta che stamattina, nel corso dell’allenamento Filippo è caduto riportando la frattura della clavicola destra. Niente campionato italiano e necessità di andare sotto i ferri venerdì per ridurre la frattura, poi si penserà alle tappe della ripresa.