Piva alla Jayco-AlUla, lavoro di squadra e polso fermo

14.11.2023
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Quando è uscita la notizia che Valerio Piva sarebbe passato dalla Intermarché alla Jayco-AlUla, ci siamo tutti guardati, perché nessuno lo avrebbe immaginato. Avevamo la sensazione che il tecnico mantovano, già pro’ dal 1982 al 1991, detenesse le chiavi del successo della squadra belga, sia pure a capo di un 2023 non proprio esaltante. C’era arrivato nel 2021 alla chiusura della CCC Polsat, quando il team manager Jim Ochowitz vendette la licenza WorldTour al team belga. Nonostante venisse da una storia professionale molto diversa, l’approdo era parso quasi naturale, dato che fino alla stagione precedente la squadra era stata professional e aveva bisogno di qualcuno che la traghettasse al livello superiore.

E quando ormai si era quasi convinto che, avendo raggiunto quota 65 anni, fosse arrivato il momento di fermarsi, gli è arrivata la chiamata di una vecchia conoscenza: Allan Peiper, con cui ha condiviso cinque anni alla BMC e che ha lasciato il UAE Team Emirates per diventare uno dei consiglieri del Team Jayco-AlUla. L’australiano, che ha da poco sconfitto un cancro, gli ha chiesto se avesse voglia di accettare questa nuova sfida e il lume della passione ha impiegato meno di un secondo per riaccendersi.

«Non mi aspettavo una proposta – racconta Piva dal Belgio, dove vive – la Jayco è una squadra di alto livello, organizzata come si deve. A me piace lavorare in un ambiente positivo dove si possono ottenere delle soddisfazioni ed è stata questa la ragione per cui ho accettato. Alla Intermarché si sono dispiaciuti e da un certo punto di vista dispiace anche a me, perché comunque il lavoro fatto è stato buono e penso di aver lasciato qualcosa».

Oltre a Peiper (nella veste di consigliere), alla Jayco-AlUla Piva troverà anche Pinotti: uno spicchio di BMC
Oltre a Peiper (nella veste di consigliere), alla Jayco-AlUla Piva troverà anche Pinotti: uno spicchio di BMC
In qualche modo immaginiamo che tu l’abbia sentita tua…

La Intermarché era una squadra professional, gli serviva una mano. Partire non è stato facile, ma credo di aver fatto qualcosa di buono, che abbiano imparato qualcosa. Mi sento parte di questa evoluzione. Il primo anno c’è stato tanto da lavorare. Il secondo anno abbiamo raccolto i frutti eccezionali, il 2022 è stato un’annata incredibile. Invece quest’anno, secondo me la squadra si è adagiata sui successi dell’anno precedente, esattamente quello che avevo detto di non fare. E’ stato un anno difficile, abbiamo perso corridori di valore. Alcuni giovani hanno avuto infortuni e cadute che capitano spesso. E’ stata una stagione difficile dal punto di vista della gestione. Io ero in scadenza di contratto, ero curioso di vedere che cosa mi avrebbero proposto, perché quasi 200 giorni all’anno via da casa non avrei più voluto farli.

Pensi che ti avrebbero tenuto?

Eravamo in contatto, penso di sì. Chiaramente è una squadra un po’ particolare in tutte le sue cose. La comunicazione è complicata e spesso si riducono all’ultimo momento. E mentre aspettavo, è arrivata la Jayco.

Come vedi il futuro della Intermarché?

Dovranno cambiare. Purtroppo non hanno tanti soldi e questo è il vero problema. Non trovano sponsor e alla fine sono limitati al gruppo di corridori che già hanno e investono nei giovani. Hanno buoni talenti, ma alla fine perdono i corridori di livello come Rui Costa e Kristoff. Vanno via sempre quelli che fanno grandi risultati, che possono vincere corse di alto livello, e li sostituiscono con dei giovani che all’inizio fanno fatica a venire fuori. C’è ancora Biniam Girmay, quindi è una squadra che secondo me farà bene, ma soffrirà sicuramente per i punteggi.

Il 2023 di Girmay è stato al di sotto delle attese dopo il grande 2022, a causa di qualche caduta e vari imprevisti (foto Intermarché)
Il 2023 di Girmay è stato al di sotto delle attese dopo il grande 2022, a causa di qualche caduta e vari imprevisti (foto Intermarché)
E questo oggi è il vero problema…

Chiaramente non hanno grossi nomi. Un anno negativo c’è già stato, ma gli auguro che i corridori di talento vengano fuori. Credo abbiano inquadrato e messo a fuoco cosa non ha funzionato. Hanno un manager capace, Aike Visbeek, che è olandese e ha gestito Dumoulin quando vinse il Giro d’Italia. E’ preparato e secondo me la scelta in futuro sarà di investire nei giovani, visto che hanno una squadra under 23 che funziona. Chiaramente non so se questo gli permetterà poi di rimanere nelle 17-18 squadre WorldTour, perché fare i conti non è semplice. L’anno scorso abbiamo finito quinti, superati in extremis dalla Bora. Quest’anno abbiamo finito quattordicesimi, quindi la differenza si capisce chiaramente.

Non si vede uno scenario super tranquillizzante.

Penso che una prospettiva potrebbe essere quella di lavorare con i giovani e dare una chance a corridori più maturi, che vogliano dimostrare di avere ancora qualcosa da dire, come con Taaramae, Kristoff o Rui Costa. Atleti su cui abbiamo investito e che alla fine ci hanno dato grandi risultati.

Lasci un bel gruppetto di italiani, forse la tua uscita li ha spiazzati.

L’altro ieri mi ha chiamato Rota. La sua evoluzione l’ho seguita proprio da vicino, lo abbiamo preso quando sono arrivato io, quindi era un corridore mio ed è cresciuto tantissimo. Quest’anno ha avuto una frenata, ma le risposte ci sono e forse le dirà lui. Comunque io ho sempre investito in questi ragazzi. Parlo la stessa lingua quindi per loro ero diventato un punto di riferimento. Anche per Busatto, che ha fatto qualche corsa con me. E’ un bel talento, ha bisogno di crescere.

Rota è arrivato alla Intermarché proprio con Piva: la loro collaborazione ha dato ottimi frutti
Rota è arrivato alla Intermarché proprio con Piva: la loro collaborazione ha dato ottimi frutti
Che idea si è fatto Piva della sua nuova squadra?

Sono stato un giorno nei loro uffici, conoscevo Brent Copeland (il team manager della Jayco-AlUla, ndr) da lungo tempo. Da fuori è sempre sembrata una grande squadra, organizzata e con corridori di nome. Negli ultimi anni i risultati sono un po’ mancati, bisognerà fare un’analisi per trovarne la ragione. Da quello che ho capito mi hanno contattato anche per questo. Per avere qualcuno che arrivando da fuori gli dia un punto di vista sul perché una squadra con un budget così elevato e la quantità atletica dei corridori non abbia i risultati che merita.

Un compito non semplice…

Ho lavorato tantissimo con squadre di mentalità anglosassone, dalla HTC alla BMC, fatta salva la parentesi russa della Katusha, dove comunque ho portato le mie conoscenze e il metodo di lavoro che avevo imparato con gli americani. Mi sono sempre trovato bene con questa mentalità, con il fatto che ti lascino lavorare tranquillamente. A volte però il “good job” non mi piace tanto. Secondo me va detto se davvero hai fatto un buon lavoro o quando si vince, non quando arrivi staccato a minuti. Va bene motivare la gente e aiutarla, ma quando si sbaglia o non si lavora per come si è detto, bisogna ugualmente dirlo: con educazione, ma in modo chiaro

E’ il tuo modo di fare?

Io sono abbastanza schietto quando gestisco il gruppo. Quindi mi entusiasmo come tutti quando la squadra funziona, ma mi arrabbio quando non va e quando non fanno quello che è stato programmato, quando non si rispettano le regole e le strategie che si sono discusse insieme. Le corse si vincono con il collettivo, anche se sull’arrivo passa un corridore solo. E’ uno sport individuale dal punto di vista del risultato, ma sul piano del funzionamento è uno sport di squadra. E’ importante che tutti lo sappiano.

Simon Yates, come Matthews, è una delle bandiere della Jayco-AlUla: ritroverà consistenza?
Simon Yates, come Matthews, è una delle bandiere della Jayco-AlUla: ritroverà consistenza?
Ci sarà dunque una squadra australiana nell’Hotel Malpertuus di famiglia?

Purtroppo no, mi dispiace molto. Abbiamo la Bahrain e l’Astana, che dopo la Liegi prenotano già per l’anno dopo. Qualcuno mi ha fatto anche la battuta, che mi hanno preso solo per l’albergo, ma lo spazio è quello. Due squadre ci stanno bene, per tre non c’è posto.

Battute a parte, come sei stato accolto?

Ho parlato con molta gente che conoscevo già e ho visto entusiasmo. Non arrivo facendo promesse e dicendo che con me cambierà tutto. Voglio essere parte del gruppo e mettere a disposizione l’esperienza dei tanti anni che ho passato nel professionismo. Ho visto tante situazioni, tanti corridori, tante gare. Quello che conosco e che so fare sarà a disposizione della mia nuova squadra.

Dietro il ritorno di Ewan c’è lo zampino di Copeland

26.10.2023
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C’è un ciclismo che a ottobre va in vacanza ed è quello dei corridori. Dall’altra parte c’è un ciclismo che ora raddoppia i suoi impegni: è quello dei diesse, dei team manager e degli staff. Brent Copeland non è da meno e in questo autunno che in un batter d’occhio ha invaso la nostra penisola lui lavora già per il 2024. Copeland vive a Como da qualche anno, parla un italiano fluente e non si nasconde dietro risposte scontate.

Fra i colpi di mercato più interessanti della Jayco-AlUla per il 2024 c’è sicuramente il ritorno di Caleb Ewan
Fra i colpi di mercato più interessanti della Jayco-AlUla per il 2024 c’è sicuramente il ritorno di Caleb Ewan

(Ri)ecco Ewan 

La sua squadra, la Jayco-AlUla, ha da poco ufficializzato il ritorno di Caleb Ewan, il velocista tasmaniano ha lasciato la Lotto Dstny per tornare all’ovile, da dove la sua carriera ha avuto inizio.

«Per noi – dice con una risata Copeland – questi sono i mesi con più stress, niente vacanze. Ci sono da preparare le registrazioni dei corridori, maglie, loghi, mezzi e disegni per il 2024. Questa settimana sono a Taiwan, nella sede di Giant, per qualche giorno. Sarò con Yates che prenderà parte alla Taiwan Kom Challenge. Una gara di 105 chilometri che prevede la scalata di una salita lunga 90 chilometri, con 3.200 metri di dislivello. Nell’albo d’oro spunta anche il nome di Nibali nel 2017».

Passiamo dalla salita alla pianura, dal 2024 riaccogliete Caleb Ewan…

Vero, un corridore che a noi è sempre piaciuto, ha il giusto atteggiamento ed il carattere adatto. E’ passato professionista con noi e, quando si è trattato di cambiare strada, lo abbiamo fatto nella maniera giusta. Per lui era arrivato il momento di provare qualcosa di diverso. Ora invece è tornato indietro, per far vedere quanto vale. Ha ancora tanti anni da professionista davanti. 

Quando siete entrati in contatto per riportarlo da voi?

Dopo l’estate, ha avuto dei problemi al Tour de France con la sua vecchia squadra, non andavano più d’accordo e Caleb si è guardato in giro. E’ un velocista di primo piano, tante squadre lo volevano: un corridore come lui può portare una decina di vittorie in una stagione. Questo comporta guadagnare punti, visibilità per la maglia, gli sponsor.

Per Copeland, qui in foto con Groenewegen, due velocisti di punta in squadra possono convivere bene
Per Copeland, qui in foto con Groenewegen, due velocisti di punta in squadra possono convivere bene
Cosa importante visto che le licenze si giocano ai punti in una classifica triennale. 

Noi nel 2022 ci siamo presi un bello spavento visto che siamo finiti in fondo alla classifica del triennio 2019-2022. Non creeremo un calendario incentrato su Ewan, ma avere un velocista come lui aiuta a mantenere il livello alto. Considerando che abbiamo anche Groenewegen.

I due si trovano bene insieme?

Sono molto amici, Ewan è stato accanto a Dylan dopo l’incidente al Tour de Pologne con Jakobsen. Non avranno problemi di “convivenza” ci sono talmente tante corse che avere due velocisti forti è quasi necessario. C’è un altro punto di forza.

Dicci…

Il treno: Ewan è un velocista che sa cavarsela anche da solo, a differenza di Groenewegen, che necessita di un treno tutto suo. A Caleb per fare una volata non servono molti uomini, solo un paio che lo aiutino a posizionarsi nell’ultimo chilometro, poi lui fa da solo. Dal punto di vista di un grande Giro un corridore del genere ti permette di dividere la squadra in due: classifica generale e tappe. 

Quindi non ha avanzato nessuna richiesta di uomini che potrebbero servirgli?

No no, si fida di noi. Abbiamo una bella squadra, che può aiutare sia Ewan che Groenewegen. 

Rispetto alla sua avventura precedente cambia bici, passando da Scott a Giant, avete già preso le misure?

Insieme ai corridori extra europei abbiamo già fatto delle visite mediche e dei controlli. Il mio viaggio a Taiwan serve anche per questo, andrò a vedere due o tre nuovi prototipi di bici, sono molto curioso di vedere cosa hanno pensato. In primis io sono appassionato di tecnica e materiali, in secondo luogo Giant è il primo marchio al mondo per produzione. Sono molto specifici e precisi nel loro lavoro. 

E’ ancora presto per ipotizzare il calendario di Ewan?

Sì, lunedì abbiamo stilato il calendario di corse, ma per capire chi gareggerà e dove è ancora presto, anche perché il Tour è stato presentato solamente ieri. Il percorso del Giro d’Italia, però è molto interessante, a mio modo di vedere ci sono sette tappe aperte ad arrivi in volata. 

Una certezza c’è, Ewan di solito parte presto a correre, a gennaio dalle corse di casa in Australia. Avete già qualche ritiro programmato per arrivare pronti ai primi appuntamenti?

Il 10 dicembre in Spagna partiremo con un ritiro “ridotto” ci saranno solamente una decina di corridori del team maschile e qualche ragazza di quello femminile. Poi il 15 gennaio lavoreranno gli altri, mentre i primi saranno a correre in Australia

L’esordio del tasmaniano (a destra in foto) è avvenuto però nel 2014, da stagista, qui al Tour of Beijing
L’esordio del tasmaniano (a destra in foto) è avvenuto però nel 2014, da stagista
Ewan ritrova anche Jayco, sponsor del team dove militava prima di passare professionista…

Jayco, come Bike Exchange e Mitchelton, è di proprietà di Gerry Ryan, capo del nostro team. Gli è sempre piaciuto Caleb ed è stato il primo a volere il suo ritorno da noi.

L’ultima domanda: cosa ti aspetti dal ritorno di Ewan?

Mi aspetto che porti un ambiente vincente. Ha questa mentalità che porta a creare una forte connessione con i compagni ed è in grado di tirare fuori il meglio da loro.

Peiper e Dunbar, le nuove armi del team Jayco

17.05.2023
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L’approdo di Allan Peiper al Team Jayco AlUla non è una notizia di poco conto. Professionista dal 1983 al 1993 con ben 22 successi in carriera, l’australiano ha poi intrapreso con profitto la carriera di dirigente, passando per molti team fino ad approdare nel 2019 alla Uae, dov’è stato uno degli artefici non solo dei successi di Pogacar, ma della costruzione di tutta l’intelaiatura tecnica intorno allo sloveno. Per molto tempo Peiper è stato lontano dalle corse per curare un tumore alla prostata, con il team c’era da rinnovare il contratto, le cose sono andate per le lunghe e Brent Copeland ha approfittato dell’opportunità portandolo al Team Jayco. A casa.

Non è infatti trascurabile il fatto che il Team Jayco abbia una profonda radice “aussie”, lo sottolineava anche Kaden Groves parlando delle sue radici e di come sia importante per i ragazzi oceanici avere un riferimento nel WorldTour, ma Copeland, impegnato in questi giorni al Giro d’Italia, tende a dare il giusto peso alla cosa.

Peiper ha avuto una bella carriera pro, vincendo anche una tappa al Giro 1990
Peiper ha avuto una bella carriera pro, vincendo anche una tappa al Giro 1990

«Due mesi fa sono nati i primi contatti con Allan – racconta il cinquantunenne manager sudafricano – c’era la possibilità di portarlo nel nostro team, ne ho parlato con il titolare e abbiamo subito trovato un’intesa non tanto economica, quanto sul nostro progetto che Peiper intende fare suo e portare avanti».

Che può dare Peiper alla squadra?

Allan è un australiano che nel tempo è diventato molto europeo, vive da quando era professionista in Belgio, conosce nelle più intime pieghe il ciclismo professionistico che per la sua gran parte si svolge nel Vecchio Continente. E’ entrato nel team nelle vesti di consigliere perché a noi serve qualcuno che veda il funzionamento di tutta la macchina organizzativa dall’esterno, con un occhio esperto. Sono convinto che possa migliorate il team in molte aree di azione e possa coadiuvare l’impegno di Marco Pinotti per far crescere il team ancora di più.

Brent Copeland, manager del Team Jayco, ha fortemente voluto Peiper nel team come Advisor
Brent Copeland, manager del Team Jayco, ha fortemente voluto Peiper nel team come Advisor
Si sottolineava il fatto che Peiper torna a casa, approdando in un team australiano.

Anche questo ha avuto il suo peso, non lo nego. Il Team Jayco ha un cuore fortemente australiano, ma resta multinazionale: qui ci sono, fra atleti e staff, persone appartenenti a una ventina di Paesi differenti. Certo, Allan è australiano, ma come detto ha ormai radici profondamente europee e questo alla fine conta parecchio. La cosa che mi piace di più del suo ingresso è poter approfittare della sua meticolosità e del suo perfezionismo: sono caratteristiche che possono dare alla squadra quel salto di qualità di cui c’è bisogno.

La sua età dice che è un appartenente alla vecchia guardia. Come si adatta a un ciclismo che è profondamente cambiato nel corso degli anni rispetto a quando correva lui?

E’ questione di mentalità. Anche Allan, come me e come tanti altri che gravitano in questo mondo, ha vissuto questi cambiamenti sulla propria pelle, ha assommato esperienze anno dopo anno e il ciclismo come lo intendiamo oggi, quello spettacolare legato a un numero incredibile di fuoriclasse lo ha visto nascere e crescere. Lui può trasmettere questa esperienza.

Dunbar è l’uomo di punta per le corse a tappe. Al Giro è 9° a 2’32” dal vertice
Dunbar è l’uomo di punta per le corse a tappe. Al Giro è 9° a 2’32” dal vertice
Allarghiamo un po’ il discorso, Allan arriva in quale momento del team?

Devo dire la verità, per come sono andate le cose nella prima parte dell’anno non posso essere del tutto soddisfatto. Abbiamo ottenuto finora 6 vittorie, molti piazzamenti ma siamo in fondo al ranking Uci e questo non può far piacere. La causa? Se ripercorro questi ultimi mesi, non posso non notare che abbiamo avuto un carico di sfortuna non irrilevante: Matthews ha preso il Covid prima della Sanremo; Dunbar si è infortunato alla mano alla Volta Valenciana rimanendo fuori dalle gare per due mesi; Hamilton ha perso il padre e così via. Non c’è molto da recriminare, ci sono stagioni dove devi superare molti ostacoli e questa è una di quelle.

Il Giro come sta andando?

E’ un po’ lo specchio della stagione: con Matthews abbiamo ottenuto una vittoria importante, ma il Covid ha messo fuori gioco Scotson e un altro corridore ieri è stato male. Siamo un po’ sul chi vive, la corsa la stiamo affrontando bene e con buone prospettive, cambiando anche le tattiche di gara quando serve. Diciamo che sarebbe importante riscuotere un po’ di quel credito con la fortuna di cui si parlava prima…

Il ritiro di Scotson per Covid è una perdita pesante, era l’aiutante di Dunbar in salita
Il ritiro di Scotson per Covid è una perdita pesante, era l’aiutante di Dunbar in salita
Accennavi a Dunbar, del quale si dice un gran bene come interprete delle corse a tappe. Secondo te può essere un leader per i grandi giri?

Lo abbiamo preso dalla Ineos Grenadiers proprio con questa idea, per me ha un grande potenziale ma ha bisogno di fare esperienza, soprattutto in un grande giro da affrontare con la responsabilità di fare classifica. Si sta comportando bene, ma siamo ancora a metà del cammino e tutte le difficoltà maggiori devono ancora arrivare. E’ un ragazzo d’oro con tantissime prospettive, ma non dobbiamo mettergli pressione perché non ha mai corso con una responsabilità così grande addosso. Vedremo come si muoverà nelle tappe che verranno e come ci muoveremo noi di conseguenza.

Pinotti spiega la “partita a scacchi” delle formazioni

09.02.2023
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Nell’era dei punti stilare la formazione per una corsa è come fare una partita a scacchi: era questo il concetto espresso da Brent Copeland, quando gli abbiamo chiesto di commentare il nuovo sistema dei punteggi (in apertura, foto Pete Geyer).

Il team manager della Jayco-AlUla ci aveva detto anche che questa partita a scacchi la giocavano soprattutto Matthew White e Marco Pinotti, tecnici e preparatori del team. Una partita che doveva tener conto di moltissimi fattori: punti, stato di forma, marketing, obiettivi stagionali, desideri dei corridori…

Marco Pinotti (classe 1976) è nel team di Copeland dal 2021
Marco Pinotti (classe 1976) è nel team di Copeland dal 2021

In balia dei punti

A Pinotti chiediamo dunque come si gioca questa partita a scacchi. E se davvero è così complicato stilare una formazione.

«Lo scorso anno – spiega con la consueta chiarezza il tecnico lombardo – il regolamento diceva che portavano punti i primi dieci della squadra e questo da un certo momento dell’anno in poi è stato determinante, ne abbiamo dovuto tenere conto.

«Adesso invece, con il triennio (2023-2025, ndr) che è all’inizio e con il fatto che a portare i punti sono i primi venti corridori, siamo partiti con un metodo più tradizionale: prima gli interessi degli atleti. La scelta è molto meno condizionata dai punti… almeno adesso.

«Quel che dice Brent è vero. La partita a scacchi si gioca comunque, perché ormai le corse contano tutte e devi cercare di garantire un calendario equo a tutti e 30 i corridori in rosa».

Le formazioni non sono più stilate solo in base a percorso e obiettivi…
Le formazioni non sono più stilate solo in base a percorso e obiettivi…

Il regolamento

Il nuovo regolamento dà più peso alle corse a tappe, togliendo qualcosa a quelle di un giorno, specie se non sono WorldTour, cosa che lo scorso anno aveva penalizzato chi era in un grande Giro e aveva privilegiato chi faceva man bassa di punti nelle “corsette”.

«Noi – prosegue Pinotti – storicamente non siamo fortissimi nelle corse di un giorno e fino allo scorso anno c’è stato un netto sbilanciamento verso queste. Adesso possiamo concentrarci di più su quella che è la nostra natura.

«Senza contare che possiamo gestire meglio le corse a tappe. Perché queste sono importanti al fine della preparazione e sono quelle che servono di più all’atleta in quanto si può conoscere meglio».

Tutto cambia dunque, sia perché si è all’inizio del triennio, sia perché i punteggi sono differenti e sia perché portano punti più corridori.

«Lo scorso anno quando si faceva una formazione si diceva: “Andiamo lì a fare punti con questo e quest’altro e di là con questi altri due”. La priorità erano solo e soltanto i punti. Si andava contro natura e non era facile… Adesso possiamo andare alle corse sì, per i punti, ma con la priorità della vittoria».

Filippo Zana ha espresso gradimento nei confronti della Strade Bianche, Pinotti e White cercheranno di accontentarlo
Filippo Zana ha espresso gradimento nei confronti della Strade Bianche, Pinotti e White cercheranno di accontentarlo

Il desiderio dei corridori

Pinotti ha parlato anche di garantire un calendario equo per tutti i corridori e nella partita a scacchi rientra anche la lista di gradimento da parte degli atleti. Diversi team durante i ritiri invernali chiedono ai loro atleti quali corse vogliano fare. E questo è un elemento da tenere molto a mente.

«Noi – spiega Marco – più che una lista vera e propria, nelle riunioni chiediamo quali corse gli piacciono o li ispirano maggiormente e cerchiamo di accontentarli. Un corridore motivato rende di più. Ma anche noi cerchiamo di capire le prove a loro più adatte.

«Per esempio Filippo Zana lo scorso anno è stato 19° alla Strade Bianche. Perse un sacco di tempo nella maxi caduta (quella col salto mortale di Alaphilippe, ndr), fece tutta la corsa in rimonta e si piazzò benino. Ci ha chiesto di rifarla. Proveremo ad inserirlo nella lista di Siena».

«Se Simon Yates vuol fare la Roubaix? Beh, più che accontentarlo cerchiamo di farlo ragionare! In funzione di perché uno come lui, scalatore da corse a tappe, vorrebbe fare quella gara? Se la vuol fare perché al Tour ci sarà una tappa col pavé, allora già è qualcosa. Ma a quel punto lo porto a Le Samyn, che è una piccola Roubaix, ne condivide molti settori… E gli facciamo passare la voglia! Ma una Roubaix fine a se stessa non avrebbe senso per uno delle sue caratteristiche.

«Posso garantire che di solito accade il contrario: i corridori vogliono fare le corse dove vanno bene. E se hanno il desiderio di una gara, di solito ci arrivano motivati e in condizione. Quelle prove sono quelle che li buttano giù dal letto e li fanno allenare anche se c’è brutto tempo».

«Tutti vogliono fare il Tour chiaramente, eppure considerati anche i giovani, la lista per il Giro e la Vuelta è spesso più lunga. Probabilmente gli stessi ragazzi sanno che sono un po’ più accessibili in quanto a ritmi e a reali possibilità di partecipazione. Ma il grande Giro è sempre un bell’incastro. Basti pensare che ci sono 24 posti in tutto (tra Giro, Vuelta e Tour) e qualche corridore ne fa due».

Per la Jayco-AlUla il Down Under era molto importante: schierata per questo una super formazione (foto Instagram)
Per la Jayco-AlUla il Down Under era molto importante: schierata per questo una super formazione (foto Instagram)

Il marketing 

Infine nella famosa partita a scacchi c’è l’aspetto del marketing. Gli sponsor non solo vogliono vincere, ma (forse ancora di più) vogliono visibilità. Aspetto che Copeland ha ribadito…

«In questo caso – dice Pinotti – teniamo conto di due parametri soprattutto. Il primo è: dove si disputa la corsa (e già si fa una selezione delle gare che interessano di più)? Non a caso per noi che siamo un team australiano al Down Under siamo andati con l’artiglieria pesante: Yates, Matthews….

«Il secondo aspetto riguarda la preparazione e in questo caso la seconda attività (che non è WorldTour, ndr). Prendiamo ad esempio il recente il Saudi Tour. Avremmo potuto fare anche un’altra corsa, ma AlUla è un nostro sponsor importante e così ci siamo andati. Per di più ci andava bene anche per aspetti climatici e di percorso. Ma in altri momenti magari se non ci fosse stata AlUla saremmo andati a Besseges.

«La scelta della formazione è molto complessa. Chiaro che il marketing conta, ma prima di tutto dovrebbe esserci sempre una ragione sportiva». 

Con Copeland sui nuovi punteggi. Cosa aspettarci?

22.01.2023
4 min
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Con l’avvio del nuovo triennio 2023-2025 per la classifica delle squadre, l’UCI ha rivisto i punteggi. Avevamo già spiegato le linee direttive di questa “riforma”. Sostanzialmente aumentano i punti assegnati nelle corse a tappe, in particolare nei grandi Giri, e contribuiscono alla causa non solo i primi dieci di ogni squadra, ma i primi venti. Brent Copeland è il team manager della Jayco-AlUla e già lo scorso anno ci spiegò molto bene come dovevano organizzarsi i team per cercare di restare nelle prime 18 posizioni, quelle che garantiscono la permanenza nel WorldTour.

Pertanto torniamo a fare il punto con lui per capire quali sono gli effetti reali e concreti di questo nuovo punteggio. Di come si possano fare le formazioni, del modo di correre…

Brent Copeland è il team manager della Jayco-AlUla
Brent Copeland è il team manager della Jayco-AlUla
Brent, nuovi punteggi. Cosa ne pensi?

Noi dobbiamo accettare quello che decide l’UCI e seguire le regole. Da parte nostra dobbiamo impostare i programmi di gara secondo queste regole. Qualcosa va a nostro favore, qualcosa meno. Il nostro responsabile della performance Matthew White e Marco Pinotti stanno stilando un programma affinché si possano portare a casa più punti possibile.

Quanto hanno inciso le squadre in queste nuove regole?

Abbastanza. Il problema più grosso sono stati i tempi. L’UCI ha comunicato tardi i nuovi punteggi quando le squadre avevano di fatto già fatto le loro rose. Per questo dico che è importante stilare bene il programma di gare.

Per Copeland, le nuove regole incideranno anche sulla scelta delle formazioni da schierare
Per Copeland, le nuove regole incideranno anche sulla scelta delle formazioni da schierare
Uno dei passaggi chiave di questi nuovi punteggi è che le corse a tappe e i grandi Giri soprattutto assumono maggior peso. E’ giusto?

Sì, è un po’ meglio. Si dà più peso ai grandi Giri e soprattutto alle vittorie di tappa nei grandi Giri, ma allo stesso tempo non si va a ledere troppo le altre corse meno importanti. Fare una rivoluzione non era facile, neanche per l’UCI.

Altra regola clou: portano punti non più i primi dieci corridori di una squadra, ma i primi 20. Cosa cambia?

Per me incide soprattutto per le squadre più piccole. In questo modo, facendo gare più minori, hanno la possibilità di raccogliere più punti in queste competizioni. I corridori che in teoria prima non erano coinvolti nel “progetto di raccolta punti”, adesso lo sono. E quindi un corridore che prima era il 15°, anche se portava pochi punti, adesso conta.

Quindi avere una rosa più forte è più importante?

E’ sempre importante avere un grande gruppo. Perché comunque non ci sono solo i punti. Quando prima ho detto che White e Pinotti si siedono al tavolo per fare le formazioni intendevo anche questo. Diventa quasi una partita a scacchi per decidere bene “chi mandare dove”.

Marmolada 2022: i big si mossero solo negli ultimissimi chilometri. Alcuni corridori pensavano a mantenere i posti per i punti e non puntavano al successo
Marmolada 2022: i big si mossero solo nel finale. Alcuni corridori pensavano a mantenere i posti per i punti e non puntavano al successo
Prima hai parlato di tempi stretti, queste regole incideranno sul prossimo ciclomercato?

Incideranno, ma fino ad un certo punto. Incide più il programma di gare. Magari un corridore di una certa importanza, invece di correre in appoggio ad un leader, lo si manda a gareggiare in una corsa più piccola per fare punti. E così il leader rischia di avere meno uomini importanti al suo fianco… Non è facile. Perché okay i punti, ma noi dobbiamo rispondere anche ai nostri sponsor che si aspettano i grandi risultati nelle corse più grandi che danno più visibilità e che hanno più appeal. Allo stesso tempo però dobbiamo pensare a restare nei primi 18 team in classifica.

Spesso è emersa la polemica che i punti cambiano il modo di correre, che ci si accontenta del piazzamento a discapito della vittoria a tutti i costi. Un esempio la tappa della Marmolada al Giro 2022. Ti aspetti che cambierà il modo di correre?

Sì, soprattutto nelle corse più importanti, immagino. Ma più che altro perché come ho detto alcuni corridori bravi anziché correre in appoggio del leader, e quindi poter impostare un certo tipo di corsa, magari saranno impegnati in altre gare. Dei sette compagni, magari il capitano si ritrova senza due pedine importanti e chiaramente cambia il risultato nelle corse di più alto livello.

Destinazione AlUla: il ciclismo apre le porte al turismo

04.01.2023
8 min
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Per la prima volta da quando è nata e fatto salvo l’abbinamento tecnico con Scott dal 2017 al 2020, la squadra riconducibile al gruppo GreenEdge Cycling viene affiancata da un marchio non australiano: AlUla. Finora li avevamo conosciuti come Orica-GreenEdge, poi Mitchelton-Scott, quindi Bike Exchange. Per i prossimi tre anni la squadra guidata da Brent Copeland si chiamerà Jayco-AlUla. Ed è proprio il team manager sudafricano a spiegarci l’abbinamento e la sua origine.

Al-‘Ula è una città della regione di Medina nel Nord-Ovest dell’Arabia Saudita. Si trova sulla Via dell’Incenso, all’interno del Governatorato di ‘Ula: uno dei sette nella regione di Medina.

«AlUla è anche la regione – dice Copeland – in cui nel 2022 abbiamo corso le cinque tappe del Saudi Tour. E’ una regione molto bella e particolare. Ci hanno trovato tombe di 2000 anni fa, non so se ricordate le immagini della corsa (foto Getty Images, in apertura). E’ un’area con montagne molto particolari in cui hanno creato un distretto turistico che si chiama Luxury Destination. Sono tutti hotel 5 stelle, 5 stelle deluxe, che richiamano una clientela di altissimo profilo».

In che modo lo sport può funzionare da traino?

Credono nello sport e anche nel ciclismo. Al Tour de France 2021 hanno fatto una prova con noi, mettendo il nome sulla spalla, e hanno visto che in 18 mesi la visibilità e il ritorno sono stati molto alti rispetto ad altri investimenti che fanno abitualmente

Ad esempio?

Investono molto sui concerti. Bocelli è stato già per due volte lì a cantare. Però hanno visto che il ciclismo, soprattutto quello internazionale che fa il giro del mondo, dà tanta visibilità per il turismo. Poi c’è da dire che chi va in bici adesso e può permettersi bici da 15.000 euro è anche il tipo di cliente che sceglie determinati hotel.

Per questo hanno deciso di aumentare l’impegno?

Adesso hanno uno spazio importante sulla maglia, non è più solo una spalla. L’accordo del Tour è durato 18 mesi, ma durante quest’anno abbiamo iniziato a parlare, proponendo di fare un progetto più ampio. Di non fare solo una sponsorizzazione, ma della possibilità di parlare con la Federazione.

Con quale obiettivo?

Vedere se c’è qualche corridore di laggiù che possiamo mettere alla prova, portarlo in ritiro. Proviamo ad aprire le porte ai loro atleti e l’idea gli è piaciuta molto. E poi, approfondendo il discorso, hanno visto il tipo di ritorno possibile e hanno accettato la nostra proposta.

Ci sono atleti con cui lavorare?

Qualcuno sì, non sono tantissimi però stanno cercando di fare sempre di più, anche a livello sportivo. Stanno cercando di promuovere il ciclismo, la corsa a piedi e ovviamente il calcio. Ma il ciclismo piace, ho visto che hanno fatto un accordo anche con Movistar appunto per questo… 

Gerry Ryan che finora ha pagato tutto di tasca sua si sarà sentito sollevato?

In passato, c’era stato Orica, che era un’azienda australiana. Poi sponsor tipo Scott e Giant che non erano suoi. Però lui ha sempre coperto con le sue aziende l’80 per cento del budget. E’ molto presente e importante per la squadra.

Avete già portato qualche corridore in ritiro con voi?

No, ne faremo uno dopo il Saudi Tour. Rimaniamo lì un paio di giorni, facciamo una presentazione con Laura Martinelli per quanto riguarda l’alimentazione. Facciamo una riunione con gli allenatori. Sarà un ritiro strutturato così ogni giorno, in cui sarà inclusa anche una pedalata.

In questi hotel di super lusso c’è spazio anche per il cicloturismo?

Certo. Hanno già fatto percorsi molto belli. Tra l’altro ne hanno fatto uno tutto in mezzo alle coltivazioni dei datteri e stanno aumentando il numero delle ciclabili. Andare in bici ad AlUla è bellissimo in questo periodo, mentre in estate è praticamente impossibile. Durante l’inverno è perfetto, l’anno scorso avevano pochi alberghi completati. Per quest’anno al Saudi Tour, ho sentito che riescono a mettere tutte le squadre nei loro hotel. In un anno hanno fatto cose spaziali.

Ad esempio?

Hanno costruito un aeroporto in meno di due anni e hanno già iniziato con voli diretti per l’Europa e altri Paesi. Hanno 6-7 voli al giorno. E alla fine guardando le statistiche, sono pieni di turisti italiani e anche svizzeri. L’anno scorso lungo il lago di Lugano c’era una mostra fotografica dedicata ad AlUla di cui non sapevamo niente.

In quelle zone si sta investendo molto nel ciclismo, da UAE Emirates a Bahrain: c’è un po’ di emulazione?

Non fanno mai confronti con chi c’è già, però anche io ho questa sensazione. Stanno investendo in vari sport. Sostengono Manchester City e Paris Saint Germain. Anche il Qatar si muove in questa direzione. E parallelamente si stanno muovendo anche con le federazioni per introdurre i vari sport. Sono nazioni che stanno portando gli sport di base nelle scuole e questo sia per un fatto di sport sia anche per questioni benessere.

L’ultima tappa del Saudi Tour 2022 è stata vinta da Dylan Groenewegen (foto Getty Images)
L’ultima tappa del Saudi Tour 2022 è stata vinta da Dylan Groenewegen (foto Getty Images)
Il Saudi Tour dello scorso anno aveva anche una tappa di salita…

Ci sarà anche quest’anno: una salita di 5 chilometri se non mi ricordo male, davvero dura. Ma a parte quello, c’è un altro strappo e tutto il resto è pianura. Come percorsi non è il massimo per andare in ritiro, come meteo sì. Ma se parliamo di turisti, prendi una e-bike o una mountain bike e te ne vai in giro a guardare le tombe. Sono bellissime, una roba pazzesca da vedere. Prima di andare, mi chiedevo come fosse. Ero un po’ scettico, cosa vuoi trovare in mezzo al deserto? Invece sono rimasto impressionato dal posto.

C’è qualcuno nel board di Luxury Destination che conosca il ciclismo?

C’è un americano, Philip Jones che arriva da Dallas. E’ già venuto al Giro e anche al Tour de France. E adesso verrà al Tour Down Under, dove faremo una presentazione. E’ giusto che si parta da Adelaide, manchiamo da due anni…

De Marchi trova squadra, cattivi pensieri alle spalle

04.11.2022
5 min
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Il rumore della pioggia sul parabrezza è scrosciante, anche se De Marchi ridendo fa notare che all’orizzonte si intravede l’arcobaleno. Deve essere un presagio, annotiamo e lui sorride. Da casa a Varese, dove c’è il magazzino della Bike Exchange-Jayco, c’è un bel pezzo di strada che sa di conquista. Alessandro si è messo in auto di buon mattino per andare a prendersi la bici che lo accompagnerà per tutto l’inverno. La firma del contratto è cosa fatta, quell’arcobaleno non è per caso.

Questo su De Marchi che trova squadra a fine ottobre è uno di quei pezzi che si tengono nel cassetto in attesa che le cose diventino ufficiali. E le cose in questo caso hanno avuto un’accelerazione fulminea il 20 ottobre, quando la squadra australiana ha formalizzato l’offerta, strappando il Rosso di Buja dalla china di pessimismo lungo cui s’era avviato.

Settimo al mondiale gravel, De Marchi ha chiuso il 2022 in Veneto, con la caduta alla Veneto Classic
Settimo al mondiale gravel, De Marchi ha chiuso il 2022 in Veneto, con la caduta alla Veneto Classic

Tre costole rotte

Fino al giorno prima, infatti, Alessandro infatti lottava con le tre costole rotte alla Veneto Classic, che gli impedivano di dormire e andare in bici nell’insolita primavera esplosa per tutto il Friuli.

«Sono stato a lungo in attesa – diceva – fra mille incastri. Situazioni che potrebbero concretizzarsi. Quando perdi il primo giro del mercato, va così. La gente forse si ferma davanti all’età? Sarà pur vero, ma l’anno scorso di questi tempi vincevo la Tre Valli Varesine. Non ero pronto a vivere questa situazione, perché avrò pure 36 anni, ma penso che nel giusto ambiente potrei ancora fare le mie cosette».

E alla fine proprio i tuoi 36 anni sono diventati un valore aggiunto…

E’ l’argomento che hanno usato, anche per spiegare il fatto che siano venuti a cercarmi così tardi. Brent (Copeland, manager del team, ndr) mi ha dato un’interpretazione molto interessante. Per il 2023 hanno inserito parecchi giovani, tra neopro’ e nuova gente. Mi pare 7-8 ragazzi sotto i 23 anni e hanno bisogno di un innesto un po’ più vecchietto e per questo hanno visto in me una buona figura. In particolare mi hanno anticipato il progetto del Giro, nel senso che probabilmente vorrebbero mandare un gruppo relativamente giovane, portando me come… chioccia.

In cima alla salita di San Luca, De Marchi ha chiuso il Giro dell’Emilia al 27° posto
In cima alla salita di San Luca, De Marchi ha chiuso il Giro dell’Emilia al 27° posto
Un bel ruolo, no?

La prima cosa cui ho pensato è che riprendo a fare quello che facevo con i ragazzi del Cycling Team Friuli, anche se ultimamente ci siamo visti un po’ meno. Quest’anno è stato particolare e non li ho seguiti tanto sulla bici. Però l’ho fatto in passato ed era una cosa che mi piaceva un sacco, mi dava soddisfazione. E poterlo fare perché la squadra che ti prende te lo chiede esplicitamente, è proprio una bella cosa.

Il pessimismo è alle spalle?

Sono davvero caduto in piedi. Tra tutte quante, questa era la situazione migliore. Mi avevano cercato già prima della Israel, sono davvero contento. Con Brent mi ero visto durante l’estate, io l’avevo approcciato un attimo e lui è stato molto onesto e chiaro fin da subito, rivelandosi poi di parola. Mi disse che sarebbe venuto a cercarmi, qualora avesse avuto bisogno. Era agosto e ora mi sembra di poter dire che avrò a che fare con delle buone persone.

La fiammella c’è sempre stata oppure ormai si stava spegnendo?

La lucina c’era, però ammetto che a un certo punto era diventata abbastanza piccolina. Avevo iniziato a pensare anche a come potesse essere la vita senza la bici? Perché insomma, alla fine devi essere anche un po’ pratico. Le bollette da pagare ce le hai, quindi dovevo pensare a cosa fare. Chiudere così mi sarebbe davvero scocciato.

Dopo la Vuelta, De Marchi ha corso a Peccioli, lanciando il finale di stagione
Dopo la Vuelta, De Marchi ha corso a Peccioli, lanciando il finale di stagione
E’ stato bravo il tuo procuratore Scimone oppure avevi seminato bene?

Raimondo è stato importante e forse decisivo, perché in un certo periodo ero abbastanza sfiduciato dal fatto di non ricevere offerte. Pensavo: “Ho fatto tanto, ho dato tanto, l’anno scorso erano tutti contenti di vedermi in maglia rosa e adesso non trovo un contratto?”. E lì Raimondo è stato quello che ogni tanto mi faceva rinsavire. Due sberloni e mi ha tenuto a bada. Però indubbiamente, quando ti vengono a chiamare parlando di esperienza, il fatto di aver seminato qualcosa è evidente.

Come ti ponevi davanti al De Marchi demotivato delle ultime settimane?

Ammetto che tutta la stagione, specialmente la parte finale, è stata abbastanza dura. Se mi guardo indietro, non mi riconosco perché ho subito il colpo. Ancora una volta, venivo da un 2021 super, ero pronto a darci dentro, invece la primavera che ho passato mi ha distrutto piano piano. Mi ha lasciato mentalmente un po’ indebolito al momento di preparare la seconda parte di stagione. Alla Vuelta ho iniziato a pedalare, poi c’è stata la caduta. E su tutto, c’era ovviamente questa cosa del contratto che si è sommata e non ha assolutamente aiutato.

E finalmente adesso potrai dedicarti nuovamente bene alle crono: Pinotti ti starà già aspettando…

Questa è stata forse la prima cosa che ho pensato, avendo visto il percorso del Giro. So che Marco è lì che mi aspetta e onestamente non vedo l’ora.

De Marchi in maglia rosa è ora anche l’immagine di una campagna Enel
De Marchi in maglia rosa è ora anche l’immagine di una campagna Enel
Che effetto ha fatto retrocedere fra le professional?

Ci sono dei momenti in cui è stata vissuta, specialmente all’inizio, come una cosa ancora recuperabile e non così grave. Nella fase finale, quando era chiaro che non saremmo riusciti a recuperare, si è cominciato ad attaccare il sistema e dire che non fosse giusto. Ma credo che sia stato tutto la conseguenza dei due anni precedenti.

A casa come l’hanno presa? Tua moglie Anna si era un po’ intristita pure lei, oppure aveva più fiducia di te?

Anna ci credeva più di me. Ogni tanto anche lei mi diceva di smetterla di piangermi addosso. Qualche schiaffone l’ho preso anche in casa, insomma. Perciò adesso vado a conoscere le persone con cui lavorerò e inizio un inverno normale. Ne avevo proprio bisogno.

Copeland si tiene Matthews e Yates. E c’è Zana in arrivo

30.07.2022
6 min
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La vittoria di Matthews a Mende su Bettiol, le ultime di Yates in Spagna e il prolungamento della sponsorizzazione per altri tre anni hanno portato al Team Bike Exchange-Jayco una folata di buon umore. Brent Copeland, che guida la squadra da due anni, ragiona e spiega, al termine di un Tour positivo e in vista del rush finale. La sola nota dolente al momento è quel 18° posto nel ranking UCI che un po’ preoccupa e un po’ è di stimolo.

«E’ stato un Tour molto positivo – dice il manager sudafricano – con vittorie da parte di uomini in cui crediamo molto. Su Matthews abbiamo investito molto due anni fa, quando lo aiutammo a pagare la clausola rescissoria con la Sunweb. Non ha portato tantissime vittorie, ma tanti piazzamenti importanti. La sua sfortuna è di avere caratteristiche simili prima a Sagan e ora a Van der Poel e Van Aert, per cui sembra che debba correre per il secondo posto, ma non è davvero così».

Brent Copeland è diventato team manager del team australiano a fine 2020
Brent Copeland è diventato team manager del team australiano a fine 2020
Siete passati dall’avere uno sponsor pronto a sfilarsi, al rilancio per altre tre stagioni…

C’entra sempre Matthews. Gerry Ryan (titolare delle aziende che supportano il team, ndr) ha preso la decisione di prolungare per altri tre anni perché Michael possa concludere con noi la sua carriera. E poi adesso in Australia c’è la… febbre per i mondiali. Quelli di Wollongong non saranno una corsa per velocisti, ma gli si adattano davvero bene. Nella tappa che ha vinto al Tour, c’era tanta salita. Ci saranno anche altri favoriti, ma confidiamo che Matthews sarà il leader della nazionale. E poi ogni tanto ci penso che l’ultima volta che si è fatto un mondiale laggiù (Geelong 2010, ndr), lui ha vinto fra gli under 23.

Uno sponsor così sembra innanzitutto un appassionato.

C’è stata la fase in cui ha capito che ci fosse la possibilità di mollare, ma proprio in quel momento ha capito quanto fosse innamorato di questa squadra. Gli è tornata voglia alla grande. E’ venuto al Giro per 10 giorni. E’ stato a Copenhagen per la partenza del Tour e a Parigi avevamo 60 ospiti. Si vede che gode il momento della squadra. Il Covid è stato pesante, non poter uscire dall’Australia non è stato semplice. La vittoria di Yates nella crono di Budapest è stata una grande gioia. E quella sera ha detto che resta per i corridori e per il personale, perché è bello vedere un gruppo lavorare così. Non capita spesso di sentire certe cose da un capo.

Groenewegen ha vinto a Sonderborg ed è stato secondo a Parigi
Groenewegen ha vinto a Sonderborg ed è stato secondo a Parigi
Magari se a Parigi, Groenewegen avesse vinto…

Magari, davvero! Però Gerry è un uomo di sport, conosce le storie degli atleti. Possiede la più forte squadra di rugby, investe in altre realtà. E ha capito perfettamente, vedendo l’ordine di arrivo, quanto sacrificio e quanto impegno siano serviti per fare quel secondo posto. Per questo alla fine era contento lo stesso.

E’ vero che per lui il team femminile vale quanto quello maschile?

Direi di più, ma non mi azzardo (sorride, ndr). La storia di Gerry nel ciclismo inizia grazie alle donne. Nel 1992, c’era Kathy Watts che doveva andare alle Olimpiadi di Barcellona, ma non aveva fondi. Così chiese a Jayco, l’azienda di caravan e camper di cui Gerry è titolare. Lui la supportò e lei tornò con l’oro nella prova su strada e un argento in pista: un investimento ben fatto. Così è entrato nel ciclismo femminile. Poi ha supportato la Federazione australiana spingendo sulle donne e con Shayne Bannan fece partire il team. Presero Annemiek Van Vleuten, che vinse tutto. E’ importante il team femminile, non perché serva averlo, ma perché ci crediamo tanto.

Gerry Ryan è nel ciclismo dal 1992. Ha rilanciato con altri 3 anni di sponsorizzazione
Gerry Ryan è nel ciclismo dal 1992. Ha rilanciato con altri 3 anni di sponsorizzazione
E poi è arrivata Giant, come vanno le cose?

Lunedì a Parigi, dopo la fine del Tour, abbiamo fatto una riunione con il responsabile dell’azienda e abbiamo avuto indicazioni molto positive. Loro sono pazzeschi, i corridori sono contenti. Si può lavorare molto bene.

Secondo anno della tua gestione: la squadra ti somiglia?

Ho cercato di cambiare il modo di lavorare e le cose stanno funzionando. Me lo ha chiesto il capo quando sono stato contattato. L’anno scorso siamo stati ancora frenati dal Covid e dal fatto che i ragazzi non siano potuti tornare a casa. I risultati di quest’anno sono il vero risultato del nostro lavoro.

La rincorsa di Yates alla Vuelta è iniziata a Ordizia. Anche per lui rinnovo di contratto
La rincorsa di Yates alla Vuelta è iniziata a Ordizia. Anche per lui rinnovo di contratto
Il rinnovo di Yates fa pensare che per i grandi Giri continuerete a puntare su di lui?

Non ci sono tantissimi corridori di qualità sul mercato, quelli buoni hanno tutti contratti molto lunghi, almeno 4-6 anni. Per questo la nostra regola è investire su quello che abbiamo e correre come possiamo. Fare classifica al Tour non era proponibile e allora abbiamo corso puntando alle tappe. E comunque abbiamo ancora tanta fiducia in Simon, che farà una bellissima Vuelta ed è già stato sul podio del Giro. Vedremo che programma farà l’anno prossimo.

Fra gli arrivi, c’è anche il campione italiano, preso ben prima che lo diventasse…

Zana è un corridore che seguivamo da un po’. Cercavamo uno scalatore da far crescere con noi per dare prima supporto ai leader e poi per concedergli il suo spazio. Pinotti lo ha sempre apprezzato molto e certo adesso che ha vinto il campionato italiano avrà anche qualche opportunità in più. Ha fatto il Giro, meno bene di come ci si potesse aspettare, ma lo ha concluso. Poi ha vinto la Adriatica Ionica Race e ha tenuto la condizione fino all’italiano. Vuol dire che il motore è importante.

Sul podio di Alberobello, Zana ha brindato alla maglia tricolore
Sul podio di Alberobello, Zana ha brindato alla maglia tricolore
Hai parlato di Pinotti, che idea ti sei fatto di Marco?

E’ un assett importantissimo della nostra squadra. E’ un piacere lavorare con lui. E’ un uomo sincero, dice le cose come le pensa ed è molto preparato. Con lui Sobrero ha fatto un bel salto di qualità. Matteo ha dei margini importanti e può crescere. Speravamo potesse fare classifica alla Tirreno e corse simili, non certo al Giro. Adesso va al Polonia, sono curioso di vederlo all’opera. Non serve mettergli pressione, ma ha dei numeri importanti e in altura ha lavorato bene.

Insomma, momento positivo, con il solo neo del ranking?

E’ un peccato. Veniamo da anni difficili e il ranking fa la media delle ultime tre stagioni, per cui paghiamo il 2020 del Covid e il ritiro di Yates dal Giro. Ma non è la nostra posizione, stiamo lavorando bene e sono certo che il Tour si rivelerà un punto di partenza. Un po’ di preoccupazione c’è stata all’inizio, soprattutto da parte dei direttori sportivi. Ma gli ho detto di non cambiare modo di correre per fare punti. Continuiamo a puntare ai nostri obiettivi e i risultati certamente verranno.

Punti, gare e modo di correre che cambia. Parola a Copeland

11.06.2022
5 min
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Della classifica a squadre, della questione dei punti e delle retrocessioni avevamo parlato questo d’inverno. Adesso che ci si avvia alla fine del triennio, la questione si fa più ingarbugliata e della riforma entrata in vigore nel 2019 emergono tutti i limiti. Il discorso è complesso e lo affrontiamo con Brent Copeland (nella foto di apertura con Groenewegen, ndr), team manager della BikeExchange-Jayco, e tra i più esperti.

Prima però, ricordiamo brevemente cosa prevede questa riforma.

Nel 2019 l’UCI introduce il ranking per i team. I primi 18 della classifica restano nel WorldTour, gli altri retrocedono a professional. La classifica è stilata in base alla somma dei punteggi dei migliori dieci atleti per team, per ogni singola stagione (1 gennaio – 31 dicembre).

La classifica a fine maggio. L’ultima ad assicurarsi una licenza WT per il 2023 sarebbe l’Education First-Easy Post
La classifica a fine maggio. L’ultima ad assicurarsi una licenza WT per il 2023 sarebbe l’Education First-Easy Post
Brent, ora che il tempo stringe ci si è resi conto che chi ha preso parte al Giro d’Italia (corsa WT) e ha persino vinto tappe, come il vostro Simon Yates per esempio, ha ottenuto meno punti di chi ha vinto corse di un giorno di categoria “.pro” o addirittura 1.1. C’è qualcosa che non va?

Queste sono le regole che l’UCI ha applicato nel 2019 e se non andavano bene dovevamo dirlo prima. Ora c’è un leggero panico perché qualcuno potrebbe retrocedere e questo sta portando ad un nuovo modo di correre per andare a caccia dei punti. Quello che per me è sbagliato è stato mantenere il ranking durante la pandemia.

Cosa intendi?

Dei punti possiamo parlarne fino a domattina. C’è chi sostiene che una corsa di un giorno, benché piccola, valga più di una tappa in un grande Giro e chi invece dice di no: ognuno ha la sua opinione. Ma attuare questo sistema durante la pandemia è stato scorretto. Molte corse sono saltate, molti corridori sono stati male. Prendiamo il nostro caso: siamo un team australiano, abbiamo sponsor australiani e interessi a correre laggiù. Con l’annullamento del Tour Down Under e delle altre corse, abbiamo perso una grossa fetta di punti. E la stessa cosa al Giro d’Italia del 2020. Avevamo un super Simon Yates, ma poi tre, quattro persone dello staff hanno preso il Covid e abbiamo dovuto fermare la squadra, perdendo tanti altri punti. Va da sé che in una situazione così non puoi tenere fede ad un ranking.

E anche la questione dei punti è da rivedere: 100 per una tappa del Giro, 150 per una corsa singola “.pro”…

Yates che vince la tappa più spettacolare e dura del Giro, quella di Torino, porta a casa 100 punti UCI. Nello stesso giorno il nostro Groenewegen vince una corsa 1.1 in Olanda, tutta piatta, e ne porta a casa 125: per me non ha senso. Ma questo è un altro discorso. Ripeto, potevamo pensarci prima.

“Potevamo pensarci prima”, ma qualcuno ci ha anche detto che il regolamento non era chiarissimo. E che si pensava che la classifica fosse rivolta alle sole WorldTour e non che ci fosse una graduatoria comune con le professional…

No, questo è stato chiaro subito. Semmai c’è stata un po’ di confusione su come venissero assegnati i punteggi. La regola poteva essere interpretata in più modi. Noi, come molti altri, credevamo inizialmente che tutti i corridori portassero punti. E non solo i primi dieci. Questo cambia tutto, cambia anche il modo di correre.

Con l’annullamento del Tour Down Under, la squadra di Copeland ha perso (potenzialmente) molti punti
Con l’annullamento del Tour Down Under, la squadra di Copeland ha perso (potenzialmente) molti punti
Cioè?

Faccio un esempio. La settimana scorsa eravamo a fare una corsa in Belgio. Davanti c’era una fuga di una decina di corridori. Avevano un minuto e si poteva chiudere. Noi dietro ne avevamo quattro, due dei quali potevano vincere. Ma visto chi c’era davanti, ci siamo fatti i conti e abbiamo preferito lasciare andare la fuga piuttosto che rischiare, favorendo altri più pericolosi in gruppo. Quelli che erano davanti non erano dei rivali diretti per la nostra classifica. E questo modo di correre chiaramente è negativo.

Decisamente…

E non va bene neanche per i giovani. Loro, che rischiano di non essere nei primi dieci del proprio team, è meglio che restino in gruppo a non fare niente o a tirare in caso di necessità. Chi ha ideato questa riforma non ha pensato a queste conseguenze.

Sull’arrivo della Marmolada si vociferava che la corsa fosse così addormentata anche perché i team cercavano di correre non tanto per la vittoria, ma per i punteggi…

Può essere così, certo. L’importante però è che il pubblico conosca certe dinamiche. Altrimenti, giustamente, critica l’assenza di spettacolo. Come tranquillamente potevano criticare noi quel giorno, dato che avevamo quattro corridori pronti a vincere e non lo abbiamo fatto. Nel calcio è più semplice far capire il concetto di retrocessione. Si gioca: si vince, si perde o si pareggia e in base a questo si fanno dei punti.

Yates vince la spettacolare (e dura) tappa di Torino: che porta al team “solo” 100 punti UCI
Yates vince la spettacolare (e dura) tappa di Torino: che porta al team “solo” 100 punti UCI
Non è così nel nostro mondo…

Nel ciclismo ci sono molte più variabili. Il pubblico è il nostro asset maggiore, noi corriamo per fare spettacolo, ma se certe cose non le capiamo noi stessi, come possiamo pretendere che le capiscano i tifosi? A mio avviso questa riforma ha portato più negatività che positività. E questo vale non solo per noi della BikeExchange, che tra l’altro siamo a rischio moderato, ma al ciclismo intero.

E così facendo, il Giro d’Italia, durante il quale ci sono state molte gare, è a rischio. Sempre più corridori importanti non verranno, perché dirottati su corse che danno più punti Uci?

Ma non solo il Giro, tutte le corse a tappe. Non faccio nomi per rispetto degli organizzatori, ma noi abbiamo appena rinunciato a due (buone) corse a tappe, per andare a fare gare di un giorno. C’è un corridore di un altro team che non era al Giro, il quale a maggio ha raccolto più punti di chi è salito sul podio finale della corsa rosa. Il Giro, il Tour, la Vuelta, il Giro di Svizzerasono le gare che hanno fatto la storia del ciclismo. E noi magari ci ritroviamo a disputare corse dove non c’è neanche la diretta tv perché assegnano più punti. Vaglielo a spiegare agli sponsor…

Brent, voi team state lavorando ad un tavolo di discussione con l’UCI?

Certo, ma per il futuro. Questo triennio ormai è andato. Da una parte capisco anche l’UCI, che ha ideato la riforma tre anni fa e fino ad ora nessuno aveva parlato. Non so quando, ma ci riuniremo. Stiamo parlando per rendere il tutto più semplice e chiaro: i grandi corridori e le squadre non possono rinunciare alle corse che hanno fatto la storia del ciclismo.