Fra passato e futuro, il Nibali 2022 secondo Vanotti

16.02.2022
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A chiudere gli occhi e ricordare il primo Nibali in Astana, viene in mente lui, scortato da Alessandro Vanotti e Michele Scarponi. Oggi che Vincenzo è tornato alla corte di Vinokourov quei due ci sono ancora: Michele, lo osserva da una dimensione superiore, Alessandro rimanendo in contatto costante e ricoprendo il ruolo che ha sempre svolto: tenere alto il morale del suo capitano.

Incontriamo Alessandro Vanotti in un bar del centro di Brembate Sopra – paese in provincia di Bergamo dove oggi abita – nel giorno di San Valentino e scopriamo un uomo fortemente innamorato del ciclismo, anzi della bicicletta.

Alessandro, cosa potrà fare Nibali quest’anno?

Vincenzo non deve snaturarsi. Credo che debba continuare a puntare a fare bene nei grandi Giri, nelle brevi corse a tappe e nelle classiche dove ha dimostrato di saper andare forte: Lombardia, Sanremo, Liegi. E poi deve avere un programma certo, condiviso con la squadra, che sia rispettato fino alla fine: ha bisogno di programmazione.

Pensi potrà puntare a fare classifica al Giro o al Tour?

Dipenderà dalla condizione con la quale arriverà a ridosso dei grandi eventi e a quel punto lui e la squadra dovranno essere bravi a ragionare. Si potrebbe pensare di partire senza grandi aspettative per poi ritrovarsi a metà corsa in lizza per la classifica. Oppure lasciar perdere, risparmiare energie per investirle al grande Giro successivo.

Nel magico 2014, accanto a Vanotti anche l’allegria, la testa e le gambe di Michele Scarponi
Nel magico 2014, accanto a Vanotti anche l’allegria, la testa e le gambe di Michele Scarponi
Si era parlato di togliersi qualche sfizio, tipo correre la Roubaix…

Non scherziamo: con quali aspettative? Io penso che Vincenzo una corsa come la Roubaix possa correrla l’anno in cui deciderà di smettere. Farlo adesso, come fece Wiggins a suo tempo, sarebbe solo un grande rischio.

Lo vedi ancora nelle vesti di capitano o ormai il suo ruolo è di insegnare ai giovani compagni?

Nibali è un capitano! Può ancora vincere tappe importanti e togliersi soddisfazioni. E’ chiaro però che avere lui in squadra è come avere Ibrahimovic nello spogliatoio, può insegnare tantissimo ai giovani, può trasmettere insegnamenti tecnici e mentali che derivano dalla sua esperienza, sia in gara che nei ritiri.

Si capisce che Astana è una famiglia per come si è trattati durante le visite in Kazakhstan
Si capisce che Astana è una famiglia per come si è trattati durante le visite in Kazakhstan
Il suo ritorno in Astana, cosa significa?

Che aveva bisogno di ritrovare un ambiente famigliare. Ha fatto bene a fare le esperienze che ha fatto, ma l’ambiente solido che si crea in quel team è unico. Mi ricordo quando andavamo in Kazakhstan per la presentazione. In quel momento capisci quanto ci tengano, ti sembra quasi di correre per la maglia della nazionale, sei portato naturalmente a dare tutto.

Chi sarà l’uomo chiave?

Michele Pallini, sicuramente. E’ quello che lo conosce da più tempo e il suo ruolo di massaggiatore è cruciale, non solo per l’aspetto fisico, ma anche mentale. Toccandogli la gamba capisce subito se c’è qualcosa che non va.

Vanotti non concluse il Giro 2013 per la frattura di un braccio, ma seguì la squadra sino in fondo
Vanotti non concluse il Giro 2013 per la frattura di un braccio, ma seguì la squadra sino in fondo
Dietro al suo ritorno c’è la volontà di Martinelli. Cosa ci puoi dire di lui che ancora non sappiamo?

E’ il Nibali dei direttori sportivi. Quello che ancora oggi, se gli telefoni perché hai bisogno, viene a casa tua, ti ascolta e ti parla. Martinelli è quel direttore sportivo che quando arriva in ritiro lo senti, ti dà sicurezza.

Vi sentite ancora molto con Vincenzo, come sta in questa primissima parte di stagione?

Sereno. E tranquillo. Maturo, equilibrato, sta sfruttando le conoscenze che ha acquisito in tutti questi anni da professionista.

Quando vi sentite, gli dai ancora qualche consiglio?

Quando ci sentiamo non parliamo mai di ciclismo. Ridiamo e scherziamo, facciamo battute, serve per stemperare la tensione. Prima del Covid ci vedevamo molto più spesso e allora, uscendo in bicicletta insieme, mi capitava ancora di sentirmi il suo gregario e gli davo qualche parere. Dopo tanti anni insieme, capisco dalla sua pedalata se sta bene o no. Ricordo quando vinse la Sanremo: dalla tv lo vidi sulla Cipressa e dissi che avrebbe vinto.

Quando scenderà dalla bicicletta, lo vedi direttore sportivo?

No, lo vedo meglio come manager di una grande squadra. Uno capace di trascinare i giovani e attirare sponsor. E’ ancora l’italiano più conosciuto, ha vinto tutto. E’ una figura che serve, come Tosatto, come Bennati. Non pensiamo che oggi i preparatori contino più dei corridori, che i numeri servano più dell’esperienza.