BOULOGNE SUR MER (Francia) – Mentre Mathieu Van der Poel tagliava per primo la linea del traguardo, l’urlo più forte che si è sentito in tutta la città è stato quello di Roxane Beterls, la compagna di VdP. Un urlo acuto, tipico da donna.
E’ così che si chiude l’astinenza di Van der Poel al Tour de France, che durava dal 2021: un’eternità per un vincente come lui. Anche in quell’occasione, a Lachen conquistò la frazione e prese la maglia. Il campione della Alpecin-Deceuninck vince come in una classica, solo che stavolta i rivali non sono Pedersen o Van Aert, ma Pogacar (quello c’è sempre), Vingegaard, Remco…
Philipsen e la Alpecin
E a proposito di Alpecin-Deceuninck, l’inizio della squadra dei fratelli Roodhooft è a dir poco perfetto: due tappe, due vittorie, due maglie gialle con i due corridori più rappresentativi. Loro sono formidabili a puntare ai singoli obiettivi. E ancora una volta lo fanno muovendosi alla perfezione in certe corse. Non dimentichiamo Dillier, Vermeersch, Groves…
Infatti proprio Jasper Philipsen, contento nonostante abbia appena perso la maglia gialla, ha detto: «Abbiamo avuto un ottimo feeling e un’ottima fiducia sin da ieri, abbiamo preso il controllo della corsa. I ragazzi hanno lavorato molto duramente e bene. E non era semplice. Ma con un capitano forte come Mathieu, che si è messo a disposizione, è stato tutto più semplice.
Oggi è stato differente. Si correva per lui, con la stessa fiducia e compattezza di ieri, ma con un altro leader».
Tutto sommato, Philipsen era felice anche la propria prestazione. Neanche lui, che è un velocista, si aspettava di andare così forte nei 15 chilometri finali, duri sia tecnicamente (e quello per lui non sarebbe un problema) che altimetricamente.
«E’ stato un giorno incredibile e lungo, a volte sentivo quasi freddo. Nel penultimo strappo ero davvero a blocco, sapevo che se avessero continuato così per me sarebbe stato impossibile. Ma l’importante è che abbiamo ancora vinto noi e che la maglia gialla sia rimasta in casa». E non è finita qua per lui e la sua squadra. Domani si annuncia ancora una tappa per sprinter, ma il meteo inciderà moltissimo.
Tappa e maglia
E poi c’è lui, Mathieu Van der Poel. Tra la partenza posticipata del mattino per il caos tra l’arrivo dei bus dei team e la partenza della carovana pubblicitaria, sono quasi le 19 quando Van der Poel si presenta ai microfoni. Fa qualche smorfia, è felice, ma anche stanco.
«Era davvero difficile vincere oggi – attacca Van der Poel – contro Tadej e Jonas che sono in super forma per la conquista del Tour. Stamattina ho visto un video della linea d’arrivo e quindi sapevo cosa volevo fare e come dovevo farlo. Arrivare qui nel Nord della Francia è stato un po’ come correre le classiche, ma con qualche avversario differente.
«Avere la giusta posizione era fondamentale e infatti c’era un grande nervosismo, grande la lotta per le buone posizioni. Ma con una squadra come Alpecin-Deceuninck è qualcosa a cui siamo abituati e bravi, e questa guerra delle posizioni l’abbiamo vinta».
Sull’arrivo c’era anche suo padre, il grande e ancora in forma Adrie Van der Poel. Era felice, ma con la sua solita schiettezza ripeteva che loro (va a capire il plurale) preferiscono le classiche. E che nonostante lui queste strade le avesse battute, al figlio non aveva detto una parola. «Non metto bocca nelle tattiche del team».
Dubbi sulla forma?
Dopo l’incidente in MTB e la conseguente microfrattura al polso, ci poteva essere qualche dubbio sulla condizione di Van der Poel. Ma già averlo visto al Delfinato aveva tolto quasi del tutto i dubbi. Lo stesso Mathieu ha parlato del Delfinato e di come ha ricostruito questo stato di forma stellare. Di fatto ripetendo il metodo che usano per le classiche.
«Rispetto ai miei altri Tour – riprende Van der Poel – stavolta ho avuto un approccio diverso. Per una volta abbiamo fatto il Delfinato ed è stata una buona scelta. Ogni anno facciamo un’esperienza diversa per arrivare al meglio al Tour de France, ma direi per arrivare a tutti i nostri obiettivi nella migliore condizione possibile.
«Per esempio, quest’anno abbiamo capito che avremmo dovuto fare un periodo di allenamenti in altitudine prima della Tirreno-Adriatico, che è la corsa che mi piace di più prima delle classiche, e lo abbiamo fatto. E di nuovo ci siamo resi conto che serviva un altro training camp in quota prima del Tour de France. Anche perché questa edizione ha un percorso sul quale io e i miei compagni possiamo eccellere. Abbiamo molte tappe e questo fa una grande differenza rispetto al percorso dell’anno scorso. E anche sulle motivazioni».
«La nostra squadra si muove sempre con un obiettivo perfettamente chiaro a seconda del leader. E tutto ciò che succede durante la giornata e le difficoltà che si presentano, le affrontiamo uniti. E’ il nostro spirito di squadra e credo sia questo a fare la differenza. Ognuno sa cosa deve fare».
In pratica, le stesse parole che ci aveva detto poco prima Philipsen. «Nell’ultimo chilometro – continua VdP – ero concentrato sul fatto di non fare nessun errore. Volevo prendere l’ultima curva davanti. Non ci sono riuscito in pieno, ma ero comunque in buona posizione. Stare vicino a Tadej andava benissimo. E quando lui è partito, ho potuto fare il mio sprint senza problemi».
Pogacar e la centesima rimandata
Meno se lo aspettava a corsa in corso Michele Pallini, massaggiatore della XDS-Astana, che ci aveva detto: «Sapete chi vince oggi? Pogacar oppure Van der Poel. Ma credo più Van der Poel perché tatticamente è più intelligente». Nessuna profezia fu più azzeccata. E Tadej Pogacar stesso in qualche modo dà ragione a Pallini.
Il clima in casa UAE Emirates è sereno e se questo secondo posto non brucia è solo perché a vincere è stato uno dei supereroi di questo ciclismo.
«Direi che è stata una buona giornata nel complesso – ha detto Pogacar – E’ stata una tappa dura e lunga, con un po’ di tutto: pioggia, tensione, strappi… Mi sentivo bene nel finale e anche la mia squadra ha lavorato bene. Il secondo posto va bene, Mathieu è stato più forte in volata, quindi tanto di cappello. E’ difficile batterlo allo sprint.
«A dire il vero, ho giocato un po’ male tatticamente, perché avevo un po’ paura di sprintare contro di lui e ho aspettato troppo a lungo nella sua ruota».
«La maglia a pois e l’attacco di Vingegaard? La prima non me l’aspettavo, il secondo sì. Non credevo di vestire questa maglia. Ho vinto la classifica della montagna al Tour due volte, ma l’ho indossata un solo giorno. Mi fa piacere.
«Da parte di Jonas ci aspettavamo un attacco, specie dopo quello che abbiamo visto al Delfinato. E’ bello vederlo all’attacco. Ci ha fatto soffrire».