Sara Casasola, ad Osoppo primo esame superato

09.10.2023
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Sono giorni impegnativi per Sara Casasola. Neanche il tempo di esordire nella stagione di ciclocross dominando la seconda tappa del Giro d’Italia, a Osoppo, che è dovuta scappare a casa e tuffarsi sui libri, per l’esame di meccanica razionale che l’attendeva al mattino presto: «Se la gara non era vicino casa non avrei fissato la data dell’esame, invece così alle 16,30 di domenica ero già a studiare. L’esame è andato bene, era il penultimo alla facoltà di matematica, uno dei più difficili».

Per la friulana vittoria e poi di corsa a casa a studiare: l’attendeva un altro esame… (foto Lisa Paletti)
Per la friulana vittoria e poi di corsa a casa a studiare: l’attendeva un altro esame… (foto Lisa Paletti)

Unica specialista?

Per Sara questa è una stagione particolare e alla FAS Airport Services – Guerciotti – Premac lo sanno bene. Con tante protagoniste del ciclocross, Persico in primis, che hanno già detto di voler saltare, parzialmente o del tutto, la stagione tocca alla friulana tenere alto il vessillo italico.

«Praticamente – spiega Casasola – rischio di essere l’unica atleta che farà tutta la stagione. Io punto a ottenere il meglio possibile, ma se qualcuna nel corso dell’anno rientra non potrei che esserne contenta, a cominciare proprio da Silvia».

Anche Casasola viene dalla stagione su strada, stagione che non l’ha soddisfatta appieno nonostante fosse iniziata abbastanza bene.

«Sono arrivata a luglio e al Giro d’Italia senza le buone sensazioni che speravo. Il Giro non mi ha soddisfatto, inoltre ho iniziato a soffrire di asma, così d’accordo con la società, ho preso un periodo di stacco. Dopo ho corso pensando molto a quel che mi attendeva nel ciclocross, per farmi trovare pronta. Ho gareggiato all’Emilia, volevo fare anche la Tre Valli Varesine ma ho preso un virus intestinale. Sinceramente, visto come sono andate le cose, potevo iniziare il ciclocross anche prima».

Su strada la friulana ha corso con la Born to Win G20 Ambedo, ma nel 2024 vuole fare molto meglio (foto Rosa)
Su strada la friulana ha corso con la Born to Win G20 Ambedo, ma nel 2024 vuole fare molto meglio (foto Rosa)

Strada, seconda chance

Al di là di buoni piazzamenti al Ponente in Rosa e alla vittoria nella classica della montagna al Tour de Feminin, i suoi risultati non sono paragonabili a quelli del ciclocross.

«Lo so – spiega Sara – in questo momento mi vedo più nell’attività fuoristrada, ma vorrei ottenere di più durante l’anno stradistico, capire qual è il mio livello. Io mi sono impegnata, ma evidentemente ho sbagliato qualcosa. Voglio riprovarci con più convinzione».

Tornando alla gara di Osoppo, Casasola ha dominato, disputando gran parte di essa in solitudine con le avversarie che lottavano per la piazza d’onore e la conquista della maglia rosa: «Era un percorso molto veloce, i passaggi delle categorie precedenti lo avevano abbattuto ancor di più e reso quasi un’autostrada, con poche difficoltà tecniche anche se paradossalmente più impegnativo dal punto di vista della tenuta».

La Casasola ha chiuso con 35″ su Lucia Bramati, nuova maglia rosa del Giro (foto Giorgio De Negri)
La Casasola ha chiuso con 35″ su Lucia Bramati, nuova maglia rosa del Giro (foto Giorgio De Negri)

Ora la Svizzera

Per lei che era appena scesa dalla sua bici da strada, era comunque l’ideale: «Sì, anche perché lavori tecnici ne ho fatti pochi e vedevo che nei rilanci ero un po’ legnosa. La condizione scaturita dalla strada mi ha aiutato nei confronti delle altre che hanno iniziato prima, ma sinceramente non mi aspettavo di fare tanta differenza».

La sua comparsata al Giro d’Italia resterà per l’appunto tale, almeno in ottobre: «Mi aspettano alcune prove in Svizzera dove ho visto che il livello è già qualificato. Sono test internazionali che mi servono per capire a che punto sono e che cosa posso aspettarmi. Quest’anno faremo un calendario molto improntato sull’estero».

Per la FAS Airport Services – Guerciotti – Premac una domenica con due successi, Casasola tra le elite e Bianchi tra le junior (foto Giorgio De Negri)
Per la FAS Airport Services – Guerciotti – Premac una domenica con due successi, Casasola tra le elite e Bianchi tra le junior (foto Giorgio De Negri)

Obiettivo: la costanza

Per la friulana saranno test importanti. Lo scorso anno ha iniziato a fare capolino fra le prime 10 anche nelle prove di Coppa del Mondo, si aspetta un ulteriore progresso? «Diciamo che vorrei mostrare continuità a quei livelli, prima a una grande gara ne seguivano due a ritmo ridotto, vorrei che questa sequenza non si ripetesse».

Visto com’è andata a Osoppo, non ha rimpianto di non essere invece a Pieve di Soligo per il mondiale gravel: «A parte il fatto che non era nei programmi, col livello che si è visto in gara sabato, con le stesse protagoniste delle grandi corse su strada, avrei potuto solo essere d’aiuto, senza la minima possibilità di emergere. Ho fatto bene a puntare al ciclocross, per ora è il mio regno».

Per Federico Ceolin seconda vittoria al Giro, ma stavolta la concorrenza era molto qualificata (foto Lisa Paletti)
Per Federico Ceolin seconda vittoria al Giro, ma stavolta la concorrenza era molto qualificata (foto Lisa Paletti)

Ceolin, bis in rosa

Casasola a parte, Osoppo ha confermato come al momento in campo maschile Federico Ceolin faccia la differenza, tanto che neanche la coppia della FAS Airport Services – Guerciotti – Premac con Gioele Bertolini affiancato dal nuovo acquisto Samuele Scappini è riuscito a tenere il suo attacco sin dal secondo giro.

Fra gli juniores bis casalingo per Stefano Viezzi, fra le pari età è emersa Arianna Bianchi, anche lei già orientata verso le gare estere. Domenica a Corridonia, nelle Marche si ricomincia, col rischio che di protagonisti veri ce ne siano sempre meno.

Magri, il 2022 è alle spalle: «Con la Israel il primo Giro»

03.11.2022
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Sul 2022 ha tirato una riga da tempo. Anzi, da due settimane ha ripreso ad allenarsi per riscattarsi. A rafforzare le motivazioni che Silvia Magri (in apertura foto Ossola) ha già per l’anno prossimo, è arrivato pure il salto nel WorldTour. Le legnanese classe 2000 sarà uno dei volti nuovi (e delle quattro italiane) della Israel Premier Tech Roland.

«Per la verità sto facendo ancora lavori poco intensi – ci spiega al telefono Magri, che lascia la Born to Win dopo una stagione, per un biennale con la formazione svizzera – però avevo voglia di ricominciare dopo quindici giorni di riposo, visto che quest’anno per un motivo o l’altro ho corso poco».

Silvia Magri pur di ritrovare la condizione, a luglio è andata a correre da sola in Belgio (foto Facebook)
Silvia Magri pur di ritrovare la condizione, a luglio è andata a correre da sola in Belgio (foto Facebook)
Silvia cominciamo proprio dalla stagione appena conclusa. Com’è stata?

Un po’ travagliata e snervante, anche se era iniziata bene. In avvio di anno ero molto motivata e ho colto buoni piazzamenti. Quinta all’internazionale di Montignoso, due terzi in Liguria al Trofeo Ponente in Rosa e una buona top ten alla prima tappa del Gracia Orlova in Repubblica Ceca. Lì però sono caduta e sono dovuta stare ferma due settimane prima di ricominciare. Da quel momento mi sono accorta di inseguire la condizione. E non era solo quello il motivo.

Cos’altro è successo?

Premetto che sono sempre andata a correre per dare e fare il meglio possibile. Non ho mai voluto trovare scuse o giustificazioni. Considerando che la nostra squadra non ha disputato il Giro, abbiamo fatto un calendario alternativo che ci consentisse di poter gareggiare. Anzi, a luglio sono andata da sola a fare due gare in Belgio (la Zottegem-Strijpen e il Gp Deinze, ndr) dove ho colto un quinto ed undicesimo posto. Tuttavia notavo che, pur stando davanti, facevo una gran fatica, più del normale. Così abbiamo iniziato a fare accertamenti e abbiamo scoperto che stavo finendo di passare la mononucleosi. Ormai però buona parte della stagione era andata.

Magri, qui con Quagliotto e Zanardi: al Trofeo Ponente in Rosa ha ottenuto due terzi posti di tappa (foto facebook)
Magri, qui con Quagliotto al Trofeo Ponente in Rosa, dove ha ottenuto due terzi posti di tappa (foto facebook)
Senza la classica vetrina del Giro e con questo problema di salute, come hai vissuto il momento a livello emotivo?

E’ stata dura. Sono una ragazza particolarmente attenta, pignola e un po’ perfettina (lo dice sorridendo, ndr) e vedevo che nonostante ciò non riuscivo a trovare la forma giusta per potermi fare vedere. Volevo dimostrare qualcosa in più e per tutto quel susseguirsi di vicende mi è dispiaciuto molto non averlo potuto fare. Mi sono mancati i risultati. Non tanto per i risultati in sé quanto per il morale. Per fortuna però è arrivata la chiamata della Israel.

Come è nata questa trattativa?

A maggio ho avuto un primo contatto, solo per conoscerci. Mi ha chiamato direttamente la squadra. Poi ci siamo risentiti a giugno al termine del ritiro a Livigno con la nazionale. Quella è stata l’occasione per definire e chiudere il contratto, grazie all’intermediazione della GGLL Promotion (l’agenzia di Luca Mazzanti, ndr).

Cosa ti ha convinta ad accettare la loro proposta?

Devo dire che avevo avuto dei contatti con altre formazioni nello stesso periodo, ma erano arrivate dopo. Del progetto della Israel mi ha colpito l’alta professionalità e la volontà di farmi crescere senza fretta. Mi hanno detto subito che vorrebbero farmi fare un calendario più intenso proprio perché arrivo da una annata con poche gare. Inoltre avrò altre tre compagne italiane (Collinelli, Pirrone, Vieceli, ndr), un vantaggio per tutte noi. Intanto un accenno di programmi ce lo hanno già dato. Dall’1 al 10 dicembre andremo in ritiro a Girona. Ed io potrei partire già dal Tour Down Under in Australia. Tutto da riconfermare ovviamente, ma è già qualcosa su cui lavorare.

Su qualcosa in particolare o è come se ricominciassi tutto da capo?

Un po’ e un po’. I test che ho fatto confermato che ho uno spunto veloce, quindi lavorerò in prospettiva futura per avercelo nei finali di gara. Sono ben portata alla distanza, ma è ovvio che devo rifare le basi. Dovrò rafforzarmi, però una cosa alla volta. Le tabelle per la palestra e per la bici me le cura il mio preparatore Marco Sias. Mi fido ciecamente di lui e sarà lui poi che si interfaccerà con Fabio Vedana, il preparatore della squadra.

Silvia vuole restare nel giro azzurro. Nel 2022 ha fatto i ritiri a Calpe e Livigno (foto Facebook)
Silvia vuole restare nel giro azzurro. Nel 2022 ha fatto i ritiri a Calpe e Livigno (foto Facebook)
Che obiettivi hai per il 2023?

Non ne ho di particolari. L’intenzione è di mettermi in mostra fin da subito. Visto che ho caratteristiche da velocista che tiene sugli strappi e brevi salite, vorrei andare forte in Belgio. Ad esempio la Freccia del Brabante è una gara che mi piace molto. Poi vorrei correre il mio primo Giro, sarebbe un bel modo esordirci con un team WT. Infine vorrei restare nei radar azzurri. Con Paolo (il cittì Sangalli, ndr) ho parlato e lui quest’anno aveva capito la mia situazione. Per me è stato importante. Se guardo il bicchiere mezzo pieno, meglio aver avuto adesso questi problemi che averceli l’anno prossimo. Ho voglia di rilanciarmi anch’io.

Casasola 2022

Casasola stradista, in credito con la sorte

02.05.2022
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Nell’ultima edizione del Gran Premio Liberazione tornato anche al femminile, scorrendo la starting list sembrava di ritrovarsi davanti ai campionati italiani di ciclocross: Silvia Persico che poi ha vinto, ma anche Francesca Baroni e Sara Casasola, finite fra le ritirate. Non è un caso: anche per quest’ultima, ormai l’attività su strada ha un peso notevole nella sua evoluzione e, parlando con lei, si coglie soprattutto il fatto che i valori delle varie specialità sono agli occhi suoi cambiati.

Il risultato di Roma non le ha fatto piacere e poco importa se il numero delle ritirate è stato molto alto (36 arrivate al traguardo a fronte di 63 che hanno abbandonato). Ma è un esito che non l’ha colta impreparata: «La stagione era partita bene, ero cresciuta e mi aspettavo di cominciare a raccogliere i frutti dopo il Trofeo Binda, invece ho preso una bronchite che mi ha fermato per un paio di settimane e dalla quale mi sto riprendendo solo ora. Sapevo di non essere in condizione per il Liberazione e mi dispiace perché ci tenevo».

Casasola strada 2022
Al primo anno alla Born to Win, la Casasola aveva iniziato con un 14° posto a Montignoso
Casasola strada 2022
Al primo anno alla Born to Win, la Casasola aveva iniziato con un 14° posto a Montignoso
E ora?

Si ricomincia da capo. Mi fermo per un po’ per riprendermi bene, quindi salto la trasferta in Repubblica Ceka che era in programma, peccato perché era dove avevo pensato di portare a casa qualcosa. Devo rimettermi in sesto fisicamente, andare avanti così è inutile. Vorrà dire che sposterò i miei obiettivi più avanti, intanto però voglio esserci a Bolzano il 15 e nella settimana successiva al Giro di Campania, sperando di star meglio che a Roma. Poi penseremo ai campionati italiani cercando di fare bene.

Siamo abituati a vederti correre in inverno. In estate come ti trovi?

Nel complesso bene, non ho problemi. Spero anzi di avere maggiori occasioni per poter gareggiare proprio perché finora non ne ho avute così tante.

Casasola mare 2022
Terza ai Tricolori di ciclocross a Variano, l’azzurra punta ad indossare la maglia della nazionale ai prossimi mondiali (foto Cuna Photo)
Casasola mare 2022
Terza ai Tricolori di ciclocross a Variano, la Casasola punta a tornare in azzurro ai prossimi mondiali (foto Cuna Photo)
Proviamo ad andare oltre: la sensazione è che tu stia interpretando questa stagione in maniera diversa dalle precedenti, non più come propedeutica per il ciclocross ma come una stradista al 100 per cento…

E’ una sensazione giusta. Mi sento come un “work in progress”. Nelle occasioni in cui mi sono sentita bene, mi sentivo anche a mio agio in gruppo, sempre più reattiva e attenta anche in tutte quelle situazioni nelle quali tecnicamente mi sentivo in difficoltà fino allo scorso anno. Per questo il mio rammarico è forte: avevo cominciato meglio che nel 2021, quando mi potei limitare solo al Binda e altre 4-5 gare prima del Giro d’Italia, dove corsi fino alla terz’ultima tappa. Quest’anno la mia intenzione è fare più gare e più ravvicinate.

Da che cosa nasce questa scelta?

E’ un cammino di maturazione. Non sono più una ciclocrossista prestata alla strada, ma una stradista a tutti gli effetti, o meglio voglio esserlo sempre di più perché mi accorgo che c’è ancora tanto da imparare e da fare. Fino allo scorso anno lavoravo in prospettiva di quello che sarebbe stato in inverno, ora invece penso alla strada, il ciclocross arriverà a tempo debito. Ciò significa che sono molto più concentrata e carica in quello che faccio.

La friulana è concentrata sulla strada: al ciclocross si penserà da settembre in poi
La friulana è concentrata sulla strada: al ciclocross si penserà da settembre in poi
Il cittì Pontoni ha detto che conta di tirare un po’ le fila a fine agosto. Ti sei sentita con lui?

Non ultimamente, ma so che mi segue come anche tutte le altre. Ci sarà tempo per pensarci e programmare al meglio la stagione, so che per allora ci sarà da pensare anche a un necessario periodo di stacco per preparare la campagna invernale e interpretare le gare su strada con un occhio anche al futuro, ma non è un problema che mi pongo ora.

Alla Born to Win G20 Ambedo che cosa dicono di questa tua attività doppia, storcono un po’ il naso?

Al contrario, ho trovato massima disponibilità e proprio questo mi invoglia a fare sempre di più e meglio. Già mi hanno detto che quando sarà il momento mi lasceranno staccare la spina. E’ un ambiente tranquillo e sereno, oltretutto finora ho avuto occasione di correre quasi sempre con le altre ragazze italiane e abbiamo formato un bel gruppo anche fuori dalle gare. In questo modo ti viene voglia di andare a gareggiare e impegnarti di più. Per questo sono ancora arrabbiata per come sono andate finora le cose, è il momento che la fortuna dia una decisa sterzata.

Born to Win G20, buona la prima! Ma è già rivoluzione…

10.01.2022
5 min
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Neanche il tempo di assorbire il primo anno (il 2021) con la licenza UCI, che la Born to Win G20 Ambedo, team continental femminile, già guarda a questa stagione e ad un movimento in continuo cambiamento, in cui le squadre WorldTour sono passate da otto a quattordici dal 2020 ad oggi. 

Addentriamoci quindi con Roberto Baldoni, presidente della società con sede a Loreto e giunta alla sesta stagione di attività, per sentire il suo punto di vista sul ciclismo femminile italiano e per conoscere meglio la sua formazione.

Formazione che quest’anno potrà contare su undici atlete (solo tre le conferme), tra cui i nuovi ed interessanti innesti di Sara Casasola, fresca del terzo posto al campionato italiano di ciclocross e Silvia Magri.

Roberto, se l’anno scorso per qualche formazione della seconda serie non è stato facile farsi notare nelle gare internazionali, nei prossimi dodici mesi potrebbe diventare ancor più difficoltoso…

A dire il vero noi abbiamo sentito meno questo salto rispetto a squadre che sono continental da più tempo. Di certo bisognerà impegnarsi di più in ogni gara e su più fronti per guadagnarsi la “vetrina”. All’ultimo Giro d’Italia Donne la Born to Win si era messa in mostra all’ottava tappa grazie alla lunga azione solitaria di Anastasia Carbonari e che le è valsa il passaggio alla Valcar Travel&Service. 

Un passo alla volta…

L’esperienza che abbiamo fatto nel 2021 ci ha permesso di calcare palcoscenici importanti come Giro, Strade Bianche, Cittiglio o come Giro di Toscana, Giro dell’Emilia e Tre Valli Varesine. Abbiamo corso anche in Francia, Belgio e Serbia. Tutti scenari che potrebbero ridursi per formazioni come le nostre se qualcosa non cambierà.

Il WorldTour femminile ha davvero stravolto tutto?

Secondo me sì e troppo velocemente. Già per il 2023 parlano di un paio di nuove licenze. Per me dovrebbero andare in percentuale sul totale delle squadre femminili (ad oggi si contano 14 worldtour e 37 continental, ndr) e non sparare per le atlete uno stipendio minimo con cifre troppo alte. Sarebbe stato più gestibile anche per le formazioni più piccole. Ecco, se vogliamo per le ragazze quello economico è il solo lato positivo di questo cambiamento. Poi c’è un altro calcolo matematico da fare.

Partecipazioni importanti al primo anno con licenza UCI, ecco il team (qui Francesca Balducci) al Trofeo Binda
Partecipazioni importanti al primo anno con licenza UCI, ecco il team (qui Francesca Balducci) al Trofeo Binda

Quale?

Ci sono quattordici team WorldTour che hanno una media di 13 atlete per un totale di più di 180. Siamo sicuri che siano tutte all’altezza? Direi di no. Anche queste squadre, che ricercano corridori validi, alla fine devono prendere ragazze mediocri. Poi questo stesso calcolo matematico riguarda anche la partecipazione alle corse.

Spiegaci pure...

Ad esempio, al prossimo Giro Donne ci saranno 24 posti disponibili. Tra i team WorldTour e le due migliori continental siamo già a sedici. Gli altri otto chi li prende? Dipende che interessi avranno gli organizzatori, non è detto che diano la priorità alle squadre italiane, anche se sarebbe la scelta più logica. Almeno lo spero per noi. A margine di tutto questo, bisognerà tenere presente che la corsa rosa (in programma dall’1 al 10 luglio, ndr) sarà in concomitanza con i Giochi del Mediterraneo (in Algeria, crono 30 giugno e in linea il 2 luglio, ndr) e con gli europei U23 (ad Anadia in Portogallo, crono 7 luglio e in linea il 10 luglio, ndr).

Bisogna pertanto guardare ad un calendario estero?

Sì, però non è facile, bisogna considerare gli eventuali inviti. O meglio, come è sempre stato, se hai le possibilità economiche fai le corse in giro per l’Europa senza problemi, altrimenti devi ottimizzare i costi. Certo, se in Italia ci fossero più gare non sarebbe male, ma in questo 2022 qualche nuova corsa internazionale è stata inserita.

Tutto ruota attorno al budget...

Certo, è una linea di demarcazione netta, legata anche agli interessi che ha una formazione. O a come è stata costruita. Se vuoi mantenere una ragazzina brava la devi assecondare dal punto di vista monetario, altrimenti la perdi. 

Anastasia Carbonari in azione durante la cronoscalata della Val Formazza al Giro Donne 2021
Anastasia Carbonari in azione durante la cronoscalata della Val Formazza al Giro Donne 2021
E reperire i fondi non è semplice…

Direi che è sempre difficile. Dobbiamo dare certe garanzie di attività a chi ci supporta. E chi sceglie di supportarci lo fa per tre motivi. Per interesse diretto, perché sono aziende di bici o abbigliamento o altri componenti. Per la passione, perché trovi titolari di aziende che amano il ciclismo. E infine per un discorso contabile, ovvero di puro investimento. E comunque, in tutti e tre i casi, devi dare grande visibilità ai tuoi marchi. Quello è fondamentale.

A proposito di questo, come avete vissuto quella giornata al Giro Donne con la Carbonari?

Vi dirò che magari con un pizzico di fortuna in più saremmo potuti anche arrivare al traguardo, tanto più che avevo due ragazze su tre in fuga (l’altra era la russa Studenikina, ndr). Detto questo, firmerei altre dieci volte se dovesse succedere la stessa cosa anche quest’anno. Quel giorno ero soddisfatto perché quel suo attacco era stato pianificato a tavolino.

Roberto, concludiamo con uno sguardo al vostro roster. Chi dovremo tenere d’occhio?

Mi aspetto qualcosa dalla russa Duiunova. La Casasola invece andrà molto forte in salita, vedrete. E poi la Magri, che sa andare bene un po’ ovunque. Avrà tanto spazio, quello che non aveva più alla Valcar. Aveva richieste dall’estero, ma penso che abbia fatto la scelta giusta venendo da noi. Inoltre è stata contattata dal cittì Sangalli che la porterà ad un ritiro con la nazionale a febbraio. Sono convinto che abbia la mentalità giusta per crescere.

La seconda vita di Carbonari, lettone di Montegranaro

21.12.2021
5 min
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Quando dicono che non bisogna mollare mai perché prima o poi arriva l’occasione giusta, bisogna crederci. Il ciclismo, sport che amplifica questa metafora della vita, regala spesso tanti esempi. In meno di due anni Anastasia Carbonari (in apertura nella foto Baiocco, ndr) è passata dal rischiare la vita a causa di un incidente al guadagnarsi il passaggio alla Valcar Travel&Service, sua prossima formazione, per merito di una coraggiosa azione all’ultimo Giro d’Italia Donne.

Anastasia Carbonari da sola verso Mortegliano all’ultimo Giro Donne: la fuga della rivelazione
Anastasia Carbonari da sola verso Mortegliano all’ultimo Giro Donne: la fuga della rivelazione

I due giorni chiave

Ci sono un paio di date che segnano la storia recente della 22enne di Montegranaro che quest’anno ha corso con la Born To Win. Per capire meglio basta premere i tasti per riavvolgere e mandare avanti veloce il nastro.

Il 31 luglio 2019 Anastasia si sta allenando sulle strade di casa e viene investita da un automobilista. Fortunatamente, se così si può dire, riporta solo la frattura della vertebra L3. Tre mesi di busto, immobilità, stagione finita.

Arriviamo allo scorso 9 luglio. Alla nona tappa del Giro Donne, nella canicola friulana di Mortegliano, si fa quasi cinquanta chilometri di fuga (prima solitaria poi con altre due compagne di avventura) venendo ripresa in vista del traguardo. Quello sforzo, come avevamo già documentato, le dà fiducia.

Passaporto lettone

Quando contattiamo al telefono la Carbonari – che da pochi mesi ha ottenuto la doppia cittadinanza ed il passaporto lettone grazie a mamma Natasha, nativa di Riga – in sottofondo che vuol giocare con lei c’è Bianca. E’ una cagnetta trovatella tutta nera adottata sei anni fa a Capodanno, dopo che era scappata impaurita dal fracasso dei fuochi d’artificio. Entrambe hanno avuto una nuova opportunità per ritrovare il sorriso.

Passaggio a Tallin,, durante l’ultima visita al Paese di sua madre (foto Instagram)
Passaggio a Tallin, durante l’ultima visita al Paese di sua madre (foto Instagram)
Anastasia hai firmato un anno di contratto con la Valcar. E’ il caso di dire che galeotta fu quella fuga al Giro?

Sì, tutto è nato proprio quel giorno. Davide Arzeni (il diesse della formazione bergamasca, ndr) mi ha notata e mi ha contattata per fare dei test. Per fortuna sono andati bene e mi ha detto che facevo al caso loro per il 2022. Sono veramente contenta di questa possibilità. Sono andate via parecchie ragazze importanti, ma è una squadra giovane con cui si possono fare bene tante cose

Che fuga era stata e come la rivedi a distanza di mesi?

E’ stata davvero una grande occasione e un’emozione incredibile, con le moto della televisione attorno. Al mattino era arrivato il nostro presidente che ci aveva spronato a farci vedere. Sentivo che era una giornata a me favorevole. Non volevo concludere il mio Giro in modo anonimo, anche se in confronto alle big non ho fatto nulla. Rivivendola adesso, non avrei mai pensato che mi avrebbe portato alla Valcar. E’ stata anche una prova per me. Magari ora con un lavoro mirato e competenze maggiori, potrei riuscire a correre senza subire la gara. 

Sei approdata in un team che ha un livello quasi da WorldTour. Cosa ti aspetti dal 2022?

Fare esperienza, vedere fino a dove posso arrivare e scoprire i miei limiti. Non nego che mi piacerebbe farmi vedere ancora, ma l’obiettivo primario è aiutare la mia squadra. Per me sarà un onore pedalare con compagne di quel calibro ed imparare da loro. Già nel 2020, quando ero all’Aromitalia Vaiano, avevo fatto gare internazionali ed avevo capito qual è il livello. Con la Valcar tutto ciò avrà una valenza maggiore e credo che sia l’ambiente migliore in cui crescere

Il Giro 2021 è stato una rampa di lancio, non solo per la fuga di Mortegliano
Il Giro 2021 è stato una rampa di lancio, non solo per la fuga di Mortegliano
Qual è la tua dote migliore?

Riesco a dare tutto quello che ho, tendo a non risparmiarmi. Mi piace andare all’attacco, da giovane lo facevo spesso e vincevo molto poco, perché tatticamente non ragionavo tanto (ride, ndr). Adesso però sono migliorata.

Torniamo a quel terribile incidente. In quei giorni, oltre a guarire, che pensieri ti passavano per la mente?

Ho realizzato che avrei potuto anche non salvarmi. L’auto andava molto veloce. La dinamica è stata molto simile all’incidente di Michele (Scarponi, suo conterraneo, ndr). Sono stata fortunata. Poi però è arrivato il momento in cui ho capito che volevo fare del ciclismo il mio lavoro. Che volevo concentrare tutta me stessa sul ciclismo. Sentivo la mancanza della bici, non vedevo l’ora di poter tornare a pedalare.  

Quell’episodio che cosa ti ha lasciato?

Do molto più valore a tante cose ed ho più carattere davanti alle avversità. Come aspetto negativo mi ha confermato quanto rischiamo e siamo fragili noi ciclisti sulla strada. Ora se posso, cerco di uscire con i miei compagni di allenamento. Infatti l’incidente mi è successo mentre ero sola. Ero spaventata, immobile a terra con l’automobilista che mi incolpava anziché aiutarmi. E meno male che quel giorno sopraggiunse il mio amico Marco Gallo (ex dilettante della Calzaturieri Montegranaro, ndr) che mi aiutò chiamando l’ambulanza.

Sulla salita test di Monterubbiano, vicino casa (foto Instagram)
Sulla salita test di Monterubbiano, vicino casa (foto Instagram)
Che messaggio ti senti di dare, visti questi ultimi due anni?

Che bisogna continuare a lottare anche se ci sono momenti difficili. Il ciclismo mi ha dato molto, mi ha insegnato questo. Anche a fare sacrifici che ripagano sempre. Dopo il buio, arriva sempre la gioia. Devo però anche ringraziare la mia famiglia. Mamma Natasha, papà Anelio e mio fratello Filippo mi hanno sempre supportata in tutto.

Chiudendo, Anastasia, c’è quindi la possibilità di vederti indossare la maglia della Lettonia alle manifestazioni internazionali?

Sì, esatto. In realtà puntavo alla nazionale italiana, però mi sono resa conto che questa era una bella opportunità e ne ho approfittato. Ho già ricevuto passaporto e carta d’identità, entrambi col mio cognome con la kappa (ride, ndr). Intanto ho avuto già qualche contatto con il loro cittì Raivis Belohvosciks che parla anche italiano (più volte campione lettone, è stato pro’ dal 1998 al 2011 militando anche in Lampre e Saunier Duval, ndr). Spero di essere presa in considerazione, ho un obiettivo in più per l’anno prossimo.

Carbonari, dalla fuga più folle del Giro è nata la fiducia

09.07.2021
5 min
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Dopo l’arrivo di Mortegliano ribolle tutto. Ribolle la strada, ribollono le panchine e ribollono gli sguardi delle velociste che dopo la riga hanno un diavolo per capello. La volata dell’ottava tappa del Giro d’Italia Donne è stata ben più confusa del solito, a capo di una tappa corsa a ritmi davvero frenetici sul filo dei 42 all’ora. E mentre nei vari capannelli le ragazze si dissetano, si spiegano e sbolliscono l’adrenalina, sul traguardo passa Anastasia Carbonari. La marchigiana ha attaccato dopo una cinquantina di chilometri e ha scelto il giorno più piatto e torrido per andare in fuga. Dopo una quindicina di chilometri l’hanno raggiunta altre due ragazze. Poteva essere un azzardo e per certi versi lo è stato. Ma alla fine per prenderle il gruppo ha dovuto tirare faticosamente fino ai 6,5 chilometri dall’arrivo. Lei ha l’aspetto sfinito e in quei 42 secondi di distacco c’è tutta la portata della resa. Quando non ce la fai nemmeno a restare a ruota, più che le gambe ha mollato la testa.

Alla partenza, due parole in tranquillità fra Lucinda Brand ed Elisa Longo Borghini
Alla partenza, due parole in tranquillità fra Lucinda Brand ed Elisa Longo Borghini

Un fatto di orgoglio

«I direttori sportivi ci avevano detto di provare – racconta – e nonostante fossimo stanche morte lo abbiamo fatto. Già essere qui è una grande cosa, sono contenta. La differenza fra le WorldTour e noi è ancora superiore a quello che succede fra gli uomini, perché qui manca anche una categoria under 23 che ci permetta di correre fra noi, senza subire la corsa delle più grandi e di conseguenza rischiare di bruciarci. Ma essere al Giro e aver preso la fuga di giornata per me è motivo di orgoglio. Una rivincita personale. Due anni fa fui investita da un’auto vicino casa. Sono rimasta a letto e poi per tre mesi col busto. Sono orgogliosa di me stessa».

Nel bar del grande hotel alle porte di Udine c’è silenzio. Anastasia racconta e la mascherina fa sì che i suoi occhi chiari sparino come fari. Il discorso va avanti, mentre fuori la luce parla ancora di caldo a non finire.

Le tre in fuga nel circuito di Mortegliano: il Veneto ha accolto bene il Giro
Le tre in fuga nel circuito di Mortegliano: il Veneto ha accolto bene il Giro

Somma di esperienze

Il primo Giro non si scorda mai e forse alla fine sarà davvero così. La differenza di livello è tangibile: inizia dai mezzi e si arresta brutalmente sul livello atletico delle ragazze.

«Venire qui al Giro per me è una grande esperienza – dice – non avevo mai fatto una corsa a tappe così dura. Di solito corriamo in Italia, fra le élite abbiamo fatto Cittiglio e Strade Bianche, è un altro mondo. Io dico che le prime fanno un altro sport. Venire qui significa soprattutto confrontarmi con la realtà che sognavo da bambina. Vedere come si muovono le big è un’esperienza. Per questo stamattina ero molto motivata, lo dovevo a me stessa. Mi sono detta che dovevo farcela, perché non sono inferiore a nessuna».

Le moto intorno

Così se ne è andata dopo il traguardo volante e in quei 15 chilometri da sola a un certo punto ha pensato di averne fatta un’altra delle sue.

«Mi capita spesso di fare attacchi da matta – sorride – ma quando ho visto che avevo davanti le moto e accanto la telecamera, davvero è il sogno di una bambina che stava avverando. Sapevo che ci avrebbero riprese, anche perché le energie erano al lumicino. Però a un certo punto ci ho sperato. La prima cosa che ho detto quando sono arrivata, è che non so se domani avrò la forza per ripartire, ma lo finirò questo Giro. E poi non so se mi mancherà, ma di certo un po’ mi riposerò e poi andrò a Livigno con le mie compagne».

Sul palco con Anna Van der Breggen c’è Yanira, mamma di Silvia Piccini
Sul palco con Anna Van der Breggen c’è Yanira, mamma di Silvia Piccini

E ora si cresce

Miracolo di una fuga ben fatta. Nello sguardo ha tanta fiducia quanta forse non ne avremmo visto neppure stamattina alla partenza. E adesso il suo calendario prevede il Tour de l’Ardeche, poi il Giro di Toscana e quello delle Marche organizzato dalla sua squadra, la Born to Win. Il presidente Baldoni oggi è arrivato in corsa e avrà trovato qualche buon motivo per essere a sua volta soddisfatto. La tappa a Mortegliano l’ha vinta Lorena Wiebes. Ma forse stasera abbiamo incontrato una ragazza più contenta di lei. Chissà se gli osservatori delle squadre più grandi avranno preso nota di quel numero 71 in fuga…

Barbieri, inizia da Livigno la rincorsa alle Olimpiadi

Giada Gambino
23.05.2021
5 min
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Gli aspetti che contraddistinguono Rachele Barbieri sono sicuramente la tenacia, la costanza e la voglia di dimostrare a tutti quanto vale. In gara corre senza compagne di squadra, il suo team è formato solo da lei, ma questo non la ferma e non la demoralizza. Mentre guarda fuori dalla finestra la neve che cade su Livigno e il sole che la illumina, racconta la recente vittoria ad Ascoli Piceno… 

La stagione estiva di Rachele si divide fra strada e pista. Ora è a Livigno in altura
La stagione estiva di Rachele Barbieri si divide fra strada e pista: qui a Montichiari
Affrontare una gara senza squadra… 

Sono abituata a correre così, ma a volte mi innervosisco molto, anche se so quali siano i rischi dello stare da sola. Soprattutto ora che sto bene e le avversarie lo sanno, sia in pianura che in percorsi vallonati è molto difficile, considerando che molte squadre hanno anche nove atlete! Devo sempre studiare bene la corsa e comprendere quale tattica di gara adoperare. So per certo che non posso seguire tutte, ci vuole una buona dose di fortuna e la consapevolezza che si deve soffrire un po’ di più rispetto ad altre velociste che escono dalla pancia del gruppo solo quando devono fare la volata, ma a me piace correre così. 

Come si è svolta la tua gara di Ascoli Piceno?

Ho attaccato più volte, ho cercato di andare in fuga, mi sono divertita! Mi piace correre davanti e all’attacco. Tutte le volte che riuscivo provavo ad entrare in una fuga o crearla io. L’unico problema è stato che nessuna voleva tirare dal momento che c’ero io e adoperavano delle strategie di squadra… Il che è giusto, ma in quel momento mi sono innervosita tantissimo. Ci sono delle situazioni dove però l’essere da sola ha anche degli aspetti positivi che giocano a mio favore, come ad esempio il non potersi prendere l’incarico di chiudere una fuga come è successo in questa corsa. Se avessi chiuso io sulla fuggitiva, non avrei potuto fare la volata

Cosa hai pensato quando è partita la volata?

L’adrenalina che danno gli ultimi metri della gara è qualcosa di particolare, soprattutto per una velocista. Non è così scontato arrivare in volata e bisogna sapere sfruttare le giuste occasioni. Quando ho visto che la squadra della Fidanza stava lavorando per tirarle la volata, mi sono messa a ruota sua e ho cercato di reagire con più testa possibile. Sapevo che non potevo anticiparla troppo e che lei sarebbe partita molto vicino all’arrivo, quindi nel momento in cui dovevo attaccare l’avrei dovuto fare a tutta… E così è stato! C’è stato un testa a testa e questo mi ha dato quella spinta in più. E’ stato molto bello soprattutto perché so che Martina è un’atleta molto forte. Siamo in nazionale insieme, conosciamo le reciproche caratteristiche. Essere da sola e vincere in una gara del genere è una soddisfazione in più! 

Il giorno di San Valentino, un cross a Lugo di Romagna con la nuova maglia
Il giorno di San Valentino, un cross a Lugo di Romagna con la nuova maglia
E con Martina…

Passiamo tantissimo tempo insieme, ma siamo consapevoli del fatto che la nostra disciplina ci porta ad essere rivali. Se devo essere sincera… c’è molta competizione! Abbiamo caratteristiche molto simili, per quanto riguarda la pista. Una delle specialità in cui entrambe andiamo bene è lo scratch dove io sono campionessa mondiale 2017 e lei ha vinto gli ultimi europei. Quando dobbiamo correre per la squadra sia su pista che in strada, quando vestiamo la maglia della Polizia o della nazionale, siamo delle ottime compagne. Ma quando indossiamo maglie diverse e puntiamo entrambe alla vittoria, diventiamo avversarie. Il rispetto reciproco non manca mai

La strada ti piace molto, ti ci dedicheresti di più? 

Adesso il mio obiettivo principale è quello di provare a partecipare alle Olimpiadi su pista per poi fare una bella attività su strada. Quest’ultima negli ultimi due anni l’ho un po’ tralasciata, ma mi piacerebbe dedicarmici un po’ di più. So che all’estero le ragazze sono molto forti e mi devo migliorare, ma so di aver lavorato bene e vorrei dire la mia in qualche gara fuori. Le corse in Italia sono molto importanti, soprattutto per le ragazze giovani per fare tanta esperienza. Penso che sbaglino le atlete che non corrono le gare open qui, non reputandole di alto livello. E’ sempre uno stimolo in più e poi… se vuoi la gara dura, la puoi rendere dura anche tu.  

Visto che sei in grado di vincere da sola, con una squadra…

Sicuramente sarei molto agevolata e, soprattutto, mi metterei a disposizione del team per aiutare qualche mia compagna a vincere. In passato l’ho fatto ed è stato abbastanza soddisfacente. 

Sul podio elite di Maltignano (Ascoli Piceno) Rachele con Martina Fidanza e Camilla Alessio. Da qui, di corsa a Livigno
Sul podio di Ascoli, Rachele con Fidanza e Alessio, poi via a Livigno
Le gare di ciclocross fatte questo inverno sono servite? 

Sono state fondamentali per la mia preparazione! Ho potuto allenarmi in maniera forte e costante, in un periodo in cui solitamente si lavora un po’ di meno.  Un aspetto molto positivo è stato il fatto che in inverno, ad esempio, il freddo con il cross si patisce di meno. 

E prima di Tokyo? 

Ci sono i campionati europei su pista a fine giugno che sono l’obiettivo fondamentale. Lì si capirà chi andrà alle Olimpiadi o meno. Mi sto godendo questi giorni a Livigno in attesa che arrivino le mie compagne azzurre, per fare un po’ di allenamento in altura in vista proprio degli europei. Il lavoro che stiamo facendo con la nazionale tra allenamenti su strada e in pista sono stati davvero impegnativi e ben programmati… Il livello è altissimo.