Insediata la Commissione Giovanile. Fontini ha nuovi piani

31.05.2025
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Se in quasi tutti gli ambiti federali il nuovo quadriennio olimpico ha portato a profondi cambiamenti strutturali, così non è stato per la Commissione Giovanile Fci presieduta da Roberto Fontini, il cui nocciolo duro è rimasto pressoché identico. La dimostrazione che si è lavorato bene in un settore oscuro perché non tocca direttamente l’agonismo, o meglio lo fa in maniera lieve, pensando più al discorso promozionale e ad affrontare quell’annoso problema costituito dai difficili rapporti con il mondo scolastico.

Roberto Fontini insieme ai bambini alle loro prime esperienze in bici
Roberto Fontini insieme ai bambini alle loro prime esperienze in bici

Il presidente Fontini riprende in mano il lavoro fatto e lo fa conscio che quello che lo attende è un compito sempre importante: «La commissione ha lavorato in maniera molto approfondita sul piano della promozione e questa si estrinseca in vari aspetti sui quali dovremo continuare a porre l’accento. Il nostro obiettivo è innanzitutto semplificare l’accesso alle nostre attività, valorizzare sempre di più le abilità acquisite e migliorare l’aspetto sicurezza non dimenticando mai che i nostri referenti sono innanzitutto i più piccoli, coloro che hanno il loro primo approccio con la bicicletta».

Voi avete sempre spinto sul discorso della multidisciplinarietà, continuerete su questa strada?

Con molta decisione, perché è un aspetto importante. Questo si può fare in molti modi, sappiamo ad esempio che molti spingono per l’utilizzo delle bmx come bici propedeutiche, ma in Italia ci scontriamo con una storica carenza di impianti che è un problema di non poco conto. Le soluzioni per avvicinare i bambini alla bici ci sono e sono variegate, il nostro lavoro ci ha sottoposto anche una situazione che si presta a qualche perplessità.

La nuova Commissione Giovanile Fci, praticamente rimasta identica rispetto allo scorso quadriennio olimpico
La nuova Commissione Giovanile Fci, praticamente rimasta identica rispetto allo scorso quadriennio olimpico
In che senso?

Dai report che abbiamo tratto dai nostri 4 anni di attività, emerge come l’attività preminente che viene proposta ai bambini concerne la resistenza e questa non è la strada giusta, non è la caratteristica che deve essere evidenziata a quelle età, considerando che stiamo parlando di corpi in completo sviluppo. Il bambino in quel modo si stanca, si disinteressa progressivamente e alla fine ripone la bici da una parte e si dedica ad altro. Noi dobbiamo impedirlo, dobbiamo proporre la bici in una veste nuova, divertente.

Quindi bisogna mettere in evidenza caratteristiche legate all’abilità, all’equilibrio…

Sì, ma sempre sotto forma di gioco. In questo senso sarà importantissima la prossima edizione del Meeting Nazionale Giovanissimi di Viareggio, in programma dal 19 al 22 giugno. Abbiamo infatti deciso d’introdurre in quella sede prove obbligatorie di abilità per tutti, dando così un preciso indirizzo alla nostra attività. Dobbiamo riuscire ad invertire una certa cultura imperante sottolineando che a quell’età è fondamentale spingere sulle doti coordinative dei bambini.

La passione dei più piccoli verso la bici è sempre forte, ma va stimolata attraverso vie nuove
La passione dei più piccoli verso la bici è sempre forte, ma va stimolata attraverso vie nuove
Resta però un nodo atavico per voi come per qualsiasi disciplina: il rapporto con il mondo scolastico…

Noi abbiamo dalla nostra una carta importante: siamo infatti stati indicati dal Ministero dell’Istruzione come uno degli sport privilegiati per il nostro fondamentale apporto all’educazione stradale e dobbiamo saper far fruttare questa prerogativa. Dobbiamo innanzitutto insegnare ai più piccoli “come” andare per strada, perché un domani potranno essere ciclisti, ma quasi sicuramente saranno patentati e guidatori di mezzi a motore, quindi bisogna educarli al rispetto delle norme. Noi dobbiamo saper giocare su questo aspetto.

C’è però un travaso minimo di bambini che imparano ad andare in bici a scuola per poi tesserarsi…

E’ vero, è inferiore ad altri sport e in questo senso sappiamo che dobbiamo fare di più, aumentare soprattutto il nostro rapporto con tutto l’inverso degli insegnanti di Educazione Fisica, coinvolgendoli con iniziative mirate. Siamo noi che dobbiamo saperci proporre, il progetto Sicuri in Bicicletta è una strada ideale per poter lavorare in tal senso.

Con i ragazzi si punta subito a identificare il ciclismo come sport di resistenza, ma non è la strada giusta
Con i ragazzi si punta subito a identificare il ciclismo come sport di resistenza, ma non è la strada giusta
In base alla vostra esperienza e considerando quanto le nuovissime generazioni, figlie della tecnologia, siano cambiate rispetto al passato, la bici ha ancora fascino sui bambini?

E’ indubbio, per questo dobbiamo spingere sul suo aspetto ludico. In particolare vediamo che i bambini sono attratti dalle mountain bike, con il loro manubrio dritto. Ma noi non dobbiamo rivolgerci solo ai più piccoli, ma anche alle famiglie, proponendo un modello di ciclismo sicuro. Se superiamo le diffidenze dei genitori, siamo sicuri che sempre più bambini si avvicineranno alla pratica ciclistica, qualsiasi essa sia e con qualsiasi tipo di mezzo.

Abilità e guida con giochi di equilibrio: così l’attenzione del bambino resta viva (foto www.bimbinmovimento.it)
Abilità e guida con giochi di equilibrio: così l’attenzione del bambino resta viva (foto www.bimbinmovimento.it)
E’ indubbio però, le statistiche lo confermano, che sono sempre meno i bambini che vanno in bici…

Infatti, noi dobbiamo offrire loro un’immagine nuova e legarla all’abilità è la scelta migliore. Non è un caso se ormai le nuove generazioni sono affascinate soprattutto dalle discipline acrobatiche. Qui svesto i panni di presidente di commissione e parlo da appassionato. Una disciplina come il freestyle di bmx, che sposa abilità e gioventù è la disciplina ideale per attrarre. Anche qui il problema sono gli impianti, ma vediamo bene che all’estero è proprio da questa che poi scaturiscono tanti praticanti le prove di resistenza su strada e offroad. Perché lì si costruisce la base tecnica ma anche la passione. Una volta il ciclismo era resistenza, sacrificio. Oggi il bambino non lo attrai con questi concetti, cerca altro, il divertimento puro e noi è a questo che dobbiamo puntare…

Il lancio del BMX freestyle. Iaccarino cerca proseliti

14.05.2025
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Tra i volti nuovi dello staff tecnico azzurro c’è anche quello di Manlio Iaccarino. A lui è stata affidata una missione tanto importante quanto delicata: dare al BMX freestyle italiano una dimensione internazionale. Un compito improbo, in una disciplina pressoché misconosciuta, ma che assegna medaglie olimpiche come tante altre. In questa, l’Italia è molto più indietro rispetto alla omologa disciplina del racing dove ora si cominciano a raccogliere soddisfazioni e l’eccellenza è dietro l’angolo.

Manlio Iaccarino, romagnolo del 1974, già a 10 anni ha iniziato a praticare la BMX
Manlio Iaccarino, romagnolo del 1974, già a 10 anni ha iniziato a praticare la BMX

Manlio non è spaventato all’idea, considerando che la fatica e il sacrificio hanno sempre fatto parte della sua cultura sportiva: «Io sono sempre stato immerso nel bmx, gareggiando dal 1984 fino ai primi anni Duemila. La passione è sempre rimasta: io sono partito con il racing ma progressivamente mi sono lasciato coinvolgere dal freestyle e praticavo entrambe. Il freestyle mi ha subito fatto vedere le sue potenzialità: per me è la base di qualsiasi altra prova ciclistica, perché ti dà capacità tecniche fondamentali».

Come sei arrivato alla guida della nazionale?

Io ho continuato a rimanere nel BMX anche quando l’interesse è andato un po’ in calando, nel frattempo ho preso i tre livelli federali di tecnico. Poi Francesco Gargaglia mi ha chiamato nel suo staff azzurro, per seguire la disciplina come collaboratore e così ho fatto anche con il suo successore Federico Ventura. Ora mi è stata affidata in toto questa grande responsabilità.

José Torres Gil, l’argentino vincitore della medaglia d’oro a Parigi 2024
José Torres Gil, l’argentino vincitore della medaglia d’oro a Parigi 2024
Come stai muovendoti?

Non c’è una grande base storica in Italia, quindi dobbiamo lavorare sulle fondamenta e questo va fatto attraverso un’opera di scouting. E’ una disciplina di nicchia ma questo non significa che non sia seguita, anzi: tanti ragazzini la fanno in autonomia, è una di quelle specialità che le nuovissime generazioni più amano e questo lo dicono tutte le analisi sui social, di quello che i ragazzini guardano su piattaforme come Tiktok e Instagram. Noi dobbiamo prendere questi ragazzini e farli crescere nell’ambito federale. Allargare la base è il primo passo, ma possiamo farlo lavorando sui più piccoli, quindi con un progetto a lungo termine.

Il podio degli ultimi campionati italiani, con Benetton al centro fra Francesco Mongillo e Christian Falvo (foto Fci)
Il podio degli ultimi campionati italiani, con Benetton al centro fra Francesco Mongillo e Christian Falvo (foto Fci)
Facciamo un parallelo: negli sport invernali la situazione era la stessa, tante medaglie olimpiche a disposizione e un settore inesistente. Si è cominciato a lavorarci sopra e ora a Milano-Cortina 2026 avremo carte da medaglia importanti nel freestyle con i fratelli Tabanelli come nello snowboard acrobatico con Matteoli. Può avvenire la stessa cosa anche nel BMX?

E’ la mia  mission, per la quale ho accettato l’incarico. Sono motivato a colmare questo gap, innanzitutto con i Paesi guida europei come Francia, Germania, Gran Bretagna sapendo che questa è una disciplina veramente universale come si è visto a Parigi 2024. Trovare i campioni però è possibile solo se allarghiamo il nostro bacino d’utenza. In questo ho trovato ampio sostegno nella Federazione, il team manager Amadio è sulla mia stessa lunghezza d’onda. Siamo noi a doverci muovere, a cercare talenti anche in microrealtà, ma sono ottimista.

Nel frattempo però devi lavorare a livello elite con quello che hai…

Che non è comunque poco. Abbiamo 5 atleti nel nostro gruppo di vertice con il quale seguiamo l’attività internazionale: Elia Benetton (nella foto di apertura, ndr), Christian Falvo, Filippo Parisi, Gianluca Righetto, Manuel Torello. Di questi un paio sono oltre i 25 anni. Dietro ci sono ragazzi molto giovani che voglio coinvolgere progressivamente per far fare esperienza in gare categoria C1. Posso assicurare che il loro livello tecnico è elevato, ma siamo in presenza di una disciplina che ha raggiunto vette clamorose, come si è visto a Parigi.

Il gruppo dei ragazzi Elite azzurri chiamati a seguire l’attività internazionale
Il gruppo dei ragazzi Elite azzurri chiamati a seguire l’attività internazionale
Per colmare questo gap a quale fascia di ragazzi ti rivolgi?

Dobbiamo partire davvero dalle basi, dalle prime esperienze in bici. Io punto sui bambini da 8 a 10 anni, che possono vivere questa esperienza come un gioco affinando al contempo le loro qualità tecniche e acrobatiche. E’ da lì che bisogna iniziare, sfruttando l’immenso appeal che questa disciplina ha su di loro per la sua adrenalicità. Inoltre è una disciplina che, a dispetto di quel che si può pensare, è sicura perché, oltre a essere affrontata con le giuste attrezzature protettive, si svolge in spazi chiusi, quindi i genitori possono stare più tranquilli rispetto alla strada. Non c’è da aver paura di salti e acrobazie, perché ci si arriva per gradi e sta a noi tecnici fare in modo che il miglioramento sia progressivo, guidato e sicuro.

Il centro federale di Roncade, sede di allenamento della squadra italiana
Il centro federale di Roncade, sede di allenamento della squadra italiana
Sognare una presenza azzurra a Los Angeles 2028 è impossibile?

Impossibile non è una parola nel mio vocabolario. Abbiamo Elia Benetton che è un atleta forte e in grande crescita. Se continua a progredire tecnicamente non posso escludere nulla in questi quattro anni. Inoltre ha la fortuna di abitare vicino al nostro centro federale di Roncade (TV). Io credo che i miglioramenti che ha nelle sue gambe potranno portarlo lontano.