Scopriamo la Look P24, bici medaglia d’oro nell’Omnium a Parigi

25.09.2024
5 min
Salva

Look P24 è una bici avveniristica in tutto e per tutto. Ha vinto la medaglia d’oro a Parigi grazie a Benjamin Thomas nella prova dell’Omnium, una bici ammirata anche dai brand competitor in questo settore.

E’ difficile paragonare questo mezzo ad altri della stessa categoria e anche per questo motivo Look si conferma un punto di riferimento. Siamo andati nel cuore del progetto a abbiamo chiesto a Romain Simon, responsabile del settore bike di Look.

Benjamin Thomas, medaglia d’oro a Parigi con la P24
Benjamin Thomas, medaglia d’oro a Parigi con la P24
Quanto tempo è stato necessario per sviluppare questa bici?

Look P24 rappresenta il nostro impegno profuso ai massimi livelli e per la categoria top del ciclismo, mi riferisco anche alla ricerca tecnologica. Il ciclismo su pista prevede molte competizioni durante l’anno, ma l’evento più grande si tiene ogni 4 anni. I risultati guidano le nostre scelte per il prossimo sviluppo e partiamo da lì. Poi un lungo processo di ricerca, sviluppo e progettazione porta ai prototipi, ai test, alla prima serie. Un anno prima delle prossime Olimpiadi dobbiamo essere pronti con una bicicletta competitiva. Per essere chiari ci sono voluti 4 anni, dalle prime idee, fino ad arrivare alla consegna.

Nelle prime fasi dei test è stato coinvolto anche Benjamin Thomas, che poi ha vinto la medaglia d’oro a Parigi?

Non solo Benjamin, diciamo che la P24 è il risultato di un enorme lavoro di squadra, eseguito in diversi momenti. Abbiamo lavorato con i nostri partner delle federazioni e con gli atleti, durante tutto lo sviluppo. Benjamin è una delle persone migliori a cui affidarsi per lo sviluppo della bici, sia su pista che su strada, con risultati di grande successo. Non è l’unico atleta coinvolto nel nostro processo, ma è un corridore e una persona sulla quale si può fare affidamento, sempre.

Il primo elemento che ha richiesto uno sforzo generoso in fase di sviluppo, carro posteriore e supporto sella
Il primo elemento che ha richiesto uno sforzo generoso in fase di sviluppo, carro posteriore e supporto sella
Sono stati utilizzati nuovi modelli anche per i calcoli e l’applicazione del carbonio?

Abbiamo utilizzato una base del know-how della precedente piattaforma Look T20, una bici all’avanguardia proprio per l’utilizzo del carbonio. Sapevamo di poter contare sulla migliore stratificazione del carbonio esistente, quindi ci siamo concentrati maggiormente sull’aerodinamica per la LOOK P24. Tuttavia, arrivati ad un certo punto abbiamo dovuto innovare e cambiare nuovamente il modo in cui utilizzare la fibra di carbonio per adattarci al design della P24.

Il secondo è tutto l’avantreno ed il manubrio
Il secondo è tutto l’avantreno ed il manubrio
Look P24 è monoscocca?

No, la bici è assemblata da diversi elementi in carbonio, essi stessi nati da un layup complesso.

Quanto tempo è necessario per costruire un singolo telaio?

Complessivamente sono necessarie 52 ore per costruire un telaio Look P24.

Due sezioni risaltano più delle altre, l’avantreno/forcella e il reggisella. Cosa ha portato a definire queste forme?

Tutte le sezioni e parti che compongono l’avantreno sono progettate per allineare il corpo del ciclista alla bici. È stato il cambiamento dell’aerodinamica nel ciclismo su pista che ci ha portato ad ottenere miglioramenti impressionanti, evoluzioni positive che sono state tradotte al mondo reale. Atleta e bicicletta combinati tra loro in una cosa sola. Abbiamo progettato la Look P24 per diventare un tutt’uno con il ciclista.

In qualche modo possiamo ipotizzare un collegamento con la vostra 796 Monoblade, oppure le due piattaforme sono completamente agli estremi?

Le regole non sono le stesse per ogni disciplina e le bici da crono non sempre possono beneficiare del lavoro svolto nel ciclismo su pista e viceversa. Ma le conoscenze acquisite e l’innovazione che abbiamo apportato per raggiungere i risultati ottenuti con la P24, ci hanno fatto capire che la strada è quella giusta, sotto diversi punti di valutazione. Saranno e sono utili per molti dei nostri sviluppi futuri, questo è certo.

La sezione frontale impressiona per il suo disegno e combinazione degli elementi
La sezione frontale impressiona per il suo disegno e combinazione degli elementi
Se volessimo individuare una caratteristica del P24 che risalta su tutte le altre, quale potrebbe essere?

E la bici più veloce che potremmo costruire per i ciclisti su pista, consideriamo atleti da Olimpiadi. La P24 è da record poiché otteniamo guadagni impressionanti in termini di risparmio di watt. Per un ciclista che vuole pedalare più veloce per un tempo più lungo è di gran lunga la bici più aerodinamica che abbiamo mai sviluppato.

La catena e la sua registrazione non sono le classiche di una bici standard
La catena e la sua registrazione non sono le classiche di una bici standard
Look P24 dà l’impressione di essere leggera, una piuma. E’ così?

Se contestualizzata al suo ambiente ideale, la pista, Look P24 è straordinariamente leggera. E’ l’unica bici di questo segmento a combinare elementi larghi a costruzione rigida, senza flessioni e con sezioni frontali risicatissime.

P24, Made in France in ogni singolo pezzo
P24, Made in France in ogni singolo pezzo
E’ possibile dare un valore economico alla bici che ha vinto a Parigi?

Difficile quantificare in modo preciso, ma indicativamente siamo appena al di sotto dei 40.000 euro. E’ molto, ma non è una cifra iperbolica se consideriamo il contesto pista e tutto il lavoro, la tecnologia e la ricerca che c’è alle spalle del progetto P24. Ci sono bici di questa fascia che costano molto di più.

Alzini, Thomas e le sue “sorelle”: in pista fra sorrisi e ferite

15.08.2024
8 min
Salva

C’è stato un momento, mentre gli azzurri erano avviliti per l’opaco omnium di Viviani, in cui un’azzurra si è alzata dalla tribuna, saltando al collo del nuovo campione olimpico francese. Sarebbe stato strano, se non fosse che Alzini e Thomas sono compagni nella vita e Martina ha vissuto accanto al suo “Ben” una rincorsa impegnativa come poche. Il tempo di un tramonto e l’indomani era nuovamente in lacrime ai piedi del podio di Guazzini e Consonni, sue… sorelle dai giorni della Valcar. Emozioni diverse che hanno dato alla trasferta olimpica di Martina un sapore diverso.

Da lunedì e fino a ieri, Alzini è stata al Tour Femmes e il passo non è stato breve. Ha dovuto trovare nuove motivazioni, resettare la mente e passare dalla bici da pista a quella da strada. Dice però che certi passaggi appartengono alla routine di ogni atleta. Si è fermata ieri perché le alture della Liegi si sono rivelate troppo ripide per un’atleta che ha svolto la preparazione più recente su pista.

«Dipende dalla tua personalità e dall’esperienza – dice – io da questo sport ho imparato che la testa per il cambiamento devi averla tu. Ogni giorno possiamo svegliarci, trovare scuse, lamentarci delle cose che non vanno bene. Qualunque cosa ti succeda, devi essere capace di fare lo switch. Sta a te cambiare, rimboccarti le maniche e ripartire. Che sia stata una caduta, una sconfitta, un contrattempo, una malattia… Qualsiasi cosa».

Martina Alzini e Benjamin Thomas a Desenzano del Garda, durante un’intervista dello scorso inverno
Martina Alzini e Benjamin Thomas a Desenzano del Garda, durante un’intervista dello scorso inverno
Che esperienza è stata per te Parigi?

Mi ha insegnato tanto. Nonostante non abbia corso, mi ha dato più di Tokyo. Il bello della pista è che ogni giorno puoi provare un’emozione diversa, perché le gare sono tante. Un giorno ti va male e sei deluso, quello dopo ti va bene o vedi vincere qualcun’altro cui vuoi bene. Poi è chiaro che personalmente non posso essere soddisfatta, però non ho alcuna recriminazione.

Perché?

A gennaio mi sono messa in testa di affrontare questo percorso a tutto gas e senza mai guardarmi indietro. O meglio, sperando che nel momento in cui mi fossi guardata indietro, non avrei avuto recriminazioni. Ce l’ho messa tutta. Ad Adelaide ho provato la mia prima madison. In Canada volevo fare un bel quartetto per dimostrare a Villa che ho il livello delle altre e penso di esserci riuscita perché abbiamo fatto dei bei tempi. Poi ci sono state le Olimpiadi e io non ho gareggiato, ma le parole di Marco mi hanno fatto piacere.

Che cosa ti ha detto?

Che per colpa dei regolamenti ha dovuto fare delle scelte a malincuore. Io non posso dire nulla, le scelte vanno accettate. Non ho alcuna critica da fare o lamentela. Spesso appaio un po’ insicura o metto in dubbio tante cose di me stessa. Questa volta però so che, essendomi allenata con le ragazze fino all’ultimo, mi sentivo al loro stesso livello. Sono delle individualità forti che fanno parte di un gruppo fortissimo e io sono come loro. Ecco, questo mi sento di dirlo.

Nello stesso velodromo delle Olimpiadi, Alzini ha vinto il mondiale del quartetto nel 2022
Nello stesso velodromo delle Olimpiadi, Alzini ha vinto il mondiale del quartetto nel 2022
Non hai recriminazioni, ma resta il fatto che avresti voluto gareggiare, no?

Mi è dispiaciuto tantissimo. Quando mi è stata data questa notizia, tremavo. All’inizio ti passano davanti il percorso e i sacrifici fatti. E’ una scelta che va accettata, ma quando in cuor tuo sai di essere arrivata davvero pronta e di avere basato tutta la stagione su quel momento, il cuore non può che essere spezzato. Mi reputo una ragazza solare. La prima quando c’è da scherzare a tavola, da fare la risata in più. E per farvi capire quanto tenga al gruppo, in quella giornata mi sono sentita di stare chiusa il più possibile nella mia stanza.

Perché?

Non volevo mandare onde negative alle altre ragazze. Non volevo che si vedesse intorno a me quell’aura di delusione e di tristezza. Il giorno dopo invece mi sono ripresa, ho iniziato a fare il tifo per le altre e dare il mio supporto.

Hai parlato di cuore e in due giorni hai festeggiato due ori diversi: uno di Ben e uno delle tue sorelle…

Non ci sono grandi differenze. Ho la fortuna di allenarmi nel quotidiano con la “Vitto” e con la “Conso”, così come di vivere nel quotidiano Ben quando siamo a casa. So cosa abbiamo passato. Di solito non metto bocca nelle situazioni che toccano ad altri, ma in questo caso posso permettermi di parlare. So cosa c’è dietro alla medaglia di ognuno di loro e le varie emozioni.

L’oro di Guazzini e Consonni è venuto dopo il quarto posto del quartetto, che ha lasciato l’amaro in bocca
L’oro di Guazzini e Consonni è venuto dopo il quarto posto del quartetto, che ha lasciato l’amaro in bocca
Che cosa c’è dietro?

Per quanto riguarda Ben, lo definisco un oro costruito. A Tokyo sembrava che avesse perso tutto, ne è uscito distrutto, anche se con la medaglia di bronzo. Non era quella la sua aspettativa e l’ho visto fare un percorso psicologico enorme. Per me non c’è da vergognarsi a parlare di questo, perché dimostra l’importanza della mente. E’ un oro che ha preso con la testa, nel momento in cui aveva addosso una pressione pazzesca. E come se non bastasse quella degli altri, c’era quella che si è messo da sé.

Come ne è uscito?

Ha lavorato. Ha intrapreso un percorso per capire come arrivare lì il più tranquillo possibile. E ha sacrificato tanto. E’ stato a lungo via da casa. Ha disinstallato i social dal telefono fino al giorno della gara. Dopo Tokyo era stata una delle cose che gli aveva fatto più male. La cattiveria della gente, gli insulti pesanti. Gli hanno scritto che non meritasse di andare in bici e che fosse la vergogna della Nazione. Cose anche più gravi. Ed è vero che vengono da persone che non conosci e non te ne frega nulla, però lasciano il segno. Anche perché magari sono gli stessi che ora gli dicono che è un eroe.

Si spiega così la tua commozione?

Molti mi hanno fatto notare quanto io abbia pianto. Ragazzi, se aveste passato la metà di quello che ho passato io con lui dai giorni peggiori ai giorni di gloria… Quelle erano lacrime di sfogo. In questi tre anni ho visto la dedizione, il sacrificio e i momenti no. Mi auguro che questa medaglia sia d’ispirazione per le tante persone che non si sentono mai al posto giusto e non perché lo siano davvero, ma perché qualcuno le fa sentire così. E’ possibile cambiare e ottenere quello che vuoi dalla vita. Secondo me il messaggio che deve passare dall’oro di Ben è questo. Non è solo una medaglia olimpica, è il lieto fine di un lungo percorso. C’è una frase di Viviani della sera dopo l’omnium che mi dà ancora i brividi.

La caduta di Thomas durante l’omnium, dopo cui si è rialzato ed è ripartito
La caduta di Thomas durante l’omnium, dopo cui si è rialzato ed è ripartito
Che cosa ha detto?

Stavamo tornando in macchina verso l’hotel e lui ha raccontato che le prime parole dette a Ben sono state che lo capiva e capiva cosa significasse vincere un oro dopo una caduta. Perché a Rio gli era successa la stessa cosa e io lo ricordavo perché ero una ragazzina (aveva 19 anni, ndr) e lo avevo visto alla televisione. Mi sono resa conto di quanto sia stata grande e meritata la vittoria di Ben. E’ caduto, si è rialzato pieno di adrenalina ed è andato a prendersi quello che voleva. E’ bello, molto toccante.

Hai pianto anche per le ragazze il giorno dopo…

Ho cominciato appena le ho viste mettere i piedi sul podio. Ho letto diversi articoli secondo cui sarebbe un oro venuto a caso o inaspettato. Magari è vero che non se lo aspettavano nemmeno loro, ma non c’è stato niente di casuale. Per me Vittoria Guazzini è uno dei più grandi talenti che abbiamo in Italia e Chiara Consonni uno dei più grandi motori. Se guardiamo quello che hanno fatto fino ad oggi, niente è per caso. Hanno vinto diversi titoli mondiali. Hanno vinto tappe al Giro e anche crono. Un risultato casuale è un’altra cosa, quella è stata una bella sorpresa, una bella rivelazione che secondo me in futuro ci farà ancora divertire.

Perché?

Perché secondo me adesso hanno più consapevolezza di cosa possono fare. E il messaggio che deve passare è anche che si sono anche divertite. Vedi che si conoscono, dove non arriva una arriva l’altra. Il giorno prima scherzavamo con la Conso. Mi diceva se la Vitto avesse attaccato, l’avrebbe ammazzata. Così appena è partito l’attacco, ho pensato a cosa fosse passato nella testa di Chiara e mi sono messa a ridere. E’ stato super emozionante. Sono stati giorni indimenticabili da cui spero prendano la giusta consapevolezza.

Invece Martina cosa prende da quei giorni?

La consapevolezza che prima mi mancava. Zero rabbia, quella no. Fino a qualche anno fa mi guardavo attorno e vedevo Balsamo, Paternoster, Consonni, tutti grandi nomi che stravincono su strada oppure hanno sempre fatto un numero in qualche gara importante. E io tante volte non mi sono sentita a quel livello. Sono andata avanti in punta dei piedi. Già il mondiale di due anni fa mi diede la consapevolezza di non essere da meno.

Mentre adesso?

Sono ripartita da Parigi con questa certezza: sono come loro. Me l’ha detto Marco (Villa, ndr), l’ha detto Diego (Bragato, ndr), l’ha detto il cronometro. Ma soprattutto l’ho detto io a me stessa. Ho dimostrato che quando voglio e ho un appuntamento importante, anch’io so costruirmi il percorso, la forma fisica, la mentalità giusta e veramente forte. Quindi spero che questa mentalità mi aiuterà in primis per i mondiali pista che verranno, perché ovviamente il mio riscatto deve iniziare da lì.

Thomas, la fuga giusta. E su Pogacar, Damiani si schiera

08.05.2024
6 min
Salva

«Ragazzi – dice Damiani durante la riunione del mattino – guardate l’altimetria della tappa. Non è scritto da nessuna parte che si debba arrivare in volata».

Ben Thomas sta osservando proprio il profilo della Genova-Lucca e annuisce. Sul pullman della Cofidis si ragiona ad alta voce. Non hanno un velocista all’altezza di Milan e degli altri, perciò ogni tappa vagamente mossa può offrire il pretesto per un attacco. E quando i corridori scendono per andare alla partenza, hanno fatto loro un concetto espresso dal direttore sportivo lombardo. Il ciclismo non è matematica: se sei un velocista buonino, ma evidentemente battuto, devi provare a fare qualcosa di diverso. Sei corridori su otto della squadra francese andranno in fuga e la strategia paga. A 28 anni compiuti, Benjamin Thomas ha vinto la tappa, cogliendo la vittoria più bella su strada. Su pista invece il francese è una star e di questo si accorge Valgren, quando lo vede sprintare da seduto come nella volata finale di una madison».

«Prima è andato in fuga Getschke – racconta Damiani, che questa squadra l’ha assortita proprio per attaccare – però l’hanno ripreso. Sapevano che se ci fossero stati altri attacchi, avrebbero dovuto seguirli. Invece la seconda volta è stato proprio Benjamin ad attaccare. Aveva bisogno di ritrovarsi, anche mentalmente. L’anno scorso ha avuto una stagione abbastanza dura, soprattutto verso la fine tra pista e strada. Invece un paio di giorni fa dopo la tappa mi ha detto: “Lo sai che oggi mi sono proprio divertito?”. E io gli ho risposto che quello era un segnale incredibilmente bello e l’ho detto anche in riunione».

La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate
La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate

Chi vince non sbaglia

L’altimetria parlava del Passo del Bracco e di Montemagno a ridosso del finale, ma è palese che fra le squadre dei velocisti qualcuno abbia preso una cantonata. Soltanto la Alpecin-Deceuninck ha provato a lavorare di squadra e Damiani torna sul discorso ripartendo da un concetto appena esposto nell’intervista flash della RAI dopo l’arrivo.

«Chi vince ha fatto tutto bene, chi perde ha fatto degli errori. Qui al Giro – spiega Damiani – ci sono 3-4 squadre con dei velocisti che possono vincere tutti i giorni. Ma secondo me una aspetta sempre un po’ di più l’altra. Oggi, come dicevamo, la Alpecin si è spesa di più, poi la Soudal e la Lidl-Trek, ma hanno messo un solo uomo e solo quando si sono resi conto che la fuga gli stava facendo le scarpe. Avevamo studiato bene gli ultimi 5 chilometri per entrare in città, con il pezzettino di pavé, la curva a sinistra e la curva destra. In quei tratti sicuramente è più vantaggiosa la situazione di chi è in fuga e poi erano dei bei pedalatori. Quando c’è una fuga, devi valutare anche chi c’è dentro».

Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale
Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale

L’effetto domino

Per la Cofidis la ruota è girata e adesso si attende l’effetto domino che nel Tour dello scorso anno mise le ali ai piedi a tutti i ragazzi del team. Per cui alla vittoria di Lafay fece seguito a breve quella di Izagirre.

«Certo che si riprova – sorride Damiani – assolutamente, però con la serenità di avere già una vittoria in tasca. La vittoria di Ben sarà una bella spinta, perché è uno dei leader della squadra. In ogni meeting, lui entra con personalità, con estrema educazione, però tira fuori quello che ha in testa. E’ uno che studia molto i finali, è un bell’uomo squadra, non solo quello che ascolta in silenzio. Sul pullman è uno di quelli che aveva valutato meglio la tappa. Perciò è stato lui a proporre di mettere un corridore vicino ad Aniołkowski per salvare il velocista e poi tutti all’attacco, mentre gli altri sei avrebbero provato».

Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione
Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione

Il fantasma di Carcassonne

Thomas arriva dopo i tanti rituali del dopo tappa. Dopo l’arrivo si è seduto per terra, ancora incredulo. Quando sono arrivati i compagni lo hanno sollevato di peso per abbracciarlo come si deve.

«Vivo in Italia da sette anni – dice – e sono felice di aver ottenuto la mia prima grande vittoria su strada qui. Onestamente, mi ero segnato alcune tappe in cui attaccare, ma non questa. Ho seguito il mio istinto e ho chiesto in gruppo se qualcuno voleva seguire la mia azione. Valgren era pronto, così come Paleni. Abbiamo interpretato l’azione come fosse un inseguimento a squadre su pista, ci siamo dati cambi regolari, ma non credevo che ce l’avremmo fatta. Quando siamo entrati nel ciottolato a 3 chilometri dall’arrivo, ho pensato che avremmo potuto giocarci la vittoria. Nel ciclismo mi piace giocare, altrimenti avrei già smesso. All’arrivo il mio gesto era un omaggio alla canzone ‘Zitti e buoni’ dei Maneskin. E’ il primo successo stagionale del mio team, è stato bello vederli tutti felici all’arrivo».

Ben vive a Desenzano con la compagna Martina Alzini. Proprio di recente li avevamo incontrati perché raccontassero la bici Look del team e ci avevano dato l’idea di una coppia davvero spensierata nella condivisione della comune passione per il ciclismo. Martina è passata a salutarlo al via da Novara, con sui padre e sua nonna, mentre oggi non c’era.

Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento
Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento

Benedetto sia Pogacar

Il Giro riparte domani per la tappa sugli sterrati di Rapolano che potrebbe mettere nuovamente le ali ai piedi di Pogacar. Sul suo allungo nel finale di Fossano si è detto tanto, i social sono impazziti. Eppure su questo Damiani ha una posizione a parte.

«Se Pogacar si sente di fare così – dice Damiani – non saranno le critiche a fermarlo. Da direttore sportivo non gli direi mai di attaccare in un arrivo come quello di Fossano, però probabilmente lui segue molto l’istinto e sono convinto che, se uno ha una buona condizione, non è la menata di Fossano che gli fa perdere il Giro. Poi ci saranno i soliti benpensanti, che conoscono tutto il ciclismo. E se per caso vince il Giro e fa secondo al Tour, diranno che è stato per lo scatto di Fossano. Io non sono qui per vincere il Giro, ma le tappe. La penserei allo stesso modo se oggi fosse uscito dal gruppo e avesse ripreso Thomas vincendo al posto suo? Non l’ha fatto e nemmeno a Fossano è uscito per andare a prendere una fuga. E’ partito seguendo un attacco, è diverso.

Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?
Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?

Come Bocca di Rosa

«Non sarei stato felice – conclude Damiani – se oggi avesse messo la sua squadra a chiudere sulla fuga, in una tappa per velocisti. Invece in maniera intelligente ha lasciato spazio, pensando forse a domani, ma certo anche alla crono e a Prati di Tivo. A me sinceramente non pare che faccia niente di disdicevole. E’ un campione, uno che quando sente il profumo di vittoria va a cercarla, bello che sia così. Abbiamo martellato per anni tutti quei campioni calcolatori che facevano solo il Giro o solo il Tour e adesso ce la prendiamo con questo che vince le classiche e poi viene a vincere il Giro? Chapeau a lui. Sinceramente non lo conosco, probabilmente gli ho detto tre volte ciao, però tanto di cappello. Quando sento queste cose, mi sembra di sentire la canzone Bocca di Rosa di De André. Sul fatto che è bello e vince, mentre agli altri non restano che i commenti. E’ meglio un Giro con lui da solo oppure un Giro di piccoli calibri che se le danno fra loro?».

Alzini-Thomas, un caffè sul lago, parlando della Look

02.04.2024
9 min
Salva
Una mattinata con Martina Alzini e Benjamin Thomas, atleti dell'Equipe Cofidis, cercando di capire in che odo abbiano personalizzato le loro Look 795 Blade RS. Differenze nella scelta delle ruote, soprattutto, e delle regolazioni. Tutto da leggere e seguire.

DESENZANO DEL GARDA – Martina Alzini e Benjamin Thomas stanno insieme da dopo il Covid e vivono da queste parti, in un paesino fra il Garda e Montichiari, che per entrambi sono teatro di allenamenti. Entrambi iridati su pista (cinque volte lui fra omnium, madison e corsa a punti; una lei nell’inseguimento a squadre) dal 2022 corrono anche nella stessa squadra, l’Equipe Cofidis, sulla stessa bici Look. Scherzando, chiedemmo a lei come facessero a non confondere maglie e calzini nei rispettivi cassetti.

Oggi siamo tornati con la curiosità di scoprire in che modo abbiano declinato le scelte tecniche sulla stessa bici: la Look 795 Blade RS in uso alla squadra, che Thomas ha contribuito a sviluppare. In queste settimane che conducono alle Olimpiadi di Parigi, le scadenze sono serrate, per cui non è semplice trovarli entrambi a casa. Un tavolo e un caffè ai margini del mercato sono l’occasione per una sorta di dialogo a due su questo tema. Una reciproca intervista in cui due atleti professionisti hanno parlato per quasi mezz’ora del loro strumento di lavoro.

La stessa bici per Alzini e Thomas, la Look 795 Blade RS
La stessa bici per Alzini e Thomas, la Look 795 Blade RS

Rigida e leggera

ALZINI: «Allora Ben, da quanto tempo hai iniziato a usare questa bici? Soprattutto sappiamo che sei stato uno degli atleti che ha lavorato allo sviluppo del telaio e dei materiali...».

THOMAS: «Sì, è già dall’estate 2022 che proviamo questo telaio. I primi test sono stati soddisfacenti. Mi sono sentito subito bene e ormai la uso in gara da due stagioni. All’inizio ha debuttato come prototipo adesso abbiamo la versione finale ed è una bella bici da gara».

ALZINI: «Quali sono le differenze rispetto alle bici che usavi prima, in cosa è diversa?».

THOMAS: «La prima cosa è che è una bici molto reattiva e leggera. Quando ti alzi sui pedali, la senti andare avanti, soprattutto in salita. E poi dà una sensazione di comfort nelle discese, senti di avere una bici veloce, ma anche precisa in frenata e manovrabilità. Volendo usare tre qualità per descriverla, parlerei di leggerezza, rigidità e reattività. A te invece cosa sembra?».

ALZINI: «Penso la medesima cosa, però per quanto riguarda la discesa. Rispetto alle bici che ho utilizzato nelle precedenti stagioni (Alzini ha corso alla Valcar con Cannondale e al primo anno in Cofidis con De Rosa, ndr), questa mi ha colpito subito perché nelle discese ha veramente una grande reattività, che a me interessa anche più della leggerezza. La bici deve andare dove dico io, deve schivare una buca, un ostacolo all’ultimo, deve reagire al millisecondo. Poi c’è da dire un’altra cosa. Secondo me nella guidabilità di una bici fanno tanto anche le ruote e per me Corima con Look è veramente una bella combo. Certo ora conta tutto: la scelta del pneumatico, la ruota, il telaio, però secondo me queste ruote sono davvero in sintonia col telaio».

Quali ruote?

THOMAS: «Telaio e ruote sono stati sviluppati insieme, dato che Corima e Look fanno parte dello stesso gruppo. Quindi è vero che un certo tipo di bici va con certe ruote e queste si abbinano bene. Sia quelle da 47 mm che uso in allenamento, sia quelle più alte da 58 che sono davvero una bomba in discesa e anche in pianura. Quelle da 47 passano dovunque, sono ruote complete». 

ALZINI: «Io penso che le 47 sono quelle che scelgo nel 99 per cento delle gare, perché non sono super alte come le 58. Specie quando sei in Belgio e hai tanto vento laterale e senti l’impatto. Danno anche una bella inerzia, che magari con le 32 non avviene, anche se pesano qualcosa in meno».

THOMAS: «Le 32 le usano di più gli scalatori, quindi io non le ho mai usate (sorride, ndr). Poi c’è anche da dire che con queste ruote da 47 o le 32 la bici si avvicina a un peso quasi sotto i 7 chili, quindi una bici molto competitiva su tutti i terreni. E’ all’altezza dei migliori telai nel mondo, è una bici da gara».

Alzini Thomas 2022
Matina e Benjamin sono entrambi pistard di altissimo livello: entrambi ora puntano su Parigi 2024
Alzini Thomas 2022
Matina e Benjamin sono entrambi pistard di altissimo livello: entrambi ora puntano su Parigi 2024

La posizione in sella

ALZINI: «Ti è venuto facile trovare la posizione in sella?».

THOMAS: «E’ stato importante regolare bene il posto di pilotaggio…».

ALZINI: «Che cosa?».

THOMAS: «Il posto di pilotaggio, come dite in italiano le post de pilotage? Dico manubrio, che è meglio (ride, ndr). E’ stato importante trovare la giusta misura dell’attacco, perché poi una volta trovata quella, la posizione rimane fissa. Io l’ho cambiata due volte durante la prima stagione, fino a trovarmi bene. E tu l’hai trovata subito bene?».

ALZINI: «Questa cosa che il manubrio e l’attacco non sono integrati, nel senso che non sono un unico pezzo, mi ha aiutato parecchio. Puoi tenere la stessa larghezza, ma cambiare la pipa. Questo mi è piaciuto molto, specie in inverno le prime volte che provavo la bici. Non sei mai sicura al 100 per cento e mi ha aiutato molto fare varie prove mantenendo la larghezza della curva. E’ questo che mi piace rispetto ai manubri totalmente integrati».

THOMAS: «E comunque, anche se in due pezzi, lascia una bella impressione di rigidità. Io lo trovo molto reattivo anche in volata, quando ti alzi e lanci una volata, non senti il manubrio che balla. E’ subito rigido e puoi trasmettere tutta la forza».

Nuovi pedali in arrivo

THOMAS: «I nuovi pedali Look sono stati presentati pochi giorni fa e penso che li useremo già alla fine dell’anno su qualche bici, per provarli in gara. E poi penso dall’anno prossimo li useremo tutti e ci daranno un bel guadagno di peso di circa 80-100 grammi rispetto ai sensori di potenza integrati nella pedivella. Quindi ancora un piccolo guadagno per avvicinarsi a quel limite di 6,8. La cosa trovo interessante di questi pedali, però, più che la leggerezza è la rigidità. Io adoro che il pedale sia il più rigido possibile, devo sentire sempre il minor gioco possibile».

ALZINI: «Anche io nei pedali cerco la rigidità. Ancora prima della leggerezza, la cosa che guardo è che quando decido di spingere a fondo sui pedali, magari nel fare uno sprint o un rilancio, devo avere una risposta immediata. Ci deve essere il minor gioco possibile e mi piace veramente la possibilità di chiuderli del tutto. Magari all’inizio quando lo sganci lo senti un pochettino più duro, specie all’inizio, però ci si abitua a tutto e io preferisco così, in modo da avere una reazione istantanea. Invece ci sono mie compagne, specie le scalatrici, che preferiscono una risposta un po’ più soft. Loro magari hanno il pedale impostato a metà della rigidità, io invece stringo tutto, come gli sciatori in discesa. Ma visto che prima si parlava di ruote e coa ti pare del comfort di questa bici?».

Comfort e test

«Io uso al 99 per cento le ruote 58 rispetto a te, anche su percorsi duri, magari con 3.000 metri di dislivello. Non guardo molto le differenze di peso in salita, a me piace di più andare forte in pianura, recuperare il tempo nelle discese. Con le 58 magari perdi un po’ sulla salita, ma recupero il triplo nella discesa o dopo nei tratti di pianura. Mi piace avere la bici più rigida possibile e con le ruote da 58 mi trovo bene. E poi sono quelle che rispondono meglio in volata e con gli pneumatici da 28 trovo anche un discreto comfort. Non sento tutte le buche e non ho di schiena. Posso fare anche 5-6 ore su strade brutte e tornare a casa senza senza avere male dappertutto. Questo è importante perché la bici è rigida, ma è stata sviluppata per essere più confortevole. Ricordo che quando nel 2022 facevamo i test con Look, mettevamo dei sensori sotto la sella, la forcella e il manubrio per valutare le vibrazioni causate dalla strada».

ALZINI: «Che cosa veniva fuori?».

THOMAS: «Vedevamo che la bici aveva diverse rigidità di telaio e abbiamo scelto quella più rigida, ma anche con meno vibrazioni, che è molto importante. Passiamo quasi 25-30.000 chilometri all’anno sulla bici, è importante che non ci provochi problemi. Questo è un parametro su cui gli ingegneri di Look hanno molto ragionato e alla fine ci ritroviamo con una bici confortevole anche per amatori che non vogliono usarla in competizione, ma anche solo per farsi qualche girata. E comunque, come dicevi anche tu, se parliamo di comfort bisogna considerare anche le gomme.

Alzini e Thomas vivono nel bresciano, fra Montichiari e il lago di Garda
Alzini e Thomas vivono nel bresciano, fra Montichiari e il lago di Garda

Copertoncini e camera d’aria

ALZINI: «Io qui adesso ho dei 28 con camera d’aria, ma in gara usiamo i tubolari e non i tubeless, anche se qualcuno li ha testati. Nel 99 per cento delle corse, noi donne usiamo uno pneumatico da 25, qualcuna il 28 nelle classiche. Lo standard è il 25 con il bordo beige, perché appunto è stato testato che dia la resa migliore in abbinamento a queste ruote. Invece in condizioni di pioggia, anche se scorrono meno, usiamo uno pneumatico tutto nero. Magari nei tratti dritti e in pianura ti può sembrare che renda meno proprio in termini di watt, ma senti la differenza specie in curva. Ti puoi permettere di frenare un secondino dopo, che in una gara a volte fa la differenza. Specie quando devi rimontare o devi prendere una determinata curva per forza in testa, sempre nei limiti della sicurezza. Con il copertone nero, ha lo stesso grip di quando la strada è asciutta».

THOMAS: «Restando sempre sul discorso dei copertoni con la camera d’aria, usiamo il 28 con le camere d’aria latex. Pesano meno e rendono di più. Nei test che abbiamo fatto, sono meglio del tubeless che al momento sono l’ultima tendenza del mercato (oltre a queste considerazioni tecniche, risulta che la Cofidis non utilizza pneumatici tubeless perché le ruote Corima non sono ancora state sviluppate in modo adeguato, ndr)».

Trasmissione Shimano

ALZINI: «L’anno scorso, passando da De Rosa a Look, siamo passati anche da Campagnolo a Shimano. Tu che rapporti usi?».

THOMAS: «Io faccio una scelta abbastanza classica, con il 54-40 davanti e dietro 11-30 oppure 11-34 per le tappe di montagna. Poi possiamo anche mettere rapporti da 55-56 per gli sprinter o quando c’è una tappa con vento a favore. E’ interessante anche la possibilità di variare la lunghezza della pedivella senza doverla cambiare. Grazie al meccanismo di Look, possiamo passare da 170, 172,5 oppure 175. Io le uso da 172,5 e 170 a crono, basta ruotare l’eccentrico su cui è inserita la boccola filettata e varia anche la lunghezza della pedivella».

Adesso è tempo di iniziare l’allenamento. Per Ben, che vive sul lago da prima del Covid, la giornata prevede riposo: il prossimo obiettivo è il Giro d’Italia. Ma la giornata di sole e la necessità di fare qualche foto autorizzano un piccolo strappo alla regola. Martina in questi giorni fa avanti e indietro fra la strada e la pista. Manca poco alla Nations Cup su pista di Milton, poi l’avvicinamento a Parigi 2024 entrerà nel vivo. Lei dice un gran bene della nuova Pinarello per gli inseguitori, lui scherza dicendo che le bici francesi sono migliori. E così, ridendo, si allontanano lungo la sponda bresciana del lago. La loro stagione sta entrando nel vivo, lo spirito è quello giusto.

Alzini, nuovi focus in pista e voglia di raccogliere di più

16.02.2024
6 min
Salva

«Vi confesso che non mi aspettavo la vostra chiamata, però mi fa piacere anche se in questo inizio di stagione non compaio molto negli ordini d’arrivo». Prendiamo in contropiede Martina Alzini che ci risponde in modo divertito, incuriosito e sincero come sempre. Talvolta si può andare oltre i piazzamenti cercando di leggere fra le righe ciò che esprime una gara o una prestazione.

Siamo andati sul sicuro perché Alzini ha sempre qualcosa da dire. Finora ha corso europei, Nations Cup e UAE Tour raccogliendo subito dei riscontri per ciò che sarà il suo 2024. In pista sta provando a rimettersi in gioco su discipline per lei desuete per strappare un biglietto per Parigi 2024. Su strada è alla terza stagione con la Cofidis Women Team, con cui vorrebbe salire un ulteriore gradino di crescita. Di questo ed altro abbiamo chiacchierato con la legnanese, che nel frattempo ha festeggiato i 27 anni in gara negli Emirati Arabi.

Alzini in coppia a Martina Fidanza durante la madison di Nations Cup in Australia. Una disciplina che ha ripreso a fare da poco
Alzini in coppia a Martina Fidanza durante la madison di Nations Cup in Australia. Una disciplina che ha ripreso a fare da poco
Com’è nata la tua partecipazione alla Nations Cup visto che il quartetto non c’era?

Ne avevamo iniziato a parlare già da tanto tempo con Villa e Bragato. Principalmente l’anno scorso Marco (il cittì Villa, ndr) mi aveva chiesto di fare qualche gara di gruppo in vista di quest’anno. Ero sia stimolata che spaventata perché era un po’ che non ne facevo. Così mi sono confrontata anche con Martina Fidanza con cui avrei dovuto fare la madison e mi sono resa disponibile per andare giù ad Adelaide. Compatibilmente agli impegni con le nostre squadra, tra gli europei e il viaggio in Australia ci siamo trovate a Montichiari per qualche allenamento.

Che effetto ti ha fatto prepararti per questa disciplina?

Innanzitutto dovevo raccogliere i punti necessari per farla. Li avevo ottenuti agli italiani di Fiorenzuola dove Martina ed io abbiamo vinto la madison (oltre ad altri tre tricolori, ndr). Poi ho fatto punti in Repubblica Ceca correndo in coppia con Fiorin. Però potete capire bene che si trattava di contesti diversi rispetto ad una Nations Cup. Nei primi due casi ho corso su velodromi all’aperto, ad Adelaide eravamo al chiuso. I riferimenti da prendere sono altri e ne escono gare completamente differenti. Poi diciamo che per prepararmi meglio ho sfruttato “Benjo” (sorride riferendosi al suo fidanzato Benjamin Thomas, plurimedagliato in pista, ndr).

Amicizia. Il 10 febbraio al UAE Tour Fidanza, Consonni e Guazzini hanno preparato la torta di compleanno per Alzini
Amicizia. Il 10 febbraio al UAE Tour Fidanza, Consonni e Guazzini hanno preparato la torta di compleanno per Alzini
In che modo?

Sapete che anche lui ama la pista ed è uno che si riguarda più volte le gare per capire dove sbaglia o dove deve sfruttare meglio le situazioni. Quindi un po’ ho chiesto io, un po’ si è proposto lui di aiutarmi e così ci siamo ritrovati a vedere tanti filmati di madison un pezzo alla volta. Anzi, ad un certo punto sembrava un’interrogazione (ride, ndr). Benjo metteva in pausa la gara e mi chiedeva se avessi notato errori da parte di qualcuno o azioni buone. In entrambi i casi mi ha spiegato cosa si doveva fare e perché. Studiare la madison mi ha fatto bene, correrla ancora di più perché mi è stato tutto molto più chiaro.

Alla fine avete chiuso con un sesto posto. Te lo aspettavi?

Sapevamo che non potevamo fare molto di più. Marco e Martina (Fidanza, ndr) con me sono stati molto pazienti e comprensivi. Martina poi ha fatto quasi gli straordinari perché si è ritrovata a compensare i miei errori. Entrambi li ringrazio infinitamente per l’opportunità che mi hanno dato.

Farai anche le altre prove di Nations Cup?

Ho voglia di riscattarmi, sicuramente. Per Milton (dal 12 al 14 aprile, ndr) mi sono resa disponibile anche per il quartetto. E nei giorni precedenti ho già dato la mia parola che sarò in pista ad allenarmi. Invece salterò la prova di Hong Kong (15-17 marzo, ndr) perché correrò con la Cofidis al Tour de Normandie, dove l’anno scorso avevo ottenuto due secondi di tappa e il terzo nella generale. Vorrei migliorare quei tre podi.

Sembra evidente che il gruppo pista femminile abbia recepito le “strigliate” del cittì Villa, giusto?

Assolutamente sì. Dopo Glasgow abbiamo avuto un cambio di rotta e credo si sia visto subito nei ritiri. Abbiamo capito cosa Marco vuole da noi. L’oro del quartetto agli europei è frutto del nostro maggior impegno, del nostro ulteriore salto di qualità. Il gruppo sostiene le singole e viceversa. Noi siamo amiche prima giù dalla bici che in sella. Al UAE Tour, dove siamo quasi tutte avversarie, le altre ragazze della pista mi hanno fatto una bellissima sorpresa per il compleanno.

Raccontaci pure.

Negli Emirati tutte le squadre alloggiavano nello stesso hotel, quindi a cena ci si vedeva con tutti. La sera del 10 febbraio al tavolo della mia squadra si sono presentate Martina, Chiara e Vittoria (rispettivamente Fidanza, Consonni e Guazzini, ndr) con una torta preparata apposta per me. Non me lo aspettavo ed è stata davvero emozionante. Questo per dire quanto siamo unite e quanto può far bene questo aspetto.

Ex Valcar. Alzini e Consonni hanno disputato il UAE Tour con diversi ruoli e compiti nelle rispettive squadre
Ex Valcar. Alzini e Consonni hanno disputato il UAE Tour con diversi ruoli e compiti nelle rispettive squadre
Il UAE Tour invece com’è andato a Martina Alzini?

Avevo il compito di aiutare Valentine Fortin nelle volate. Principalmente ho fatto la leadout per lei e avevo la responsabilità di fare il treno. Posso dire che le gare di gruppo in pista mi hanno dato quel qualcosa in più per questo tipo di lavoro. La squadra mi riconosce il ruolo di regista in corsa e ne sono orgogliosa perché mi piace analizzare le gare. Stiamo crescendo come team e penso che nella seconda tappa abbiamo fatto il miglior lavoro allo sprint di questi tre anni. Poi ovvio che vorrei avere un po’ di spazio, anche se sto facendo di tutto per guadagnarmelo.

Gli obiettivi del 2024 quindi non sono solo legati alle Olimpiadi?

Parigi resta sempre un grande obiettivo. Tuttavia non guardo più indietro e non penso più a Tokyo. Guardo piuttosto i piccoli passi in avanti, anche perché rispetto a tre anni fa sono cambiate tantissime cose. Il ciclismo è fatto di tante sconfitte e poche vittorie, pertanto le apprezzi maggiormente. Anche grazie all’Esercito (corpo nel quale è entrata da fine dello scorso anno, ndr) riesco a fare bene due attività. Nel 2023 mi è mancato qualcosa dal punto di vista mentale e quest’anno vorrei tornare ad alzare le braccia al cielo, dove non importa. Spero che il mio lavoro venga ripagato. Mi concedete però un’ultima riflessione?

Alzini è alla terza stagione in Cofidis. La squadra le ha assegnato il ruolo di regista in corsa, però lei vorrebbe ritagliarsi qualche spazio in più
Alzini è alla terza stagione in Cofidis. dove è regista in corsa, ma vorrebbe ritagliarsi qualche spazio in più
Certamente…

E’ una riflessione romantica, diciamo. Magari mi attirerò le antipatie di qualcuno e per qualcuno potrebbe essere giustamente opinabile ciò che dico, ma ci pensavo proprio mentre eravamo al UAE Tour guardando le volate. La SD Worx-Protime è la formazione dominante su tutti i terreni e nessuno ne mette in discussione la forza. Anzi, merito loro. Però pensavo che sfida sarebbe stata allo sprint con la vecchia Valcar, tenendo conto adesso di quante di noi sono sparse in giro. Adesso sarebbe una formazione WorldTour che terrebbe testa a loro senza problemi. Che potenziale che c’era lì dentro…

Cina amara per Thomas, tornato a casa con le ossa rotte

24.10.2023
4 min
Salva

GUILIN (Cina) – Aveva tutto il programma pronto e definito, invece Benjamin Thomas è ripartito con le ossa ammaccate e la paura (poi scongiurata) di essersi davvero rotto qualcosa. Colpa della caduta nel finale della quinta tappa del Tour of Guangxi, quella vinta da Molano nella stessa Guilin da cui è partita l’ultima frazione.

«Poteva andare peggio – dice – sono scivolato in discesa e finito nel fosso, cadendo sulla schiena. Ho dovuto fare degli esami per verificare di non essermi rotto la scapola. Però ugualmente ho preso un bel colpo e mi hanno prescritto tre settimane di riposo. Questo significa che non potrò correre la Sei Giorni di Gand, perché è rischioso riprendere così forte dopo la botta. Ho un ematoma profondo che può metterci diverse settimane a guarire e fare cambi all’americana a tutta non è il massimo per la schiena».

Thomas campione europeo della madison 2023, davanti a Consonni: entrambi alla Cofidis
Thomas campione europeo della madison 2023, davanti a Consonni: entrambi alla Cofidis

Il Viviani di Francia

Benjamin Thomas sta alla Francia come Elia Viviani sta all’Italia e anche lui, come il veronese, si divide fra la strada e la pista con risultati a volte migliori, a volte peggiori. Ciò che li accomuna è anche la difficoltà nel fare risultato su strada, in questo ciclismo di confronti sempre al vertice. Come Viviani, anche Thomas se ne va dal 2023 con due vittorie su strada, cui ha aggiunto l’europeo nell’omnium. La prossima stagione lo proietterà sulle Olimpiadi che si correranno per giunta in Francia, ma questo anziché togliergli il sonno non lo distrae dalla dimensione di stradista.

«A livello dei risultati – dice – non sono arrivate grosse cose. E’ stata una stagione lunga con molti viaggi e forse per la prima volta, ho sofferto la doppia attività: la strada e la pista. Ho avuto qualche infortunio. Mi sono ammalato al Delfinato e ho dovuto saltare il Tour de France. Insomma, una stagione un po’ così, ma si va avanti».

Uno come te, che in pista ha fatto forse i risultati migliori, riesce a essere concentrato ugualmente su entrambi i fronti o la pista ha più spazio?

E’ difficile essere uguale in entrambe. Quest’anno ho provato a dare più spazio alla strada, ma il calendario della pista resta impegnativo. Ho fatto ad esempio la trasferta in Canada ad aprile e mi sono ritrovato alle corse in Europa con il fuso orario da recuperare. Poi ci sono stati i mondiali dopo il Tour, che sono stati difficili a livello di programmazione. Alla fine quasi niente è andato per il verso giusto, quindi stiamo già ragionando su come fare l’anno prossimo, probabilmente riducendo gli impegni per fare meglio.

Anche il prossimo anno non avrà una gestione facile, fra Olimpiadi e Tour.

L’anno prossimo quasi sicuramente non farò il Tour de France. Avrò un calendario diverso, però bisogna adattare i giorni dei ritiri o delle gare in pista con le competizioni su strada, per essere competitivo in entrambi. Perché io non voglio puntare solo alle Olimpiadi ad agosto, ma anche fare un bell’inizio di stagione. Vorrei vincere e fare bei risultati per arrivare sereno a Parigi.

Viviani ha detto di avere bisogno di correre di più su pista per ritrovare automatismi e tecnica. Per te è lo stesso?

Siamo un po’ allo stesso punto. Quest’inverno mi sarebbe piaciuto rifare una Sei Giorni per riprendere l’abitudine all’americana, i riflessi. Perché alla fine quest’anno ho corso solo tre madison, che per me è pochissimo. Vedremo se trovarne un’altra al posto di Gand, stando però attento a non fare troppo.

L’Italia della pista riparte dal velodromo di Noto come lo scorso anno: cosa farà la Francia?

Noi abbiamo un ritiro sul Teide a cavallo del 10 dicembre. Più che di vera preparazione, servirà per iniziare a lavorare sul gruppo (con la prima prova di Nations Cup il 2 febbraio ad Adelaide, chi vorrà partire forte, farà un mese di dicembre ad alta intensità, ndr). Anche se ancora non conosco i miei programmi per la prossima stagione.

“Benjo” Thomas, fari puntati su mondiali, Vuelta e Parigi

13.07.2023
6 min
Salva

FIORENZUOLA – Lo stiamo ripetendo da tempo, quasi allo sfinimento. Per tanti motivi quelli di Glasgow non saranno mondiali qualunque. Inizieranno il 3 agosto e saranno un’anticipazione di Parigi 2024. Su pista vincere in Scozia significherà garantirsi l’accesso alle olimpiadi. Fra i tanti in cerca del pass c’è Benjamin Thomas con la sua Francia.

Il bresciano d’adozione della Cofidis guiderà la sua nazionale nella rassegna iridata verso quella a cinque cerchi. Un compito difficile non tanto perché la Francia sia a rischio partecipazione, quanto perché sappiamo quanto i nostri cugini d’Oltralpe sentano il peso dell’evento in casa propria. Thomas lo abbiamo visto “in borghese” durante i campionati italiani su pista a Fiorenzuola in qualità di accompagnatore-allenatore non solo della fidanzata Martina Alzini. Per “Benjo” è stato un momento di stacco psico-fisico prima di rituffarsi in ottica mondiale. Sarà il solito cliente scomodo per tutti, Italia compresa, e così con lui abbiamo approfondito il discorso.

Su strada Thomas punta a correre la Vuelta ed in generale trovare un risultato importante per rilanciarsi
Su strada Thomas punta a correre la Vuelta ed in generale trovare un risultato importante per rilanciarsi

“Benjo” coach

Dall’altra parte del rettinilineo d’arrivo dell’anello di Fiorenzuola c’è Thomas tutto solo in bermuda e t-shirt neutri. Quella è la sua mattonella in cui incita non solo Alzini ma anche Alessio Delle Vedove. E dopo il briefing pre-gara c’è pure quello alla fine.

«Sono diventato tanto amico con Benjo – spiega il classe 2004 della Circus Reuz – ci alleniamo spesso attorno a casa nostra (zona Lago di Garda, ndr) quando entrambi non siamo via per le corse. E’ tanta roba averlo avuto come coach durante i campionati italiani in pista. E’ un onore avere una persona come lui che ti dà anche un piccolo suggerimento. Sono ancora molto giovane e accetto qualsiasi consiglio da lui. Onestamente (sorride, ndr) mi faceva davvero uno strano effetto vederlo e sentirlo a bordo pista che mi incitava ad ogni giro nella corsa a punti. Che emozione!».

Benjamin che bilancio possiamo fare sulla tua stagione finora?

Siamo a metà e la prima parte purtroppo non è andata tanto bene. Colpa di qualche problema fisico e della sfortuna per alcune cadute proprio in gare a cui puntavo. Ho perso un po’ di tempo. Mi sono concentrato sulle corse in cui riuscivo a centrare risultati. L’anno scorso a fine maggio avevo già quattro vittorie e quest’anno invece ne ho solo una in una crono in Francia (terza tappa della 4 Giorni di Dunquerke, ndr). Le piccole soddisfazioni sono che proprio nelle crono sto ritrovando le sensazioni di livello. Mi sono adattato bene anche ai nuovi materiali. Su strada sento che sto crescendo. La qualità si alza tanto ogni anno. Mi manca ancora un po’ di fortuna per centrare quel risultato che mi possa sbloccare. Speriamo avvenga entro fine stagione (sorride, ndr).

Inevitabile constatare che anche Martina stia vivendo un periodo simile.

Anche lei è in crescita. Su strada siamo due atleti ancora giovani. Non abbiamo dato fondo a tutte le nostre potenzialità, soprattutto Martina. Ha delle caratteristiche fisiche davvero ottime. Quest’anno ha ottenuto diversi podi in gare dove poteva centrare una vittoria. Anche lei sta cercando il grande risultato ma ci è sempre più vicina. I campionati italiani in pista sono stati un punto di rilancio per la stagione e prendere fiducia.

Proprio ai tricolori in pista abbiamo notato quanto tu fossi tranquillo.

Due giorni prima degli italiani su pista ho saputo che non sarei andato al Tour de France. Passi da prepararti per andare via un mese da casa per la più grande gara del mondo a… niente (sorride, ndr). Il mio coach mi ha detto di fare riposo per diversi giorni. Quindi ho accompagnato Martina agli italiani così penso ad altro. Mi ha fatto bene ritrovare l’ambiente della pista. In quei giorni sono uscito in bici senza alcun assillo. Pedalate tranquille per prendere il caffè. Sono quelle cose semplici che ami rifare. Da inizio luglio però ho ricominciato con un programma più intenso. Ci sono tanti obiettivi. Mi sono messo in testa di correre la Vuelta. Piano piano mi ricostruisco una preparazione.

Prima però ci sono i mondiali su pista…

Esatto. Ho fatto dieci giorni di altura a Tignes con la nazionale della pista ed ora sono a Livigno. Poi faremo una preparazione a fine luglio a Parigi per assimilare il lavoro in pista e ritrovare quelle giuste sensazioni. Non corro su pista dalla prova di Nations Cup in Canada (20-23 aprile, ndr).

Thomas ha vinto la crono della 4 Giorni di Dunquerke disputando un prova convincente
Thomas ha vinto la crono della 4 Giorni di Dunquerke disputando un prova convincente
Come ci arriva Benjamin Thomas?

Adesso noi come Francia stiamo puntando tutto su Parigi 2024. I mondiali di quest’anno sono una prova generale. Stiamo facendo cose che rifaremo l’anno prossimo. Quest’anno ho fatto pochi ritiri perché ho corso molto su strada ma i miei compagni di nazionale hanno fatto un bel blocco di lavoro, specie i ragazzi del quartetto. A Glasgow farò quello che sarà il programma olimpico. Inseguimento a squadre, omnium e americana, sempre che tutto vada bene.

Com’è il clima in squadra?

Buono. Lavoreremo una decina di giorni sul quartetto prima dei mondiali. Il nostro gruppo si compone di sette corridori. Valentin Tabellion, atleta esperto per la partenza, Thomas Denis, Quentin Lafargue e Corentin Ermenault. Poi ci sono i miei compagni di americana Thomas Boudat e Donavan Grondin che anche loro spesso fanno il quartetto. Anche noi dobbiamo guadagnarci la qualificazione per le olimpiadi attraverso i mondiali. Siamo partiti bene con il bronzo europeo e altri podi in Nations Cup. Noi punteremo a fare i migliori tempi possibili senza fare gara su nessun’altra nazionale. Cercheremo di avvicinarci il più possibile alla vittoria. Ovvio che vedremo a Glasgow come staremo tutti. In Europa bene o male riusciamo tutti a farci un’idea ma mi riferisco soprattutto australiani o neozelandesi che per buona parte della stagione tendono a nascondersi. Ti accorgi della loro condizione quando li vedi girare in pista poco prima delle gare.

Che cosa rappresenta per un francese l’olimpiade di Parigi?

Gli italiani mi dicono sempre che non sembro un francese (sorride, ndr). Ovvio che sono orgoglioso di rappresentare il mio Paese fin dalla prima convocazione da junior. Però se c’è una cosa che non voglio è avere pressioni in più. Ho già vissuto quella situazione a Tokyo e non mi andava bene. Ero arrivato da favorito numero uno perché avevo una grande condizione già da luglio. Nell’americana avevamo preso il bronzo ma nell’omnium non è andata bene per niente (quarto posto, ndr). La mattina della gara non ero riuscito nemmeno a mangiare. Ero troppo stressato. Se arriveremo a Parigi la prenderò con più serenità. Mi dirò “Hai già toccato il fondo a Tokyo da favorito e hai deluso tutti. Cosa vuoi che ti capiti di peggio?” (ride, ndr). Correrò concentrato ma senza pensieri.

Nella valigia di “Ben” Thomas, fra i segreti di Van Rysel

16.07.2022
6 min
Salva

La valigia del corridore per il Tour contiene piccoli spicchi del suo mondo e tutto quello che potrà servirgli nelle tre settimane della corsa. La valigia grande e il trolley da portare sempre con sé, quello in cui si mettono il computer, le scarpe, il casco e un completo da gara, casomai il bagaglio più voluminoso si perdesse fra un trasferimento e l’altro. Noi abbiamo chiesto a Benjamin Thomas di fotografare la sua valigia e da lì siamo partiti per raccontare l’azienda che produce l’abbigliamento per la Cofidis. Si chiama Van Rysel ed è il top di gamma di Decathlon: negozi che tutti, chi più chi meno, ben conoscono essendoci entrati almeno una volta nella vita per comprare o solo per curiosare.

Questo è il trolley di Benjamin Thomas. Completo Van Rysel, accessori, scarpini e computer
Questo è il trolley di Benjamin Thomas. Completo Van Rysel, accessori, scarpini e computer

Lo staff al completo

In questi giorni francesi, è stato interessante rendersi conto di come attorno alla squadra ci sia un andirivieni di tecnici che parlano con i corridori e annotano le loro richieste. Finché al via della tappa di Lille abbiamo incontrato lo staff di Van Rysel e, grazie a Marion Gachies che fino a poco tempo fa lavorava all’ufficio stampa della FDJ, abbiamo cercato di capire il legame fra il nuovo marchio e Decathlon, fra Decathlon e il WorldTour.

«Nel 2019 – spiega Marion, Partnership Leader dell’azienda – Decathlon è cambiata e ha smesso di essere un brand unico. E’ nato Van Rysel, che è il top di gamma dell’azienda. Btwin è rimasto per i bambini e per la mobilità urbana. Van Rysel produce tutto ciò che può servire a un corridore. Dalla bici alle scarpe, passando per casco, occhiali e abbigliamento. La differenza rispetto al precedente coinvolgimento con una squadra, è che ora i nostri prodotti sono realizzati con la collaborazione degli atleti».

Al Tour, lo staff Van Rysel. Da sinistra: Marion Gachies, Claire Fernandes, Nicolas Pierron, Guillaume Pichot
Al Tour, lo staff Van Rysel. Da sinistra: Marion Gachies, Claire Fernandes, Nicolas Pierron, Guillaume Pichot

Da Nocentini al futuro

I primi infatti, lo ricordiamo bene, furono nel 2007 i corridori della Ag2R in cui correva Rinaldo Nocentini. Il team venne rifornito con prodotti Btwin e poco gli fu consentito di cambiare rispetto alla dotazione standard. Rispetto ad allora, la differenza è evidente.

«Era importante per noi sviluppare il prodotto – spiega Nicolas Pierron, responsabile di Van Rysel – e ora penso che il livello sia decisamente alto. Per un team WorldTour servono prodotti di elevata tecnologia, sviluppati da corridori che abbiano una buona sensibilità nel dare indicazioni. All’interno di Decathlon abbiamo un gruppo di persone concentrate su questo progetto, con l’obiettivo di tornare in gruppo anche con i nostri caschi, gli occhiali e le bici».

Nel 2007, la Ag2R corre con abbigliamento e bici Btwin di Decathlon: ecco il nostro Nocentini
Nel 2007, la Ag2R corre con abbigliamento e bici Btwin di Decathlon: ecco il nostro Nocentini

Ripartiti da zero

Per ora si tratta di abbigliamento, con capi di cui vi abbiamo già detto nei giorni scorsi, il cui sviluppo è affidato a Guillaume Pichot.

«Abbiamo cominciato da zero – spiega – raccogliendo le esigenze specifiche dei corridori, a partire dalla vestibilità, passando poi all’aerodinamica e la traspirabilità. Abbiamo fatto parecchi meeting fra noi e con la squadra. Abbiamo individuato i giusti tessuti e sviluppato un fitting su misura per i corridori, che continuano a fornirci i loro feedback. Per arrivare alla maglia attualmente in uso, abbiamo lavorato per un anno, con passaggi in galleria del vento per essere certi di essere sulla strada giusta. Per il Tour abbiamo fornito un kit specifico e un altro è in fase di realizzazione per la Vuelta».

Corridori tester

I corridori partecipano allo sviluppo e l’entusiasmo che traspare dalle parole di Pichot parla certo della sua esperienza, ma anche della continua scoperta all’impatto con un mondo così stimolante.

«Gli atleti propongono giornalmente delle modifiche – ammette – che secondo loro permetterebbero di essere più efficienti. Ne abbiamo alcuni cui ci rivolgiamo più che ad altri. Penso al nostro leader Guillaume Martin, come pure a Izagirre. E poi c’è Walscheid, in quanto specialista delle crono e anche Anthony Perez. Con loro stiamo ragionando sul discorso Vuelta, per alcuni cambiamenti che consentano di essere più veloci. All’interno del gruppo Van Rysel c’è un ingegnere che si occupa solo del team».

Nel 2024 le bici

E se per ora si parla di abbigliamento, il progetto è ben più ambizioso e vorrebbe portare nel team la dotazione a 360°. In una fase in cui dagli sponsor tecnici arrivano materiale e soldi, si tratta di una scelta contro corrente. E se da una parte non dubitiamo che un colosso come Decathlon disponga della liquidità per pagare la sua presenza, dall’altro è interessante capire che la fornitura di bici avverrà quando saranno certi di avere prodotti all’altezza.

«Le bici – spiega di nuovo Marion Gachies – non saranno pronte per il prossimo anno, ma ci stiamo lavorando con alcuni atleti. Nel 2023 saranno pronte quelle da crono su cui avviare lo sviluppo. Sono loro il vero fronte della sfida, perché fornire le bici a una squadra WorldTour significa essere al top per quelle da strada e quelle da crono. Nel 2024 saremo pronti e allora magari ci aggiorneremo per riparlarne».

La maglia ufficiale del Team Cofidis firmata Van Rysel e da tutti i corridori (Mathilde L’Azou)
La maglia ufficiale del Team Cofidis firmata Van Rysel e da tutti i corridori (Mathilde L’Azou)

L’origine del nome

Prima di andare via, Marion toglie l’ultima curiosità: perché Van Rysel? «Semplice – sorride – ecco spiegato. “Van” in fiammingo significa “da”, nel senso della provenienza. “Rysel” ugualmente in fiammingo è il nome di Lille, questa città nelle Fiandre francesi in cui ha sede il centro ricerche e sviluppo dei nostri prodotti. Quindi Van Rysel significa “da Lille”, ma così suona decisamente meglio».

Poi si allontana con il suo team, di cui fa parte anche la designer Claire Fernandes che per tutto il tempo se ne è rimasta in disparte. La sfida è interessante. A Benjamin Thomas e ai suoi compagni sono stati forniti 52 articoli per ogni esigenza. Preparare la valigia per il Tour in mezzo a tanta abbondanza non sarà stato poi troppo difficile.

Thomas porta al Tour la supremazia della testa sulle gambe

14.06.2022
6 min
Salva

«A me il sistema dei punti piace – dice Thomas, sparigliando le carte – perché in pista mi piacciono le corse a punti, mi motivano a correre per dare il massimo. Però la tabella dei punteggi non è giusta e va rivista. Una Coppa di Francia dovrebbe valere la metà di una tappa al Giro o al Tour. Nel ranking ci sono squadre che non vincono le corse WorldTour e sono più avanti di quelle che danno tutto per vincere una tappa al Delfinato. Il sistema non funziona, il criterio va rivisto. Se fare quinto rende più che vincere, è ovvio che correranno per fare quinti. Ma se trovi il giusto equilibrio, allora non corri per fare punti, ma per vincere».

Lo scorso inverno a Roubaix, ha vinto l’iride nella corsa a punti, già vinta agli europei
Lo scorso inverno a Roubaix, ha vinto l’iride nella corsa a punti, già vinta agli europei

Lucidità al top

Nel gruppo dei francesi lanciati verso il Tour, c’è un campione della pista che alla Boucle non c’è mai stato prima e si chiama Benjamin Thomas. Uno da quattro mondiali su pista, sei europei e il bronzo a Tokyo nell’americana. Ha appena finito il Delfinato e l’ha preparato correndo, non andando in altura. E’ un atleta cui la pista ha dato una lucidità pazzesca, che gli ha permesso di battere su strada anche corridori superiori fisicamente, come Cosnefroy alla Boucle de la Mayenne.

«La pista – sorride – insegna a utilizzare le debolezze degli altri. Cosnefroy era appena sceso dall’altura e andava fortissimo. Quando però è partita la fuga di 25 nella seconda tappa, lui non c’era. Io me ne sono accorto e ho messo la squadra a tirare. E’ rientrato, doveva recuperare, ma io sono partito subito. Ha inseguito ancora e mi ha ripreso, ma l’ho battuto in volata. La pista insegna a fare le cose giuste al momento giusto».

A Pré en Pail-Saint Samson 2ª tappa della Boucle de la Mayenne, batte Cosnefroy e prende la maglia
A Pré en Pail-Saint Samson 2ª tappa della Boucle de la Mayenne, batte Cosnefroy e prende la maglia
Riprendiamo il discorso dei punti?

Lo scorso inverno alla Cofidis abbiamo fatto delle riunioni in cui ci hanno spiegato come funzionava. L’inizio di stagione è stato buono e si è formato un bel gruppo cui piace andare all’attacco. Non siamo ancora salvi, ma continuando così avremo il nostro posto nel WorldTour. Ci sono momenti in cui non si vince e allora c’è nervosismo. Poi uno ci riesce ed è come quando si fa goal al 90° e tutti sono contenti. Ripeto: a me piace, ma vanno ridistribuiti i punti e il numero dei corridori che vengono conteggiati.

Solo i primi dieci, giusto?

Esatto, ma questo penalizza i giovani che vengono fuori a metà stagione. Anziché fargli fare la loro corsa, si attuano strategie affinché tirino per i 10 che hanno più punti, anche se magari in quella fase non sono altrettanto in condizione.

Al Delfinato, dice Thomas, ci sono corridori già al top: terranno sino a fine Tour? Qui Roglic e Vingegaard
Al Delfinato, dice Thomas, ci sono corridori già al top come Roglic e Vingegaard: terranno sino a fine Tour?
Al Delfinato si sono visti pochi calcoli, però…

E’ stato molto intenso. A parte la prima tappa non troppo dura, siamo andati fortissimo tutti i giorni. E tutte le volte che partiva la fuga, il gruppo dietro era in fila indiana. Tutti scendono dall’altura e vedi quelli che vogliono vincere e quelli che si giocano ancora il posto per il Tour e devono dimostrare di essere forti. Anche a costo di esplodere. Non si formava neanche il classico gruppetto, non si staccava nessuno e dovevi pregare di stare bene e di essere nel gruppo giusto. Roglic magari non era al 100 per cento, ma Vingegaard sì.

Corsa in stile Tour?

Praticamente è stata una settimana da grande Giro, con lo stesso stress per la classifica. Mi chiedo se arriveranno tutti altrettanto bene nella terza settimana del Tour.

Thomas premiato con il numero rosso al Delfinato per i 127 chilometri di fuga della 5ª tappa a Chaintré
Thomas premiato con il numero rosso al Delfinato per i 127 chilometri di fuga della 5ª tappa a Chaintré
Corsa a sfinimento oppure si può mollare?

Devi scegliere la tappa su cui puntare e capire quando alzare il piede. Prendiamo il terzo giorno. Se avessi tenuto, avrei fatto la tappa della vita e sarei arrivato in volata con Van Aert. Ma ero già stanco e mi sono rialzato prima. Sulle montagne invece ho preso il mio ritmo per non sfinirmi prima del Tour. Ho provato ad andare in fuga alla quinta tappa, il giorno dopo la crono, ma alla fine ci hanno preso.

Sei stato anche tu in altura?

No, preferisco correre. Ho avuto diverse gare in Francia e non il tempo per le due settimane in altura. Ma poi, non essendo scalatore, non è così utile. E i punti alla squadra fanno comunque comodo.

A inizio stagione, Benjamin Thomas ha conquistato l’Etoile de Besseges
A inizio stagione, Benjamin Thomas ha conquistato l’Etoile de Besseges
Che effetto fa il debutto al Tour?

Sarà una grande scoperta. Il Tour lo guardano tutti, mi aspetto una grande festa. Prima non ci pensavo, ma adesso inizio a sentire la tensione. Nella seconda settimana si passerà vicino le mie zone (Thomas è di Lavaur, vicino Tolosa, ndr), potrebbe avvicinarsi qualche amico che non segue il ciclismo. Il Tour parla a tutti.

Stesso stress delle Olimpiadi?

Diverso, ma sì. A Tokyo correvo da solo per la mia Nazione, qui c’è comunque la squadra. Ma devi arrivarci pronto, per cui l’avvicinamento è simile. Tokyo mi sarà utile nel gestire lo stress.

Thomas-Grondin, coppia di bronzo nell’americana alle Olimpiadi di Tokyo
Thomas-Grondin, coppia di bronzo nell’americana alle Olimpiadi di Tokyo
Morkov, che ha le tue caratteristiche, è il miglior ultimo uomo per i velocisti, tu invece vai spesso in fuga. Come mai?

Perché sono più passista che sprinter. Potrei pure fare l’ultimo uomo, ma sono basso sulla bici e non darei una grande copertura. Sono sempre stato un corridore da attacco, anche in pista. Non faccio l’americana aspettando le volate, provo semmai a prendere il giro e le volate le faccio solo se ristrette. Su strada è lo stesso.

Però quest’anno la strada sta dando risultati migliori…

Sono cresciuto fisicamente e la squadra mi dà un bel ruolo nelle corse che mi piacciono (Thomas ha vinto l’Etoile de Besseges e la Boucle de la Mayenne, ndr), facendo il capitano in un gruppo di giovani. La prendo molto sul serio, poi quando vado al Delfinato, meglio lavorare per un capitano, che rincorrere un 20° posto. Meglio una tappa. Perciò al Tour proverò a fare bene la crono di Copenhagen e poi a entrare in fuga nelle tappe vallonate.

Thomas ha vinto per due volte il tricolore della crono, nel 2019 e 2021. Qui in azione al Delfinato
Thomas ha vinto per due volte il tricolore della crono, nel 2019 e 2021. Qui in azione al Delfinato
Cosa ti aspetti dai campionati francesi?

La crono è piatta e lunga 45 chilometri, per specialisti. La strada saranno 240 chilometri in un circuito da ripetere per 15 volte, con due strappi ripidi di 800 metri. Non per scalatori, un Demare in condizione sarebbe favorito. Ce l’ho in testa anche io e ho corso per quattro anni alla Groupama. So come vanno a correre e questo sarà un vantaggio. Mi appoggerò a loro come si fa su pista, entrando nelle loro debolezze. So di non essere il più forte fisicamente, ma tatticamente so servirmi delle circostanze e del lavoro degli altri.