Search

Delle Vedove e il Belgio: «Qui il ciclismo è vero spettacolo»

21.09.2023
6 min
Salva

I mesi di agosto e settembre per Alessio Delle Vedove hanno avuto i colori della bandiera del Belgio. Il giovane della Circus-ReUz, team development della Intermarché-Circus-Wanty, ha corso sempre in quelle zone. Un calendario fatto di GP, Tour e Pijl (frecce, ndr), corse diverse ma con un denominatore comune: il Belgio, in territorio dove il ciclismo si respira ogni giorno. Insieme a Delle Vedove (foto apertura DirectVelo) curiosiamo in queste corse, per scoprirne il fascino e i segreti.

«E’ stato tutto un crescendo – dice Delle Vedove – sono partito con il Tour de Namur a inizio agosto. Poi ho corso il Memorial Danny Jonckheere, il Flanders Tomorrow Tour e l’ultimo weekend due gare con i professionisti. Le ultime due non erano previste, ma la squadra ha notato una crescita di condizione e mi ha voluto premiare».

Nella prima corsa, il Tour ne Namur, è arrivata anche una vittoria di tappa per Delle Vedove (foto DirectVelo)
Nella prima corsa, il Tour ne Namur, è arrivata anche una vittoria di tappa per Delle Vedove (foto DirectVelo)
Sei rimasto per tutto il tempo in Belgio?

Solo nella settimana tra l’11 e il 17 settembre. Dovevo correre anche nel weekend del 9 settembre ma ho avuto la febbre e non sono partito. Siccome mi trovavo già in hotel a Charleroi, in accordo con la squadra ho preferito rimanere su.

Come ti sei trovato in queste gare?

Bene, mi piacciono davvero molto. Prima di questa avventura con la Circus-ReUz ero un po’ intimorito dal grande salto, ma ora posso dirmi soddisfatto. Si fa tantissima fatica, ma a me come percorsi piacciono davvero molto. I muri, le cote e i continui sali e scendi tengono la tensione sempre alta. 

Il territorio del Belgio non è molto esteso, capita di passare più volte sulle stesse strade?

E’ grande come il Veneto! Quindi capita spesso che sei in corsa, giri ad un incrocio e pensi: “Ma io qui sono già passato”. Nella settimana che sono stato qui mi sono allenato sulle strade del Giro di Vallonia, e neanche lo sapevo. A inizio agosto ho corso il Tour de Namur, capoluogo della Vallonia e le strade che si percorrono sono queste. 

Sei andato in esplorazione?

Un giorno ho fatto un lungo di 140 chilometri e sono andato da Charleroi fino alle Ardenne a provare un po’ di cote e di muri. 

Com’è stato allenarsi su quelle strade?

Strade piccole, incroci, insomma un po’ confusionarie per me. Alla fine fai fatica a trovare una strada lunga e dritta per tanti chilometri. Però sono super sicure, in 140 chilometri avrò incontrato 25-30 macchine. Entri ed esci dalle piste ciclabili ed è tutto a misura di ciclista, anche la pazienza degli automobilisti. 

E le varie gare?

In Belgio si corre in due periodi distinti: la primavera e poi in estate. Nei mesi di marzo e aprile ci sono tutte le gare più famose: Gent-Wevelgem, Youngest Coaster Challenge e Omloop Het Nieuwsblad. Come detto però le strade sono quelle e quindi poi ti trovi a correrci di nuovo mesi dopo, nei vari GP. 

Che percorsi trovi in queste corse?

Molte volte, anche nelle corse a tappe, ci troviamo a fare dei circuiti, più o meno lunghi che attraversano paesini, muri o cote. In Belgio si affrontano sempre gli stessi e spesso nascono delle gare intorno (come il Geraardsbergen e nel ciclocross il Koppenberg, ndr). Ogni paesino ha un tratto in pavé nel centro storico, non sono le pietre della Roubaix, ma percorse tante volte si fanno sentire. In una gara capita di trovare un tratto di pavé di 400 metri che si affronta per 12 volte, alla fine sono quasi 5 chilometri di pavé. 

I muri e le cote, invece?

Sono corti, 1,5 chilometri, massimo 2. Ma anche questi una volta messi in un circuito danno un mal di gambe assurdo. Ripeterli per tante volte ti mette sempre in difficoltà, alla fine le gare diventano a eliminazione.

Anche il paesino più piccolo ha tratti di pavé, ognuno con le sue caratteristiche (foto Flanders Tomorrow Tour)
Anche il paesino più piccolo ha tratti di pavé, ognuno con le sue caratteristiche (foto Flanders Tomorrow Tour)
Ti piace correre in circuito?

Sono gare molto più stressanti, perché dopo i primi due giri capisci dove sono i punti salienti e tutti corrono in funzione di quelli. Se in un rettilineo c’è vento laterale tutti andranno forte per stare davanti. Non ci si può mai rilassare, in media in un circuito si hanno 2 cote e 3 chilometri dove si fanno costantemente dei ventagli. In una gara così sei sempre con il collo tirato, spesso finisco con 300 watt medi

Per le gare in linea è un buon allenamento.

Un allenamento super. Ora mi spiego come i corridori del Nord riescano ad andare sempre forte. Quando sei abituato a quei ritmi, una volta che corri una gara in linea molto spesso sei quasi a “riposo”. 

A Namur, nell’ultima tappa dell’omonimo Tour, si è affrontato il Mur de la Citadelle che porta al castello della città (foto DirectVelo)
A Namur, nell’ultima tappa dell’omonimo Tour, si è affrontato il Mur de la Citadelle che porta al castello della città (foto DirectVelo)
Il meteo com’è?

Anche in estate piove spesso. E’ successo più volte di vedere il clima cambiare in breve tempo, in particolare al Flanders Tomorrow Tour che si corre nella zona di Nieuwpoort. In una tappa eravamo sotto la pioggia e 3 chilometri dopo c’era il sole. Anche il vento cambia tanto nel corso della giornata. Noi la mattina studiamo le varie mappe virtuali, le quali mostrano anche se il vento cambierà direzione. In queste gare ho imparato davvero molte cose.

E il pubblico?

Incredibile! Senti che in Belgio si vive per il ciclismo, non vedono l’ora di queste gare. Secondo me smettono di lavorare per riversarsi in strada, altrimenti non mi spiego le ali di folla che trovi a bordo strada. Ti chiedono costantemente delle foto, creano delle cartoline da autografare. Arrivano alla partenza, ti riconoscono e ti fanno firmare gli album sotto la tua foto. 

Insomma, innamorato del Belgio?

Assolutamente, come detto prima avevo qualche timore a inizio anno, ma ormai sono sempre più convinto della mia scelta.

Doppio squillo belga: al Lunigiana brilla Widar

31.08.2023
5 min
Salva

LA SPEZIA – Il 47° Giro della Lunigiana si apre con due semitappe di 50 chilometri l’una. La prima parte da La Spezia e arriva a Fivizzano, su una salita poco più lunga di tre chilometri. L’azione di potenza con la quale Jarno Widar, campione nazionale belga juniores, si è scollato di ruota gli avversari ha fatto impressione. Sulla salita che porta a Fivizzano si passa una prima volta e già Widar ha preso le misure. Così, quando viene affrontata per la seconda volta, quella decisiva, il belga sa già cosa deve fare. Sta sulle ruote degli avversari, che nel frattempo attaccano e si scornano, lui esce negli ultimi 300 metri e li beffa con facilità, tanto che a un certo punto fa una mezza pedalata, indeciso se fermarsi del tutto oppure spingere ancora un po’.

Doppietta nel pomeriggio

A poche ore di distanza dalla vittoria di Fivizzano, Widar bussa ancora una volta sul Lunigiana: nella seconda semitappa, quella del pomeriggio da Massa a Bolano. Questa volta la salita finale ha delle pendenze che fanno male solo a guardarle. Si va costantemente in doppia cifra, per tutti e tre i chilometri, con gli ultimi 300 metri da capogiro. Dall’ultima curva sbuca la maglia verde, quella di leader della classifica generale, Widar questa volta ha staccato tutti. Alza le braccia e incita la folla, quando la strada sotto le sue ruote ancora sale e inviterebbe a spingere ancora.

Ecco Widar premiato con la maglia rosa, quella del vincitore di tappa
Ecco Widar premiato con la maglia rosa, quella del vincitore di tappa

Il destino dei vincenti

Jarno Widar ha l’attitudine di un belga timido, piccolo e snello, con gambe magre ma potenti, così tanto da portarlo spesso ad alzare le braccia al cielo. Solo nel 2023 può contare su undici successi, compresi quello di oggi. Il suo rapporto con la bici è stato naturale, nato fin da piccolo e proseguito nel corso degli anni, per lui che è nato vicino a Liegi. 

«Ho iniziato ad andare in bici fin da piccolo – ci racconta all’ombra del pullmino della nazionale belga – nella squadra del mio paese. Non è sempre andata bene, viste anche le mie caratteristiche fisiche sono cresciuto più tardi rispetto ad altri. Sono cresciuto volta per volta e anno dopo anno. Prima vincendo qualche gara minore, solamente l’anno scorso sono riuscito ad affermarmi su traguardi più importanti, come quello della Nokere-Koerse».

L’anno della svolta

Jarno Widar è ufficialmente esploso quest’anno, con tanti successi, alcuni che lasciano intendere le qualità del ragazzo. Spiccano però due risultati importanti: la Kuurne-Bruxelles-Kuurne e il Giro delle Fiandre, entrambe le gare vinte in solitaria. A Kuurne, addirittura, i minuti di vantaggio sul secondo classificato sono stati quasi due.

«Sono un corridore che va bene un po’ su tutti i terreni – continua – vincere gare così importanti quest’anno mi ha dato tanto morale e fiducia. Ho capito che non ci sono limiti alle mie possibilità, ho vinto sulle pietre e in montagna alla Classique des Alpes. Penso sia stata la vittoria più bella, quella che mi ha dato più soddisfazioni. In Belgio non abbiamo salite lunghe e impegnative come quelle che trovi sulle Alpi. Quindi uscire dal mio Paese e vincere su un terreno tanto diverso ha acceso qualcosa in me. Invece, un successo sulle pietre è particolare, ma molto più normale per me. Anche vincere il titolo nazionale è stata una grande gioia, indossare questa maglietta è particolare».

Dopo una crescita graduale, Widar quest’anno ha affermato le sue qualità
Dopo una crescita graduale, Widar quest’anno ha affermato le sue qualità

Gran finale di stagione

Nel mese di agosto il giovane belga ha corso il mondiale a Glasgow, dove però si è dovuto ritirare a causa di un guasto tecnico. Mentre, nelle settimane successive è venuto a correre in Italia, nella bergamasca dove è arrivato secondo al Memorial Pietro Merelli, mentre il giorno successivo ha vinto il Trofeo Paganessi. Due gare che gli sono servite per arrivare pronto a questo Giro della Lunigiana. 

«In Italia ho corso per la prima volta quest’anno – racconta ancora Widar – prima all’Eroica Juniores ma non è andata bene. Invece, in questo mese di agosto sto raccogliendo tanto. Purtroppo a Glasgow sono stato sfortunato, ho avuto un guasto meccanico nel momento sbagliato. L’obiettivo è quello di rifarmi al campionato europeo e se arrivo con questa condizione posso fare davvero bene».

Jarno Widar è un secondo anno, questo vuol dire che l’anno prossimo lascerà il Crabbé Toitures – CC Chevigny Junior, sua squadra attuale, e passerà under 23.

«Andrò a correre nel development team della Lotto-Dstny – conclude – vedremo come va il primo anno e poi capiremo che strada intraprendere. Neanche io so bene cosa aspettarmi, forse mi concentrerò di più sugli arrivi in salita, ma lo scopriremo strada facendo».

Lotte Kopecky: un po’ star, tanto campionessa

18.08.2023
6 min
Salva

GLASGOW – La storia di Lotte Kopecky, per come è stato possibile ricostruirla con i colleghi belgi che dopo la vittoria del mondiale non erano a rischio sbronza come quando lo scorso anno vinse Evenepoel, ma sfoggiavano tutto il loro orgoglio fiammingo.

La linguaccia

Lotte Kopecky (in apertura nell’immagine Guy Kokken Photography) nasce nell’ospedale di Rumst il 10 novembre del 1995, sorella minore di Seppe mentre in futuro arriverà un altro fratello di nome Hannes. Sua madre Anja racconta che Lotte non dà problemi quando si tratta di dormire, che inizia a camminare molto presto e che a due anni tolgono le rotelle dalla bici, perché è in grado di andare da sola.

Quando raggiunge l’età la iscrivono alla materna Sint-Lutgardis di Schelle. Sempre sua madre ricorda di averla lasciata al cancello, che Lotte l’ha salutata e poi è entrata da sola, senza versare una lacrima.

«Quando di recente ho visto una foto di lei che tirava fuori la lingua e la mordeva con forza – ha ricordato la prima maestra – ho detto a sua madre che lo faceva già da piccola. Lotte era una bambina molto tranquilla e ben educata, ma anche un maschiaccio. Combinava sempre scherzi, però mai cattivi. E anche nel parco giochi dell’asilo non faceva che pedalare».

Il mondiale di Glasgow arriva dopo una crescita costante. Lotte ha 27 anni, è alta 1,70, pesa 66 chili
Il mondiale di Glasgow arriva dopo una crescita costante. Lotte ha 27 anni, è alta 1,70, pesa 66 chili

Brava sugli sci

Lo sport arriva subito, intorno ai 3 anni. Va al circolo di ginnastica con suo fratello. Si solleva sulla sbarra, cammina sull’asse di equilibrio, salta nei cerchi. Poi prova alcuni sport con la palla, anche il calcio. Raccontano che non sia inferiore ai ragazzi di pari età. Poi prova il basket e si distingue, ma non le piace e molla.

Suo padre la porta a sciare e anche lì se la cava molto bene. Al punto che nella pista coperta Aspen di Wilrijk, un allenatore va a chiedere se la ragazzina abbia voglia di fare qualche gara, ma questa volta sono i genitori a mettersi di traverso, perché si tratterebbe di andare molto all’estero in un’età ancora acerba.

Vive anche la scuola come uno sport e va bene in tutte le materie, trovando anche il modo di ingraziarsi le insegnanti. Brilla ovviamente in educazione fisica e tutti gli anni sale sul podio delle gare scolastiche di sci di fondo.

Da bambina adorava gli animali, oggi ha un cane, Ollie, e anche un gatto nero (foto Instagram)
Da bambina adorava gli animali, oggi ha un cane, Ollie, e anche un gatto nero (foto Instagram)

Amica degli animali

La bici è ancora un mezzo di trasporto, piuttosto la campionessa del mondo va matta per gli animali. Ora ha un cane, che si chiama Ollie ed è la guest star dei suo video su Instagram, ma da piccola ha avuto la casa piena di ogni genere di animale.

Dopo la visita scolastica in una fattoria didattica, convince i genitori a comprare due caprette con cui i fratelli Kopecky giocano in continuazione. Poi arrivano cani, gatti e criceti. Una volta, ha raccontato la madre, Seppe e Lotte prendono da un vicino un criceto dorato. Quando muore, lo seppelliscono, ma i ragazzi sono così addolorati che i genitori corrono a comprarne altri due. Il negoziante garantisce che siano due femmine, ma si sbaglia. Nasce una nidiata di 24 criceti, poi regalati ad amici di famiglia.

L’arrivo di Glasgow è stato un misto di emozione e incredulità: la sua superiorità è stata disarmante
L’arrivo di Glasgow è stato un misto di emozione e incredulità: la sua superiorità è stata disarmante

In bici con Seppe

La bici arriva con Seppe, che comincia a correre, presto emulato da sua sorella, che lo segue qualunque cosa faccia. Si iscrive al club Front Kontich che ha 11 anni, non va a correre, semplicemente si allena e solo quando ritiene di essere pronta, si butta nelle gare. Pare che sia così competitiva, che tiene come riferimento i maschi, perciò anche se vince le classifiche per le bambine, racconta a casa solo dei piazzamenti assoluti. E nonostante alle ragazze sia offerta la possibilità di correre con i maschi di un anno più giovani, Lotte si rifiuta: resta fra i suoi coetanei, con una grande mentalità vincente. Non la sentono mai lamentarsi per un allenamento da fare.

Lo scorso anno ha ricevuto il Patrick Sercu Trophee al premio Flaandrien 2022 (foto Het Nieuwsblad)
Lo scorso anno ha ricevuto il Patrick Sercu Trophee al premio Flaandrien 2022 (foto Het Nieuwsblad)

Forte e introversa

Alle prime corse, come capita spesso, la accompagna nonno François. Il Belgio sarà anche piccolo, ma al vecchio Kopecky capita di fare anche 4.000 chilometri al mese per stare appresso al calendario della nipote. In macchina Lotte studia o si guarda intorno. Non è la campionessa di adesso, anche perché nei primi tempi rifugge dalle troppe attenzioni.

«Una volta – ricorda il nonno – ha partecipato a una gara a Herentals. Un criterium di dieci giri e a ogni giro c’era un traguardo a premi. Disse ridendo che avrebbe vinto tutte quelle volate, ma avrebbe lasciato la vittoria a qualcun altro. Ed effettivamente le cose andarono proprio così. Non voleva essere sotto i riflettori, era un po’ introversa, ma direi che adesso le cose sono cambiate».

Abbraccio con Demi Vollering: la superiorità della SD Worx ha spesso annichilito il 2023 delle donne
Abbraccio con Demi Vollering: la superiorità della SD Worx ha spesso annichilito il 2023 delle donne

Si allena coi maschi

Lo sport diventa il filo conduttore e si iscrive alla Topsportschool di Gand, un liceo in cui si praticano ginnastica artistica, ginnastica acrobatica, ciclismo, Bmx e calcio. E a Gand, Lotte sboccia. Resta comunque riservata con coloro che non conosce, come oggi, ma con gli amici è trascinatrice. Solo nei confronti dello sport è super seria: durante gli allenamenti non fa un fiato, solo dopo semmai molla qualche battuta.

Quando si fanno degli stage con tutti i migliori, raccontano che voglia allenarsi con i ragazzi, a differenza della maggior parte delle altre ragazze. Inizialmente di questo ridono, ma presto scoprono che la ragazza non è poi molto inferiore. Una volta vanno in ritiro ad Alkmaar, nel nord dell’Olanda, e nevica per tutto il giorno. Mentre tutti i ragazzi si lamentano per le mani gelate, Lotte non dice una parola.

Dopo il periodo con Toyota, ora Kopecky è sponsorizzata da Skoda. In Belgio è una star (foto Instagram)
Dopo il periodo con Toyota, ora Kopecky è sponsorizzata da Skoda. In Belgio è una star (foto Instagram)

Non ha più paura

Quello che si evince parlando con chi l’ha conosciuta meglio è che l’ambizione di oggi è la stessa di ieri e anche la sua indipendenza non è mai cambiata. Lo sa sua madre, lo sanno i nonni. Sua madre ha raccontato che nel momento in cui è andata a vivere da sola, non le ha mai chiesto come si facciano le cose di casa. A Glasgow, Lotte Kopecky ha raccolto il frutto dei tanti sacrifici fatti quando nessuno la conosceva, ma le tante attenzioni la fanno ancora arrossire. Certo sbalordisce la crescita esponenziale degli ultimi anni e ancora di più sbalordisce il suo podio al Tour, ma l’elenco dei suoi successi segue un filo logico impeccabile. La sola differenza rispetto ad allora è che oggi non ha più paura di passare per prima sui traguardi che si trova davanti.

In Belgio è una star e la conferma viene anche dagli ascolti televisivi. Gli spettatori che hanno seguito su VRT1 le immagini finali della sua vittoria mondiale sono stati 869.833. Il numero medio durante l’intera diretta è stato di 524.939. Lo scorso anno, ovviamente con il condizionamento del fuso orario, la media per la gara femminile fu di 163.254 spettatori. Nel 2021, quando il mondiale si svolse a Leuven, quindi in Belgio, gli spettatori medi della gara femminile furono 372.208.

La Pool Cantù in Belgio. Racconto di un’avventura

16.08.2023
4 min
Salva

Quando un team juniores affronta una trasferta all’estero è sempre una notizia. Il Pool Cantù 1999 ha affrontato un viaggio in Belgio per la 57esima edizione dell’Auber Thimister Stavelot, prova a tappe di 3 giorni che per i ragazzi del sodalizio lombardo è stato non solo una corsa, ma una vera scuola di vita. Loris Ferrari, il diesse al seguito, ha raccolto tante impressioni partendo da un assunto: in gare del genere i risultati sono sì importanti, ma è l’esperienza in se stessa che conta davvero.

«Questa era la terza volta che partecipavamo alla gara – racconta Ferrari – precedentemente vi prendeva parte la rappresentativa lombarda. Un nostro dirigente conosceva bene gli organizzatori così abbiamo preso il loro posto, da tre anni a questa parte. Noi programmiamo due trasferte all’estero ogni anno: una in Olanda a fine maggio e questa».

Cedric Keppens (BEL) vince l’ultima tappa e la classifica finale. Travella 31° a 3’41” (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Cedric Keppens (BEL) vince l’ultima tappa e la classifica finale. Travella 31° a 3’41” (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Che valore ha quest’evento?

Già il fatto di essere in Belgio che è un po’ una delle roccaforti del ciclismo varrebbe da solo la trasferta, ma per loro questa prova è come il Lunigiana per noi, un evento di riferimento assoluto. E’ la gara principale in quella zona del Belgio, lo scorso anno avevano partecipato tanti campioni nazionali per far capire la sua importanza. Quest’anno ha sofferto la concorrenza con i mondiali che si svolgevano lo stesso fine settimana, ma c’erano comunque tantissime compagini straniere, anche da Australia e Usa.

Che tipi di percorsi avete trovato?

Quelli classici delle Ardenne, anche questo è servito molto ai ragazzi per crescere. Non c’è praticamente mai pianura. Le prime due tappe avevano dislivelli da 1.500 metri, l’ultima addirittura 2.400 metri, con all’intero alcune epiche salite della Liegi-Bastogne-Liegi come lo Stockeu. Non è un caso se nel suo albo d’oro recente c’è gente come Kelderman, Gaudu, Evenepoel

I passaggi su pavé sono stati difficoltosi per la pioggia. Qui Christian Sanfilippo (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
I passaggi su pavé sono stati difficoltosi per la pioggia. Qui Christian Sanfilippo (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Che impressione ne hanno ricavato i ragazzi?

La cosa che mi dicevano tutti è che è un mondo completamente diverso dal nostro. Sapevano che sarebbero andati incontro a una gara molto difficile ed erano preparati, fisicamente e mentalmente. Nella prima tappa solo una caduta a meno di 2 chilometri dal traguardo ci ha impedito di ottenere qualcosa d’importante. Come si è visto nella seconda, erano fuggiti in 7 e non sono più stati raggiunti ma Fiorin ha vinto la volata del gruppo. Nel complesso comunque abbiamo ottenuto 3 piazzamenti nella Top 10 con Grimod, Fiorin e Travella, è un buon bilancio.

Nell’ultima tappa però ben 4 su 6 si sono ritirati…

Era una tappa “troppo belga”. Fiorin e Ferrario, quelli meno a loro agio con questo clima, hanno mollato quasi subito, Bonalda ha rotto una ruota con l’ammiraglia lontana, Grimod stava morendo di freddo, lo abbiamo fermato noi.

La volata del secondo giorno, Fiorin sulla destra coglie il 7° posto (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
La volata del secondo giorno, Fiorin sulla destra coglie il 7° posto (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Quanti eravate in trasferta?

Sei corridori e altrettanti d’accompagnamento tra massaggiatori, meccanici e io che sovrintendevo il tutto. Avevamo un’auto e un furgone. I ragazzi all’andata sono arrivati in aereo, al ritorno ci siamo stretti e siamo partiti tutti insieme. La logistica era molto curata: eravamo in un appartamento che gestivamo autonomamente, favoriti anche dal fatto che le tappe erano tutte vicine. Rispetto alla soluzione dell’albergo era preferibile.

Che atmosfera avete trovato?

Bellissima quando si dice che questa è la patria del ciclismo hanno ragione, trovi gente entusiasta ogni giorno. I ragazzini venivano a chiedere borracce e selfie, i ragazzi dicevano che si sentivano quasi dei professionisti… Era qualcosa di contagioso.

Per i ragazzi lombardi sempre tanto affetto da parte dei locali, qualcosa che è rimasto nel cuore (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Per i lombardi sempre tanto affetto da parte dei locali (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
In Italia di corse a tappe per juniores ce ne sono pochissime. E’ forse questa mancanza di esperienza che i nostri pagano quando vanno all’estero?

Un po’ sì, per fortuna si è corso ai ripari da quest’anno, togliendo quel vincolo di far partecipare i ragazzi a sole due corse di più giorni, quando vediamo che all’estero fanno quasi solo quello. Gli organizzatori pian piano si stanno facendo avanti, vedi il Giro del Veneto. E le gare alle quali abbiamo partecipato avevano un livello ottimo. Ci vorrà un pochino di tempo, ma sono sicuro che quel gap verrà presto colmato.

Remco torna in gruppo. Cosa farà al Tour de Suisse?

10.06.2023
4 min
Salva

«Remco, sai che Pogacar ti ha invitato al Tour? Cosa gli rispondi?», abbiamo chiesto a Remco Evenepoel. E lui: «Lo ringrazio, ma non quest’anno! Mi sono scambiato qualche messaggio con lui, ma deve capire che già sono stato tanto tempo su una montagna deserta e spesso è stato noioso. Ci ho messo mesi per preparare il Giro mettendo quell’obiettivo davanti a tutto e solo così, con tanto lavoro, ci sono arrivato in ottima forma. Per il Tour deve essere la stessa cosa. Devi essere al 150% . Non lo puoi preparare, cambiando un programma due o tre mesi prima».

Il corridore della Soudal-Quick Step è pronto a tornare in gara dopo l’abbandono del Giro d’Italia per Covid. Il buonumore sembra non venire meno e la convinzione… beh, quella neanche a dirlo. Sappiamo bene quanto Remco conti su stesso. E a ben ragione.

Lunedì 15 maggio, Remco lascia il Giro. Già nella serata precedente la news della positività al Covid e il conseguente ritiro (foto @woutbeel)
Lunedì 15 maggio, Remco lascia il Giro. Già nella serata precedente la news della positività al Covid e il conseguente ritiro (foto @woutbeel)

Coda polemica…

La call con il campione del mondo si apre giusto con la coda di polemiche con cui ha lasciato il Giro. Il perché se ne sia venuto via cosa di corsa. C’è persino chi gli ripropone “l’attacco” di Pier Bergonzi sulla Gazzetta dello Sport.

«Io – spiega Remco – non riservo odio per nessuno. So come stavo e come è andata. Già durante la crono di Cesena non riuscivo a spingere come faccio normalmente. Non erano quelli i miei valori. E nella prima settimana dopo il ritiro ogni giorno stavo peggio. Non avrei reso che al 50%. Se avessi lasciato dopo la prima tappa di montagna sarebbe stato peggio… anche sui giornali.

«Quando ho fatto il test, la T si è colorata subito e in modo intenso. Sono stato davvero fermo per diversi giorni. E per me non è stato facile rinunciare al tanto lavoro fatto e andato in fumo in un attimo.

«Per fortuna la mia famiglia, mia moglie, gli amici, il mio cane mi sono stati vicino. Abbiamo fatto un barbecue…».

Remco ha ripreso a pedalare un paio di settimane scarse dopo lo stop per Covid. Tuttavia ci ha messo un po’ per ritrovare le sensazioni migliori, quelle lui ha chiamato di normalità. «Per fare bene le 6-7 ore di allenamento».

Allenamento monster giovedì scorso per Remco: 231 km, 4.335 metri di dislivello sulle cotes delle Ardenne (foto Instagram)
Allenamento monster giovedì scorso per Remco: 231 km, 4.335 metri di dislivello sulle cotes delle Ardenne (foto Instagram)

Ripartenza svizzera

«La stagione va avanti. Non è finita e credo che ripartire dal Giro di Svizzera sia la cosa migliore. E’ una corsa WorldTour. E’ importante, con grandi salite e due cronometro. Già domani ci saranno da fare 14′-15′ a tutta. Una crono da fare “full gas” sin dalla partenza. In generale è un percorso molto bello.

«Non sono al livello del Giro chiaramente, per il quale lavoravo da mesi, ma se non stessi in forma, se non avessi una condizione adatta ad una gara WorldTour non partirei».

Un’altra piccola polemica, chiamata in causa a dire il vero più dalla stampa belga, ha riguardato la scelta di Evenepoel di fare il Tour de Suisse (11-18 giugno) anziché il Giro del Belgio (14-18 giugno), tanto più che faceva tappa nei pressi del suo paese (pare che anche il re del Belgio sarebbe rimasto male sulla sua non-presenza). Polemiche che tra l’altro seguono quelle di Lefevere il quale aveva detto che lo Svizzera pagava poco la presenza del campione del mondo…

«Ho già vinto due volte il Giro del Belgio – ha detto Remco – e mi sembrava carino provare a vincere altro. Inoltre è importante sfoggiare la maglia iridata in giro nel mondo. In Belgio già ho corso quest’anno… e non è finita. In più il Giro di Svizzera è anche una gara WorldTour ed è importante per me e per il team pendervi parte».

Crono fondamentale per Remco che punta al campionato nazionale e ai mondiali. In Svizzera avrà due crono
Crono fondamentale per Remco che punta al campionato nazionale e ai mondiali. In Svizzera avrà due crono

Verso i mondiali

Il Giro di Svizzera è un crocevia cruciale per la stagione di Evenepoel. Dopo questa “apparizione” l’asso della Soudal-Quick Step infatti correrà il campionato nazionale a crono e poi tornerà in Italia. 

Remco infatti verrà al Passo San Pellegrino, in Val di Fassa. Ci resterà con molti compagni per almeno due settimane, poi andrà verso i lidi spagnoli della Clasica de San Sebastian e quindi ecco far capolino i mondiali di Glasgow.

Già da domani aspettiamoci dunque un Remco agguerrito come sempre. Pronto a puntare alla vittoria. La squadra è per lui. «Siamo qui per fare il massimo – ha detto Evenepoel – il programma è questo. Già vincere domani non sarebbe male, anche se con corridori come Van Aert, Kung, Bisseger… il mio obiettivo è guadagnare terreno sugli uomini di classifica».

Infine una battuta da ex calciare sull’imminente finale di Champions League che vedrà contrapposti due calciatori belgi di spicco: Kevin De Bruyne, del Manchester City, e Romelu Lukaku, dell’Inter.

«Sono due grandi giocatori, in due grandi squadre. Ed è importante per la nostra Nazionale. Credo che il Manchester City sia favorito».

Anna Vanderaerden, 17 anni e un cognome “pesante”

31.05.2023
5 min
Salva

Quando hai un cognome come quello di Anna Vanderaerden, è davvero dura farsi largo nel mondo delle due ruote. E’ come essere della dinastia Moser: ti confronti con un passato talmente ricco di successi, di personaggi, di storia che pensi sia difficile ritagliarti un tuo spazio.

Anna ha 17 anni, è la figlia di Gert che ha corso per una decina d’anni in Belgio, sempre alle porte della massima serie prendendosi anche le sue soddisfazioni (vittoria a Getxo 2004, secondo a Le Samyn l’anno prima), ma nulla in confronto a zio Eric, un nume del ciclismo belga sul finire del secolo scorso, capace di 97 vittorie fra il 1983 e il 1996 compresi un Fiandre, una Roubaix e 5 tappe al Tour.

Una delle più grandi vittorie di zio Eric Vanderaerden, il trionfo alla Roubaix del 1987
Una delle più grandi vittorie di zio Eric Vanderaerden, il trionfo alla Roubaix del 1987

In bici “per colpa” della famiglia

Zio Eric in Belgio è ancora un riferimento assoluto, per questo quando Anna ha cominciato a emergere nel panorama femminile, i fari dell’attenzione le si sono puntati addosso. La sensazione che si ha contattandola è di una ragazzina che però vuole continuare a vivere il ciclismo come divertimento, anche se i risultati stanno arrivando e si vede che la stoffa c’è. Una ragazzina ancora abbastanza chiusa nel suo bozzolo, ad esempio a differenza di molte sue coetanee nel circuito internazionale fa ancora un po’ fatica a districarsi tra inglese e francese.

D’altro canto, già raccontando i suoi inizi si capisce come il destino della giovanissima belga, capace quest’anno di salire sul podio alla Gand-Wevelgem di categoria, fosse segnato: «I miei genitori mi hanno regalato una bici da corsa quando avevo 7 anni, mi piaceva andare in bici ma con quella ho cominciato subito a fare qualche gara e non mi sono più fermata. Direi quasi che è stata una scelta della mia famiglia, ma a me non dispiace portarla avanti».

La giovanissima junior con papà Gert, professionista fino al 2007 con buoni risultati in patria
La giovanissima junior con papà Gert, professionista fino al 2007 con buoni risultati in patria
Cosa sai delle gesta di tuo padre e tuo zio?

Non c’ero ancora quando vincevano le loro gare, soprattutto quelle di mio zio, ma per questo ci sono i computer e i filmati dell’epoca. Spesso riguardo le loro vittorie, le loro gare più importanti e inizio a sognare di poter un giorno imitarli. In particolare ho visto diversi video di zio Eric quando trionfava nelle grandi classiche. Il suo curriculum è impressionante, ma devo dire che non lo fa pesare, almeno non con noi della famiglia. Per me è semplicemente zio Eric… La gente lo incontra e lo riconosce per strada e a me tocca, a ogni gara, quando sentono il mio nome ricevere la solita domanda: «Ma sei parente?…».

Secondo te il ciclismo di oggi è molto diverso da quello di allora?

Sì, almeno da quel che vedo. I materiali sono completamente diversi, ma è diverso anche il modo di correre, c’è più tattica, si corre con la testa prima ancora che con le gambe.

Un destino segnato fin da bambina: già nel 2017 Anna correva e saliva sui podi…
Un destino segnato fin da bambina: già nel 2017 Anna correva e saliva sui podi…
Qual è la gara che finora ti ha dato maggiori soddisfazioni?

Direi la gara olandese, l’EPZ Omloop van Borsele, è una corsa a tappe di 3 giorni di altissimo livello. Io sono giunta seconda in volata il secondo giorno dietro l’olandese Bader e davanti all’italiana Iaccarino: quel giorno sono caduta dopo 25 chilometri, ho dovuto cambiare la bici due volte arrivando ad avere un ritardo di 2 minuti ma non mi sono arresa, ho spinto forte nell’inseguimento e a 30 chilometri dal traguardo mi sono riaccodata. Ho cercato di riprendermi un po’ in mezzo al gruppo e alla fine mi sono giocata le mie carte allo sprint. Non mi aspettavo una prestazione del genere, ero davvero felice.

Quali sono le tue caratteristiche, su quali percorsi ti trovi più a tuo agio?

Preferisco un percorso piatto, sono principalmente una velocista, ma non mi dispiacciono anche i tracciati un po’ movimentati, perché anche dopo molti chilometri e tanta fatica ho ancora uno sprint forte.

Anna ha 17 anni. Quest’anno è stata terza ai campionati nazionali a cronometro, nel 2022 seconda in linea (foto Verbeek)
Anna ha 17 anni. Quest’anno è stata terza ai campionati nazionali a cronometro, nel 2022 seconda in linea (foto Verbeek)
Cosa stai studiando? Ti viene spesso chiesto di correre all’estero, come riesci a conciliare questo con la scuola?

Attualmente vado a scuola part-time, quindi è abbastanza facile combinarlo con il ciclismo. Riesco a districarmi bene, sono fortunata in questo.

Nel mondo del ciclismo senti il peso della responsabilità del tuo cognome, vista l’importanza che hanno avuto tuo padre e tuo zio?

Ovviamente spero di diventare altrettanto brava anch’io, è un sogno. A dir la verità non sono neanche gli altri a mettermi tanta pressione, lo faccio già io… La mia famiglia mi sostiene molto, mi dà anche molti consigli, sia mio padre che mio zio.

Il podio della Gand-Wevelgem con la belga terza dietro la vincitrice Sharp e Ferguson
Il podio della Gand-Wevelgem con la belga terza dietro la vincitrice Sharp e Ferguson
Quali sono i tuoi obiettivi per quest’anno?

Ad inizio stagione speravo in qualche bel risultato nelle prove nazionali e devo dire che le cose sono andate abbastanza bene. Spero di continuare così e mi piacerebbe gareggiare per diventare campionessa del mondo o europea. Chiaramente mi dovrò guadagnare la selezione, ma ci sto provando con tutte le mie forze.

Sappiamo che corre anche tuo fratello Wout: com’è il rapporto con lui e quanto ti segue la famiglia dovendoti dividere tra i due?

Se mio fratello non ha una gara, viene sempre alle mie, anzi a questo proposito c’è un piccolo aneddoto: al campionato belga a cronometro lui era nella macchina dietro di me. Ha passato tutto il tempo a urlarmi dietro, non l’aveva mai fatto prima, sembrava abbastanza indifferente verso quel che facevo, quel giorno mi ha sorpreso. Se sono arrivata terza è stato anche merito suo.

Consonni mette la testa a posto, ma resta velocissima

10.05.2023
5 min
Salva

L’ultima vittoria di Chiara Consonni portava la data del 18 settembre, al Gp International d’Isbergues, penultima corsa con la maglia Valcar prima di aprire la porta sul UAE Team Adq. Domenica scorsa la bergamasca ha alzato nuovamente le braccia a Helchteren, nel Limburgo fra il Belgio e l’Olanda, nel Trofee Maarten Wynants (foto sportpic_agency in apertura), dopo un mese di assenza dalla strada.

«Sono andata in Canada per la Nations Cup su pista – conferma – e sono tornata tardissimo. Così, dopo l’inizio di stagione bello tirato, ho fatto un po’ di recupero. La pista mi ha dato un bel colpo di pedale e il periodo di stacco mi ha restituito freschezza. Insomma, tutto bene…».

Nella corsa belga al UAE TEam Adq si sono unite anche due ragazze del “devo team” (foto sportpic_agency)
Nella corsa belga al UAE TEam Adq si sono unite anche due ragazze del “devo team” (foto sportpic_agency)
Ci eravamo sentiti dopo il secondo posto alla Dwars door Vlaanderen, sui muri e col bagnato…

Rispetto a quella, questa era una gara più veloce, con un circuito un po’ tecnico. Mi ha ricordato il Liberazione, forse meno dura, però piena di curve. E’ stato bello, sapevo che dovevo fare ritmo gara perché non correvo dalla Roubaix, quindi non sapevo come stavo. In più c’erano due nuove ragazze del “devo team”, Pellegrini e Gillespie, con cui non avevo mai corso. Insomma, è stata una bella esperienza.

Prima vittoria a maggio, squadra nuova: come va la stagione?

Ho tante certezze in più, intanto per il modo in cui sono seguita. Quando sono caduta alla Gand e mi sono fatta male al ginocchio, c’erano tutti i mezzi per recuperare al meglio. La Tecar, un massaggiatore, la fisioterapista. Tante cose che vengono messe a nostra disposizione per farci arrivare al top alle gare. Ho tantissime persone che mi seguono, la dottoressa che mi scrive tutti i giorni. Essendo anche italiani, c’è un rapporto più amichevole. Mi piace, mi sto trovando benissimo anche con le compagne. Marta (Bastianelli, ndr) mi sta insegnando tanto ed è un peccato che smetta, sennò ci saremmo divertite ancora un po’ (ride, ndr).

Hai provato a farle cambiare idea?

Sì, tante volte, però non ha funzionato. Non ne può più di sentirsi dire che può fare ancora un paio di anni. Ormai ha deciso. Con tutto quello che ha vinto, poteva smettere anche prima. Però vedendola anche quest’anno, penso sia una delle ragazze con più grinta che abbia mai conosciuto. Anche quando le cose vanno male, ti dà proprio una carica fuori dal comune.

Consonni non correva su strada dalla Roubaix, chiusa al 9° posto. Qui con Marta Bastianelli, suo riferimento
Consonni non correva su strada dalla Roubaix, chiusa al 9° posto. Qui con Marta Bastianelli, suo riferimento
Come lo vedi Arzeni, in questa nuova dimensione WorldTour?

Il Capo è più tranquillo rispetto alla Valcar. Prima ricopriva tanti ruoli e magari era un po’ meno presente, nel senso che poteva fare meno attenzione alle singole cose. Adesso invece ha il tempo per gestirle meglio. Poi penso che si trovi bene anche lui in squadra, deve collaborare con altre persone che hanno curriculum di tutto rispetto. Penso agli altri direttori sportivi, Marcello Albasini, Alejandro Gonzalez Tablas e Cristina San Emeterio. Lo vedo tranquillo, più consapevole dei suoi mezzi.

Il tuo prossimo obiettivo sarà il Giro?

Sinceramente (fa una pausa, ndr) non so se lo farò, anche perché le tappe non sono ancora uscite. Faccio sicuramente il Tour in preparazione ai mondiali su pista e forse quello su strada, di cui però ancora non so nulla. Non è tanto duro, ma bisogna vedere come rientro dopo questo periodo di stop. Mi piacerebbe tanto esserci, anche perché non ho mai fatto una corsa su strada da elite in nazionale, solo da junior. Il Tour finisce quattro giorni prima, sarebbe perfetto.

Sul podio di Helchteren, Consonni con Dideriksen (seconda, a sinistra) e Martins (foto sportpic_agency)
Sul podio di Helchteren, Consonni con Dideriksen (seconda, a sinistra) e Martins (foto sportpic_agency)
Pensi si possa fare il doppio mondiale – strada e pista – a pochi giorni di distanza?

Come dice Marco Villa, devi prepararti prima e noi abbiamo già cominciato. Quando sono a casa, cerco di andare il maggior numero di volte in pista per non avere problemi di adattamento quando ci sarà doppia attività. Hanno fatto un calendario tanto ravvicinato però ci si prova. Sono due cose che mi piacciono e spero di farle entrambe al meglio.

Hai detto che ti senti molto seguita, quali sono gli aspetti in cui questo è più evidente?

Non c’è una cosa in particolare, è in generale il modo in cui è attrezzata questa squadra. Adesso ci hanno dato un anello che si chiama Ultrahuman, che aiuta a guardare i battiti, quanto recuperi, come dormi, quanto dormi. Abbiamo a disposizione tutti i mezzi per farci arrivare al meglio. Alla Vuelta è arrivato il pullman grande, è arrivata la cuoca, c’è Erica Lombardi che ci segue per la nutrizione. Insomma, se non vai non puoi incolpare nessuno.

Probabilmente ho sbagliato numero. Credevo di aver chiamato la Consonni che durante le Sfr faceva i selfie. Ti hanno cambiato…

In meglio dai, però è vero (ride forte, ndr). Bisogna cambiare…

Suo fratello Simone sta correndo il Giro: campione olimpico come Milan, punta anche lui a una tappa
Suo fratello Simone sta correndo il Giro: campione olimpico come Milan, punta anche lui a una tappa
Che cosa vogliamo dire a tuo fratello Simone che sta correndo il Giro?

Speriamo che arrivi anche per lui, cavoli, la vittoria in un grande Giro. Sono tutti lì che vogliono vincere, ma spero per lui che arrivi qualcosa, anche per il morale. Che si sblocchi come Milan. Mamma mia che bestia, ragazzi. Che volata ha fatto Johnny?

Prossima corsa?

Vuelta a Burgos, settimana prossima. Ma significa che quando il Giro sarà a Bergamo, io sarò lontana e un po’ mi dispiace. Per cui adesso lavoro qualche altro giorno a casa, anche se farà brutto tempo, e poi preparerò la prossima valigia…

A tavola con Piva, fra Busatto, il Belgio e i giovani

29.04.2023
8 min
Salva

RIEMST (Belgio) – Valerio Piva conosce i corridori e il Nord come pochi altri. Da anni il tecnico della Intermarché-Wanty Gobert vive in Belgio, ci ha pedalato e sempre a quelle latitudini dirige e segue i corridori. Da quest’anno, tra questi c’è anche Francesco Busatto, vincitore della Liegi U23.

Incontrato a casa sua, dove tra le altre cose ha un hotel – l’Hove Malpertuus – che da anni ospita molti team durante la campagna del Nord, Valerio ci parla di questo giovane italiano. Ma di riflesso il discorso si estende anche a ragionamenti più vasti, che riguardano sempre i giovani e alcuni aspetti del ciclismo in Belgio.

Busatto (a destra) aveva dimostrato ottime cose già durante i ritiri invernali con la prima squadra (foto Instagram)
Busatto (a destra) aveva dimostrato ottime cose già durante i ritiri invernali con la prima squadra (foto Instagram)
Valerio, parliamo di Busatto. Questo autunno ancora non lo avevi conosciuto, ora ci sei stato più a contato: cosa ci puoi dire di lui?

Francesco ha iniziato questa stagione debuttando coi grandi e lo ha fatto con me. Avevamo avuto problemi con un corridore che si era ammalato per l’Oman e abbiamo portato lui. Era già in Spagna con la squadra, aveva fatto entrambi i ritiri e abbiamo visto che aveva una buona condizione. Grazie al regolamento, che prevede questo scambio tra il team devo e la WorldTour, lo abbiamo schierato subito.

Ed è andato bene…

Alla prima corsa, il Gran Premio di Muscat, è finito quarto. Fra l’altro era anche una corsa abbastanza selettiva, impegnativa, con il finale su uno strappo. Si è destreggiato anche bene in volata. Era rimasto anche da solo nel primo gruppo. Da lì abbiamo visto che i primi approcci, anche col livello più alto, erano positivi, e l’Oman ne è stata la conferma.

Che corridore è?

Non è uno scalatore. Si difende su percorsi vallonati. Ha uno spunto veloce ed è esplosivo, quindi direi che è un corridore moderno. Oggi è importante essere veloci.

Hai detto che Busatto, non è scalatore eppure vince la Liegi. Chi ti ricorda se dovessi fare un paragone tecnico?

Difficile fare dei paragoni. Busatto ha vinto una corsa rinomata per essere dura: ha fatto la Redoute, ma non è la corsa dei pro’. E’ importante che sia riuscito ad uscire bene da questi strappi e che abbia mantenuto la sua esplosività. Se poi dovessi dire chi mi ricorda, proverei un Bettini. Ma in generale è uno di quei corridori che riescono a “fare la corsa” su tanti tipi di percorso.

Lo sprint vincente di Busatto sul traguardo di Blegny sede di arrivo della Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Lo sprint vincente di Busatto sul traguardo di Blegny sede di arrivo della Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Ti aspettavi questo successo alla Liegi? E’ stata una sorpresa per te?

Per niente sorpreso. Dopo l’Oman, l’ho rivisto qui in Belgio e l’ho portato di nuovo a correre con me, al Limburgo. Tra l’altro lo avevo fatto venire un giorno prima per fargli vedere il percorso. Il giorno della corsa però non è andato molto bene: freddo, acqua e lui non stava un granché. A quel punto è tornato con la squadra under 23. Ha disputato altre corse in Belgio, di nuovo il Brabante con noi, che era una settimana prima della sua Liegi.

Un ottimo banco di prova…

Esatto ed è andato forte, perché essere davanti in una gara come la Feccia del Brabante, quattordicesimo, vuol dire molto. E’ stata la conferma delle sensazioni che avevamo avuto a inizio stagione. E cioè quelle di un corridore che ha qualità. Chiaramente deve crescere, è giovane deve maturare. E infatti io glielo avevo detto dopo il Brabante: «Guarda che la Liegi è l’obiettivo. Se hai una gamba così puoi solo che vincere». Tra l’altro ho scoperto che nessun italiano aveva mai vinto la Liegi under 23.

E ora?

Adesso un po’ di tranquillità, poi l’obiettivo prossimo sarà il Giro d’Italia under 23. Successivamente altre corse, ma adesso non conosco con precisione il suo calendario. L’anno prossimo sarà con noi nella WorldTour.

Piva ha portato Busatto al Limburgo per saggiare strade simili all’Amstel e alla Liegi. Un’esperienza utile per il breve e il lungo periodo
Piva ha portato Busatto al Limburgo per saggiare strade simili all’Amstel e alla Liegi. Un’esperienza utile
Tu, Valerio, quassù sei di casa. I tuoi consigli avranno avuto un certo peso…

Il tracciato del Limburgo è una piccola Amstel Gold Race e spesso usiamo quelle strade per valutare i ragazzi. E anche per fargli conoscere i percorsi. Alla fine possono essere esperienze per il futuro. Ci pensavo giusto qualche giorno fa…

A cosa?

Proprio Francesco mi ha detto: «Sai, Valerio, quest’anno non ho ancora corso in Italia». E questo è già un approccio diverso. Mi diceva: «Sì, vado bene, però io un ventaglio non so cosa sia. Non ho mai corso col vento vero». In Italia è difficile trovarle giornate dove veramente c’è il vento che condiziona la corsa. Prenderci confidenza adesso è importante: capire le posizioni, imparare a conoscere e a riconoscere i percorsi…

Riconoscere i percorsi. Sembra un aspetto banale, ma non lo è…

Esatto. Quando dicono che i corridori belgi sono bravi sui percorsi del Fiandre, di Harelbeke… Vivono qua, come ci vivo io. Non è che ce l’hanno nel Dna o che li sanno interpretare bene per natura. Vanno forte perché conoscono le strade. Io esco e pedalo sul percorso della Liegi, della Freccia e dell’Amstel. Li conosco a occhi chiusi. E così vale per i ragazzi che vanno in bici. 

Per Piva conoscere e riconoscere le strade vuol dire molto. E chi cresce quassù poi è avvantaggiato
Per Piva conoscere e riconoscere le strade vuol dire molto. E chi cresce quassù poi è avvantaggiato
Vanno a memoria. Si ricordano i punti più insidiosi, il vento, le curve, gli strappi, le pendenze…

E così facendo arrivano al professionismo con un bagaglio diverso rispetto agli altri ragazzi. E’ importante quindi crescere qui se si vuole andare forte in certe gare. Ricordo quando mi proposero Ballerini: «Siamo sicuri che farà bene nelle classiche in Belgio», mi dissero. Okay, ma alla fine? Sì, è un ottimo corridore, ma ci vuole del tempo per fare di più. Devi essere abituato a correre qua da giovane. Busatto si è ritrovato in una squadra belga e correrà quassù molto di più di tanti altri. E sicuramente avrà un bagaglio diverso.

E qui ci si allaccia indirettamente al discorso dei giovani italiani… 

Io penso che i giovani italiani ci sono. L’abbiamo visto anche adesso. Bisogna chiaramente lavorarci. Semmai il problema è un altro.

Quale?

Non essendoci delle grandi squadre italiane hanno meno certezze sul futuro. Un ragazzo che corre in Italia inizia a pensare: «Se voglio diventare un professionista devo andare all’estero». E deve dimostrare qualcosa subito. A volte come nel caso di Busatto ci sono i manager, ma tante altre volte non è così. C’è pertanto questo handicap: non c’è uno sbocco diretto in una squadra importante, come poteva essere anni fa la Liquigas della situazione.

Campioni come Van Aert ed Evenepoel (qui in uno spot per una catena di pizzerie) sono spendibili anche per brand extra ciclistici
Campioni come Van Aert ed Evenepoel (qui in uno spot per una catena di pizzerie) sono spendibili anche per brand extra ciclistici
E in tal senso non si vedono grosse aperture, almeno guardandola nel breve periodo…

Tante squadre si trovano in difficoltà. Io faccio parte di una squadra WorldTour piccola, in cui le difficoltà ci sono e i budget non sono grandi. Però abbiamo la fortuna di stare in Belgio in cui ci sono più industrie interessate al “prodotto ciclismo”.

Quassù ti fermi all’autogrill e trovi la pubblicità con Van Aert. Al supermercato c’è la gigantografia di Remco…

Il ciclismo in Belgio è al primo posto come simbolo di sport. Il ciclista è ancora considerato un vero atleta. Uno sportivo che fa sognare i giovani ed è per quello che tanti ragazzi vanno in bici. Il Belgio è un Paese piccolo. Il ciclismo è nelle tradizioni di famiglia e ogni giorno gli passa davanti alla porta di casa una corsa. Già un mese prima del Fiandre, in tv facevano programmi di approfondimento, storia, tecnica… Senza contare che hanno miti come Evenepoel e Van Aert, come noi un tempo avevamo Pantani.

Tornando a Busatto, abbiamo raccontato che c’è questo bel feeling con Paolo Santello, il suo preparazione. Ora che passera nel World Tour, questa collaborazione si dovrà interrompere?

Noi abbiamo una struttura con allenatori, dietisti, massaggiatori… e la mettiamo a disposizione di tutti i nostri atleti. Ma se un ragazzo arriva e mi dice: «Guarda Valerio sono tanti anni che lavoro col mio preparatore e mi trovo bene», perché fermarlo? Chiaramente deve essere un preparatore coordinato con noi, che non dia fastidio. I nostri atleti lavorano con TrainingPeaks e quindi vengono monitorati anche dal nostro trainer di riferimento. 

Busatto è allenato da Paolo Santello dalla fine del 2021: la collaborazione prosegue con la regia del team
Busatto è allenato da Paolo Santello dalla fine del 2021: la collaborazione prosegue con la regia del team
L’importante è che il preparatore sia allineato a filosofie e programmi: è così?

Chiediamo la collaborazione diretta col nostro capo allenatore. Nel caso di Francesco, se vuol lavorare con un italiano perché parla meglio la lingua, ci sta. Ma posso dire che col tempo è successo più spesso il contrario: dai preparatori esterni, sono passati a quelli interni dopo che hanno visto come lavora la squadra. Siamo partiti come una professional piccola che ha comprato la licenza ed è vero, ma poi abbiamo investito molto nella struttura. E non solo nel nome.

E torniamo in parte al discorso del prodotto ciclismo in Belgio e della capacità di vedere il tutto a 360° …

Abbiamo puntato molto sullo staff di allenatori, nutrizionisti… nel progetto. E questa è la miglior pubblicità. Adesso tanti manager ci propongono atleti di livello, anche giovani forti, che prima neanche osavano accostare a noi. Invece hanno visto che chi viene qua riceve l’attenzione che merita, la qualità che serve e in corsa tutti i nostri atleti hanno una chance, perché non lavoriamo solo attorno al grande nome. La squadra pertanto è diventata appetibile. E anche gli atleti si fidano.

La galleria del vento dedicata solo alle bici

18.04.2023
5 min
Salva

Si parla spesso di galleria del vento, degli effetti che ha l’aerodinamica sulle performances e dei test eseguiti sulle biciclette. In rare occasioni ci siamo posti il quesito, se ne esista una specifica per la bicicletta.

La risposta è sì, esiste, si trova a Paal ed è perfettamente integrata nella sede di Ridley (nello showroom), all’interno della Bike Valley. Ci siamo stati e abbiamo fatto qualche domanda a Daan Teugels, responsabile della galleria del vento e del Progetto Aerodinamica.

Le linee blu della galleria del vento che fanno da soffitto all’esposizione (foto Ridley)
Le linee blu della galleria del vento che fanno da soffitto all’esposizione (foto Ridley)

Una galleria del vento slow speed

«Questa galleria del vento – spiega Teugels – è posizionata all’interno della sede della Belgian Cycling Factory e si sviluppa in lunghezza appena al di sopra della sala di esposizione delle biciclette. E’ la prima galleria che tecnicamente prende il nome “slow speed”, questo perché è dedicata interamente alla bici e tutto quello che ruota intorno alla bicicletta. Qui si eseguono test comparativi, di efficienza e naturalmente di quanto l’aerodinamica pura influisce sulle performances.

«Utilizziamo un modulo CFD proprietario, personalizzato da noi e cucito sulle esigenze del ciclismo. Questo porta dei vantaggi notevoli, soprattutto se facciamo un confronto con altre gallerie del vento che analizzano diverse categorie di prodotti. Ruote, caschi e abbigliamento tecnico, le stesse posizioni dei corridori, qui l’aerodinamica applicata al ciclismo trova il suo regno».

Daan Teugels, responsabile della galleria del vento
Daan Teugels, responsabile della galleria del vento
I numeri della galleria sono replicabili nella vita reale?

La risposta è no, o per lo meno non del tutto, ma l’obiettivo principale di una galleria del vento è quello di fornire una base di lavoro e capire quali sono anche i vantaggi più piccoli. E’ sempre necessario considerare che la variabile più grande è l’atleta. L’analisi tramite la galleria del vento offre dei dati oggettivi di base e relativi ai materiali.

In sostanza la galleria del vento è un lungo corridoio (foto Ridley)
In sostanza la galleria del vento è un lungo corridoio (foto Ridley)
La variabile più grande è il corridore?

Si esatto. Circa l’80% della resistenza totale generata è dovuta al ciclista. Sulla resistenza allo spazio influiscono la posizione dell’atleta e ovviamente la bicicletta. Volendo fare un esempio: la differenza tra una posizione eretta e una posizione aerodinamica è di circa 50 Watt. La differenza tra il normale abbigliamento da corsa con casco da strada, rispetto ad un body specifico da crono e con indossato il casco da crono, con la seconda opzione si risparmiano circa 15 Watt. Lavorare sui componenti e sugli strumenti che usa l’atleta, valutarli nella galleria del vento, ci permette di abbassare l’influenza delle variabili.

Alcuni test hanno una durata di un’ora, altri diversi giorni (foto Ridley)
Alcuni test hanno una durata di un’ora, altri diversi giorni (foto Ridley)
Quanti test vengono fatti in un anno?

Indicativamente 150 in totale, ma dipende dal periodo. Il più intenso è quello invernale e all’inizio della primavera, dove si provano i nuovi equipaggiamenti e i corridori ottimizzano la posizione sulla bici. Quello con una quasi totale assenza di test è quello compreso tra la fine del periodo estivo e l’autunno.

Ci sono anche aziende esterne alla Bike Valley che usano questa galleria del vento?

Certamente, molte aziende che investono e sviluppano abbigliamento, caschi e naturalmente biciclette. Diversi brand americani di biciclette utilizzano questa galleria del vento.

La piattaforma che angola la bicicletta in base alle esigenze
La piattaforma che angola la bicicletta in base alle esigenze
Il vento simulato all’interno che velocità può raggiungere?

La velocità massima che possiamo raggiungere con la nostra galleria del vento è di 108 chilometri orari. Tuttavia la velocità massima utilizzata è di 80, poiché la nostra esposizione sottostante deve rimanere intatta. 80 è un valore molto reale se comparato con condizione esterne di vento estremo.

Esiste un intervallo ottimale di vento all’interno del quale si sviluppano le prove?

La maggior parte dei test rientrano in un intervallo di velocità compreso tra 35 e 60 chilometri orari e un angolo di imbardata compreso tra meno 15 e 15 gradi. Le condizioni al di fuori di questi intervalli sono molto rare.

Vengono eseguiti anche dei test di valutazione termica dell’abbigliamento (foto Ridley)
Vengono eseguiti anche dei test di valutazione termica dell’abbigliamento (foto Ridley)
Quale è il fattore più difficile, se ne esiste uno, da analizzare?

Il più grande ostacolo ai guadagni aerodinamici sulle biciclette è che ogni capo di abbigliamento, ogni attrezzatura e posizionamento sono diversi per ogni ciclista. Raramente c’è un’attrezzatura veloce per tutti. Questo lo rende anche molto interessante ovviamente. L’aerodinamica è molto individualistica e dipende molto dal tipo di corporatura e dalla flessibilità della persona.

Il calco di Tony Martin
Il calco di Tony Martin
C’è un test che è stato più difficile da sviluppare rispetto ad altri?

Come dicevo poco fa, l’aerodinamica è individuale, ogni prova e test, ogni singola situazione sono difficilmente replicabili. Però in passato, quando Tony Martin era ancora corridore, proprio qui abbiamo condotto delle prove per lo sviluppo dell’abbigliamento crono della nazionale tedesca. Quello che avevano in dotazione all’epoca non era troppo efficiente in termini di aerodinamica e lo staff della nazionale ha chiesto il contributo di Bioracer, azienda della Bike Valley con la quale collaboriamo attivamente.

Le fasi di preparazione ai test avvengono in diversi passaggi (foto Ridley)
Le fasi di preparazione ai test avvengono in diversi passaggi (foto Ridley)
E cosa avete fatto?

Abbiamo creato un calco del corpo di Martin, che ritraeva fedelmente la sua posizione sulla bici da crono. Abbiamo notato che la sua spalla destra era più bassa rispetto alla sinistra. Grazie a questa informazione Bioracer ha creato un body ad hoc per il campione tedesco ed in seguito anche la posizione sulla bici da crono è stata modificata in modo da renderla più efficiente. La storia dei suoi risultati parla da sola.

Quanto è il costo di un test?

Sono 500 euro per un’ora, a prescindere dal soggetto della prova.