Jorgenson, un altro americano per la Jumbo-Visma

21.10.2023
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BEIHAI – Matteo Jorgenson ha 24 anni e viene dall’Idaho, Stati Uniti. Per il corridore del Movistar Team si tratta della prima volta in Cina, per cui se ne va in giro spesso con gli occhi sgranati, cercando di memorizzare il più possibile. Jorgenson sembra la persona più gentile del mondo, ma quando si tratta di addentare le salite, si trasforma in un bel mastino.

Della sua storia vi avevamo già raccontato, ma ora il suo cammino nella squadra spagnola è giunto al termine. Dal prossimo anno, infatti, Matteo correrà alla Jumbo-Visma. Aveva già deciso di cambiare aria, vedendo nella Movistar la scarsa propensione a sposare la modernità del ciclismo contemporaneo.

«Eppure devo loro eterna gratitudine – sorride dalle sue lentiggini e gli occhi chiari – perché mi hanno accolto che ero un bambino e hanno fatto di me un corridore. Quando sono arrivato in Europa non ero neppure certo di avere le qualità per fare il corridore. In allenamento ero capace di ottimi numeri, però in gara era un’altra cosa».

L’americano è professionista dal 2020, è alto 1,90 e pesa 65 chili
L’americano è professionista dal 2020, è alto 1,90 e pesa 65 chili
Le cose sono cambiate. Hai vinto in Oman, sei arrivato secondo al Romandia, ti aspettavi una stagione così convincente?

Non so se me l’aspettassi, ma di certo la volevo. Durante l’inverno ho lavorato duramente, volevo che fosse un anno di svolta. 

C’è un obiettivo che ti è sfuggito e che l’avrebbe resa perfetta?

Direi di no, il mio obiettivo principale era vincere una gara professionistica e l’ho fatto staccando tutti in salita. Devo dire che l’ho raggiunto subito, dato che era la quarta corsa di stagione. Mentre al Romandia ero andato per vincere, ma il secondo posto alla fine è stato comunque buono. Non parlerei di obiettivo mancato, parlerei piuttosto di utili indicazioni per il futuro.

Pensi che nei tuoi piani un giorno potranno esserci i Grandi Giri?

Non credo per la classifica generale. Dal punto di vista energetico, sono un ragazzo grande e non so se per me sarebbero possibili più giorni consecutivi ad alto livello sulle grandi montagne. Però resta tutto da vedere.

La Movistar al Tour of Guangxi è stata guidata da Pablo Lastras, a destra: una vita nello stesso team, da atleta e tecnico
La Movistar al Tour of Guangxi è stata guidata da Lastras, a destra: una vita nello stesso team
Dal prossimo anno cambierai squadra, quali sono state le ragioni della scelta?

Diciamo che l’offerta economica c’è entrata ben poco. Fondamentalmente volevo un posto dove avrei potuto raggiungere il mio miglior livello. Era questo il mio obiettivo principale. Penso di avere ancora molti margini di miglioramento, non so quale sia effettivamente il mio limite.

Qual è stato il giorno quest’anno in cui ti sei sentito più forte?

E’ una buona domanda. Penso che forse è stato all’E3 Saxo Classic (quando si piazzò 4° a 33 secondi dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar, ndr). Non ho sentito le gambe per tutta la corsa, probabilmente è stato il mio giorno migliore in bici quest’anno.

Invece il giorno peggiore?

Probabilmente la tappa di Saint Gervais Mont Blanc del Tour, dove soprattutto ero disconnesso mentalmente e ho sofferto tutto il giorno nel gruppetto. Il giorno dopo infatti non sono ripartito. Al Tour ero messo piuttosto male, semplicemente non ero in una buona condizione.

La Jumbo Visma ha messo gli occhi su Jorgenson dopo il quarto posto al GP E3, quando fu 4° dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar
La Jumbo Visma ha messo gli occhi su Jorgenson dopo il quarto posto al GP E3, quando fu 4° dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar
Quali pensi siano le differenze fra la Movistar e la Jumbo Visma?

Non ne sono ancora sicuro, non facendo ancora parte della squadra. Alla Movistar negli ultimi anni ho visto Patxi Vila cercare di portare il cambiamento, ma in realtà non è riuscito a cambiare molto e adesso è tornato alla Bora-Hansgrohe. La squadra è gestita da persone in gamba che però sono ferme al ciclismo di vent’anni fa. Tutto quello che posso vedere della Jumbo-Visma è dall’esterno. Sono entusiasta di scoprirlo. La sensazione è che attuino una programmazione tipica più degli sport di squadra americani che del ciclismo. Curano tutti i dettagli, almeno da quello che raccontano i corridori che ne fanno già parte. La sensazione è che il rendimento sia la prima attenzione, dai gregari ai leader.

E’ vero, come hai raccontato, che al momento di inviarti l’offerta, hanno allegato anche una presentazione in cui ti mostravano tutto quello che avresti potuto trovare?

Verissimo, sono stati gli unici ad avere questo tipo di approccio. Le altre squadre con cui ho avuto contatti, mi hanno parlato di programmi, rassicurandomi che avrei avuto il mio spazio. La Jumbo-Visma non lo ha fatto e neppure mi hanno detto se sarò leader o aiutante. Credo che non sia questo il punto accettando di andare in una squadra così.

Qual è il punto?

E’ dentro di me. Se saprò andare forte come spero, allora penso che potrò avere il mio spazio. Non hanno fatto promesse, ma hanno reso chiaro il cammino che farò ed è quello di cui avevo bisogno.

Jorgenson voleva lasciare il Movistar Team con un successo, ma si è dovuto accontentare del 6° posto finale
Jorgenson voleva lasciare il Movistar Team con un successo, ma si è dovuto accontentare del 6° posto finale
In cosa pensi di dover migliorare?

Ci sono parecchi aspetti da mettere a posto. Uno è che se voglio fare classifica nei grandi Giri, devo migliorare nelle cronometro. In qualche modo devo trovare una posizione più aerodinamica. Sono alto e non sono ancora riuscito a essere abbastanza aerodinamico per essere competitivo. E poi, sempre se quello sarà il mio obiettivo, probabilmente dovrò lavorare sull’essere scalatore. Per ora, dopo il secondo giorno di alta montagna, faccio fatica.

Perché ami il ciclismo?

Mi piace il processo per cui ogni giorno, a casa o nel mondo, si cerca sempre di migliorare con l’allenamento. La fatica è molto mentale e penso che possa essere controllata con la testa. Penso che valga sempre la pena di spingersi oltre il limite della sofferenza, perché capisci che se hai superato un certo limite per una volta, puoi farlo ancora. E’ sempre qualcosa di utile.

De Lie attacca come un toro, ma ha il cuore d’oro

14.10.2023
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BEIHAI – De Lie lo chiamano il Toro di Lescheret e quando ci sediamo davanti a lui nel gazebo al via della tappa, l’irruenza traspare nei piccoli gesti a scatti. Ha spalle non larghissime, ma quadricipiti potenti e probabilmente anche da sfinare (il belga è alto 1,82 per 78 chili). Nel parlare c’è l’esuberanza dei 21 anni, come pure nelle battutine sommesse con Thomas De Gendt seduto accanto, all’indirizzo di chiunque. Forse anche il mio.

Il 2023 è stato l’anno del salto di qualità. In Belgio lo hanno già individuato come una sorta di reincarnazione di Tom Boonen. Gli hanno risparmiato il paragone con Van Aert e negli ambienti più legati alla tradizione, i suoi modi discreti fanno più presa dell’esuberanza di Evenepoel. La vittoria WorldTour del Gp Quebec lo ha lanciato fra i grandi, ma dire che tutti si fossero già ampiamente accorti del suo arrivo è persino scontato.

«Quando sono partito per la volata – racconta – ero ancora lontano dal traguardo, ma avevo due compagni che mi hanno pilotato davanti. Hanno alzato il ritmo e sono riuscito a prendere velocità stando a ruota. La squadra ha fatto tutto alla perfezione. Su un finale di quel tipo vince sempre il più forte è quel giorno lo sono stato io. Finora il GP Quebec è stato la vittoria più importante. Volevo vincere una gara WorldTour e ci sono riuscito a 21 anni».

La vittoria di Quebec City è la più grande e la più bella di De Lie, con le dita al cielo per De Decker
La vittoria di Quebec è la più grandedi De Lie, con le dita al cielo per De Decker
Le dita al cielo di Quebec?

Erano per Tijl De Decker (il giovane belga vincitore della Roubaix U23, scomparso il 25 agosto per un incidente, ndr). Penso sempre a lui. Speravo di vincere davanti a lui nel Renewi Tour, volevo ringraziarlo perché con lui in squadra ho vinto La Polynormande ad agosto, invece se ne è andato proprio in quei giorni. Anche per questo aver vinto in Canada è stato un tributo a lui.

A Montreal, due giorni Quebec, invece di aspettare la volata hai attaccato da lontano. Forse anche troppo…

Ho attaccato per il gusto di farlo, volevo divertirmi. Ero nel gruppo di testa, avrei potuto aspettare. Nessuno in quel momento poteva sapere che fosse un attacco sbagliato, mentre dopo la corsa sono tutti bravi a dirlo. Per quanto mi riguarda, mi rendo conto che sono ogni anno più forte e che magari in futuro certi attacchi finiranno diversamente.

Hai firmato con la Lotto Dstny fino al 2026, come mai?

Mi è piaciuto molto il progetto che mi hanno proposto. Posso continuare a crescere come negli ultimi due anni. Se invece avessi scelto una nuova squadra, avrei avuto il tempo che mi serve? Mi piace stare qui, la Lotto Dstny investe sulla mia carriera e io cerco di ripagarli.

E’ il 26 agosto, si corre il Renewi Tour. Il giorno prima è morto il compagno De Decker, investito in allenamento. Il momento è duro
E’ il 26 agosto, si corre il Renewi Tour. Il giorno prima è morto il compagno De Decker, investito in allenamento. Il momento è duro
Il prossimo anno si passa a bici Orbea, cosa ne pensi?

Mi sono sempre trovato bene con Ridley, la scelta è stata della squadra, io ho insistito soltanto per l’arrivo di Lionel Taminiaux (belga di 27 anni, ex Alpecin-Deceuninck, ndr). Perderò invece Maxime Monfort, che passerà sull’ammiraglia Lidl-Trek, con cui ho sempre avuto un ottimo rapporto. Me ne aveva parlato in anticipo. E’ un peccato che se ne vada, ma così è la vita.

E’ andato via Caleb Ewan, per il prossimo anno si prospetta un ruolo da leader?

La parola leader non mi piace, sembra che voglia metterti al di sopra degli altri.

Leader significa essere capaci di guidare la squadra.

Allora è meglio. In alcune squadre il capitano è al di sopra degli altri e questo provoca tensioni. Io mi trovo bene con tutti, siamo un gruppo omogeneo. Se invece inizi a formare gruppetti separati, difficilmente ci riuscirai. L’anno prossimo voglio giocarmi la vittoria nelle grandi classiche. Ci sono andato vicino l’anno scorso alla Omloop Het Nieuwsblad, ora voglio vincere altre gare a livello WorldTour.

De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
Si parla anche di debutto in un Grande Giro?

L’intenzione per il prossimo anno è quella, ma non sappiamo ancora quale. Se il Tour de France avesse solo sprint in pianura, non ci andrei. Ho notato che mi manca ancora la velocità pura nelle gambe per gli sprint totalmente piatti. Invece quelli in leggera pendenza, posso vincerli. La scelta sarà determinata dai percorsi, la squadra è d’accordo. Sono certo che qualunque corsa sceglieremo renderà il mio motore più forte.

Agli europei hai tirato la volata per Van Aert: pentito di averlo fatto?

Ho dichiarato che avrei potuto fare la volata, ma è stato giusto tirarla per Wout. In quel momento ho pensato che fosse più forte. Non ho rammarichi su come è finita Drenthe. Wout ed io siamo corridori simili, tranne che per la crono. Per me è fonte di ispirazione, se ci troveremo a dividere ancora i gradi in nazionale, basterà essere onesti l’uno con l’altro.

Lampo d’azzurro su Beihai: Milan si lancia, Viviani lo infila

12.10.2023
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BEIHAI – Dedicato a Marco Villa, pensiamo non appena Viviani e Milan sfrecciano accanto andando a fermarsi in fondo allo stradone liscio, dritto e caldo. La prima tappa del Tour of Guangxi parla italiano, come meglio non si poteva sperare, il tecnico della pista azzurra avrà gongolato vedendo davanti due dei suoi. La gente è assiepata alle transenne, calde per il sole. I fotografi sono pronti e la volata è un esercizio di tattica e potenza. Giocano pulito. E Milan involontariamente si trasforma nel perfetto leadout per Viviani. Parte infatti ai 300 metri e il veronese trova lo spunto per passarlo. Nei giorni scorsi gli avevamo chiesto come mai non avesse preso Morkov, poi finito all’Astana.

«Evidentemente – sorride accaldato – il progetto di Cavendish era più concreto. Credo che Mark farà il record di tappe al Tour, come credo che anche io con un buon supporto e le giuste gambe, posso essere competitivo contro i migliori sprinter. Sono sempre stato anche realista, però oggi ho dimostrato che ci sono».

Il Trofeo del Tour of Guuangxi è esposto la mattina al foglio firma, sorvegliato da guardiani speciali
Il Trofeo del Tour of Guuangxi è esposto la mattina al foglio firma, sorvegliato da guardiani speciali

Un lampo di Milan

Primo Viviani, secondo Milan. Il gigante friulano ha pagato care le fatiche del Giro e da maggio ha messo insieme appena nove giorni di corsa, faticando a trovare ritmo e sensazioni Anche i mondiali di Glasgow su pista non lo hanno mostrato ai livelli che ben conosciamo.

«Sono contento che sia tornato a sprintare – dice Viviani – perché essendo nello stesso gruppo della nazionale, sappiamo anche come ci vanno le cose. E Jonathan dal Giro non ha più ritrovato le sensazioni che voleva. Dopo l’arrivo gli ho fatto i complimenti. Alla fine l’ho passato solo io, perché mi sono trovato nella situazione perfetta per farlo. Ma tutti gli altri sono rimasti dietro ed è partito a 300 metri. Qualche mese fa, contro i miei stessi interessi, gli avevo detto che avrebbe dovuto finire bene l’anno, perché il prossimo per lui comincia una nuova avventura da leader e non sarebbe facile iniziare con l’ultima vittoria fatta a maggio. Sono felice di averlo visto fare una volata lunga e bella. Quanto a me, sono contento di essere tornato a vincere nel WorldTour una cosa che mi mancava da tanto».

Questa prima tappa a Beihai è stata la 47ª giornata di gara per Milan, appena la 9ª dopo il Giro
Questa prima tappa a Beihai è stata la 47ª giornata di gara per Milan, appena la 9ª dopo il Giro

Contento a metà

Milan sorride. E’ contento per la vittoria dell’amico, ma proprio perché non vince da maggio e da tutto questo tempo non azzecca una bella corsa, non gli sarebbe dispiaciuto affatto alzare le braccia. Gli chiediamo che effetto faccia veder vincere il… vecchiaccio.

«Sono contento sinceramente che mi abbia passato lui – sorride a denti stretti – e non qualcun altro. Oddio, contento, insomma… E’ stata una giornata bella calda, ma l’andatura non è stata particolarmente sostenuta, a parte i primi chilometri quando voleva partire la fuga. I ragazzi mi hanno scortato per tutto il tempo e nel finale mi hanno lasciato al punto giusto, anche se forse mi sono trovato davanti troppo presto. Non potevo aspettare nessuno, perché non volevo essere riassorbito e quindi sono partito lungo. Mi aspettavo qualcuno da dietro, ho cercato di dare tutto fino all’arrivo, però ci sono ancora 5 giorni. Non saranno tutti arrivi per me, ma sicuro cercherò di fare bene».

La testa e le gambe

Per un motivo o per l’altro, entrambi hanno buttato in questo sprint un anno di bocconi più o meno amari. E tutto sommato il fatto che siano ancora qui a lottare in questa caldaia cinese significa che sono in cerca di riscatto. Milan ha ammesso di non essere stanco tanto nelle gambe, quanto psicologicamente e Viviani è sulla stessa lunghezza d’onda.

«Ieri ho letto un tweet che ricordava le 18 vittorie del 2018 – ricorda Viviani – e non è semplice passare a zero nel 2020, sette nel 2001, due l’anno scorso e vincere la prima del 2023 solo la settimana scorsa… Ovvio che sono cose differenti, cambia tutta la dimensione, non bisogna mollare e non è mai facile. Servono le gambe, ma la testa fa la differenza. Non è stato facile passare la settimana scorsa tra il Croazia e la partenza per la Cina. C’erano 10 giorni a casa e allenarsi non è stato facile. Devi capire bene il tuo corpo per decidere quali allenamenti fare e accorciare le ore. A fine stagione è inutile farne 5-6, meglio 4 di qualità. Ho trovato anche dei giorni per andare in pista con la scusa di test sui materiali e per fare allenamenti di qualità. Quindi la settimana è passata bene, però senza le gambe non ti inventi niente».

La Ineos è in Cina con i due Hayter, Leonard, Narvaez, Plapp e Rowe: tutti per Viviani
La Ineos è in Cina con i due Hayter, Leonard, Narvaez, Plapp e Rowe: tutti per Viviani

Destinazione Parigi

Milan è come se avesse sentito e racconta di non aver avuto sensazioni ottime, ma discrete. Dice di aver fatto dei buoni allenamenti prima di partire e qualche lavoretto specifico ieri nel provare il percorso di tappa. E poi, mentre il compagno di nazionale si avvia verso altri giornalisti, Milan gli riconosce il merito di aver sempre creduto nella doppia attività, fra strada e pista.

«Essere il portabandiera della doppia attività – risponde Viviani a distanza – mi fa sentire orgoglioso. E’ un gruppo cresciuto negli anni insieme, quindi è ovvio che vediamo dei punti di riferimento in uno o nell’altro. E’ bello che anche gli altri siano cresciuti alternando la doppia attività e che vadano ad affrontare una stagione importante come quella olimpica. Jonathan è diventato campione olimpico a vent’anni, non è una cosa da tutti, non è una cosa che si dimentica. E l’anno prossimo torneremo a essere lo stesso gruppo che ha fatto belle cose negli ultimi anni in pista».

Ci arriverà a capo di un inverno composto da 2-3 settimane di stacco e poi tanto lavoro per la strada. Nessuna Sei Giorni, al massimo qualche gara Classe 1. Molto probabilmente non sarà neppure agli europei pista di gennaio, per non dover anticipare troppo la preparazione. L’obiettivo sarà arrivare pronto al Tour Down Under e poi di partecipare alla prima Coppa del mondo su pista. Ma adesso c’è questa storia cinese da portare a compimento. Domani si riparte in maglia di leader, il resto si vedrà giorno dopo giorno.

Tour of Guangxi: si comincia, fra tifosi e due espulsioni

11.10.2023
7 min
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BEIHAI – Prima un centro commerciale, poi l’hotel delle squadre. Il Tour of Guangxi comincia alla cinese, con tanti ragazzini pieni di domande e il vociare allegro. Siamo stati accolti con grandissimo calore e tanti sorrisi, ma la barriera della lingua finora è risultata difficilmente sormontabile. I pochi che parlano inglese diventano il bersaglio delle mille domande che il cervello annota a ogni passo. E poi c’è internet, chiuso rispetto al resto del mondo. La VPN che dovrebbe permetterci di aggirare il blocco in questo momento non funziona troppo regolarmente, speriamo si connetta per tempo. Google e tutti i social di Meta, compreso Whatsapp, in Cina non si aprono. E pare che negli ultimi mesi il governo abbia inasprito i filtri.

Anne Wu, assieme all’olandese Sjors Beukeboom, ha condotto la presentazione: una in cinese, l’altro in inglese
Anne Wu, assieme all’olandese Sjors Beukeboom, ha condotto la presentazione: una in cinese, l’altro in inglese

Tutti al Wanda Plaza

Il Wanda Plaza è un centro commerciale, probabilmente uno dei più grandi di questa città, piccola per essere cinese. Dai 26 milioni abbondanti di Shanghai, siamo arrivati a Beihai che ha 400.000 abitanti e si affaccia sul Mar Cinese Meridionale, davanti all’isola di Hainan su cui si è corso fino a pochi giorni fa.

Si comincia domani e i primi ad essere applauditi sono stati i tre corridori che si sono prestati oppure sono stati estratti per la partecipazione al bagno di folla. Tim Wellens che ha da poco vinto il Renewi Tour e di questa corsa colse la prima edizione. Elia Viviani, campione olimpico. E Jakub Mareczko, che in Cina ha vinto più di 30 corse, quest’anno ha fatto centro per due volte e magari spera con un colpo di coda di trovare la giusta ispirazione per la prossima stagione, dopo il 2023 di pochissime corse con la Alpecin-Deceuninck (appena 32 giorni di gara).

Dopo 4 anni di buio

Mentre scrutiamo fra gli sguardi delle ragazzine che dalla balconata riprendono tutto con i cellulari, pensiamo a quel senso di festa clamorosa che fu in Italia il ritorno alle gare dopo i 4 mesi di lockdown. Loro si accorgono che le guardiamo: prima salutano, poi si nascondono emozionate. Il Guangxi Tour mancava da quattro anni, comprensibile che per il pubblico sia qualcosa da esaltare, alimentare con risate e foto.

«Sono super felice di essere qui – dice Wellens –  ho tanti bei ricordi. Il percorso è più duro di quando vinsi, c’è una tappa molto impegnativa, per cui conterà avere ancora buone gambe. E’ comunque una prova WorldTour, nessuno è venuto per non fare sul serio. Mi piace sempre viaggiare verso parti di mondo che normalmente non frequentiamo. E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che si è corso da queste parti, sono certo che per i tifosi sarà molto bello»

Maglie da firmare per Viviani, accolto come una star
Maglie da firmare per Viviani, accolto come una star

Un giorno per volta

Gli hanno regalato dei fiori e una collanina, che osserva lentamente. Poi gli hanno portato un mucchio di maglie da firmare. Elia Viviani ce lo aveva detto in una delle ultime interviste: la squadra ha deciso che, vista la sua condizione, venire qui gli farà bene. E così, se da un lato avrebbe preferito mandare la bici in vacanza, il veronese sa di avere la gamba vincente (il successo in Croazia è ancora fresco) e cercherà di battere il ferro ancora caldo.

«Ho già corso in Cina, al Tour of Beijing dove vinsi due tappe – racconta lasciando dopo ogni frase il tempo per la traduzione – però mai da questa parte. Sono uno sprinter, quindi ho delle ambizioni prima di chiudere la stagione. Una vittoria di tappa sarebbe molto importante, abbiamo diverse chance e domani ci sarà la prima. Meglio andare avanti giorno per giorno. Ci sono strade larghe, quindi si arriverà alle volate a grande velocità, ma con buona sicurezza. Le motivazioni a questo punto della stagione sono importanti e la mia è vincere di nuovo. Essere qui con una corsa dopo quattro anni è strano, pensando a quello che hanno vissuto e che noi seguivamo attraverso i media. Per loro è stato tutto più lungo, ma adesso vogliamo che i fan si divertano».

Lionel Marie, primo da sinistra, guida la nazionale cinese al debutto WorldTour
Lionel Marie, primo da sinistra, guida la nazionale cinese al debutto WorldTour

Marie e la nazionale

Il tempo di sentire Mareczko che ha raccontato la sua voglia di vincere, perché ha vinto in tutta la Cina però mai al Tour of Guangxi e nel centro commerciale è entrata la nazionale cinese guidata da Lionel Marie. Il francese, 57 anni, racconta di aver avuto i primi contatti con la Cina 12 anni fa e più di recente di aver fondato la continental China GLory. Dice che i suoi ragazzi non sanno cosa significhi andare a 60 all’ora per due ore. Racconta che dopo quattro anni di Covid c’è da ricostruire da zero.

Qualcuno sogna di diventare professionista, ma senza fretta perché un alto livello da queste parti equivale a un medio livello europeo. Lavorano per i punti della qualificazione olimpica e dice che con i suoi parla in inglese, perché il cinese è troppo complicato. La stessa parola ha almeno quattro diversi significati, impossibile per lui. Non lo dica a noi che siamo qui da appena due giorni…

Due corridori… espulsi

Poi dal centro commerciale, salendo sul pullman che da ieri ci trasporta seguendo gli orari che ogni giorno arrivano su WeChat (che sostituisce Whatsapp), arriviamo all’hotel delle squadre. Si parla di conferenza stampa, in realtà è un evento organizzato da Giant per la Jayco-AlUla. Tutti i corridori seduti e poi di colpo in piedi per posare con i tifosi. Quindi domande, domande con premi e alla fine anche una sfida virtuale fra i corridori presenti. E’ festa grande, genuina e semplice. Ma l’ingenuità non tragga in inganno, irriderli porta a conseguenze pesanti. Se ne sono accorti Thijssen e Mikhels della Intermarché-Wanty messi fuori corsa per aver simulato gli occhi a mandorla in un video social. La rivolta sui social cinesi ha costretto la squadra a fermarli.

Domani comincia il Guangxi Tour, corsa di sei tappe che chiude la stagione 2023. L’arrivo della prima tappa è previsto per le 14,30 ora locale: le 8,30 in Italia. La vivremo con la curiosità della prima volta in Cina e raccontando dei suoi protagonisti. Sperando che la connessione in qualche modo anche stasera decida di funzionare. Sono le 18 adesso che chiudiamo il pezzo, ci sono due ore per cercare di metterlo nel sito.