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Le Selle SMP della Bardiani? Gli appunti di Tonelli

17.02.2022
6 min
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Primi giorni di corsa. Tour of Antalya, a sud della Turchia. Durante l’intervista ad Alessio Martinelli pubblicata la settimana scorsa, l’occhio è andato alla sella della sua Dolomia. L’inconfondibile sagoma della Selle SMP, con la punta vistosamente verso il basso. La risposta del valtellinese, che avevamo seguito anche nella fase di messa in sella da un biomeccanico bergamasco, aveva chiarito che per il tipo di conformazione della sella e del suo bacino e per il modo che ha di pedalare, quella fosse l’inclinazione migliore.

Tour of Antalya, 2ª tappa, Alessio Martinelli spiega l’inclinazione della sua sella
Tour of Antalya, 2ª tappa, Alessio Martinelli spiega l’inclinazione della sua sella

Le scelte diverse

A quel punto, incuriositi, ci siamo messi a studiare le bici dei compagni e ci siamo resi conto che non tutti avessero lo stesso modello e da questo è nato l’approfondimento. Nostra guida d’eccezione è Alessandro Tonelli, bresciano di 29 anni che corre alla Bardiani-CSF-Faizanè dal 2015 ed è stato inserito nella spedizione turca per aggiungere un po’ di esperienza all’allegra… banda degli under 23.

«Avevamo già usato queste selle per due anni nel 2017 e 2018 – dice – poi nel 2019 e 2020 abbiamo avuto Selle Italia e dallo scorso anno siamo tornati con Selle SMP. Sono selle particolari. Diciamo che all’inizio ho dovuto abituarmi. Però adesso che ho trovato quella più adatta, con la larghezza perfetta per le mie ossa ischiatiche, sto bene».

La Bardiani al Tour of Antalya, ciascuno con la sua sella: una scelta soggettiva
La Bardiani al Tour of Antalya, ciascuno con la sua sella: una scelta soggettiva

Fra storia e scienza

Un po’ di storia, per arricchire il quadro. Come recita il sito dell’azienda, Selle SMP è un’azienda familiare italiana, fondata a Padova nel 1947 da Martino Schiavon, che ha puntato forte su qualità, ergonomia e innovazione. Il voler sottolineare il concetto di ergonomia si deve al fatto che Selle SMP ha introdotto sul mercato selle dal pronunciato canale centrale di scarico e con il becco curvo, in stile… Concorde, portando avanti una serie di concetti che hanno aperto la strada per i brand successivi.

Il canale centrale elimina la compressione nella zona perineale e prostatica, toglie di mezzo indolenzimento e formicolii genitali, protegge le strutture nervose e vascolari, mantiene il pieno flusso sanguigno, consente fluidità nel gesto e una migliore aerazione.

La F20C di Tonelli ha un disegno più “piatto” e tradizionale rispetto alla Evolution
La F20C di Tonelli ha un disegno più “piatto” e tradizionale rispetto alla Evolution

La punta a becco d’aquila consente maggior comfort quando si pedala in presa bassa, libertà di avanzamento in punta e riduce la compressione sugli organi genitali. In parallelo l’area di appoggio è ampia e offre supporto e stabilizzazione del bacino, riduce gli scompensi articolari e, agevolando la spinta, riduce il dispendio energetico. 

L’avvallamento posteriore infine riduce le compressioni a carico del coccige. Unito a tutto ciò, il telaio ha un disegno che permette il massimo range di regolazione, offre stabilità laterale e assorbimento delle vibrazioni.

Questi i concetti, poi però tocca ai corridori scegliere e passarci sopra delle ore.

La sella giusta

«Dal mio punto di vista – racconta Tonelli – qualunque sia la marca di sella che usi, devi trovare la tua, quella più adatta alle tue caratteristiche anatomiche. In Selle SMP hanno sviluppato vari modelli proprio per consentire a tutti di trovare la più giusta. Diciamo che una sella che per sua vocazione previene prostatite e problematiche del genere, è una sella molto adatta per gli amatori. E’ adatta per farci tanti chilometri da seduto e mi rendo conto, guardando in giro, che ha preso parecchio piede».

Il telaio della F20C è in carbonio: la sella così fatta pesa 210 grammi
Il telaio della F20C è in carbonio: la sella così fatta pesa 210 grammi

F20C, la più corta

Se il modello Evolution, quello usato da Martinelli, è lo stesso scelto che Tonelli aveva utilizzato nel 2018, per il 2022 il bresciano ha iniziato a usare la F20C, che nasce per atleti dal bacino stretto (9-11,5 centimetri). Il modello ha il telaio in carbonio unidirezionale, larghezza di 134 millimetri, lunghezza da 250 per un peso di 210 grammi.

«La C significa corta – conferma – perché altrimenti la F20 sarebbe più lunga di oltre 2 centimetri (277 contro 250, per l’esattezza, ndr). E’ una sella più piatta rispetto ai modelli precedenti, come appunto le Evolution. Per me che sono sempre stato abituato a stare seduto, quindi non ho problemi, è perfetta. Uno come Martinelli invece, che è più leggero e sta sempre in piedi, trova la F20C un po’ troppo rigida e rischia di farsi male “sotto”. Per questo usa la Evolution».

La sella Evolution ha pure il telaio in carbonio, pesa 205 grammi
La Evolution ha pure il telaio in carbonio, pesa 205 grammi

Evolution, un must

E qui si parla proprio della sella che costituisce la bandiera di Selle SMP, il marchio di fabbrica. Anche in questo caso il telaio è in carbonio, ma rispetto alla F20C cambiano le misure (129 millimetri di larghezza per 266 di lunghezza) e l’adattabilità a ossa ischiatiche da 9 a 11 centimetri.

«Ho utilizzato – conferma Tonelli – la Evolution nel 2017-2018, ma ora le stesse forme accomunano tre modelli. Evolution, appunto, con un’imbottitura media. La Stratos, con imbottitura più sottile. Infine la Composit senza imbottitura (ha lo scafo in Nylon 12 caricato carbonio, su cui è applicato il rivestimento in vera pelle, ndr)».

La Stratos ha imbottitura in elastomero espanso, pesa 225 grammi e misura 131×266 millimetri
La Stratos ha imbottitura in elastomero espanso, pesa 225 grammi e misura 131×266 millimetri

«Alla fine la forma della sella è uguale – prosegue – cambia solo l’imbottitura. Mentre la F20C che uso io la sviluppano con la stessa che ha l’Evolution. Anche questa è una sella con cui devi trovare il giusto feeling e poi vai alla grande. Il fatto di tenerla inclinata come Martinelli è anche questione di abitudine del corridore. Anch’io la tenevo così, ad esempio: avevo una differenza tra la parte davanti e la parte dietro di più di un centimetro. E’ la forma che ti porta a cercare l’inclinazione, mentre su quella che ho adesso non c’è così tanta differenza».

La stagione è appena iniziata e abbiamo sentito anche ieri Trentin e Pernsteiner insistere sulla necessità di una sella che sia il più possibile adatta alle proprie caratteristiche. Tonelli lo ha appena confermato. Ed è lampante che, allo stesso modo in cui entrando in un negozio o su un e-commerce si resta stupiti dalla varietà dei modelli, anche i corridori hanno la stessa necessità di scegliere la sella più adatta. E per loro si tratta di una necessità davvero impellente.

Due o tre cose che ho capito del “mio” Ciccone

20.05.2021
4 min
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Con poco meno di due minuti subiti ieri e la classifica che lo vede ora 8° a 2’24” da Bernal, Ciccone osserva la classifica con lo sguardo apparentemente disinteressato di chi lotterà un giorno per volta. Guercilena lo ha chiarito e a Giulio sta bene così. E’ il suo mantra, forse il modo di non risentire delle tensioni. La sua indole di attaccante infatti rende difficile restare a ruota dell’avversario e probabilmente l’abruzzese trova più difficile centellinare le energie che sparare tutto in attacchi spettacolari. Roberto Reverberi, con cui Ciccone è passato professionista e da cui ha imparato il mestiere, lo ha capito osservandolo e ripensando al ragazzino pelle e ossa che nel 2016 scortò alla vittoria di Sestola al suo primo Giro d’Italia (foto di apertura).

«Che possa vincere, secondo me no – dice – ma può essere da podio. Ieri è stata una corsa un po’ particolare. C’era tensione. Se uno non è tanto pratico su strade così, ha un sacco di tensione, paura di cadere e di rimanere dietro. Però in condizioni normali, il Giro è ancora lungo. Può tranquillamente arrivare sul podio. La giornata storta ci sta. Non la vedo così grave, ne voleranno di minuti ad andare alla fine… E’ più facile che i distacchi pesanti li prendano altri, piuttosto che lui».

Il passo falso di Montalcino è un incidente di percorso: il Giro è ancora lunghissimo
Il passo falso di Montalcino è un incidente di percorso: il Giro è ancora lunghissimo
D’altra parte nella terza settimana ha già fatto vedere di starci comodo…

Se andate a guardare due anni fa (lasciate stare l’anno scorso che è stato strano e poi ha avuto il covid), corse per la maglia dei Gpm ed andò forte. Nella terza settimana, nella penultima tappa a Monte Avena è stato in fuga per due volte e due volte lo hanno ripreso. E quando sotto l’ultima salita gli sono arrivati addosso i primi della classifica, è rimasto con loro ed è arrivato terzo. Se avesse fatto classifica, si è capito che sarebbe arrivato quarto o quinto già due anni fa. Adesso magari gli hanno dato i gradi di capitano, perché hanno visto che Nibali non va tanto bene, però secondo me nella terza settimana può andar forte.

Possibile che la vera fatica sia dosare le energie?

Secondo me soffre a stare a ruota. Gliel’ho detto anche io, l’altro giorno: «Stai lì, stai buono non ti muovere. Non avere la pressione di far classifica, hanno portato Nibali per quello. Dovrà essere lui a sentire la pressione. Poi quello che viene, viene. Se anche arrivi 10°-12°, non sei partito per quello. Che pressione puoi avere?». Invece lui risponde che adesso le pressioni si cominciano a sentire… Secondo me, se corre tranquillo, senza scattare, si accorgerà che ogni giorno ne salterà qualcuno. Nella terza settimana, Cicco può fare la differenza.

E’ difficile fargli accettare un modo di correre così freddo?

A lui piace andare all’attacco, perché sa che potrebbe vincere. Stare lì fermo gli costa. Ma finché non ha 6-7-8 minuti, non lo lasciano andare. Deve puntare a muoversi nei finali, chissà se l’ha capito. Lo sanno che è pericoloso, che se si avvicina la maglia, può far qualcosa sulle salite vere.

Al Giro del 2019, terzo il penultimo giorno a Monte Avena dopo due fughe
Al Giro del 2019, terzo il penultimo giorno a Monte Avena dopo due fughe
L’esempio di Nibali può aiutarlo.

Nibali sa come si corre, so che gli ha già detto più volte di stare tranquillo, ma quando uno ha l’indole dell’attaccante, è dura tenerlo a bada. Giulio fatica più a stare fermo che ad attaccare, sapendo com’è. Se viene l’ultima settimana e la gamba sta bene, poi può anche muoversi. Conta la testa, non puoi rischiare di saltare. Il ciclismo moderno è così, una volta facevano magari anche attacchi da lontano, adesso si aspetta l’ultima salita e nemmeno troppo lontano dall’arrivo per non rischiare di perdere il secondo, il terzo, il quarto posto…

Un bel cambio di mentalità, in effetti…

E’ uno che vincere non gli fa mica schifo! E’ uno che cerca di dare il massimo, è meticoloso nelle cose che fa. Però è evidente che devi cambiare se vuoi fare l’uomo di classifica in un grande Giro. Se attacchi oggi, domani rischi di lasciarci e penne. Ma d’altra parte è l’unico che in Italia può arrivare nei primi cinque. E per adesso la situazione è questa qui.

WorldTour e professional, un gap sempre più grande

19.03.2021
6 min
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Strade Bianche e Tirreno-Adriatico hanno evidenziato una volta per tutte la grande differenza tra squadre WorldTour e professional. Quando la corsa entra nel vivo davanti restano quasi solo corridori appartenenti alla massima categoria, Van der Poel escluso. 

Con Roberto Reverberi, manager e diesse della Bardiani Csf Faizanè, tra l’altro una delle professional meglio attrezzate sotto ogni punto di vista, ne è emersa un’analisi interessante: certi gap non riguardano tanto (o solo) le squadre, ma anche i corridori.

Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Dopo la Strade Bianche eri “contento” perché due dei tuoi corridori erano riusciti a concludere la corsa: una frase che ci ha colpito.

Vero, può sembrare poca cosa, ma non è mica una situazione solo nostra. Alcune squadre WorldTour non lo dicono, ma spesso anche loro hanno corridori che non arrivano davanti o che semplicemente finiscono le gare. Solo che loro investono 25 milioni di euro. C’è da pensare, no? Con quelle cifre, se davanti sono in venti dovrebbero avere due-tre corridori come minimo.

E’ un punto di vista che spesso da fuori si tende a trascurare…

Che poi noi puntiamo soprattutto sui giovani. E ti può capitare il ragazzo che ti arriva davanti, penso a Modolo quarto alla sua prima Sanremo. Più che altro non è una questione di professional e WorldTour.

E di cosa?

Di fatto ci sono 5-6 squadre che vincono tutto e portano via forza al ciclismo. Tutto il resto non fa nulla o quasi. Non tutte hanno le strutture per fare bene in tutte le gare. A loro, come a noi professional, se va bene vincono una tappa in un grande Giro, perché nelle corse di un giorno è più difficile fare il colpaccio. Ma con un investimento ben diverso dal nostro. Per me il ciclismo non può supportare 19 squadre WorldTour. Alcune non ce la fanno. Con la seconda o terza squadra, le scelte secondarie per intenderci, fanno fatica anche nelle corse di secondo livello, dove noi magari andiamo con i nostri migliori atleti. Ci sono team che lo scorso anno a fronte di 21 milioni di euro d’investimento hanno raccolto 7 vittorie e non erano tutte gare di primo livello. Una vittoria gli costava 3 milioni di euro, ne vale la pena? Noi con un budget sei volte inferiore ne abbiamo vinte nove.

E quindi quale potrebbe essere la soluzione?

E’ un ciclismo gonfiato, 19 squadre WorldTour sono troppe. Ognuna deve avere minimo 25 corridori, alcune ne hanno anche 30, e fanno fatica a farli correre tutti. E noi professional, che non abbiamo diritto e certezza di correre, dobbiamo tenerne minimo 20. Perché? Se avessi 8-9 milioni di budget non farei la WorldTour, anche se poi l’Uci mi spingerebbe a farla e di conseguenza a fare sforzi enormi, piuttosto cercherei di prendermi, o se ce l’ho già di tenermi, il corridore buono e con il resto ci faccio una discreta squadra. Punto alla classifica Uci delle professional e se la vinco ho diritto a fare le corse più importanti. E non sarebbe una cosa impossibile, basta vedere la Alpecin Fenix con Van der Poel.

Al Trofeo Laigueglia nel finale si è vista la differenza tra le WT e le altre squadre
Al Trofeo Laigueglia nel finale si è vista la differenza tra le WT e le altre squadre
Dover avere un certo numero di corridori senza certezza del calendario non è facile…

Qualche anno fa, dirigenti dell’Uci ci dissero che “avevamo diritto ad essere invitati”. Cioè diritto a niente, nessuna certezza. Guardate che è una frase molto fine. Per me bisognerebbe ridurre i team WorldTour perché non c’è la qualità sufficiente. Le associazioni dei corridori vogliono assicurarsi il “posto di lavoro”, ma qui siamo nello sport e se non c’è qualità che lavoro assicuri? Se io potessi terrei dieci corridori, ma buoni, e investirei su di loro. Vedete che adesso le grandi squadre schierano tutti capitani? Perché? Perché li devono far correre. Le corse sono poche e ogni volta è un campionato del mondo, basta vedere l’ordine di partenza che c’era a Laigueglia o a Larciano. Quando dico della qualità non lo dico a caso. Facciamo due conti. In tutto, tra WorldTour e professional, le squadre sono 38. Ma in realtà sono di più. Le WorldTour con 30 corridori è come se fossero tre squadre e noi con 20 è come se ne fossimo due. Se si fanno i conti alla fine è come se di squadre ce ne fossero 120-130. E quando riesci a farli correre tutti? Per questo dico che è un discorso di atleti di qualità e non di squadre.

Ho più soldi, prendo i corridori più forti: si può riassumere così. E tornando alla Strade Bianche: la gara senese è stato lo specchio di tutto ciò?

Alla Strade Bianche alla fine ci siamo anche fatti vedere. Siamo stati in fuga e due dei nostri l’hanno finita. Uno come Zana era alla sua prima partecipazione ed è stato un successo dal punto di vista dell’esperienza per lui. E per noi che puntiamo sui giovani è stata una soddisfazione. Poi se si va a vedere, specie con quei tre che hanno dominato, molti team ben attrezzati partivano già battuti in partenza. Voi da fuori guardate chi è più forte rispetto a noi. Ma noi guardiamo anche chi va più piano. E quando vedo che in corsa restano dieci ammiraglie e noi ci siamo mi fa piacere. Prendendo ad esempio sempre la Strade Bianche della situazione, il signor Bardiani mi dice: come mai in quegli otto là davanti non c’era nemmeno uno dei nostri? Io gli rispondo: sai quanto costano quegli otto? Costano 30 milioni di euro. Noi ci facciamo la squadra per dieci anni.

Spesso le WT nelle corse di minor livello, fanno fatica contro le professional
Spesso le WT nelle corse di minor livello, fanno fatica contro le professional
Ma allora da cosa manca? Alla fine anche i ragazzi delle professional hanno due gambe, una bici, due polmoni… perché tanta differenza quando davvero si apre il gas?

A noi non manca nulla, eppure in gruppo qualcuno sfotte. Senza fare nomi, dico che spesso per andare in centro gruppo o per mettersi davanti tra i vari treni se non hai l’uomo giusto che ti introduce non ci vai. L’anno scorso, a Fiorelli per un paio di volte che si è buttato nelle volate al Giro, hanno rotto le scatole. E i velocisti certe manovre le fanno da sempre. Se fosse stato in una WorldTour non avrebbero detto nulla.

Quando i tuoi ragazzi si ritrovano ad affrontare queste grandi corse li vedi più spaventati o più gasati?

Noto che oggi i giovani in generale sono più freddi. Una volta prima di una Sanremo si sentiva proprio la tensione nell’aria. Adesso non so se perché sono proprio più freddi o per qualche altro motivo, ma sembra non colgano la storicità della corsa, la sua grandezza. Sembra quasi la normalità.

E tu cosa gli dici?

La si butta un po’ sullo scherzo e nella riunione gli faccio: ohi, non siamo mica alla corsa della parrocchia! Cavolo, siamo alla Sanremo! Poi chiaramente, cerco di motivarli, gli mostro i punti in cui è necessario stare davanti e altri dove invece possono stare più tranquilli. E quando è così vedo nelle loro facce che è il corridore esperto a sentire ancora la corsa. La sento io che ne ho fatte non so quante di Sanremo. A volte, specie se ho un corridore che può far bene, ancora non ci dormo la notte.

Wild Card, Bardiani e Vini Zabù volano al Giro

10.02.2021
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Rcs ha comunicato le wild card solo poche ore fa che è subito scattata la giostra dei commenti. In ballo le corse di primavera: dalla Strade Bianche alla Tirreno, dalla Sanremo al Giro d’Italia, il piatto prelibato che c’era sulla tavola.

Noi abbiamo sentito subito chi gioisce, vale a dire la Bardiani Csf Faizanè e la Vini Zabù (oltre alla Eolo-Kometa). Quest’ultima in particolare forse era quella più a rischio con l’alzata di mano da parte della Arkea-Samsic della maglia rosa 2014, Nairo Quintana.

Angelo Citracca, classe 1969, è il manager della Vini Zabù
Angelo Citracca, classe 1969, è il manager della Vini Zabù

Entusiasmo Vini Zabù

«Sono contento – commenta il team manager Angelo Citracca – il Giro era l’obiettivo principale. Questa partecipazione ci darà la visibilità necessaria per noi e per i nostri sponsor. E soprattutto ci darà una prospettiva futura. Ringrazio Rcs: siamo consapevoli che senza la terza wild card sarebbe stata difficile davvero».

Quando lo sentiamo Citracca è in bici, si gode così questo importante momento per lui, per la squadra e per il suo staff.

«Mi dispiace per l’Androni, perché ci sono passato. Però quella terza wild card sarebbe stato sbagliato darla ad un team straniero. Okay, Quintana sarebbe stato un valore aggiunto per il Giro, ma sarebbe venuto per vincere o per allenarsi in vista del Tour?».

Scinto già al lavoro

A Citracca fa eco Luca Scinto. Anche il diesse non sta nella pelle. Sa che l’occasione è ghiotta nonostante abbia tra le mani ha un gruppo inesperto, fatto di molti giovani.

«Siamo una squadra giovane è vero – dice Scinto – Ci davano tutti per spacciati, ma sono convinto che alla fine questa stagione raccoglieremo più dell’anno scorso. C’è gente che ha voglia, che corre in un certo modo. Adesso potremmo lavorare con più tranquillità e ci faremo trovare pronti. Mareczko sarà il corridore di riferimento e con lui cercheremo di sfruttare quelle poche tappe per i velocisti che ci saranno. Immagino che vicino a lui ci sarà Stacchiotti che potrebbe essere il suo ultimo uomo e che a sua volta potrà avere i suoi spazi nelle frazione più mosse. E poi vediamo. E’ un bel gruppo. C’è lo svizzero Joab Schneiter che va forte davvero. C’è Mattia Bevilacqua che è con noi da quando era juniores. Lo abbiamo cresciuto gradualmente e potrà far bene. Insomma, noi ci saremo».

Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani

E alla Bardiani cosa dicono?

Dall’altra parte dell’Appennino, in Emilia, Roberto Reverberi è contento di andare al Giro, ma è anche più consapevole se così può dire, di questa notizia. Roberto sembra quasi più dispiaciuto per la “non presenza” alla Tirreno piuttosto che contento per il pass del Giro. La squadra esiste da 40 anni, è stata rinforzata, annovera quasi solo corridori italiani: esserci poteva essere “doveroso”.

«Siamo contenti di essere al via della corsa rosa – commenta Reverberi – La Bardiani questo inverno si è rinforzata molto. Noi lavoriamo e lavoravamo per essere al Giro, a prescindere dall’ufficialità, soprattutto con quei corridori che avrebbero comunque avuto più possibilità di esserci. Però le porte sono aperte a tutti, anche ai neoprofessionisti.

«E’ chiaro che quest’anno ci sarà più lotta per essere convocati vista la nostra rosa. Si va in otto e, a meno che non vadano proprio “a piedi”, Battaglin e Visconti ci saranno. Gente così aiuta anche i più giovani. Restano quindi sei posti. Penso a Fiorelli che l’anno scorso al primo anno si è sempre ben piazzato negli sprint. Ci sarà poi una bella lotta tra gli scalatori. Covili, Marengo, Garosio, Gabburo, Carboni…  ho 22 corridori, decideremo verso il Tour of The Alps (19-23 aprile, ndr)».

Non solo Androni, i contendenti principali potevano essere la Gazprom-RusVelo e l’Arkea soprattutto, che come detto poteva far leva su Quintana. 

«Quando ho visto che l’Arkea era stata invitata al Tour – conclude Reverberi – ho capito che potevano restare fuori al Giro. Non hanno una struttura tale per correre ad alti livelli entrambi i due grandi Giri. Ma sai, con Quintana dentro non sei mai totalmente tranquillo. Però sinceramente anche in caso ci fossero stati loro non saremmo dovuti essere noi quelli a restare fuori».

Rossato, come va il “vecchietto” Visconti?

28.01.2021
3 min
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La Bardiani Csf Faizané è in Spagna. O meglio, una parte di essa. Gli altri sono in procinto di andare in Turchia per un altro ritiro. Nel raduno iberico, sotto gli occhi di Mirko Rossato, ci sono i più “esperti” del team, pur sempre ragazzi giovani, due ragazzini e un “vecchietto”, Giovanni Visconti.

Sono le 17 di un freddo pomeriggio d’inverno quando squilla il telefono e il diesse ci richiama, puntuale come aveva detto, non appena i suoi ragazzi hanno terminato l’allenamento. Siamo curiosi di sapere come stanno andando le prime giornate di Visconti con la maglia della Bardiani e come il siciliano si rapporta con i suoi giovani compagni. Giusto pochi giorni fa su Instagram Giovanni aveva già parlato dei “miei ragazzi”.

Visconti (38 anni) con la nuova maglia della Bardiani Csf Faizanè
Visconti (38 anni) con la nuova maglia della Bardiani

Aria nuova

«Visco – dice Rossato con tono squillante – è davvero motivato, voglioso. Nonostante l’età ha l’entusiasmo di un ragazzino di 20 anni. E’ bello vederlo pedalare e stimolare i compagni. Il suo arrivo ha portato un qualcosa fuori dagli schemi nella preparazione. E’ il primo a fare la volata su una cima, a fare bagarre, a scattare. Non che prima questo non accadesse, ma magari i nuovi arrivati erano più “timidi”. Mentre se lo fa lui è tutt’altra cosa.

«E lo stesso vale fuori dalla bici: nel modo di mangiare, di riposare… ». Insomma, Giovanni ha preso il gruppo per mano.

Difetti? No, grazie

Rossato poi esalta il gruppo. Vede i suoi ragazzi molto affiatati. Le prestazioni per ora sembrano buone e anche sul fronte dei materiali, nonostante qualche pezzo tardi ad arrivare, regna soddisfazione.

«I ragazzi non si lamentano, tutto va bene anche per quel che riguarda i materiali. Abbiamo una bici buona. La Cipollini Dolomia piace a tutti… diciamo che abbiamo avuto anni più difficili».

Di giovanissimi con Visconti per adesso ce ne sono due: Zana e Zoccarato. «Visconti lo abbiamo messo in camera con Zana. Il che ha una sua logica. Vedo che hanno legato, ma in generale tutti lo hanno fatto. Visco già conosceva Garosio e Gaburro. Anche Tonelli è un leader in allenamento, un ragazzo che fa gruppo.

«Nella prima parte di gennaio, quando in Italia soprattutto al Nord, faceva freddo, Giovanni ha organizzato un ritiro in Sicilia. Ha detto ai ragazzi che aveva chi li avrebbe aiutati e la struttura giusta che li avrebbe ospitati. E così in sette, otto sono andati da lui. E si sono allenati con temperature migliori. E’ stata una sua iniziativa…

«E qui in Spagna cosa facciamo? Per ora due giorni di carico, distanza e forza, e uno di scarico. Sapete, sono anche tutti puntualissimi! Questa cosa mi piace. Dai… per ora non riesco a trovare difetti a questo gruppo!».

Zana verso il Gpm della Classica Comunitat Valenciana 1969
Filippo Zana in fuga verso il Gpm della Classica Comunitat Valenciana 1969

Visconti leader

In Spagna la Bardiani resterà fino al 3 febbraio. Però non prenderà parte alla Valenciana. Tuttavia ha già rotto il ghiaccio con le corse con la Classica Comunitat Valenciana 1969 della scorsa domenica. La squadra si è ben comportata. Ha corso compatta e davanti: proprio Filippo Zana ha vinto il Gpm, Davide Gaburro si è preso il traguardo volante e Filippo Fiorelli ha chiuso all’ottavo posto: piccoli segnali incoraggianti.

«Con Giovanni qualche chiacchiera la faccio. Io gli chiedo il suo parere o è direttamente lui a venire da me. Alla fine fa parte il suo ruolo e vedo che gli piace farlo. E per questo immagino si senta apprezzato».

Questo è un bel grimaldello con Visconti. Il palermitano quando sente la fiducia riesce a dare anche quello che non ha e si trasforma nel “Marine” che tanto piace al pubblico: un corridore mai domo.

«L’altro giorno in corsa – conclude Rossato – nonostante Visco sia il leader è stato il primo a venire in ammiraglia a prendere le borracce e a portarle poi ai compagni (foto in apertura, ndr). Un bel segnale per i suoi compagni, non credete? Una dimostrazione di che corridore sia. Spero che i ragazzi riflettano su questa cosa».

La favola di Trainini, pro’ all’improvviso

09.01.2021
4 min
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Il passaggio di Tomas Trainini tra i professionisti è davvero incredibile. E’ anche un piccolo mistero, come il protagonista stesso racconta e come avevamo capito nei giorni scorsi parlando con tutti gli attori della vicenda. Quella che segue è una storia bella e anche incredibile, quasi una favola. 

La scorsa estate Tomas esce in allenamento come tutti i giorni. Torna nella sua casa di Gussago e si mette in giardino a pulire la bici. Nel frattempo gioca anche con Zoe, la sua cagnolina. Lui le tira la pallina e lei gliela riporta quando ad un tratto…

Tomas (20 anni) e la sua cagnolina Zoe
Tomas (20 anni) e la sua cagnolina Zoe

Una telefonata inaspettata

«Squilla il telefono – racconta Trainini – ed è Lorenzo Carera, figlio del mio procuratore Johnny, il quale mi dice: “C’è la possibilità di passare professionista con la Bardiani CSF Faizanè. Se sei interessato ci ci andiamo a parlare”. Restai di stucco. Non ci credevo… tanto più che nel 2020 praticamente non avevo corso. Avevo fatto una gara su strada e qualche altra corsa su pista a Pordenone. Ancora oggi ci penso e credo che loro abbiamo più sposato un progetto che non semplicemente preso un corridore.

«Alla fine essendo così giovane rischio anche. Io spero che possa andare bene, però adesso è anche vero che in tanti stanno facendo il passaggio da junior o da primo anni U23».

Quindi Tomas e Lorenzo vanno a parlare con Reverberi. Il ragazzo a casa però non dice nulla se non: «Mamma oggi non ci sono, mi devo assentare! Non sapeva nulla, neanche della trattativa. Ho firmato e quando sono tornato le ho detto che ero diventato professionista! E’ rimasta di stucco, ma era felicissima».

Da sinistra: Bruno Reverberi, Tomas Trainini e Lorenzo Carera.
Bruno Reverberi e Tomas Trainini.

Scommessa e progetto

Quando Trainini dice che lui e la Bardiani hanno sposato un progetto ha ragione. Alla fine i Reverberi hanno fatto una scommessa. C’è questa giovane speranza che tra gli juniores andava fortissimo e che nella Colpack quasi non corre: tanto vale prenderlo. Se poi deve fare le gare delle continental quelle può farle anche con noi, devono aver pensato i due manager. Ma nel frattempo Tomas impara, conosce e frequenta il mondo dei pro’.

«Sinceramente neanche io – riprende Trainini – so perché alla Colpack di fatto non abbia corso molto. Su strada ho disputato una sola corsa. Loro avevano due squadre, una continental e una U23, e hanno fatto molta attività con quella continental, ed io ero con quella U23.

«Non so se mi abbia adocchiato Bruno o Roberto Reverberi, credo più Roberto. Da juniores ho vinto 7 corse al primo anno e 13 al secondo, oltre alle convocazioni in nazionale, magari si è basato su questi risultati».

Crescita senza fretta

Da quel che che ci ha detto Mirko Rossato, uno dei ds della Bardiani, Trainini sarà affiancato anche agli esperti del gruppo, così che potrà sfruttare la loro esperienza. Cercheranno di fargli fare corse meno dure e magari di farlo viaggiare, soprattutto verso l’Asia, così da prendere confidenza con un certo tipo di mondo e con gare meno stressanti. Proprio Rossato ci disse che per Tomas già un totale di 35-40 corse in tutta la la stagione sarebbe sufficiente.

«Avrò la possibilità di crescere senza pressione, con calma… ma immagino sarà difficile lo stesso. Non conosco ancora il calendario. Dovevo partire per il ritiro in Spagna con il primo gruppo e invece andrò con il secondo».

Intanto però è cambiata e non poco la preparazione.

«E’ cambiata del tutto, no poco. Mi segue Maurizio Mazzoleni e sono passato dal fare massimo 4 ore a farne anche 6. Mi alleno spesso con Tonelli e Garosio, che sono delle mie parti e sono anche compagni di squadra. Loro due sono un po’ i miei punti di riferimento. Giusto ieri abbiamo fatto cinque ore con dei lavori specifici. A fine giornata non ero proprio sfinito e questo già è buono!».

Trainini, ha firmato un contratto triennale con la Bardiani CSF Faizanè
Trainini, ha firmato un triennale con la Bardiani CSF

Un altro Colbrelli?

Trainini ha fatto tutta la trafila delle categorie. Ha iniziato da G1, sulle orme della cuginetta, Giulia, la quale però dopo ha smesso e come spesso accade, colui che segue poi resta e va avanti. Ha fatto gli allievi nella Ronco, squadra che ha chiuso ma la cui dirigenza gli è ancora vicina visto che la sede era a soli 5 chilometri da casa sua. Quindi Lvf e Bardiani.

Voglia di scoprire e un sogno realizzato: davvero quella di Trainini è una piccola fiaba. Il lieto fine, certo, è tutto nelle sue mani o, per meglio dire, nelle sue gambe. Ma per ora l’entusiasmo è quello giusto.

«Sono un corridore veloce, però non velocista puro. Da juniores spesso riuscivo a tenere in salita. Un corridore a cui mi ispiro e soprattutto mi rivedo è Sonny Colbrelli. Anche lui è stato juniores nella Lvf e anche lui è passato nella Bardiani. Magari è una storia che si ripete»

Enrico Battaglin, San Daniele del Friuli, Giro d'Italia 2020

Battaglin alla Bardiani, ritorno alle origini

03.01.2021
4 min
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La notizia che Battaglin sarebbe tornato alla Bardiani-Csf ce la diede Roberto Reverberi alla partenza del Giro da Palermo. La firma in realtà era arrivata da un paio di settimane, ma la successione delle corse e degli eventi di fine 2020 era stata troppo frenetica per tenere tutto a mente. Il vicentino torna nella squadra che l’ha lanciato e in cui ha ottenuto tre delle quattro vittorie della sua carriera, nella forma della Coppa Sabatini da stagista e due tappe al Giro. La quarta, un’altra tappa al Giro, venne nel 2018 con la LottoNL-Jumbo.

Enrico Battaglin, Serra San Bruno, Giro d'Italia 2013 su Felline, Visconti, Uran
Enrico Battaglin, a Serra San Bruno la prima vittoria al Giro del 2013 su Felline, Visconti e Uran
Enrico Battaglin, Serra San Bruno, Giro d'Italia 2013 su Felline, Visconti, Uran
Serra San Bruno, Giro 2013, batte Felline, Visconti, Uran

La traiettoria di Battaglin nel professionismo è a dire il vero piuttosto singolare. Come fa spesso Reverberi quando si imbatte in un bel talento, il suo primo contratto ebbe durata di quattro anni e mano a mano che la scadenza si avvicinava, Enrico iniziò a respirare l’ebrezza del passaggio al WorldTour. Questo avvenne con la maglia della LottoNL-Jumbo, la attuale Jumbo-Visma, nella quale dopo la prima stagione di adattamento, il vicentino infilò un gran 2018. Poi qualcosa si inceppò. Il passaggio alla Katusha non portò grandi sorrisi, mentre al Team Bahrain-McLaren nel 2020 sono venuti assaggi di piazzamenti, con il 3° posto a San Daniele del Friuli al Giro (foto di apertura) come perla della stagione. Vincere non è facile né scontato, ma…

Forse ci si poteva aspettare qualcosa di più?

Potrei aver commesso uno sbaglio nel lasciare la Jumbo per andare alla Katusha, perché non ho più trovato quell’ambiente. Ma sono maturato, ho fatto tante esperienze. E così ho deciso di tornare in Italia, per ripartire con altri stimoli e un’altra età.

Enrico Battaglin, Oropa, Giro d'Italia 2015 su Cataldo
Nel 2015, Battaglin su Cataldo: è il traguardo di Oropa, ancora al Giro d’Italia
Enrico Battaglin, Oropa, Giro d'Italia 2015 su Cataldo
Al Giro 2015, Battaglin batte Cataldo a Oropa
Diamo per assodato che sei un timido, di sicuro però per tutto il 2020 sei sempre sembrato incupito, quasi non ti fossi ambientato nella squadra.

E’ stato un anno davvero strano, non sono nemmeno riuscito a conoscere tutti i compagni. Non eravamo nella situazione ideale per legare. Al Giro sono andato bene, ma al team manager non ero mai andato a genio, tanto che ai primi di settembre mi ha fatto sapere che non mi avrebbe confermato. A quel punto mi sono guardato intorno e alla fine ho accettato la proposta della Bardiani. Correre il Giro senza la tranquillità del contratto poteva essere una scommessa oppure uno stillicidio. Ho preferito stare tranquillo.

Il team manager cui non andavi a genio è Rod Ellingworth?

Esatto, quello che poi se ne è andato ed è tornato alla Ineos. Non è stato un anno normale, mi limiterei a definirlo così.

Che cosa speri di trovare alla Bardiani?

Conosco tutti e ho capito che cercavano qualcuno di esperienza per affrontare le gare più importanti che ultimamente ho fatto spesso. Mi hanno dato ancora fiducia e sono contento di averla accettata.

Enrico Battaglin, Alejandro Valverde, Steven Kruijswijk, Giro d'Italia 2016
Al fianco di Steven Kruijswijk al Giro d’Italia 2016, contro Valverde, Chaves e Nibali
Enrico Battaglin, Alejandro Valverde, Steven Kruijswijk, Giro d'Italia 2016
Al Giro del 2016 aiuta Kruijswijk in maglia rosa
Esiste ancora il Battaglin capace di vincere oppure l’astinenza spunta le armi?

Alla fine, non vedendo il traguardo così spesso, si rischia di perdere il colpo d’occhio. Ma credo che se sto bene, mi gioco ancora le mie carte. L’ho visto al Giro nel giorno di San Daniele, anche se ovviamente non è più facile come da dilettanti.

Come andrà la convivenza con Visconti?

Siamo simili, ma non del tutto. Visconti con gli anni è diventato più uno scalatore e attacca da lontano. Io aspetto i finali e magari ho una volata migliore. Non avremo problemi. Per il resto, il segreto sarà avere grandi motivazioni ed essere concentrato al massimo senza abbassare la guardia.

Enrico Battaglin, Santa Ninfa, Giro d'Italia 2018
Giro d’Italia 2018, traguardo di Santa Ninfa in Sicilia. Terza vittoria al Giro
Enrico Battaglin, Santa Ninfa, Giro d'Italia 2018
A Santa Ninfa, nel 2018, la sua terza tappa al Giro
La squadra ha tanti giovani.

Che hanno bisogno di qualcuno che gli dia una direzione, spero di essere io. Mi vedo nel ruolo di regista e di finalizzatore. Spero di aiutarli, in una squadra che ha tutto quello che serve. Sono contento anche di ritrovare le bici Cipollini con cui ho già corso, perché parlano un gran bene della Dolomia. Pare sia capace di grandi prestazioni.

Qualcuno potrebbe obiettare che tornare alla Bardiani sia un passo indietro…

In realtà non è così. In primis perché è una signora squadra. E poi perché almeno per quest’anno il Covid ha cambiato tante cose. Le differenze saranno meno marcate, perché saremo tutti compressi e meno liberi. L’unico auspicio sarà potersi allenare, perché finora il tempo non ci ha aiutato. Dal 20 gennaio saremo in ritiro e poi finalmente cominceremo. I miei traguardi saranno più avanti, ma correre sarà quasi una liberazione.

Giovanni Lonardi

Lonardi, un Davide tra i Golia

31.12.2020
4 min
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C’è sempre un Davide tra i Golia. Giovanni Lonardi è il “piccolo” che si è ritrovato tra i giganti, i giganti del ciclismo. Il giovane corridore della Bardiani-CSF-Faizanè infatti è tra i corridori che hanno gareggiato di più nel 2020: 60 giorni e oltre 9.200 chilometri di gara nelle sue gambe. In Italia solo Elia Viviani lo ha battuto, di pochissimo tra l’altro. Ma l’oro dell’Omnium di Rio 2016 aveva fatto anche il Tour de France oltre al Giro.

Una sorpresa

«Ho notato anch’io questa statistica – commenta con un velato orgoglio Lonardi – mi sono ritrovato in mezzo a certi nomi! Dei primi 25 sono il primo che ha preso parte ad un solo grande Giro. Sì, sapevo di aver gareggiato molto, ma non pensavo di aver fatto tanto.

«Ho fatto parecchie corse ad inizio stagione: Malesia, Turchia (dove ha anche vinto, ndr) e questa estate ero sempre con la valigia in mano. Un via vai continuo specie con la Francia. E poi ci sono stati i 21 giorni del Giro, che si sono fatti sentire. Forse ho anche esagerato, perché quelle trasferte in Francia, fatte in macchina, non sono state certo ideali per recuperare».

Vero, un bello stress, ma al tempo stesso un attestato di stima da parte del team. Se vieni convocato costantemente è perché qualcosa di buono puoi fare. E alla Bardiani i corridori non mancavano.

Tour of Antalya 2020, Giovanni Lonardi vince la seconda tappa
Tour of Antalya, Lonardi vince la seconda tappa

La corsa dentro

«Io preferisco sempre correre piuttosto che stare due o tre settimane a casa ad allenarmi, perché così trovo bene la condizione. Non è facile fare 15 giorni di allenamento e poi andare ad una gara, magari di un giorno, senza ritmo. Preferisco faticare un po’ di più in qualche corsa, ma avere sempre il ritmo nelle gambe».

E a questo punto Giovanni apre un discorso affatto banale. Come fa un corridore che non è nel WorldTour a “puntare”? A programmare i picchi di forma? Lonardi dice cose che da fuori non sono poi così scontate.

«E’ difficile programmare. Devi essere in un team WorldTour per farlo. Noi sappiamo a gennaio degli inviti in alcune corse, la Sanremo o il Giro d’Italia, ma di tante altre lo sappiamo la settimana prima. Per questo dico che preferisco avere il ritmo che ti dà la corsa e gareggiare spesso. Anche se non sarò mai al massimo, avrò sempre una buona gamba. E dovrò essere bravo a sfruttare il momento, il giorno in cui sto un po’ meglio e c’è un percorso adatto a me».

Velocista sì o no?

Già, ma qual è il percorso adatto a Giovanni? Che tipo di corridore è?

«Un po’ lo sto ancora scoprendo in questi primi due anni da pro’ – dice il veneto – sicuramente non sono uno scalatore e non credo neanche di essere uno da volate di gruppo compatto. Tengo su alcune salitelle e sono veloce nei gruppi ristretti. Con il tempo lo saprò meglio».

Però Lonardi si butta. Gli piace rischiare e anche se non è uno sprinter puro qualche volata di gruppo ha provato a farla. Anche al Giro.

«La tappa che è arrivata a Rimini mi è piaciuta molto. Nel finale ho provato a fare la volata, ma quel giorno in tanti volevano disputarla. Era una delle ultime occasioni. Il fatto è che non ci fossero gli squadroni, Groupama-Fdj a parte, ma tanti velocisti con due o tre uomini è stato un qualcosa di pazzesco: c’era una frenesia… Gli ultimi due-tre chilometri sono stati corsi ad una velocità folle. Io ho provato fino all’ultimo ma, uscito dalle ultime due curve, mi sono ritrovato un po’ indietro ed è finita lì.

«Demare mi ha davvero impressionato. Ma non tanto per le volate che forse avete visto meglio voi alla tv che io da dietro! Stava bene. Lo vedevo in gruppo. Se c’era da prendere una salita ed era in coda si alzava sui pedali e in un “amen” era davanti».

Lonardi ama anche la campagna. Eccolo con la sorella Anita e il cugino Federico
Lonardi con la sorella Anita e il cugino Federico

Adrenalina che passione

Con una Bardiani-CSF-Faizanè sempre più forte e con l’arrivo di Visconti e Battaglin non sarà facile per Lonardi trovare lo stesso spazio che ha avuto quest’anno. Tuttavia lui stesso ammette che avere due corridori così in squadra è uno stimolo.

«Per adesso ci siamo trovati solo una volta, ma già li conoscevo. In gruppo si parla. Soprattutto con Battaglin ogni tanto scambiamo anche qualche battuta in dialetto veneto».

Giovanni è della Valpolicella. Abita non lontano dalla vecchia casa di Davide Formolo ed è praticamente dirimpettaio di Edoardo Zardini. I due escono insieme quasi tutti i giorni. Hanno anche passioni comuni come lo sci alpino.

«Ma io – dice Giovanni – seguo anche il fondo, il biathlon… un po’ tutti gli sport e poi mi piace andare in campagna. Abbiamo dei ciliegi, la vigna e da qualche tempo anche le olive. Produciamo l’olio. E’ bellissimo mangiare quel che si è coltivato».

Ma più di tutto a Lonardi piace correre. «Cosa mi piace del ciclismo? Vincere! E se non c’è la vittoria mi piace l’adrenalina del finale, quando sei negli ultimi chilometri a giocarti il tutto e per tutto, quando senti che la velocità sale e pensi ad andare solo più forte e ancora più forte».

Rivoluzione Bardiani. Rossato già freme

15.12.2020
5 min
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La Bardiani CFS è stata una della squadre più attive sul mercato. Bruno e Roberto Reverberi, hanno quasi rivoluzionato questo team. Tanti nuovi acquisti e due ingaggi di peso: Giovanni Visconti ed Enrico Battaglin. 

Uno dei direttori sportivi di questa squadra, forse la più italiane di tutte, Mirko Rossato ci apre le porte e ci fa capire come lavorano in vista della prossima stagione. Il tecnico è gasato e motivato. E le sue aspettative sono più che giustificate.

Mirko Rossato, Moreno Nicoletti
Mirko Rossato è tornato alla Bardiani quest’anno
Mirko Rossato, Moreno Nicoletti
Mirko Rossato è tornato alla Bardiani quest’anno

Tre gruppi

Anche in virtù della situazione imposta dal covid, la squadra è stata divisa per gruppi di lavoro, visto che anche lo staff è numeroso.

«Il ciclismo di oggi ci impone di avere 20 corridori, noi ne abbiamo 22 – spiega Rossato – tuttavia non abbiamo certezze sulle corse. Pertanto, stabiliti i primi inviti abbiamo stilato un primo programma. Abbiamo diviso i ragazzi in tre gruppi. Uno che andrà alla Vuelta al Tachira, uno che andrà al San Juan e un terzo che farà un ritiro in Spagna, dal 20 gennaio al 3 febbraio.

«Il ritiro sarà in Spagna a Benindorm e si concluderà con una nuova gara, l’ex Gp Puig. Faranno parte di questo gruppo Battaglin, Visconti, Gaburro, Garosio, Marengo, Zana, Mazzucco, Tonelli, Fiorelli e il giovanissimo Trainini. Abbiamo già un programma di lavoro e sarà vecchio stampo. Simuleremo gare, cercheremo d’impostare un “treno” per “Battaglia”, faremo doppia fila… E’ importante tornare a fare queste cose, perché l’anno scorso ognuno aveva il suo programma e tutti facevano il proprio lavoro. Risultato: non sapevamo davvero come stessero i ragazzi e non si è fatto un lavoro di gruppo. Anche quest’anno i ragazzi hanno i loro preparatori, con i quali siamo in contatto, ma nei giorni del ritiro decidiamo noi. Lì niente specifici, ma lavoro di gruppo».

Giovanni Visconti alle visite mediche di rito
Giovanni Visconti alle visite mediche di rito

Esperienza e gioventù

«I ragazzi sono stati divisi anche in base alle conoscenze da parte degli altri ds. Io e Roberto saremo in Spagna, Luca Amoriello e Alessandro Donati saranno in Sud America, è giusto che anche loro conoscano i ragazzi. Il “gruppo spagnolo” è quello più esperto, ma ci sono buoni corridori anche negli altri due. Rivera, Zaccanti e Zanoncello per esempio saranno al Tachira. Rivera abita non lontano da lì e per Zanoncello essendoci tappe non lunghe può essere buono per iniziare.

«Un esperto come Maestri sarà in Argentina. Così come Carboni e Covili: per loro due abbiamo pensato di cambiare un po’ i soliti programmi, fare nuove esperienze. Covili, poi, al Giro è finito subito fuori tempo massimo ed è tanto che non corre».

Squadra competitiva

Con tanti nuovi corridori, nuova lena, uno scalatore (Rivera) che promette grossi numeri, è lecito sognare la partecipazione al Giro. Di certo il livello medio è alto.

«Vero, abbiamo una squadra competitiva che ci consente di fare la doppia attività ad alto livello. Abbiamo visto che gareggiare nel WorldTour è complicato e ormai anche la gente, gli organizzatori, Rcs non vogliono più solo “chi va in fuga”. Sì, bello il discorso dei giovani, ma non basta. Si vuole anche un po’ di risultato, quindi il mix di giovani e gente esperta può essere una buona soluzione. Visconti, Battaglin, Gaburro, Garosio… sono utili per il Mazzucco della situazione e per portare a casa qualcosa».

Enrico Battaglin torna alla Bardiani dopo 6 anni
Enrico Battaglin torna alla Bardiani dopo 6 anni

I due leader

Battaglin è un ritorno e viene dal WT. Visconti… non ha bisogno di presentazioni. Entrambi sono i fari della Bardiani CSF.

«Visconti si vede già che è un leader, per come si propone, per come parla.. Nonostante l’età ha voglia di vincere. Battaglin… è forte! Lo conosco troppo bene sin dai tempi della Zalf. Con lui abbiamo vinto tappe al Giro in Bardiani. L’anno scorso andava davvero forte, me lo hanno confermato anche dalla Bahrain McLaren, ma lì doveva tirare per altri. Qui da noi andrà a nozze. Negli arrivi di gruppi da 20 a 50 corridori lui c’è e può vincere quel tipo di sprint».

Alla fine “Visco” e “Battaglia” sono simili: si pesteranno i piedi?

«Ma nooo… ci mancherebbe che in una squadra come la nostra si pestino i piedi. Non parliamo mica di Froome e Bernal, ci sono spazio e corse per tutti. Poi Enrico è più veloce, Giovanni più attaccante. 

Thomas Trainini viene dalla Colpack
Thomas Trainini viene dalla Colpack

Capitolo velocisti

Spesso Rossato ha lavorato con velocisti: chi saranno le ruote veloci della Bardiani?

«Zanoncello e Leonardi sono i nostri sprinter. Il primo lo conosco poco. So che da dilettante era molto forte, cercheremo di fargli fare corse più facili. E lo stesso vale per Leonardi, anche se lui è meno puro come sprinter, non è di quelli che si staccano sul cavalcavia.

«Poi c’è Trainini, 18 anni. Lo portiamo in Spagna con gli esperti non per caso. Non gli chiediamo niente. L’obiettivo è fargli fare gare più facili, magari in giro per il mondo. Penso al Taiwan della situazione. Quando a fine anno avrà fatto le sue 35-40 giornate di corsa va bene. Fisicamente è messo bene. Un nuovo Almeida? No, come Joao ne nascono pochi. Thomas è più velocista. Almeida andava forte sul passo, a crono, in salita».