Tutti i corridori sabato scorso sono andati da Milano a Sanremo, ma ce n’è uno, DiegoRosa, che ha fatto la Milano-Montecarlo, corsa non riconosciuta dall’UCI! Ma pur sempre una cavalcata di oltre 340 chilometri. In pratica una tappa dei tempi di Binda o Girardengo…
E’ andata così. Al termine della Classicissima, che il corridore della Eolo-Kometa ha regolarmente portato a termine in appoggio a VincenzoAlbanese, il piemontese ha preso lo zaino e se n’è tornato a casa in quel di Montecarlo, una quarantina di chilometri verso Ovest.
Una bella scarpinata dopo una corsa così lunga (la più lunga del calendario, ndr). Serve coraggio, forza e un pizzico di follia. Che ad un biker nel Dna come Diego proprio non manca.
Diego Rosa in azione durante l’ultima Classicissima. Lo scalatore piemontese adesso è in alturaDiego Rosa in azione durante l’ultima Classicissima. Lo scalatore piemontese adesso è in altura
Diego, come stai? Ma ci spieghi come è andata: davvero tua moglie ti ha lasciato a piedi?
E chi ci ammazza! Adesso sono in altura a Sierra Nevada. Come è andata? E’ successo che mia moglie aveva un matrimonio ed era la testimone di nozze, non poteva certo mancare. Dovevo andare anche io, ma poi mi hanno chiamato per la Sanremo e quindi tra disguidi nell’organizzazione del ritorno sono rientrato in bici. L’ho detto per scherzo all’inizio, poi invece…
Poi invece ti sei fatto la distanza….
Eh sì, che poi queste cose mi piacciono. Alla fine con tutti i corridori che ci sono a Montecarlo un passaggio me lo avrebbe dato chiunque.
Chiaramente hai impostato la tua giornata per la Sanremo, ma come ti sei gestito con l’alimentazione?
Quando ho detto del mio rientro a casa in bici ho detto anche ai diesse: tranquilli, non è che mi risparmio nella Sanremo. Semmai faccio l’autostop! E infatti prima del via non ho dichiarato che avrei fatto questa cosa. Metti che cadevo, sarei dovuto andare poi a casa con tutti i cerotti!
E con l’alimentazione?
Ecco, quella è stata un bella fregatura! Io ho mangiato per la Sanremo, nei tempi e nelle quantità, senza pensare al rientro a casa. Una volta arrivato, ho preso due borracce d’acqua, una barretta e sono ripartito. Tutto andava bene, poi a 10 chilometri da casa non vedevo più la strada… e non era notte!
Crisi di fame!
Mamma mia! Sono entrato in una boulangerie e ho preso un panino. Dopo quel momento sarei andato di slancio fino a Nizza. La panettiera era anche appassionata di ciclismo. Aveva visto la corsa in tv.
Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)
E cosa ti ha detto quando ti ha visto nel suo locale?
E’ rimasta un po’ così. E’ stata simpatica. Ho preso un panino con prosciutto e formaggio. In realtà era l’ultimo che aveva ed era anche del giorno prima, mi ha detto. Però mi ha fatto lo sconto perché ero un corridore.
Quanto ci hai messo da Sanremo a casa?
Normalmente è un’altra ora e mezza, ma io sono andato tranquillo. Me la sono proprio goduta. Ho fatto pipì, ho preso l’acqua ad una fontana, ho lavato gli occhiali perché ci avevo sudato dentro, ho risposto a dei messaggi. Ero tranquillo, dai. Senza nessuno a casa che mi aspettava me la sono presa comoda.
Che storia, Diego!
L’unica cosa un po’ imbarazzante è che quando sono arrivato io, arrivavano anche le ammiraglie con i diesse che riaccompagnavano i corridori a casa. Io invece ero lì in bici e mi sono chiesto: chissà cosa pensano. Se dovessi rifarlo prenderei delle stradine più nascoste. E comunque ho fatto questa avventura perché per un mese non corro. Se avessi dovuto fare una Coppi e Bartali o un Catalunya, non mi sarebbe passato neanche per la testa. Anche perché se poi vai piano i diesse te lo avrebbero fatto notare.
Cosa ti hanno detto i tuoi colleghi quando ti hanno visto partire?
Luca Spada quando mi ha visto non ci credeva. Qualche battuta, qualche presa in giro, ma è stato simpatico. Se il prossimo anno faccio la Sanremo, lo rifaccio ma con delle scommesse in gruppo. Si potrebbe fare con Peter (Sagan, ndr). Gli direi: se non vinci torni a casa in bici con me. Di sicuro lui ci verrebbe. Ma rilancerebbe anche con un qualcosa del tipo: se però vinco tu vai tipo a casa tua in Piemonte. E’ rischioso!
Una volta a casa cosa hai fatto?
La valigia per l’altura. Doccia e valigia. L’ho fatta mentre aspettavo mia moglie. Senza i bimbi è tutto più facile e non si dimentica nulla. In questo modo la domenica sono stato con loro, li ho portati al parco. Insomma, mi sono portato avanti. Quindi se uno si chiede: cosa fa un pro’ dopo la Sanremo? La risposta è la valigia per l’altura.
I dati, presi da Strava, della lunga cavalcata da Milano a MontecarloI dati, presi da Strava, della lunga cavalcata da Milano a Montecarlo
Cosa hai mangiato poi a cena?
Quello che ho trovato: scatolette, prosciutto… sinceramente non avevo voglia di cucinare, di lavare poi i piatti… Però una birretta mentre facevo la valigia me la sono fatta.
Alla fine quanti chilometri hai fatto?
Ho percorso 344 chilometri, trasferimento incluso.
Tra l’altro quello della Sanremo neanche è breve, di trasferimento…
Caspita, perché gli avrei dovuto regalare 20′ “a gratis”! Eh, io timbro il cartellino quando esco dal bus!
Diego, chiudiamo con una domanda più seria. Prima hai detto che non corri per un mese. Quindi sei già in ottica Giro d’Italia?
Eh sì. Tanto sono solo tre tappe. E poi lì piove sempre, ci si abitua per il Giro visto come è andata negli ultimi anni. Non faccio il Tour of the Alps in Trentino, soffro sempre un po’ di allergia pedalando in mezzo ai meli in fiore. Se posso, quindi, preferisco evitarlo.
Anthony Turgis secondo alla Sanremo dietro Mohoric picchia il pungo sul manubrio. Si dedica alle classiche solo da due anni. Altro protagonista in arrivo?
Uno attento ai millesimi di secondo. Ai body studiati in galleria del vento per essere più aerodinamico possibile. L’altro che carica tende e scarponi. Una bici in carbonio leggerissima e super rigida da una parte, un “trattore” in acciaio dall’altra. Uno è Jonathan Milan, l’altro è Dino Lanzaretti. Campione olimpico su pista e ottimo stradista il primo (che conosciamo!), viaggiatore e avventuriero l’altro, un vero fenomeno e punto di riferimento dei viaggi in bici. Uno che è tornato d’inverno dall’estremo della Russia, tanto per dirne una.
Cosa può legare due ciclisti così diversi? La passione senza dubbio. Ma anche la curiosità. Milan seguiva Lanzaretti sui social. «Sono un suo ammiratore», ci aveva confidato. Quindi li abbiamo fatti conoscere. Per adesso l’incontro è stato virtuale, su Google Meet. Ma in futuro chissà.
Ecco quindi il loro dialogo…
Jonathan Milan in azione a crono… (foto Instagram)Jonathan Milan in azione a crono… (foto Instagram)
Milan: «Piacere di conoscerti Dino».
Lanzaretti: «Ciao Jonathan, piacere mio».
Milan: «Ti seguivo su YouTube e sui social. Eri ritornato da uno dei tuoi viaggi. Mi sono guardato tutti i tuoi video. Giuro! Ho iniziato ad avere la passione per il viaggio anche io. Pensa che poi ho iniziato a cercare di progettare anch’io un’avventura. Ho iniziato a progettarlo, ma ancora devo farlo. Saranno stati quattro anni fa. Mi ricordo che avevo finito la mia prima stagione da under 23 o ero a metà della stagione. Iniziavo a progettare il viaggio da ottobre a novembre. Un mesetto via da casa facendomi quelle due settimane di recupero, due settimane di vacanza. Mi ero informato sulle applicazioni per fare la traccia, cosa portarmi dietro… Mi mancava solo di partire.
Lanzaretti: «E come mai non sei più partito?».
Milan: «Una cosa tira l’altra. Metti che mi capita qualcosa per strada? Iniziavano gli impegni con la nazionale di pista per andare a fare la Coppa del Mondo… E non sono più andato. Mi dispiace ancora un sacco».
Lanzaretti: «Dove volevi andare?».
Milan:«Sarei voluto andare a Capo Nord, per poi tornare in aereo perché per me quei 3.000 chilometri erano già abbastanza! Mi ero studiato le strade meno pericolose dove passare».
Dino Lanzaretti, ha viaggiato in tutto il mondo. E’ un esperto di viaggi al freddo estremo (foto Gregoretti)Dino Lanzaretti, ha viaggiato in tutto il mondo. E’ un esperto di viaggi al freddo estremo (foto Gregoretti)
Lanzaretti: «Cavolo, sei stato sul pezzo! Ti sei veramente impegnato veramente. Quello è un giro classico».
Milan: «Ho visto anche i tuoi video di come costruire i fornelletti. Mi sono informato sulla temperatura che poteva esserci lassù, che tipo di cambio poteva andare meglio, quale tenda. E poi il cibo. L’avena che ti sei portato dietro anche tu… Davvero, Dino, mi piace, ma non ho tempo per fare queste cose. E in più con il lavoro che faccio devo stare attento».
Lanzaretti: «Immagino cosa possa essere la tua carriera e quanto preziose siano le tue gambe. Quando viaggi devi vivere da nomade e tu sei una macchina perfetta per pedalare. Mi stupisce questa passione e guarda, sappi che fra 25-30 anni quando smetterai di correre ci sarà lo stesso questo mondo che ti aspetta. Capo Nord non scappa. La tua passione è una cosa strana perché non ci sono personaggi che arrivano dal mondo agonistico, che hanno questa vocazione per l’avventura. Il cronometro e i tempi: è quella la tua vita. Però quando hai anche questa volontà e quel motore incredibile… è un attimo che ti mangi tutte le gare di endurance! Il giorno che ti stanchi della strada hai veramente tutto in discesa. Adesso poi faranno i mondiali di gravel».
Milan: «E tu lo fai il mondiale gravel?».
Dai bagagli di Lanzaretti al minimalismo aerodinamico di Jonathan MilanDai bagagli di Lanzaretti al minimalismo aerodinamico di Jonathan Milan
Lanzaretti: «Ma scherzi! Ho ancora il titanio che spunta fuori dal malleolo per una frattura. Nell’ultimo viaggio che ho fatto sono andato con un super atleta, uno che di lavoro fa l’avventuriero e quindi per la prima volta mi sono dovuto allenare. Mi sono informato. Ho cercato di fare una preparazione, le ripetute, il contare le pedalate… cose che neanche sapevo esistessero. Credimi, mi si è aperto un mondo. Ho iniziato a provare questo qualcosa che per te, immagino, sia linfa vitale: questa adrenalina nell’andare forte. Arrivare dove vuoi, ma arrivarci con una performance fisica. L’anno scorso ho fatto delle gare amatoriali. Avevo di fianco gente che lo faceva per vincere. Dopo un’ora ero staccato. Però ho capito il meccanismo. E’ complicatissimo. Ma come fate ad andare così forte? Non riuscirei ad avere una disciplina mentale così tenace».
Milan: «Ci si abitua!».
Lanzaretti: «Tu hai il preparatore atletico, ma sono sicuro che conosci il tuo corpo. Sai cosa devi fare, cosa devi mangiare… La mia domanda è: ma anche a livello meccanico sei preparato? Perché quel cambio è fatto in quel modo e non in un altro?».
Milan: «Nel mondo del ciclismo professionistico non è obbligatorio saper intervenire sulla bici, ma col tempo s’impara. Se uno vuole si informa, come per l’allenatore o il nutrizionista. Per quanto riguarda i componenti meccanici neanch’io li conosco benissimo tutti. Se tu mi dici di smontare il cambio sì: lo so fare. Ma perché è una cosa che piace a me. Le mie bici da gara e da allenamento sono completamente uguali e mi piace tenerle con cura. Quando usi un mezzo tutti i giorni penso che sia bello sapere come è fatto e come funziona».
Dino ha viaggiato anche al caldo estremo. Eccolo nel deserto Salar de Uyuni in Bolivia. In quella occasione scalò anche una vetta andina ad oltre 6.000 metriDino ha viaggiato anche al caldo estremo. Eccolo nel deserto Salar de Uyuni in Bolivia. In quella occasione scalò anche una vetta andina ad oltre 6.000 metri
Milan: «La prima cosa che mi impressiona di te, Dino, è fin dove ti spingi. Pensi all’ultimo posto nel mondo, dove un ciclista non andrebbe e tu ci sei stato. Nessuno penserebbe: vado in Siberia. Non solo non ci andrebbe, ma se proprio dovesse partire lo farebbe d’estate. Non d’inverno col rischio di morire di freddo, pensando che dopo la pedalata deve fare la legna per il fuoco. Noi pro’ siamo seguiti, dobbiamo fare una preparazione ma anche tu però ti prepari. Siamo sullo stesso mondo, ma in due binari diversi che corrono paralleli. E questo mi impressiona. Che poi è la tua volontà di andare nel rischio. Hai incontrato -50° gradi… io ho freddo ad uscire con -3°!».
Lanzaretti: «Abbiamo in comune la bici, ma veniamo da storie diverse. La mia passione era fare il viaggiatore. Avevo un lavoro che mi permetteva di stare in giro 5-6 mesi l’anno. Viaggiare non è andarsene su una spiaggia tropicale dove ti portano il mojito. Il viaggio è andare in un posto perché hai la curiosità di andarci. Prima ho preso lo zaino e sono andato. Poi ho cominciato a scalare montagne perché volevo vedere altro. E poi ancora è arrivata la bici. Ma il motore che io avevo non erano i muscoli, era la voglia di scoprire. Ho capito che la bici mi dava questa possibilità di raggiungere posti nel modo più onesto. Il tramonto in cima a un passo di montagna è tuo. Te lo sei guadagnato. Non sei arrivato lassù in elicottero. Sono andato in Tibet perché ero curioso di vedere come le persone vivono lì».
Milan: «Però anche tu ti informi sempre prima di partire…»
Lanzaretti: «Adesso che sono stato al freddo sapevo già un sacco di cose. Non sono stato sprovveduto come uno spagnolo che è andato dopo di me e a cui taglieranno i piedi. Però quando ho iniziato io non c’era internet per informarsi. Quando è arrivata la rete, io ero già stato in metà pianeta. Nei viaggi che faccio la bici è il 30%. Tutto il resto è, come dici tu: stare vivo di notte, interfacciarsi con la gente del posto, vivere le esperienze che ti riserva l’avventura. Però ammetto anche che adesso fare un giretto più spinto per alzare il mio livello.. lo trovo figo. Jonathan, spiegami un po’ dei tuoi allenamenti?».
Quando può, in allenamento Jonathan Milan va sempre alla ricerca dei borghi meno noti delle sue zoneQuando può, in allenamento Jonathan Milan va sempre alla ricerca dei borghi meno noti delle sue zone
Milan: «Quando esco su strada mi alleno una volta al giorno, su pista anche due. L’anno scorso è stata un’annata concentrata sulla pista: facevo più sprint, lavori con rapporti molto duri, palestra. Io non sono un grande amante della palestra. Prima di arrivare a fare dei buoni carichi di lavoro in palestra devo avere una buona stabilità a livello del bacino, perché sono molto alto e devo sviluppare prima altri muscoli affinché possa essere equilibrato. Quest’anno invece la stagione sarà più concentrata sulla strada. Farò molte più ore. Andiamo a ore, non a chilometri. Gli allenamenti cambiano in base alle gare. La mia prossima corsa sarà la Milano-Sanremo e nelle prossime settimane farò molto volume, cioè molte ore per adattare il mio fisico ad uno sforzo lungo».
Lanzaretti: «Tu esci e fai un circuito, o comunque più o meno le stesse strade: come fai a trovare la voglia di fare sempre lo stesso giro?».
Milan: «Cerco di cambiare sempre. Certo, ho le mie salite in allenamento, ma spesso mi guardo intorno e vado in quei paesini che mi piacciono di più o in quelli in cui non sono mai passato. Alla fine sono concentrato sul lavoro che devo fare».
Lanzaretti: «Come fai a valutare i miglioramenti?».
Milan: «Non si vedono in breve tempo. Serve un anno o due o tre mesi. Oggi faccio una volata e raggiungo questa potenza, fra un mese riesco a fare 10-15 watt in più: sono migliorato e appagato. Lo capisci anche da come arrivi in cima ad una salita. Magari fai 10′ di salita allo stesso ritmo della settimana precedente, ma ti accorgi che potresti continuare per altri 10’».
Lanzaretti:«Capisco, che figata! Quanti anni hai adesso?».
Milan: «Abbiamo parlato di watt, di sprint, di forza… ti capita mai di andare in acido lattico?».
Lanzaretti: «Assolutamente no. Io devo cercare di restare vivo, perché quando smetto di pedalare devo pensare al cibo, alla tenda… Quando eravamo in Siberia la parte più facile era la bici. Lo scopo era quello di respirare sempre con naso e non sudare mai, per non far bagnare assolutamente i vestiti. In certi viaggi sei estremamente sottodimensionato rispetto a potenza muscolare espressa. Penso di non essere mai andato in acido in tutta la mia vita. Però devi sempre avere la marcia buona perché, se devi scappare devi essere pronto. Su un rettilineo in Turkmenistan, ti fai 250 chilometri ai 20-30 all’ora».
Per Dino la scorsa estate i primi veri allenamenti in biciPer Dino la scorsa estate i primi veri allenamenti in bici
Milan: «Io sistemo la bici al millimetro, anche tu o non senti grosse differenze?».
Lanzaretti: «Nel mio caso si parla di centimetri. Ho avuto problemi comunque con la posizione. Per esempio, una volta mi si sono schiacciati i tendini delle mani perché avevo una bici più piccola e il peso era caricato sulle mani appunto. Per due mesi non ho più potuto usare due dita di entrambe le mani. Ero in Asia e avevo difficoltà anche a mangiare. Poi con un pezzo di bambù ho alzato un po’ il manubrio ed è andata meglio. Più recentemente in Islanda ho utilizzato un reggisella ammortizzante con escursione di un centimetro. Mi sono massacrato: ad ogni pedalata variava la lunghezza del piede. Lo dissi al produttore: questa cosa puoi venderla a qualcuno che va in bici alla domenica ma non a chi sta in sella 15 ore al giorno».
Milan: «Io invece i millimetri li sento. Sono molto sensibile. Ad inizio stagione nel primo ritiro ho portato la vecchia bici da casa e ho preso quella nuova. Come ci sono salito ho detto: c’è qualcosa che non va. C’era forse un millimetro di differenza. Con le scarpe impazzisco. E infatti le faccio sistemare al meccanico. Sarei in grado di farlo anche io, ma ci starei ore. Mi fido ciecamente di lui».
«Bene ragazzi – interveniamo – non ci resta che farvi incontrare. Magari metteremo un body aero a Dino e faremo salire Jonathan su una bici con le borse».
Basso va oltre i confini delle gravel bike e presenta la nuova Palta II, una bici rivoluzionaria e capace di distinguersi seguendo una propria identità. Questo nuovo mezzo proposto da Basso è una scelta forte e determinata rispetto alla propria idea di bici gravel. Dopo anni di studio, progettazione e miglioramenti, la tecnologia delle bici da strada del marchio veneto entra nel mondo del gravel.
Nonostante l’enorme successo della prima generazione della bici Palta, Alcide Basso, ha deciso di rinnovare la gamma e di migliorarla. Non è stato un compito facile, ma alla fine ne è uscita la Palta II. La filosofia è quella di un profilo competitivo ed aggressivo perché esplorare è più piacevole con un mezzo dalle prestazioni competitive ed adrenaliniche.
La nuova Palta II detta la propria strada verso il mondo gravel, una bici aggressiva e performante ma con una grande affidabilità per i bike packing La nuova Palta II, aggressiva e performante, ma con una grande affidabilità per i bike packing
Piccole modifiche, ma decisive
Il telaio ha subito delle modifiche rispetto alla prima versione, l’angolatura del tubo orizzontale è aumentata di qualche grado. Questa modifica non rende la pedalata più comoda, non ce n’è bisogno, ma lascia una maggiore esposizione del tubo sella che è una delle parti flessibili ed in grado di attutire meglio i colpi. Il ciclista non dovrà più preoccuparsi del terreno dissestato ma potrà spingere a pieno mantenendo un controllo impeccabile sull’avantreno.
Si è cercato di rendere il telaio più aerodinamico, per questo in Basso hanno dedicato molto tempo allo studio della geometria dei tubi, in particolare quelli più esposti ai flussi d’aria. I tubi della nuova Palta II, infatti, hanno una coda tronca ed una parte anteriore più arrotondata per garantire un miglior scorrimento dell’aria.
La Palta II ha un tubo superiore più obliquo in modo tale da aumentare il reggisella espostoLa Palta II ha un tubo superiore più obliquo in modo tale da aumentare il reggisella esposto
Più versatile…
Tutti i miglioramenti sopra indicati permettono alla nuova nata in casa Basso di essere performante anche su strada, rendendola così una bici polivalente. Un altro cambiamento non indifferente ma non di primo impatto è l’aver nascosto tutti i cavi, questo li mette al riparo dagli agenti esterni ed in più riduce l’attrito aerodinamico.
La sezione della serie sterzo è maggiorata per permettere il passaggio dei cavi ma anche per aumentare la guidabilità del mezzo. I distanziatori sono impilabili al design split lock possono essere mossi senza dover intervenire sui cavi. Per chi ama una guida più aggressiva e sportiva i distanziatori possono essere tolti completamente, l’asta presente può essere usata anche come tappo per la serie sterzo non creando coì complicazioni.
Il manubrio della Palta II è stato abbassato per rendere la bici più aerodinamica e con una guida più aggressiva Il manubrio della Palta II è stato abbassato per rendere la bici più aerodinamica e con una guida più aggressiva
Per andare ovunque
Il manubrio, in fibra di carbonio, è stato sistemato ed appositamente studiato per il gravel, il dislivello da 122 millimetri rende la bici più aerodinamica e pronta per incorporare le borse manubrio se necessario.
Il nuovo design del telaio lo rende compatibile con tutti i gruppi dei migliori marchi in circolazione. La Palta II è studiata e progettata per rendere le vostre pedalate durature e improntate all’avventura, senza però disdegnare la performance. L’idea dell’azienda veneta è quella di lasciare il rider al centro del progetto. Per questo, nella fase di progettazione, si è pensato di rendere il telaio facile da modificare e sistemare. In questo modo, grazie all’utilizzo di pochi utensili, il ciclista può intervenire sulla bici in qualsiasi situazione, anche durante una delle proprie avventure.