Il primo italiano che correrà da junior in una squadra estera è Lorenzo Mark Finn, corridore genovese che compirà 17 anni il 19 dicembre (in apertura vince il Trofeo Piancamuno a Piancavallo, foto Instagram). In un mondo di allievi già ben definiti fisicamente, fa piacere vedere che Finn sta benissimo nella sua età e lascia intuire dei grandi margini di sviluppo. Lo avevamo già conosciuto nel corso di questa stagione corsa con il CPS Professional Team. Andrà alla Auto Eder, formazione U19 della Bora-Hansgrohe. La notizia era da tempo sulla bocca di tutti, ma è stata ufficializzata soltanto ieri.
Un test a distanza
Quando lo raggiungiamo, Finn ha da poco finito la giornata a scuola, al Liceo Scientifico che frequenta a Genova. Il test con la Auto Eder lo aveva fatto ad agosto, grazie al suo procuratore John Wakefield, che fa anche il coach alla Bora-Hansgrohe, in una singolare sovrapposizione di ruoli, per cui è agente anche di Tarling e Hayter. Come ci raccontò lo stesso genovese, si trattò di un test a distanza, svolto in allenamento, tarando il misuratore di potenza su parametri forniti dalla squadra. La sua intenzione di lasciare l’Italia sembrava chiara, l’approdo tedesco è venuto dopo.
«Sinceramente – dice – avevo deciso già da metà stagione che sarei voluto andare in una development straniera. Mi hanno proposto di andare con loro dopo il Giro della Lunigiana e dopo dei test. Fare uno step già adesso è una cosa di cui sono molto contento e non credo sia affatto negativo. In questo momento il ciclismo sta andando nella direzione di prendere ragazzi sempre più giovani, quindi essere già in una devo team significa avere meno pressioni di quelle che avrei in una squadra italiana per guadagnarmi un posto fra gli under 23».
Hai già pensato a come ti gestirai con la scuola?
Continuerò a vivere a casa mia. E poi per i vari ritiri e le gare mi sposterò con l’aereo, raggiungendo la squadra. Gare in Italia ce ne saranno poche, solo le internazionali, per cui diciamo che da marzo sarò più in viaggio rispetto a quanto fatto sinora. Forse i giorni di assenza da scuola saranno leggermente di più rispetto a quest’anno, ma anche l’anno scorso ho fatto un paio di gare con la nazionale, quindi le differenze saranno minime. Comunque sono dentro il Progetto studente/atleta, che mi permette di giustificare le assenze dovute all’attività sportiva e di programmare le interrogazioni.
I tuoi compagni di squadra hanno la stessa situazione?
Per quello che ho visto sinora, alcuni miei compagni tedeschi o danesi hanno la possibilità di fare meno ore di lezione e hanno un programma diluito in più anni. Però diciamo che riesco a gestirmi bene e questo è l’importante.
Tuo padre è inglese e vive in Italia, quindi il fatto di partire non dovrebbe vederlo come un problema. Come ha commentato il tuo trasferimento?
All’inizio era un po’ scettico, perché sono ancora junior. Però prima o poi il salto l’avrei dovuto fare e, anche se da U23, avrei comunque dovuto affrontare la maturità, quindi da questo punto di vista non sarebbe cambiato molto. Non è che puoi stare in Italia per sempre, per cui ho colto l’occasione. E probabilmente il fatto che io parli bene inglese è stato un punto a favore.
Per quello che hai visto sinora, che cos’ha ti ha colpito della Auto Eder?
Abbiamo già fatto un ritiro di 3-4 giorni a Soelden. E’ servito per fare attività di team building e conoscerci con la Bora dei professionisti. Abbiamo sciato, c’era anche Roglic e mi sono reso conto che con tutto lo staff eravamo più di 100 persone. Ovviamente noi juniores abbiamo uno staff più limitato, ma è giusto così. Però ci sono persone serie che lo fanno di lavoro e ci seguono bene. Abbiamo tutto quello che ci serve. Bici da allenamento, da crono, materiale. Diciamo che devi solo pensare a pedalare e a studiare, perché anche loro ci tengono che tu abbia un’educazione qualificata.
Vi guiderà Christian Schrot, che idea ti sei fatto di lui?
Dal poco che ho visto, Schrot è una persona molto seria e molto intelligente. Fino a qualche anno fa faceva anche il direttore sportivo con i professionisti ed è lui a seguire la nostra preparazione. Mi sembra molto in gamba. Però avrò modo di conoscerlo meglio.
Ti ha dato un programma di allenamento per l’inverno
Praticamente da subito. E’ tutto stato caricato di settimana in settimana su Training Peaks. Mettiamo i commenti sugli allenamenti e lui li commenta a sua volta. Poi abbiamo chiamate tutti insieme ogni due settimane, per confrontarci. Siamo solo 8, quindi è anche facile.
Quali saranno i prossimi appuntamenti?
A gennaio avremo un ritiro a Mallorca con la Bora-Hansgrohe prima delle gare, ma quello più importante si svolgerà sul Lago di Garda, diciamo una o due settimane prima del debutto, quindi a febbraio. In quell’occasione saranno 10 giorni importanti. Inizieremo a correre a marzo in Belgio.
Come stai vivendo questa novità?
Sono contento della prospettiva di migliorare me stesso e vedere dove posso arrivare. Facendo gare a tappe ed esperienze diverse, non dico che sarà più facile, però in teoria dovrei fare dei passi in avanti molto importanti. Sono quasi più curiosi i miei amici e gli ex compagni, però credo che sarà come per quelli che sono già passati in una devo team, solo che io lo farò un anno prima.
Hai parlato con il cittì Salvoldi prima di prendere la decisione?
Mi sono confrontato con lui proprio prima di fare la mia scelta. E comunque anche Auto Eder mi ha detto che l’attività della nazionale fa parte integrante del calendario, perché ovviamente ci sono gare come la Corsa della Pace, europei e mondiali che non puoi fare con la squadra di club. Quindi ovviamente con la nazionale deve esserci un rapporto di collaborazione.Salvoldi è contento. Non mi ha detto se era giusto o sbagliato, però mi è stato di supporto.
Il Giro d?Italia U23 mostra un super gap fra italiani e stranieri. Dove nascono le differenze? Proviamo a capirlo con Pavanello, diesse della Borgo Molino
Parafrasando Archimede, date un arrivo in salita a Lorenzo Mark Finn e lui vi solleverà le braccia al cielo. Un metro e 80 per 59 chili (ora forse meno), ieri ai 2.035 metri del Sestriere lo junior della CPS Professional ha vinto per distacco la sua quinta gara stagionale, la terza consecutiva nelle ultime tre uscite.
I suoi successi hanno sempre uno spunto di interesse, a cominciare dal fatto che li sta ottenendo al primo anno nella categoria e che compirà 17 anni il prossimo 19 dicembre. Finn doma le vette del grande ciclismo, dove hanno messo la propria firma nomi ben più importanti. A Ferragosto il genovese di Avegno ha trionfato nella Pian Camuno-Montecampione correndo da solo e arrivando con due minuti di vantaggio. Il 25 luglio aveva messo nel carniere la cronoscalata Cene-Altino, trenta giorni prima aveva conquistato la Sandrigo-Monte Corno, la montagna che sovrasta l’Altopiano di Asiago. Il primo sigillo – una rarità finora per lui – l’aveva centrato a metà aprile in provincia di Arezzo in una gara in circuito. Di questo suo periodo “on fire” e dei prossimi obiettivi abbiamo parlato con lui, conoscendolo meglio.
Restiamo sulla fresca attualità. Che gara è stata la Collegno-Sestriere di ieri?
E’ stata molto dura perché prima di arrivare sotto al Sestriere abbiamo fatto strade strette con diversi strappi. Nella parte iniziale della corsa sono entrato in una fuga di una decina di uomini per una ventina di chilometri, ma ci hanno ripresi. Successivamente ci sono stati altri tentativi di allungo poi siamo ripartiti in dieci sulla prima salita. Siamo andati di comune accordo fino a quella finale. A circa 6 chilometri dal traguardo, quelli più duri, sono partito arrivando da solo.
In pratica lo stesso copione di quasi tutte le gare…
Speriamo continui così (dice sorridendo, ndr). A Montecampione non è stata semplice inizialmente. La squadra aveva scelto di fare un turno di riposo, ma siccome io mi trovavo in quella zona già da qualche giorno, ho voluto correre ugualmente pur sapendo di essere al via da solo. Ogni giro basso prevedeva un paio di strappi e ad un certo punto, quando è partita la fuga, io ne sono rimasto fuori. C’era tanto caldo e non sapevo cosa fare di preciso. Alla fine ho deciso di chiudere sui fuggitivi e mi sono rasserenato quando eravamo tutti compatti ai piedi della salita. Lì ha fatto il ritmo il Cene e mi sono accorto che eravamo tutti piuttosto provati. Temevo Gualdi (poi terzo all’arrivo, ndr), ma sapevo che aveva speso tanto. Siamo andati via assieme, poi l’ho staccato a circa quattro chilometri dalla fine.
Le tue caratteristiche sono abbastanza chiare. Completiamo il tuo profilo.
Esattamente, sono uno scalatore puro come avrete capito (sorride, ndr). Mi difendo a crono, dove ho fatto quinto al campionato italiano. Non sono veloce e provo sempre ad anticipare. La prima vittoria quest’anno l’ho fatta così, con un attacco all’ultimo chilometro arrivando assieme al mio compagno Schwarzbacher. Sono nato a Genova dove frequento il liceo scientifico (l’anno prossimo andrà in quarta, ndr) ed abito ad Avegno. Mio padre è inglese e viene da Sheffield, che evoca sempre la vittoria di Nibali al Tour 2014. Vado su per Natale e per altre feste durante l’anno. Ho iniziato a correre da esordiente di primo anno.
Non che sia un male ma rispetto a tanti ragazzi hai iniziato tardi. Come mai?
Prima giocavo a calcio e a tennis, ma un problema di sviluppo ad un ginocchio mi ha portato al ciclismo. Facevo dei piccoli giri con mio padre e mi sono appassionato. Da esordiente finivo le gare mentre da allievo ho fatto uno scatto in avanti. Ho avuto una crescita psico-fisica ma le prime vittorie mi hanno aiutato in questo senso.
In gara ti pesa partire con i favori del pronostico?
Mi fa un certo effetto sapere di essere tra i favoriti in alcune corse. Sicuramente vincere dà tanto morale, ma so che bisogna ancora lavorare tanto e sodo. Non sono distratto da questi ultimi successi perché so che non ho ancora fatto nulla di importante. Cerco di fare il meglio possibile sia in allenamento che in gara.
Finn con la CPS Professional ha fatto diverse trasferte in Francia. Qui alla Ain Bugey Valromey (foto facebook)Prima vittoria da junior. Al Trofeo Beoni Finn attacca e arriva col compagno Schwarzbacher (foto CPS Professional)Vittoria a Montecampione, per ora siamo a 5 successi. Una cronoscalata e le altre per distacco (foto Cailotto)
Visti i tuoi risultati, si dice che il tuo nome sia già sul taccuino di osservatori nell’orbita dei pro’. Quanto c’è di vero?
Naturalmente mi fa piacere che si possa parlare di me, ma vale il discorso che facevo prima: devo dimostrare tutto. A luglio attraverso una persona che conosco ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza nuova per me. Ho fatto qualche giorno di allenamento in Val d’Aosta assieme agli U23 del team continental della Groupama Fdj giusto per capire come lavorano e cosa mi può aspettare quando passerò in quella categoria. Tuttavia posso dirvi che quasi certamente l’anno prossimo, di comune accordo, non sarò più con la CPS Professional. Passerò in un’altra squadra. Ne ho parlato con i dirigenti e abbiamo preso questa decisione.
Quindi sai già dove andrai? Qualche squadra si è già fatta avanti?
No, di ufficiale non c’è ancora nulla, stiamo cercando di capire tante situazioni. Anche in questo caso posso dirvi che fra qualche settimana dovrei conoscere la valutazione di un test che ho fatto pochi giorni fa. L’ho fatto per l’Auto Eder grazie al mio preparatore, John Wakefield, che è anche il performance coach della Bora-Hansgrohe(l’Auto Eder è la società satellite junior della Bora da cui sono usciti, tra i tanti, Uijtdebroeks ed Herzog, ndr). Non sono andato in Germania, ho svolto tutto a casa dedicando un mio allenamento a questo protocollo. Ho tarato il mio potenziometro sui loro parametri e sono uscito in bici normalmente. Ho fatto quei 10/15 minuti in salita e in pianura con le loro indicazioni e poi loro hanno scaricato i dati. Ma questo non significa nulla perché hanno fatto fare questo test a tanti ragazzi.
Con la nazionale Finn ha disputato la Corsa della Pace in Repubblica Ceca e il Saarland Trofeo in GermaniaEsperienze. A luglio Finn si è allenato con gli U23 della Groupama-Fdj e ad agosto ha fatto un test per la Auto EderCon la nazionale Finn ha disputato la Corsa della Pace in Repubblica Ceca e il Saarland Trofeo in GermaniaEsperienze. A luglio Finn si è allenato con gli U23 della Groupama-Fdj e ad agosto ha fatto un test per la Auto Eder
Sarebbe un bel colpo passare in un team di quella caratura. A questo punto quali sono gli obiettivi di Lorenzo Mark Finn?
Rimangono quelli che avevo ad inizio anno. Facendo un paio di gare a tappe con la nazionale (Corsa della Pace in Repubblica Ceca e Saarland in Germania, ndr) ho capito il livello che c’è fuori dall’Italia, anche in vista dell’anno prossimo. Sulla base di questa consapevolezza a fine agosto correrò il Giro della Lunigiana con la selezione della Liguria. Non ambisco alla generale, magari potrei curare la maglia bianca dei giovani, ma il mio obiettivo è un altro. Preferisco cercare una vittoria di tappa ad un posto nella top ten in classifica. La seconda frazione, Portofino-Chiavari, passa proprio da casa mia e dalle mie strade di allenamento. Quel giorno proverò a fare bella figura, ma comunque non mi creo aspettative. Dopo il Lunigiana ci saranno il Buffoni e la chiusura in cima al Ghisallo. Insomma ci sono ancora tante gare dove posso fare bene.
La notizia circolava da parecchio, ma è stata appena ufficializzata. Lorenzo Finn amdrà a correre alla Auto Eder, primo junior italiano a scegliere l'estero
Ricordate l’Auto Eder? La formazione satellite della Bora-Hansgrohe aveva caratterizzato tutta la scorsa stagione degli juniores, soprattutto grazie al campione del mondo Emil Herzog ma anche ai suoi compagni di squadra, l’estone Pajur in primis, protagonisti anche nelle classiche italiane. Andato via il tedesco all’Hagens Berman Axeon (sempre nell’orbita della formazione WorldTour tedesca), la formazione è stata profondamente rinnovata, con 6 elementi nuovi su 8.
Finora, con la prima metà della stagione andata ormai in archivio, le cose sono andate un po’ diversamente, con 7 vittorie in tutto, 5 delle quali conquistate però nella gara di casa a Cottbus e una sola nel quadro della Nations Cup, con il polacco Krystof Kral primo nella semitappa in linea dell’Eroica. ChristianSchrot, il direttore sportivo che si divide fra i ragazzi e la squadra maggiore (sarà infatti in ammiraglia al Tour de France) si aspettava comunque queste difficoltà.
La volata imperiale del polacco Krystof Kral all’Eroica juniores (foto Fruzzetti)La volata imperiale del polacco Krystof Kral all’Eroica juniores (foto Fruzzetti)
«L’anno scorso abbiamo avuto molti ragazzi forti che sono andati via, quindi abbiamo dovuto rivedere l’assetto della squadra. Abbiamo visto che la generazione del 2006 è molto promettente, ma è chiaro che, confrontati con i secondo anno necessitano di esperienza e pazienza. Quest’anno siamo, penso, una delle squadre più giovani e dobbiamo lavorare soprattutto in prospettiva».
Avete ben 7 nazionalità diverse in un gruppo così ristretto: come riuscite ad unire un gruppo così diversificato?
Prima di tutto, facciamo scouting intensivo, quindi investiamo davvero molto tempo nel trovare i talenti, parlare con loro, le famiglie, studiare la loro attività perché per noi la personalità e il carattere sono elementi importanti. Quindi cerchiamo davvero di trovare persone che possano lavorare insieme come una squadra ma che siano anche talenti eccezionali per il futuro. Non è così facile, ma penso che abbiamo dimostrato negli ultimi anni che è un sistema che funziona. Quando lavoriamo insieme, la lingua principale è l’inglese, quindi tutti i corridori parlano inglese, non è un problema.
Karl Kurits, estone, due volte vincitore all’Internationale Cottbuser JuniorenKarl Kurits, estone, due volte vincitore all’Internationale Cottbuser Junioren
Come mai nel team non c’è e non c’è mai stato un italiano, quando invece sono normalmente presenti nella Bora?
Noi cerchiamo anche talenti italiani, speriamo di averne in futuro, ma finora non è capitato. Molti pensano sia un problema di regole con la Federazione italiana, ma non è così. Non ci sono ostacoli burocratici. E’ più un problema legato alla logistica, so che per i ragazzi italiani potrebbe essere difficile seguire la scuola avendo frequenti trasferte estere anche per lunghi periodi. Ma è un problema risolvibile, se troviamo l’elemento giusto. Siamo aperti ai talenti italiani, saremmo felici di averne anche nel nostro team.
Finora sei soddisfatto della stagione o si poteva ottenere di più, soprattutto nelle prove di Nations Cup?
Penso che siamo andati abbastanza bene, proprio considerando il fatto che siamo una squadra giovane. Siamo molto ben sistemati per lo sprint, con due buoni velocisti con Karl Kuritz e Krystof Kral. Poi abbiamo alcuni bravi specialisti contro il tempo, come Duarte Marivoet che ha vinto il titolo belga. Quindi penso che al momento siamo abbastanza versatili e anche verso i mondiali e gli europei potremo avere nostri atleti in evidenza. Quello che non abbiamo al momento è davvero uno scalatore puro: non c’era nessuno in quella fascia d’età che pensavamo potesse essere interessante.
Duarte Marivoet, campione belga a cronometro, sta crescendo come ottimo passistaDuarte Marivoet, campione belga a cronometro, sta crescendo come ottimo passista
Continui a seguire i ragazzi dello scorso anno che sono usciti dal team e come si stanno adattando alla nuova categoria, Herzog in particolare?
Sono ancora nella nostra struttura virtuale Bora-Hansgrohe, quindi sono ancora connessi a noi. Non abbiamo una struttura propria sotto i 23 anni, ma abbiamo strutture partner con cui stiamo lavorando e tutti stanno andando bene finora. Noi ci concentriamo sullo sviluppo, non siamo stressati dal risultato. Quindi Mathieu Kockelmann, Emil Herzog, Romet Pajur stanno tutti bene e stanno preparando una buona estate.
Herzog, Pajur, Vlot, fra loro chi ha i mezzi maggiori per emergere?
Quando parliamo di gare classiche e anche di corse a tappe, Herzog è probabilmente un talento molto grande, ma anche Pajur, penso che sia un ottimo velocista e corridore da classiche, soprattutto quelle più piatte. Quindi questi direi sono i due che si distinguono davvero dai risultati degli ultimi anni.
Paul Fietzke in trionfo a Cottbus, scortato dai compagni di squadraPaul Fietzke in trionfo a Cottbus, scortato dai compagni di squadra
Dei ragazzi di quest’anno chi vedi già maturo per grandi risultati, magari per lottare per l’oro ai mondiali?
Paul Fietzke, vincitore della corsa a tappe di Cottbus, è quello che si è messo in maggiore evidenza, ma anche Kral che è in crescita di forma esponenziale e Marivoet, che l’anno scorso fu quarto agli europei e ottavo nel mondiale nella cronometro. La scorsa settimana, alla Classique des Alpes è stato tutto il giorno in fuga. Ho molta fiducia in loro.
Per te che hai esperienza anche nel WorldTour, quanto è bello e quanto è difficile lavorare con ragazzi così giovani?
E’ sempre stato il mio sogno e anche la mia passione lavorare con i giovani. Quindi lo faccio da molto tempo e per me è interessante vedere come crescono e come si sviluppano, lavorare anche per aggiustare il cammino a loro vantaggio. Questo è per me, penso, il più grande piacere di essere un allenatore a questo livello, perché poi vedi i risultati negli anni.
Salvoldi non ha mai staccato. Dopoil primo anno sull’ammiraglia azzurra degli juniores, già all’indomani dei mondiali di Wollongong, il tecnico bergamasco ha dato via a una serie di test fra Montichiari e Roma. E da metà dicembre, ha iniziato con raduni di due giorni a Montichiari, che andranno avanti sino alla fine della scuola.
Le sue valutazioni sul movimento italiano insistono su un doppio binario sin troppo evidente. Quello dei corridori più maturi che meritano esperienze di maggior consistenza. E quello degli altri che hanno il diritto di crescere per step meno impegnativi. Gli juniores sono materiale sensibile, per cui gli abbiamo rivolto mille domande per avere il suo punto di vista.
Dopo anni con la nazionale femminile, dallo scorso anno Salvoldi è alla guida degli juniores azzurriDopo anni con la nazionale femminile, dallo scorso anno Salvoldi è alla guida degli juniores azzurri
L’anno scorso di questi tempi eri un po’ nella nebbia, cosa hai capito di questo mondo?
Ho conosciuto di più le persone e anche i numeri della categoria. Rispetto allo scorso anno su pista abbiamo iniziato prima. Sto cercando di vedere più ragazzi, utilizzando Montichiari come sede di allenamento. E’ chiaro invece che correre su pista a livello internazionale non è per tutti, ma come mezzo di preparazione girare in velodromo è davvero utile.
Per capire: quanto di questo lavoro è funzionale all’attività di alto livello su pista e quanto invece all’allenamento in generale?
Diciamo che fra i tanti che stiamo facendo allenare, ci sono anche i ragazzi che poi probabilmente correranno nei grandi appuntamenti. C’erano già lo scorso anno, perché erano quasi tutti atleti del primo anno. Il discorso della pista è legato alla continuità nel frequentarla, oltre ad essere funzionale all’attività preponderante che è la strada. E’ importante iniziare un processo di adattamento anche per dare ricambio alla squadra superiore.
Ai recenti europei di Grenchen, Villa ha ravvisato problemi nelle specialità di gruppo.
In effetti anche a livello internazionale manca un buon calendario, necessario per affinare la tecnica. Parlo specificatamente della madison, anche se fra i primi anni ce ne sono alcuni con attitudini e più preparazione. Una struttura come Montichiari in questo momento della stagione diventa fondamentale. Le altre che abbiamo in Italia sono sì utili, però quando inizia la stagione su strada diventa difficile fare tutto.
Il quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni (riserva), Giaimi, Delle Vedove, Fiorin e Favero (foto Uci)Tre componenti del quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni, Giaimi e Delle Vedove (foto Uci)
Lavori a contatto con Villa, oppure ci sarà un trapasso di dati a fine stagione?
Invio sempre a Marco tutte le valutazioni che facciamo. E succede spesso che negli allenamenti sia presente anche lui, compatibilmente con i suoi programmi. Sul metodo invece, iniziamo a proporre il protocollo di allenamento che viene applicato dalla squadra superiore.
Torniamo ai tuoi ritiri: ci sono anche per gli stradisti?
Per loro abbiamo inserito dei mini raduni una volta al mese, che però servono per creare aggregazione e formare il gruppo. Un po’ meno per la preparazione, perché comunque la categoria è ben strutturata. I ragazzi sono seguiti da direttori sportivi e preparatori, per cui come nazionale cerchiamo di essere un supporto. Mentre la parte di formazione del gruppo è una cosa che mi piacerebbe portare avanti. Una squadra si forma con la quotidianità, anche al di fuori del momento della gara o dell’allenamento. E intanto passa il messaggio che anche in nazionale, come nei team di cui fanno parte e come inevitabilmente gli sarà richiesto nel prossimo futuro, il ciclismo su strada è uno sport di squadra.
Fate tutto a Montichiari?
C’è la logistica migliore. Oltre ad avere il magazzino vicino, ho pensato che andare molto lontano per due giorni non fosse funzionale. E poi perché in caso di maltempo, abbiamo la pista a disposizione. Quando invece è bello, arriviamo sul lago di Garda e si va alla grande. Ad aprile invece ci sarà una prova di Nations Cup a Siena e allora probabilmente il raduno lo faremo in Toscana.
Gualdi, Zordan, Belletta, Savino e Scalco, mondiali 2022: ad eccezione del primo, sono già tutti in team di sviluppo e continentalGualdi, Zordan, Belletta, Savino e Scalco, mondiali 2022: ad eccezione del primo, sono tutti in team di sviluppo e continental
Hai la percezione di lavorare con atleti sulla porta del professionismo?
Vista con gli occhi dei nostri ragazzi, è proprio così. La loro aspettativa è quella di finire nel Devo Team di una WorldTour. Ormai sono 2-3 anni che quelle squadre hanno la squadra Under 19 e probabilmente questo diventerà sempre più diffuso. Cioè il fatto di andare a ricercare il talento sempre prima.
Abbiamo letto numeri e tue valutazioni sul raffronto fra i nostri juniores e quelli del resto d’Europa…
Mi hanno messo in bocca parole senza averne parlato direttamente con me. Ai campionati italiani di ciclocross lo avevo accennato anche a Lorenzon. Gli avevo detto che non è una ricerca pubblicabile, perché si riferisce a numeri troppo ristretti di atleti di vertice. Non è corretto trarre alcun tipo di conclusione, si può fare al massimo qualche riflessione. Ma in una categoria come la nostra, con numeri che gli altri non hanno e dove c’è una gran parte di attività con forte vocazione promozionale, certi modelli non sono estendibili. Chi era presente lo sa benissimo. Davvero non voglio leccare i piedi a nessuno, ma nella categoria ci sono veramente dei bravi direttori sportivi.
Che rapporto c’è fra te e i tecnici?
C’è una condivisione di opinioni su dove stia andando la categoria, in correlazione al passato e alla realtà internazionale. Trovo molta corrispondenza. In Italia abbiamo un calendario regionale e nazionale molto forte e un gruppo di atleti ancora molto numeroso. Per quanto riguarda il vertice, dobbiamo essere bravi, soprattutto come Federazione, nell’offrire qualche possibilità ai migliori e a chi è già pronto al confronto internazionale. Dobbiamo farlo in modo continuativo e non limitato. Questo, al netto di come la penso io e come la pensiate voi, perché il mondo va in questa direzione.
Simone Gualdi, bergamasco, correrà il secondo anno da junior con la SC CeneAgli ultimi mondiali, Lorenzo Favero (1° anno, classe 2005) ha debuttato nella cronoSimone Gualdi, bergamasco, correrà il secondo anno da junior con la SC CeneAgli ultimi mondiali, Lorenzo Favero (1° anno, classe 2005) ha debuttato nella crono
Quindi per i più forti si potrebbe immaginare un’attività più qualificata in maglia azzurra?
Secondo me sì. Invece fino a qualche tempo fa c’era un regolamento, che limitava i migliori e in un certo senso li obbligava al confronto verso il basso. L’attività regionale è perfetta per i grandi numeri e per aspettare tutti quelli che non siano ancora formati. Al contrario, quelli che potenzialmente possono sostenere un’attività di livello più alto, perché non devono avere prospettive superiori?
Il CPS Team la settimana prossima andrà a correre in Francia per due giorni. Le squadre iniziano a muoversi?
Ecco, prendiamo il loro esempio. Bardelli vuole andare a fare una due giorni, sabato e domenica. Il nostro regolamento gli impedisce di usare gli stessi corridori, per cui deve portarne via di più. E’ giusto costringere una squadra a queste spese? Abbiamo già modificato tanto, non so perché non si possano cambiare le cose in blocco. Magari però ci sono anche delle motivazioni opposte che per qualcuno hanno una logica.
Quando avrai la prima trasferta azzurra?
Alla Gand-Wevelgem, l’attività sarà come quella dell’anno scorso. Faremo tutte le Nations Cup in Europa. Poi mi piacerebbe fare un raduno di preparazione un po’ più lungo, prima dei mondiali che al momento è in stand by, ma credo che riusciremo a fare.
Il calendario delle trasferte 2023
La tabella che segue ci è stata fornita da Salvoldi e illustra il piano delle trasferte 2023 della nazionale juniores, fra strada e pista. Spicca il viaggio per i mondiali su pista a Cali, in Colombia. Al totale vanno aggiunti il ritiro che si svolgerà in Toscana prima dell’Eroica di aprile e quello di Montichiari prima della Coppa delle Nazioni di Sittard.
Data
Località
Gara
26 marzo
Gand (Bel)
Gand-Wevelgem (UCI 1.1)
9 aprile
Parigi (Fra)
Parigi-Roubaix (Nations Cup)
14-16 aprile
Gand (Bel)
Gara internazionale pista
19 aprile
Siena (Ita)
Eroica (Nations Cup)
4-7 maggio
Terezin (Cze)
Corsa della Pace (Nations Cup)
20-21 maggio
Morbihan (Fra)
Trophée Morbihan (Nations Cup)
25-28 maggio
Losanna (Swi)
Tour de Vaud (Nations Cup)
27-29 maggio
Singen-Dudenhofen (Ger)
Gara internazionale pista
6 giugno
Saarland (Ger)
LVMSarland Trofeo (Nations Cup)
11-16 luglio
Anadia (Por)
Campionati europei pista
14-16 luglio
Bratislava (Svk)
Nations Cup
28-30 luglio
Sittard (Ned)
Watersley (Nations Cup)
5-11 agosto
Glasgow (Gbr)
Campionati del mondo strada
23-28 agosto
Cali (Col)
Campionati del mondo pista
20-23 settembre
Drenthe (Ned)
Campionati europei strada
Non vinciamo un mondiale juniores su strada dal 2007 con Ulissi e nella crono dal 2019 con Tiberi. Invece in pista siamo freschi di diversi ori a Tel Aviv 2022. Come mai?
Non si può certo dire che su strada dipenda tutto dalla casualità, perché non è così. Però la variabile tattica nella categoria specifica degli juniores incide tanto. Poi c’è da valutare anche il ricambio generazionale, che magari in un biennio non è della stessa qualità e determina il risultato in base ai percorsi e agli atleti che hai a disposizione. C’è anche da dire che rispetto a un recente passato, il ciclismo è diventato anche molto più globale.
Resta da capire se il nostro obiettivo come nazionale sia fare risultato o formare i corridori di domani.
Entrambe le cose, una non è prioritaria rispetto all’altra. Gran parte dei percorsi delle Nations Cup, che sono quasi tutte gare a tappe, difficilmente coincidono con il percorso del campionato del mondo e sono collocate in periodi che non sono funzionali alla preparazione dei vari obiettivi. Quindi si corre per fare risultato. Sono gare in cui fare punti per avere più atleti ai campionati del mondo, così come per conoscere gli avversari, maturare esperienza e avere un confronto diretto con realtà diverse, che fa maturare. Credo che nessuno che faccia sport agonistico, in cui si misurano i progressi attraverso i risultati, non persegua il risultato. L’obiettivo che deve avere una squadra nazionale per elevare la qualità del movimento nazionale è il miglioramento dei singoli nel confronto con gli altri. E questo si ottiene anche attraverso i risultati.
E’ un fatto però che all’estero si vedano volumi di lavoro superiori ai nostri.
E’ difficile, non me la sento proprio di esprimere un giudizio a riguardo. Probabilmente dell’esasperazione c’è, perché anch’io sono sorpreso di certi volumi e certi allenamenti. A prescindere da una presa di coscienza della realtà, non sono d’accordo che il giorno dopo il mondiale quelli della Auto Eder facciano 230 chilometri. Sembra assurdo anche a me, però non mi permetto di giudicare se sia sbagliato o meno. Non credo però che sia stata un’improvvisazione.
La Auto Eder è la formazione Under 19 della Bora-Hansgrohe. Ha prodotto corridori come Uijtdebroeks e l’iridato HerzogLa Auto Eder è la formazione U19 della Bora-Hansgrohe. Ha prodotto corridori come Uijtdebroeks e l’iridato Herzog
Finora il solo ostacolo tecnico fra juniores e U23 erano i rapporti limitati. Ora che sono stati eliminati e che si accede al professionismo dagli juniores, non si potrebbe pensare che qualcuno voglia eliminare la categoria U23?
Che ci sia un’anticipazione è evidente e non so se si potrà intervenire attraverso delle regole. Su pista è un dato di fatto, nel senso che le distanze di gara o i tempi di riferimento sono comunque quelli. Nel ciclismo su strada, fa impressione pensare di poter passare da 18 anni in cui fai al massimo gare di quattro ore, a una gara a tappe di tre settimane o una Liegi-Bastogne-Liegi. Se così fosse (l’eliminazione della categoria U23, ndr), si dovrebbero tutelare di più gli juniores, magari allungando la categoria di un anno. Però, in effetti potrebbe sembrare proprio così.
La Seigiorni delle rose di Fiorenzuola si chiude con indicazioni positive per la madison e l'omnium azzurro. Con Viviani e Consonni, il punto verso Tokyo
Zwift fa scuola. Pian piano Jay Vine sta diventando un esempio da seguire e la favola del corridore australiano che, cimentandosi sui rulli di casa collegato alla piattaforma Zwift, alla fine è diventato un’acclamata stella del ciclismo professionistico affascina tanti ragazzi. C’è chi questi sogni li vuole cavalcare. Così Red Bull, azienda da sempre attenta a tutto ciò che dallo sport può tradursi in spettacolo e immagine, ha deciso di investire anche sul ciclismo, prendendo spunto proprio da questa favola.
Nei giorni scorsi è stato siglato un accordo tra la multinazionale e il team WorldTour Bora Hansgrohe per lanciare un nuovo concorso, il “Red Bull Junior Brothers”, un programma di talent scouting che intende trovare i campioni del domani relativamente al ciclismo su strada. Al termine di una lunga selezione, due ragazzi verranno scelti per entrare a far parte dell’Auto Eder, la formazione U19 filiera del team tedesco, quella per intenderci dalla quale sono emersi il campione del mondo di categoria Emil Herzog e il talentuoso estone Romet Pajur.
L’estone Pajur, uno dei tanti prodotti dell’Auto Eder, ora alla ricerca di nuovi talenti con Red BullL’estone Pajur, uno dei tanti prodotti dell’Auto Eder, ora alla ricerca di nuovi talenti con Red Bull
Le tappe del concorso
Il sistema è molto simile a quello messo direttamente in atto da Zwift a favore di Alpecin Deceuninck e Canyon Sram al femminile, ossia la selezione che nel 2022 ha premiato il nostro Luca Vergallito.
Attraverso la pagina del concorso ci si iscrive e si iniziano a registrare le corse sulle piattaforme virtuali Zwift o Strava entro il 31 maggio. I corridori più performanti verranno a quel punto presi in esame per un posto nel Performance Camp, dove in agosto si procederà a uno stage riservato a 15 prescelti. Fra questi verranno selezionati i due ragazzi che a settembre entreranno a far parte del team.
Un’idea che inizia davvero a prendere piede e rivoluzionare le vecchie modalità di fare carriera nel ciclismo: non più solo gavetta nelle categorie giovanili, ma una sorta di “scorciatoia”, come almeno la giudicano molti appassionati legati alla tradizione e poco inclini alle novità, almeno stando ai giudizi sui social. Christian Schrot, responsabile del team giovanile tedesco, spiega come si è arrivati a questa scelta.
«Noi facciamo già scouting in vari luoghi e periodi dell’anno – spiega – ma cercavamo idee per ottenere più attrazione internazionale, portare nel nostro team nuovi talenti sparsi per il mondo. Così, grazie a Red Bull che è già da tempo partner della Bora-Hansgrohe ed è ideale per dare luce a questa iniziativa, ci è venuta l’idea di pianificare una campagna internazionale».
L’obiettivo del concorso è portare due ragazzi a fare apprendistato nel team juniores della Bora (foto Auto Eder)L’obiettivo del concorso è portare due ragazzi a fare apprendistato nel team juniores della Bora (foto Auto Eder)
L’esperienza di Jay Vine approdato all’Alpecin tramite Zwift ha influito sulla nascita di questa iniziativa?
No, non proprio. Noi abbiamo una società di scouting indipendente che curo personalmente e siamo sempre alla ricerca di nuove opportunità per trovare talenti. Tradizionalmente andiamo alle gare, osserviamo, prendiamo nota, intessiamo relazioni. Con la Red Bull abbiamo l’opportunità di allargare gli orizzonti e utilizzare anche la loro rete perché Red Bull è già coinvolta nel ciclismo. L’idea di ottenere input attraverso Strava e Zwift è fantastica, sono piattaforme ideali per trovare talenti in giro per il mondo. L’idea è nata da qui.
Non temi che arrivino alle fasi finali del concorso ragazzi con grande potenza, ma privi di esperienza ciclistica?
Ce lo siamo chiesto. Alla fine, stiamo cercando ciclisti che possano vincere le gare, è per questo che facciamo anche uno scouting tradizionale e lavoriamo sulla nostra squadra juniores e under 23. Ma è un’opportunità che devi sempre considerare per trovare talenti eccezionali, ma che non hanno grandi possibilità di correre, di mettersi in mostra. La domanda è pertinente. Noi dobbiamo sì guardare alla forza fisica, alla potenza, ma anche considerare le possibilità di sviluppo nel ciclismo e nella guida, nella tattica e in tutti gli altri aspetti.
Uno dei percorsi virtuali sui quali gli iscritti al concorso potranno cimentarsiUno dei percorsi virtuali sui quali gli iscritti al concorso potranno cimentarsi
Quindi l’esperienza ciclistica maturata nelle categorie giovanili potrà essere un fattore determinante per la scelta?
Nella scelta sarà un elemento importante. Guarderemo al carattere, a come l’atleta sta in bici, allo spirito di adattamento, a come può adattarsi in seguito per andare alle corse e anche alle gare juniores. Sono elementi piuttosto importanti. Ecco perché non esaminiamo solo le tradizionali liste di Zwift e Strava. Lo combiniamo anche con un campo di scouting e passiamo tutto al vaglio.
Che cosa cercate nei ragazzi coinvolti nel concorso, quali caratteristiche?
L’obiettivo è dare una borsa di studio per un corridore. Quindi cerchiamo atleti che siano, da un lato ottimi scalatori e dall’altro che possano adattarsi anche alle corse a tappe. Ciò significa che dovrebbero avere una certa resistenza che gli permetta di essere performanti per diversi giorni. E forse anche in seguito essere bravi nelle prove a cronometro, che è anche un fattore importante per vincere un grande Giro.
Herzog, iridato junior, la stella del team Auto Eder oggi approdato alla Hagens Berman AxeonsHerzog, iridato junior, la stella del team Auto Eder oggi approdato alla Hagens Berman Axeons
Secondo te questa diventerà una via più popolare per entrare nel mondo del ciclismo?
Penso che sia un’alternativa. Il modo tradizionale dovrebbe essere ancora andare in un team, imparare il ciclismo dall’inizio. Ma ci sono molti ragazzi di talento che non vanno in bicicletta. Forse fanno, non so, sport invernali o altri sport di resistenza. Attraverso questa campagna abbiamo anche l’opportunità di trovare persone che non sono ancora coinvolte nelle corse.
Probabilmente in Germania un campione come Emil Herzoglo aspettavano da anni. Al di là della medaglia d’oro conquistata a Wollongong nella prova in linea (con robusto contorno del bronzo a cronometro), il quasi 18enne di Simmerberg ha caratterizzato tutta la stagione, conquistando la bellezza di 12 successi solo nelle prove internazionali Uci.
E’ chiaro che le aspettative su di lui sono tante, ora che passa di categoria approdando fra gli under 23 nelle file della Hagens Berman Axeon, guidato da quell’Axel Merckx che ha già dimostrato di saperci fare con i giovani nel prepararli a una grande carriera fra i pro’. Parlando con il suo diesse all’Auto Eder, Christian Schrot, è netta la sensazione che, messa da parte la gioia per il successo australiano, già si pensi al futuro considerandolo un “work in progress”.
Schrot ed Herzog, con cui quest’anno ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali (foto team)Schrot ed Herzog, con cui quest’anno ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali (foto team)
Tante chance per vincere
«Il suo successo non mi ha sorpreso, il percorso era ideale per uno come lui, forte in salita ma soprattutto esplosivo. A dir la verità puntavo molto su di lui e sull’estone Pajur (finito 15° proprio dietro al nostro Scalco, ndr), entrambi miei atleti all’Auto Eder. Emil aveva svariate opzioni al suo attivo: un arrivo ristretto, la possibilità di fare selezione, alla fine lo sprint a due è stata la soluzione ideale. Sapevo che a quel punto non avrebbe fallito».
Che tipo di persona è Herzog, come lo definiresti?
E’ soprattutto uno scalatore, ma è anche molto rapido e può dire la sua in certi tipi di volate, senza considerare poi le sue capacità a cronometro. Per questo attualmente non si può dire con precisione che corridore è, se sarà più adatto ai grandi giri o alle classiche. Fondamentale in questo senso sarà l’esperienza che accumulerà fra gli under 23, allora capiremo che tipo di corridore può essere, d’altronde i risultati che si ottengono fra gli junior sono sì importanti, ma bisogna anche saperli soppesare.
Il Team Auto Eder al GP Ruebliland in Svizzera, con Herzog in maglia di campione tedesco e Schrot all’estrema destra (foto team)Il Team Auto Eder al GP Ruebliland in Svizzera, con Herzog in maglia di campione tedesco e Schrot all’estrema destra (foto team)
E dal punto di vista umano, ci si lavora bene insieme?
Sì e credo che questa sia la sua grande forza. E’ un ragazzo che sa far gruppo, non ha grilli per la testa, è molto semplice. Il suo carattere è un’arma a suo favore, questo è sicuro.
E’ pur vero però che quest’anno Herzog ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali, tra cui la Corsa della Pace. Questo significa che ha una particolare predisposizione?
Le sue caratteristiche ben si sposano con le corse a tappe, proprio perché va forte sia in salita che a cronometro, non ha punti deboli e finora ha assimilato bene anche gli sforzi ravvicinati. A lui le gare in più giorni piacciono molto, ma come detto bisogna andarci piano e dargli il tempo di maturare.
Per Herzog anche il titolo nazionale junior di mtb, a dimostrazione della sua poliedricità (foto Ehrard Goller)Per Herzog anche il titolo nazionale junior di mtb, a dimostrazione della sua poliedricità (foto Ehrard Goller)
Da qualche parte già c’è chi lo paragona ai campioni tedeschi del passato, come Thurau o Ullrich. C’è un modello al quale può essere assimilato?
Domanda difficile. Ognuno è differente a suo modo e avendo lavorato con Emil e guardando al passato non saprei proprio a chi paragonarlo, per me è un corridore speciale che si sta disegnando una strada tutta sua.
Ma nel suo Paese come è considerato?
E’ molto conosciuto nell’ambiente ciclistico, questo è certo, ma anche a livello assoluto è considerato uno dei migliori giovani sportivi tedeschi, anche perché è davvero un polivalente. Non va forte solo su strada, ma ha vinto titoli nazionali anche nella Mtb e addirittura nello sci di fondo a passo pattinato. Tutte esperienze che sicuramente lo hanno aiutato nella sua affermazione e in questo un po’ si distacca dagli esempi del passato.
Il 17enne di Simmerberg ha vinto titoli nazionali giovanili anche nello sci di fondo (foto Facebook)Il 17enne di Simmerberg ha vinto titoli nazionali giovanili anche nello sci di fondo (foto Facebook)
Pensi che avrà difficoltà nel salto di categoria?
Dovrà abituarsi, mettere da parte tutto quel che ha fatto e aprire una pagina nuova, affrontando le nuove esperienze con umiltà e con la voglia di imparare che certamente non gli manca. Io penso che già in breve tempo metterà il suo marchio anche nella categoria superiore.
Herzog passa di categoria, ma che cosa lascia fra i più giovani? Ci sono altri Herzog all’orizzonte?
Non alla sua altezza, stiamo parlando di un campione del mondo che ha vinto tanto quest’anno.Il movimento tedesco è molto brillante, questo è sicuro, ma non ci sono prospetti che lasciano intendere di poter raggiungere le stesse vette. Non dimentichiamo però che parliamo di atleti molto giovani e non tutti maturano allo stesso tempo. E poi magari l’esempio di Emil farà nuovi proseliti…
Nove vittorie internazionali in stagione condite da altre 11 Top 10. Successi di peso come la Corsa della Pace o l’Ain Bugey Valromey Tour, ma anche il titolo nazionale su strada che fa curiosamente il paio con quello nella mountain bike e come ciliegina sulla torta il bronzo europeo in una rassegna, quella di Anadia, che nel complesso non è andata come voleva. Il soggetto del discorso è Emil Herzog, che molti ritengono il miglior junior attualmente sulla piazza, in una generazione che ha dimostrato a più riprese di essere ricchissima di talenti.
Emil Herzog, maggiore età ancora da raggiungere, è il capitano dell’Auto Eder, la formazione tedesca U19 propaggine della Bora Hansgrohe fra i più giovani. I “capi” lo guardano già con grande attenzione e molti nel team vorrebbero farlo passare subito pro’, saltando la categoria under 23, facendogli fare anni di apprendistato come sta avvenendo con un altro talento tedesco, Marco Brenner. Ma Emil non è favorevole.
«Almeno un anno nella nuova categoria vorrei farlo – dice – per crescere con più calma e a livelli consoni. La Bora è una grande squadra, l’aspirazione per ogni ciclista tedesco. Oltretutto la sede non è neanche lontana da dove vivo, ma mi sembra troppo presto».
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)
Il suo idolo? Maximilian Schachmann
Probabilmente Herzog verrà parcheggiato alla Hagens Berman Axeon. Lì verificheranno se anche nella categoria superiore può essere un fattore come lo è stato fra gli juniores. Già dal primo anno si era capito che nel tedesco c’è del talento, evidente soprattutto nelle corse a tappe, con la seconda piazza nella Corsa della Pace dietro il norvegese Hagenes, che si sarebbe poi laureato campione del mondo, ma davanti a Uijtdebroeks e Gregoire, tutta gente che sta facendo mirabilie nelle categorie superiori.
Gli addetti ai lavori tedeschi hanno già iniziato a paragonarlo a grandi nomi del passato: per la sua propensione alle prove a cronometro, sono stati tirati in ballo personaggi come Thurau e Ullrich, ma Herzog ha un preciso riferimento: «Ammiro molto Maximilian Schachmann, è un grande corridore, fortissimo in salita, spero di poterci correre presto insieme».
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)
Il vero corridore completo
Herzog però ha caratteristiche un po’ diverse, che possono portarlo ben più in alto di quanto già non sia il due volte vincitore della Parigi-Nizza.
«Credo di essere un corridore completo, veloce – spiega – che va molto forte sul passo e in pianura e anche in salita. Rispetto agli scalatori puri io ho più peso da portar su (è alto 1,83 e pesa 74 chili), ma questo non significa che parto battuto, devo solo soffrire e sacrificarmi di più…».
E’ proprio questa sua completezza che lo sta facendo emergere nelle gare a tappe. La squadra, che pure vanta tante “bocche da fuoco”, lo considera la punta di diamante.
Il tedesco, come molti ciclisti delle nuove generazioni, ha nella multidisciplina un credo irrinunciabile. Anzi ci è praticamente nato: inizialmente si è dedicato allo sci alpino e al pattinaggio (è stato campione nazionale di categoria non più tardi di due anni fa). Praticava il ciclismo come alternativa estiva per tenersi in forma. Più la mountain bike che il ciclismo su strada, dove ha iniziato a competere solamente alla soglia dei 15 anni. Rispetto ad allora la mtb l’ha un po’ messa da parte. Ma neanche tanto, se si pensa che il suo sogno per la seconda parte di stagione è vincere ben 3 titoli mondiali: in linea e a cronometro a Woollongong ma prima ancora nella rassegna offroad…
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)
Obiettivo migliorare in salita
«Soffrire non mi fa paura – ha raccontato Herzog in occasione della sua ultima vittoria all’Ain Bugey Valromey Tour – sono anche andato in crisi, ma sapevo che dovevo gestirmi in salita per recuperare in discesa che è il mio forte, dove posso sfruttare la capacità di guida appresa in mtb. Questa non è una gara come le altre, è un piccolo Tour de France, non ci sono altre gare così lunghe nella categoria. La salita pesa, ma la mia ambizione è vincere pure lì. Vorrei essere uno di quei corridori capaci di vincere allo sprint, a cronometro e in salita».
Non per niente le gare alle quali tiene di più sono proprio quelle dove quest’anno non ha vinto, la Parigi-Roubaix di categoria dove comunque è arrivato quinto e la Classique des Alpes dove si è ritirato: «La Roubaix mi ha davvero impressionato. Per vincere devi andare oltre i tuoi limiti, spingere al massimo».
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)
Soffrire sì, mai arrendersi
Era particolarmente atteso agli Europei, invece si è dovuto accontentare del bronzo a cronometro: «Era troppo caldo – spiega – ho sofferto tantissimo. Ho fatto quel che potevo con le gambe che avevo. Poi il percorso non era ideale, con tante buche, bisognava fare tanta attenzione e era difficile rilanciare dopo le curve. Aver preso una medaglia in quelle condizioni significa molto. Anche al Tour du Pays de Vaud ero andato male in due tappe, ma la crono l’avevo vinta. Ho capito che non bisogna mai darsi per vinti, anche quando le gambe non girano e la forma non è quella che vorrei. Bisogna provarci comunque, perché io non mi arrendo mai».
Blitz in California per Aleotti che nella galleria del vento di Specialized mette a punto l'assetto per le crono. E intanto ci parla di ieri e di domani
E siccome sono stranieri, hanno dietro la WorldTour e vincono sempre, chissà poi che faranno quelli della Auto Eder. Magari neanche li mandano a scuola. Li pagano per vincere…
Sembra già di sentirli certi discorsi… anzi li abbiamo sentiti. E siccome un po’ di curiosità di vedere la Bora dei piccoli c’era già venuta, siamo andati alla fonte.
Il dottor Schrot
Il dottor Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche il responsabile della preparazione e il coordinatore dei talent scout che gravitano attorno al team giovanile tedesco. La squadra esiste dal 2007, da quando Ralph Denk partì con la allora NettApp, ma due anni fa si è deciso di salire a un livello più internazionale, ispirandosi al modello del calcio, per la mentalità e il tipo di struttura.
«Abbiamo provato – spiega Schrot – a portare un concept diverso. Vogliamo corridori da far crescere, per cui facciamo scouting osservando le potenzialità e non i risultati. Detto questo, i ragazzi possono anche stare a casa per allenarsi e andare a scuola, ma è vero che ci piace coinvolgerli in ritiri collegiali, a volte anche con la squadra WorldTour. In quei casi, ci aspettiamo che rispondano: presente. Abbiamo tutto in comune con il team dei pro’, i materiali e l’esperienza per gestirli».
Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche capo degli osservatoriChristian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche capo degli osservatori
Qualcuno sussurra che per anteporre il risultato al resto, magari se non vanno a scuola va anche bene…
Non è affatto vero. I nostri ragazzi finiscono tutti la scuola, devono essere ben educati. Magari non tutti andranno all’università, ma al diploma vogliamo che arrivino tutti. Devono saper conciliare scuola e allenamento, da questo non si transige.
In questa fase si fa un gran parlare dei rapporti non più limitati: voi li avevate già… sbloccati?
Non li abbiamo mai allenati con rapporti più lunghi. Abbiamo sempre lavorato con gli stessi rapporti che avremmo poi utilizzato in gara.
La dotazione tecnica è identica a quella dei pro’La dotazione tecnica è identica a quella dei pro’
Pensi sia stata una scelta giusta?
Penso che alla base ci possa essere anche una ragione tecnica. Le aziende che producono pignoni fanno fatica ormai a fare dei pacchi come quelli che servono agli juniores. Sul fronte sportivo, mi sento di dire che si esalterà ancora di più la differenza tra i forti e i deboli. Ci saranno distacchi maggiori e a quell’età basta essere appena un po’ precoce per disporre di più forza. Giusto o sbagliato, dipende da come vuoi farli crescere. Per la nostra mentalità, cerchiamo sempre il miglioramento, ma ci interessa che soprattutto accrescano la loro esperienza. Siamo moderati, non li assilliamo.
Si parla di problemi legati allo sviluppo…
Non ho ricerche che lo sostengano. Non so se ci sarà un impatto su questi aspetti. Obiettivamente conosco le ragioni di quella limitazione e non vedo le ragioni per non eliminarla. Non credo che alla fine vinceranno atleti diversi.
Il team è spesso in ritiro: da solo o con la squadra WorldTourIl team è spesso in ritiro: da solo o con la squadra WorldTour
Si dice che in realtà serva per farli passare professionisti già da juniores.
Io credo che un’esperienza fra gli under 23 serva. Per questo anche se li inseriamo presto nella Bora-Hansgrohe, ci sta a cuore che corrano con la nazionale della loro età per mantenere la mentalità vincente. Correre fra gli U23 è un bene per i ragazzi e ci permette di mantenere buoni rapporti con le altre squadre.
Capita che voi li facciate crescere e poi altri team li portino via.
Se li cresci, lo fai per la tua squadra. Non parliamo di prodotti da vendere, ma di persone. Se si trovano bene, restano. Altrimenti vanno. Il nostro interesse ovviamente è tenerli con noi, ma se vogliono andare via, non possiamo legarli.
La Auto Eder ha corridori di sei nazionalità diverseLa Auto Eder ha corridori di sei nazionalità diverse
Si guadagna bene alla Auto Eder?
Sono dilettanti. Il grande benefit che possiamo dargli è la vicinanza della squadra maggiore. E’ sempre stato così, vedendo la nostra storia. Quando cominciammo eravamo una continental, la piccola NettApp. Non avevamo tanti soldi, ma siamo cresciuti fino al livello WorldTour. La struttura si è solidificata e nell’età juniores, che poi è il primo step internazionale, non si pensa ai soldi, ma a imparare le tattiche, come allenarsi, cosa mangiare…
Si allenano tanto i vostri ragazzi?
Dipende dalla parte della stagione, dagli obiettivi e dalla storia di ciascuno, il suo background. Abbiamo 8 ragazzi di 6 nazionalità diverse, ognuno ha il suo sviluppo e le sue esigenze. Comunque la media è che si allenino fra le 15 e le 20 ore per settimana.
Alla Coppa Montes, Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder prima di Matteo Scalco (foto photors.it)Alla Coppa Montes, Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder prima di Matteo Scalco (foto photors.it)
Che tipo di attività fate?
Cerchiamo di coprire tutta la stagione, ma per fortuna le trasferte nelle principali corse a tappe le fanno con la nazionale e ne siamo contenti. Però abbiamo buone amicizie e garanzie, per cui in una stagione un nostro corridore fa circa 5 corse a tappe. E per il resto, seguiamo il calendario internazionale, che è bello ricco. In Italia siamo venuti per la Coppa Montes e torneremo per la gara di Vertova. Devono fare attività di alto livello, solo così possiamo sperare che crescano nel modo giusto.
Quali ingredienti servono per comporre uno junior, affinché da grande diventi un grande corridore? E’ la domanda che ci si pone da tempo davanti alle differenze spesso imbarazzanti in ambito under 23 fra i nostri e gli altri. E se è vero che all’estero probabilmente si hanno altre libertà, come denunciato da Oldani al Giro d’Italia, il dubbio che qualcosa in Italia manchi nella formazione in certi giorni ti assale. Sarebbe sbagliato cercare tracce di Evenepoel in ogni ragazzino, ma è interessante chiedersi in che modo crescano i nostri futuri professionisti. E così un sondaggio abbiamo ritenuto di farlo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino: la squadra che negli ultimi mesi ha mandato Pinarello direttamente fra i pro’ e corridori come Bruttomesso e Ursella alla Zalf e alla DSM. Eppure fra i tecnici degli U23 c’è chi dice che nel team di Ormelle, in provincia di Treviso, si guardi più al risultato immediato che al lungo termine.
«Sono un tecnico vincente – dice Pavanello, fratello di Luca che fu professionista con la Aki-Gipiemme e per quattro anni a sua volta dilettante, tra la Zalf Fior e la Bata-Moser – e alle corse si va per vincere. Non perché abbiamo bisogno di fare punti, ma perché la vittoria è quello che ripaga i ragazzi dei loro sforzi. Abbiamo vinto con 6-7 corridori diversi, se invece badassimo davvero alla quantità, punteremmo su quelli che danno più garanzie e metteremmo gli altri a tirare. Facciamo tutte le internazionali che ci sono in Italia e abbiamo in programma di fare una trasferta all’estero. Ma i ragazzi hanno la scuola e poi lo stage. Poi c’è la nazionale. Non è semplice trovare il tempo».
Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Critiche rispedite al mittente?
Una cosa che mi fa pensare di essere sulla strada giusta è che i nostri ragazzi vengono ricercati da tante squadre. I risultati confermano il buon lavoro che facciamo. Alcuni si confermano e alcuni chiaramente si perdono, magari anche ragazzi da cui ci aspettavamo tanto, ma questo succede a tutti. Secondo me se qualcuno si lamenta, è semmai perché i nostri ragazzi non vanno con loro.
Oggi si passa da juniores a continental e sei già fra i pro’: avete cambiato qualcosa nella gestione?
Non abbiamo cambiato niente, per fare certi numeri serve materiale umano buono. Sapremo fra 4-5 anni se questa tendenza a passare così giovani darà buoni frutti.
Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Ci sono squadre come la Auto Eder e la FDJ capaci di prestazioni piuttosto consistenti…
Li preparano per il salto tra i pro’. I nostri hanno altre mentalità, alcuni si sviluppano a 23 anni. Il nostro Pinarello è passato direttamente tra i pro’, ma sta facendo attività U23 e ha i suoi tempi. Sta facendo il Giro d’Italia U23 da primo anno, mi sembra normale che trovi difficoltà. Bruttomesso invece ha vinto subito. Ognuno ha la sua strada. Ci sono stati ragazzini che a livello juniores dominavano e poi sono spariti. E’ meglio così? I migliori dei nostri non saranno al livello dei 4-5 che dominano a livello mondiale, ma hanno mantenuto le loro caratteristiche e vanno bene. Noi lavoriamo su più fronti.
Più specialità?
Facciamo strada, pista e cross. Delle Vedove è un velocista, ma ha fatto anche corse dure come la Tre Valli e la Piccola San Geo e adesso ha vinto i tricolori in pista.
Delle Vedove è uno dei ragazzi più in luce di questa parte di stagione. Qui al GP Rinascita (foto photors.it)
Nei giorni scorsi, Delle Vedove ha anche vinto in pista, ai tricolori di categoria (foto photors.it)
Delle Vedove è uno dei ragazzi più in luce di questa parte di stagione. Qui al GP Rinascita (foto photors.it)
Nei giorni scorsi, Delle Vedove ha anche vinto in pista, ai tricolori di categoria (foto photors.it)
Però al Giro U23 si vedono differenze notevoli.
Chi sta dominando al Giro ha fatto attività con le WorldTour: è giusto? Il nostro modo di lavorare ha dato e dà buoni frutti, ma non si può usare come paragone Evenepoel e pretendere che tutti seguano lo stesso cammino.
Qualcuno dice che la società italiana non produce ragazzi capaci di sacrificarsi davvero.
Non penso che sia così. Si criticano ragazzi chesemplicemente fanno un percorso diverso. Non so se i ragazzi della Auto Eder vadano a scuola e non so quanti di loro diventeranno campioni. Credo sia tutto da analizzare bene, senza fermarsi al risultato immediato. Sono nella categoria da 25 anni, abbastanza per capire che Nibali non ne nasce uno ogni anno. Piuttosto faccio io una domanda…
Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Vai.
Quanti corridori si perdono perché non trovano squadra? Nelle WorldTour straniere fanno correre i loro. La Ineos prende Ganna perché vince e si porta via Cioni, uno dei migliori allenatori in circolazione. In ogni squadra WorldTour c’è almeno un tecnico italiano, si fa tanto parlare, ma qui non c’è una grande squadra che possa insegnare ai ragazzini a diventare corridori. Se hai la struttura, nella quantità trovi la qualità. Invece siamo penalizzati fortemente dalla mancanza di squadre e da quello che Oldani ha detto chiaramente.
Andare all’estero a fare una corsa a tappe non li farebbe crescere?
Come società, la sola cosa che conta è avere ragazzi che continuano, non solo quelli che vincono. Abbiamo fatto per anni il Trofeo Karlsberg, ma ormai è nella Nation’s Cup e si fa solo per nazionali. Non c’è più questa grande quantità di corse all’estero, come qua non ci sono più il Giro di Basilicata, quello di Toscana o quello del Friuli, che è stato annullato e che erano ottime occasioni di crescita. E poi c’è da fare i conti col budget, il momento è noto e andare all’estero ti costa 6-7 mila euro che non sono facili da spendere. E poi un’altra cosa…
Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Quale?
Va bene fare il confronto con le squadre che vengono da fuori a dominare in Italia, ma io non ce la faccio a vedere degli juniores che fanno i professionisti a 17-18 anni. Ci sono già tanti ragazzi in difficoltà in giro, mi dispiacerebbe impedirgli di andare a scuola, privandoli di un futuro se il ciclismo non dovesse andar bene.
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