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Dove vanno gli juniores? Parola al cittì Salvoldi

15.02.2023
8 min
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Salvoldi non ha mai staccato. Dopo il primo anno sull’ammiraglia azzurra degli juniores, già all’indomani dei mondiali di Wollongong, il tecnico bergamasco ha dato via a una serie di test fra Montichiari e Roma. E da metà dicembre, ha iniziato con raduni di due giorni a Montichiari, che andranno avanti sino alla fine della scuola.

Le sue valutazioni sul movimento italiano insistono su un doppio binario sin troppo evidente. Quello dei corridori più maturi che meritano esperienze di maggior consistenza. E quello degli altri che hanno il diritto di crescere per step meno impegnativi. Gli juniores sono materiale sensibile, per cui gli abbiamo rivolto mille domande per avere il suo punto di vista.

Dopo anni con la nazionale femminile, dallo scorso anno Salvoldi è alla guida degli juniores azzurri
Dopo anni con la nazionale femminile, dallo scorso anno Salvoldi è alla guida degli juniores azzurri
L’anno scorso di questi tempi eri un po’ nella nebbia, cosa hai capito di questo mondo?

Ho conosciuto di più le persone e anche i numeri della categoria. Rispetto allo scorso anno su pista abbiamo iniziato prima. Sto cercando di vedere più ragazzi, utilizzando Montichiari come sede di allenamento. E’ chiaro invece che correre su pista a livello internazionale non è per tutti, ma come mezzo di preparazione girare in velodromo è davvero utile.

Per capire: quanto di questo lavoro è funzionale all’attività di alto livello su pista e quanto invece all’allenamento in generale?

Diciamo che fra i tanti che stiamo facendo allenare, ci sono anche i ragazzi che poi probabilmente correranno nei grandi appuntamenti. C’erano già lo scorso anno, perché erano quasi tutti atleti del primo anno. Il discorso della pista è legato alla continuità nel frequentarla, oltre ad essere funzionale all’attività preponderante che è la strada. E’ importante iniziare un processo di adattamento anche per dare ricambio alla squadra superiore.

Ai recenti europei di Grenchen, Villa ha ravvisato problemi nelle specialità di gruppo.

In effetti anche a livello internazionale manca un buon calendario, necessario per affinare la tecnica. Parlo specificatamente della madison, anche se fra i primi anni ce ne sono alcuni con attitudini e più preparazione. Una struttura come Montichiari in questo momento della stagione diventa fondamentale. Le altre che abbiamo in Italia sono sì utili, però quando inizia la stagione su strada diventa difficile fare tutto.

Il quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni (riserva), Giaimi, Delle Vedove, Fiorin e Favero (foto Uci)
Tre componenti del quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni, Giaimi e Delle Vedove (foto Uci)
Lavori a contatto con Villa, oppure ci sarà un trapasso di dati a fine stagione? 

Invio sempre a Marco tutte le valutazioni che facciamo. E succede spesso che negli allenamenti sia presente anche lui, compatibilmente con i suoi programmi. Sul metodo invece, iniziamo a proporre il protocollo di allenamento che viene applicato dalla squadra superiore.

Torniamo ai tuoi ritiri: ci sono anche per gli stradisti?

Per loro abbiamo inserito dei mini raduni una volta al mese, che però servono per creare aggregazione e formare il gruppo. Un po’ meno per la preparazione, perché comunque la categoria è ben strutturata. I ragazzi sono seguiti da direttori sportivi e preparatori, per cui come nazionale cerchiamo di essere un supporto. Mentre la parte di formazione del gruppo è una cosa che mi piacerebbe portare avanti. Una squadra si forma con la quotidianità, anche al di fuori del momento della gara o dell’allenamento. E intanto passa il messaggio che anche in nazionale, come nei team di cui fanno parte e come inevitabilmente gli sarà richiesto nel prossimo futuro, il ciclismo su strada è uno sport di squadra.

Fate tutto a Montichiari?

C’è la logistica migliore. Oltre ad avere il magazzino vicino, ho pensato che andare molto lontano per due giorni non fosse funzionale. E poi perché in caso di maltempo, abbiamo la pista a disposizione. Quando invece è bello, arriviamo sul lago di Garda e si va alla grande. Ad aprile invece ci sarà una prova di Nations Cup a Siena e allora probabilmente il raduno lo faremo in Toscana.

Gualdi, Zordan, Belletta, Savino e Scalco, mondiali 2022: ad eccezione del primo, sono già tutti in team di sviluppo e continental
Gualdi, Zordan, Belletta, Savino e Scalco, mondiali 2022: ad eccezione del primo, sono tutti in team di sviluppo e continental
Hai la percezione di lavorare con atleti sulla porta del professionismo?

Vista con gli occhi dei nostri ragazzi, è proprio così. La loro aspettativa è quella di finire nel Devo Team di una WorldTour. Ormai sono 2-3 anni che quelle squadre hanno la squadra Under 19 e probabilmente questo diventerà sempre più diffuso. Cioè il fatto di andare a ricercare il talento sempre prima.

Abbiamo letto numeri e tue valutazioni sul raffronto fra i nostri juniores e quelli del resto d’Europa…

Mi hanno messo in bocca parole senza averne parlato direttamente con me. Ai campionati italiani di ciclocross lo avevo accennato anche a Lorenzon. Gli avevo detto che non è una ricerca pubblicabile, perché si riferisce a numeri troppo ristretti di atleti di vertice. Non è corretto trarre alcun tipo di conclusione, si può fare al massimo qualche riflessione. Ma in una categoria come la nostra, con numeri che gli altri non hanno e dove c’è una gran parte di attività con forte vocazione promozionale, certi modelli non sono estendibili. Chi era presente lo sa benissimo. Davvero non voglio leccare i piedi a nessuno, ma nella categoria ci sono veramente dei bravi direttori sportivi.

Che rapporto c’è fra te e i tecnici?

C’è una condivisione di opinioni su dove stia andando la categoria, in correlazione al passato e alla realtà internazionale. Trovo molta corrispondenza. In Italia abbiamo un calendario regionale e nazionale molto forte e un gruppo di atleti ancora molto numeroso. Per quanto riguarda il vertice, dobbiamo essere bravi, soprattutto come Federazione, nell’offrire qualche possibilità ai migliori e a chi è già pronto al confronto internazionale. Dobbiamo farlo in modo continuativo e non limitato. Questo, al netto di come la penso io e come la pensiate voi, perché il mondo va in questa direzione.

Quindi per i più forti si potrebbe immaginare un’attività più qualificata in maglia azzurra?

Secondo me sì. Invece fino a qualche tempo fa c’era un regolamento, che limitava i migliori e in un certo senso li obbligava al confronto verso il basso. L’attività regionale è perfetta per i grandi numeri e per aspettare tutti quelli che non siano ancora formati. Al contrario, quelli che potenzialmente possono sostenere un’attività di livello più alto, perché non devono avere prospettive superiori?

Il CPS Team la settimana prossima andrà a correre in Francia per due giorni. Le squadre iniziano a muoversi?

Ecco, prendiamo il loro esempio. Bardelli vuole andare a fare una due giorni, sabato e domenica. Il nostro regolamento gli impedisce di usare gli stessi corridori, per cui deve portarne via di più. E’ giusto costringere una squadra a queste spese? Abbiamo già modificato tanto, non so perché non si possano cambiare le cose in blocco. Magari però ci sono anche delle motivazioni opposte che per qualcuno hanno una logica.

Quando avrai la prima trasferta azzurra?

Alla Gand-Wevelgem, l’attività sarà come quella dell’anno scorso. Faremo tutte le Nations Cup in Europa. Poi mi piacerebbe fare un raduno di preparazione un po’ più lungo, prima dei mondiali che al momento è in stand by, ma credo che riusciremo a fare.

Il calendario delle trasferte 2023

La tabella che segue ci è stata fornita da Salvoldi e illustra il piano delle trasferte 2023 della nazionale juniores, fra strada e pista. Spicca il viaggio per i mondiali su pista a Cali, in Colombia. Al totale vanno aggiunti il ritiro che si svolgerà in Toscana prima dell’Eroica di aprile e quello di Montichiari prima della Coppa delle Nazioni di Sittard.

DataLocalitàGara
26 marzoGand (Bel)Gand-Wevelgem (UCI 1.1)
9 aprileParigi (Fra)Parigi-Roubaix (Nations Cup)
14-16 aprileGand (Bel)Gara internazionale pista
19 aprileSiena (Ita)Eroica (Nations Cup)
4-7 maggioTerezin (Cze)Corsa della Pace (Nations Cup)
20-21 maggioMorbihan (Fra)Trophée Morbihan (Nations Cup)
25-28 maggioLosanna (Swi)Tour de Vaud (Nations Cup)
27-29 maggioSingen-Dudenhofen (Ger)Gara internazionale pista
6 giugnoSaarland (Ger)LVM Sarland Trofeo (Nations Cup)
11-16 luglioAnadia (Por)Campionati europei pista
14-16 luglioBratislava (Svk)Nations Cup
28-30 luglioSittard (Ned)Watersley (Nations Cup)
5-11 agostoGlasgow (Gbr)Campionati del mondo strada
23-28 agostoCali (Col)Campionati del mondo pista
20-23 settembreDrenthe (Ned)Campionati europei strada
Non vinciamo un mondiale juniores su strada dal 2007 con Ulissi e nella crono dal 2019 con Tiberi. Invece in pista siamo freschi di diversi ori a Tel Aviv 2022. Come mai?

Non si può certo dire che su strada dipenda tutto dalla casualità, perché non è così. Però la variabile tattica nella categoria specifica degli juniores incide tanto. Poi c’è da valutare anche il ricambio generazionale, che magari in un biennio non è della stessa qualità e determina il risultato in base ai percorsi e agli atleti che hai a disposizione. C’è anche da dire che rispetto a un recente passato, il ciclismo è diventato anche molto più globale.

Resta da capire se il nostro obiettivo come nazionale sia fare risultato o formare i corridori di domani.

Entrambe le cose, una non è prioritaria rispetto all’altra. Gran parte dei percorsi delle Nations Cup, che sono quasi tutte gare a tappe, difficilmente coincidono con il percorso del campionato del mondo e sono collocate in periodi che non sono funzionali alla preparazione dei vari obiettivi. Quindi si corre per fare risultato. Sono gare in cui fare punti per avere più atleti ai campionati del mondo, così come per conoscere gli avversari, maturare esperienza e avere un confronto diretto con realtà diverse, che fa maturare. Credo che nessuno che faccia sport agonistico, in cui si misurano i progressi attraverso i risultati, non persegua il risultato. L’obiettivo che deve avere una squadra nazionale per elevare la qualità del movimento nazionale è il miglioramento dei singoli nel confronto con gli altri. E questo si ottiene anche attraverso i risultati.

E’ un fatto però che all’estero si vedano volumi di lavoro superiori ai nostri.

E’ difficile, non me la sento proprio di esprimere un giudizio a riguardo. Probabilmente dell’esasperazione c’è, perché anch’io sono sorpreso di certi volumi e certi allenamenti. A prescindere da una presa di coscienza della realtà, non sono d’accordo che il giorno dopo il mondiale quelli della Auto Eder facciano 230 chilometri. Sembra assurdo anche a me, però non mi permetto di giudicare se sia sbagliato o meno. Non credo però che sia stata un’improvvisazione.

La Auto Eder è la formazione Under 19 della Bora-Hansgrohe. Ha prodotto corridori come Uijtdebroeks e l’iridato Herzog
La Auto Eder è la formazione U19 della Bora-Hansgrohe. Ha prodotto corridori come Uijtdebroeks e l’iridato Herzog
Finora il solo ostacolo tecnico fra juniores e U23 erano i rapporti limitati. Ora che sono stati eliminati e che si accede al professionismo dagli juniores, non si potrebbe pensare che qualcuno voglia eliminare la categoria U23?

Che ci sia un’anticipazione è evidente e non so se si potrà intervenire attraverso delle regole. Su pista è un dato di fatto, nel senso che le distanze di gara o i tempi di riferimento sono comunque quelli. Nel ciclismo su strada, fa impressione pensare di poter passare da 18 anni in cui fai al massimo gare di quattro ore, a una gara a tappe di tre settimane o una Liegi-Bastogne-Liegi. Se così fosse (l’eliminazione della categoria U23, ndr), si dovrebbero tutelare di più gli juniores, magari allungando la categoria di un anno. Però, in effetti potrebbe sembrare proprio così.

Red Bull lancia il suo “X Factor” a due ruote

10.02.2023
5 min
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Zwift fa scuola. Pian piano Jay Vine sta diventando un esempio da seguire e la favola del corridore australiano che, cimentandosi sui rulli di casa collegato alla piattaforma Zwift, alla fine è diventato un’acclamata stella del ciclismo professionistico affascina tanti ragazzi. C’è chi questi sogni li vuole cavalcare. Così Red Bull, azienda da sempre attenta a tutto ciò che dallo sport può tradursi in spettacolo e immagine, ha deciso di investire anche sul ciclismo, prendendo spunto proprio da questa favola.

Nei giorni scorsi è stato siglato un accordo tra la multinazionale e il team WorldTour Bora Hansgrohe per lanciare un nuovo concorso, il “Red Bull Junior Brothers”, un programma di talent scouting che intende trovare i campioni del domani relativamente al ciclismo su strada. Al termine di una lunga selezione, due ragazzi verranno scelti per entrare a far parte dell’Auto Eder, la formazione U19 filiera del team tedesco, quella per intenderci dalla quale sono emersi il campione del mondo di categoria Emil Herzog e il talentuoso estone Romet Pajur.

Pajur Eder 2022
L’estone Pajur, uno dei tanti prodotti dell’Auto Eder, ora alla ricerca di nuovi talenti con Red Bull
Pajur Eder 2022
L’estone Pajur, uno dei tanti prodotti dell’Auto Eder, ora alla ricerca di nuovi talenti con Red Bull

Le tappe del concorso

Il sistema è molto simile a quello messo direttamente in atto da Zwift a favore di Alpecin Deceuninck e Canyon Sram al femminile, ossia la selezione che nel 2022 ha premiato il nostro Luca Vergallito.

Attraverso la pagina del concorso ci si iscrive e si iniziano a registrare le corse sulle piattaforme virtuali Zwift o Strava entro il 31 maggio. I corridori più performanti verranno a quel punto presi in esame per un posto nel Performance Camp, dove in agosto si procederà a uno stage riservato a 15 prescelti. Fra questi verranno selezionati i due ragazzi che a settembre entreranno a far parte del team.

Un’idea che inizia davvero a prendere piede e rivoluzionare le vecchie modalità di fare carriera nel ciclismo: non più solo gavetta nelle categorie giovanili, ma una sorta di “scorciatoia”, come almeno la giudicano molti appassionati legati alla tradizione e poco inclini alle novità, almeno stando ai giudizi sui social. Christian Schrot, responsabile del team giovanile tedesco, spiega come si è arrivati a questa scelta.

«Noi facciamo già scouting in vari luoghi e periodi dell’anno – spiega – ma cercavamo idee per ottenere più attrazione internazionale, portare nel nostro team nuovi talenti sparsi per il mondo. Così, grazie a Red Bull che è già da tempo partner della Bora-Hansgrohe ed è ideale per dare luce a questa iniziativa, ci è venuta l’idea di pianificare una campagna internazionale».

L’obiettivo del concorso è portare due ragazzi a fare apprendistato nel team juniores della Bora (foto Auto Eder)
L’obiettivo del concorso è portare due ragazzi a fare apprendistato nel team juniores della Bora (foto Auto Eder)
L’esperienza di Jay Vine approdato all’Alpecin tramite Zwift ha influito sulla nascita di questa iniziativa?

No, non proprio. Noi abbiamo una società di scouting indipendente che curo personalmente e siamo sempre alla ricerca di nuove opportunità per trovare talenti. Tradizionalmente andiamo alle gare, osserviamo, prendiamo nota, intessiamo relazioni. Con la Red Bull abbiamo l’opportunità di allargare gli orizzonti e utilizzare anche la loro rete perché Red Bull è già coinvolta nel ciclismo. L’idea di ottenere input attraverso Strava e Zwift è fantastica, sono piattaforme ideali per trovare talenti in giro per il mondo. L’idea è nata da qui.

Non temi che arrivino alle fasi finali del concorso ragazzi con grande potenza, ma privi di esperienza ciclistica?

Ce lo siamo chiesto. Alla fine, stiamo cercando ciclisti che possano vincere le gare, è per questo che facciamo anche uno scouting tradizionale e lavoriamo sulla nostra squadra juniores e under 23. Ma è un’opportunità che devi sempre considerare per trovare talenti eccezionali, ma che non hanno grandi possibilità di correre, di mettersi in mostra. La domanda è pertinente. Noi dobbiamo sì guardare alla forza fisica, alla potenza, ma anche considerare le possibilità di sviluppo nel ciclismo e nella guida, nella tattica e in tutti gli altri aspetti.

Uno dei percorsi virtuali sui quali gli iscritti al concorso potranno cimentarsi
Uno dei percorsi virtuali sui quali gli iscritti al concorso potranno cimentarsi
Quindi l’esperienza ciclistica maturata nelle categorie giovanili potrà essere un fattore determinante per la scelta?

Nella scelta sarà un elemento importante. Guarderemo al carattere, a come l’atleta sta in bici, allo spirito di adattamento, a come può adattarsi in seguito per andare alle corse e anche alle gare juniores. Sono elementi piuttosto importanti. Ecco perché non esaminiamo solo le tradizionali liste di Zwift e Strava. Lo combiniamo anche con un campo di scouting e passiamo tutto al vaglio.

Che cosa cercate nei ragazzi coinvolti nel concorso, quali caratteristiche?

L’obiettivo è dare una borsa di studio per un corridore. Quindi cerchiamo atleti che siano, da un lato ottimi scalatori e dall’altro che possano adattarsi anche alle corse a tappe. Ciò significa che dovrebbero avere una certa resistenza che gli permetta di essere performanti per diversi giorni. E forse anche in seguito essere bravi nelle prove a cronometro, che è anche un fattore importante per vincere un grande Giro.

Herzog, iridato junior, la stella del team Auto Eder oggi approdato alla Hagens Berman Axeons
Herzog, iridato junior, la stella del team Auto Eder oggi approdato alla Hagens Berman Axeons
Secondo te questa diventerà una via più popolare per entrare nel mondo del ciclismo?

Penso che sia un’alternativa. Il modo tradizionale dovrebbe essere ancora andare in un team, imparare il ciclismo dall’inizio. Ma ci sono molti ragazzi di talento che non vanno in bicicletta. Forse fanno, non so, sport invernali o altri sport di resistenza. Attraverso questa campagna abbiamo anche l’opportunità di trovare persone che non sono ancora coinvolte nelle corse.

Alle radici di Herzog: Schrot presenta l’iridato juniores

30.09.2022
5 min
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Probabilmente in Germania un campione come Emil Herzog lo aspettavano da anni. Al di là della medaglia d’oro conquistata a Wollongong nella prova in linea (con robusto contorno del bronzo a cronometro), il quasi 18enne di Simmerberg ha caratterizzato tutta la stagione, conquistando la bellezza di 12 successi solo nelle prove internazionali Uci.

E’ chiaro che le aspettative su di lui sono tante, ora che passa di categoria approdando fra gli under 23 nelle file della Hagens Berman Axeon, guidato da quell’Axel Merckx che ha già dimostrato di saperci fare con i giovani nel prepararli a una grande carriera fra i pro’. Parlando con il suo diesse all’Auto Eder, Christian Schrot, è netta la sensazione che, messa da parte la gioia per il successo australiano, già si pensi al futuro considerandolo un “work in progress”.

Schrot ed Herzog, con cui quest’anno ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali (foto team)
Schrot ed Herzog, con cui quest’anno ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali (foto team)

Tante chance per vincere

«Il suo successo non mi ha sorpreso, il percorso era ideale per uno come lui, forte in salita ma soprattutto esplosivo. A dir la verità puntavo molto su di lui e sull’estone Pajur (finito 15° proprio dietro al nostro Scalco, ndr), entrambi miei atleti all’Auto Eder. Emil aveva svariate opzioni al suo attivo: un arrivo ristretto, la possibilità di fare selezione, alla fine lo sprint a due è stata la soluzione ideale. Sapevo che a quel punto non avrebbe fallito».

Che tipo di persona è Herzog, come lo definiresti?

E’ soprattutto uno scalatore, ma è anche molto rapido e può dire la sua in certi tipi di volate, senza considerare poi le sue capacità a cronometro. Per questo attualmente non si può dire con precisione che corridore è, se sarà più adatto ai grandi giri o alle classiche. Fondamentale in questo senso sarà l’esperienza che accumulerà fra gli under 23, allora capiremo che tipo di corridore può essere, d’altronde i risultati che si ottengono fra gli junior sono sì importanti, ma bisogna anche saperli soppesare.

Il Team Auto Eder al GP Ruebliland in Svizzera, con Herzog in maglia di campione tedesco e Schrot all’estrema destra (foto team)
Il Team Auto Eder al GP Ruebliland in Svizzera, con Herzog in maglia di campione tedesco e Schrot all’estrema destra (foto team)
E dal punto di vista umano, ci si lavora bene insieme?

Sì e credo che questa sia la sua grande forza. E’ un ragazzo che sa far gruppo, non ha grilli per la testa, è molto semplice. Il suo carattere è un’arma a suo favore, questo è sicuro.

E’ pur vero però che quest’anno Herzog ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali, tra cui la Corsa della Pace. Questo significa che ha una particolare predisposizione?

Le sue caratteristiche ben si sposano con le corse a tappe, proprio perché va forte sia in salita che a cronometro, non ha punti deboli e finora ha assimilato bene anche gli sforzi ravvicinati. A lui le gare in più giorni piacciono molto, ma come detto bisogna andarci piano e dargli il tempo di maturare.

Per Herzog anche il titolo nazionale junior di mtb, a dimostrazione della sua poliedricità (foto Ehrard Goller)
Per Herzog anche il titolo nazionale junior di mtb, a dimostrazione della sua poliedricità (foto Ehrard Goller)
Da qualche parte già c’è chi lo paragona ai campioni tedeschi del passato, come Thurau o Ullrich. C’è un modello al quale può essere assimilato?

Domanda difficile. Ognuno è differente a suo modo e avendo lavorato con Emil e guardando al passato non saprei proprio a chi paragonarlo, per me è un corridore speciale che si sta disegnando una strada tutta sua.

Ma nel suo Paese come è considerato?

E’ molto conosciuto nell’ambiente ciclistico, questo è certo, ma anche a livello assoluto è considerato uno dei migliori giovani sportivi tedeschi, anche perché è davvero un polivalente. Non va forte solo su strada, ma ha vinto titoli nazionali anche nella Mtb e addirittura nello sci di fondo a passo pattinato. Tutte esperienze che sicuramente lo hanno aiutato nella sua affermazione e in questo un po’ si distacca dagli esempi del passato.

Il 17enne di Simmerberg ha vinto titoli nazionali giovanili anche nello sci di fondo (foto Facebook)
Il 17enne di Simmerberg ha vinto titoli nazionali giovanili anche nello sci di fondo (foto Facebook)
Pensi che avrà difficoltà nel salto di categoria?

Dovrà abituarsi, mettere da parte tutto quel che ha fatto e aprire una pagina nuova, affrontando le nuove esperienze con umiltà e con la voglia di imparare che certamente non gli manca. Io penso che già in breve tempo metterà il suo marchio anche nella categoria superiore.

Herzog passa di categoria, ma che cosa lascia fra i più giovani? Ci sono altri Herzog all’orizzonte?

Non alla sua altezza, stiamo parlando di un campione del mondo che ha vinto tanto quest’anno. Il movimento tedesco è molto brillante, questo è sicuro, ma non ci sono prospetti che lasciano intendere di poter raggiungere le stesse vette. Non dimentichiamo però che parliamo di atleti molto giovani e non tutti maturano allo stesso tempo. E poi magari l’esempio di Emil farà nuovi proseliti…

Herzog, il talento che i tedeschi attendono da vent’anni

24.07.2022
5 min
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Nove vittorie internazionali in stagione condite da altre 11 Top 10. Successi di peso come la Corsa della Pace o l’Ain Bugey Valromey Tour, ma anche il titolo nazionale su strada che fa curiosamente il paio con quello nella mountain bike e come ciliegina sulla torta il bronzo europeo in una rassegna, quella di Anadia, che nel complesso non è andata come voleva. Il soggetto del discorso è Emil Herzog, che molti ritengono il miglior junior attualmente sulla piazza, in una generazione che ha dimostrato a più riprese di essere ricchissima di talenti.

Emil Herzog, maggiore età ancora da raggiungere, è il capitano dell’Auto Eder, la formazione tedesca U19 propaggine della Bora Hansgrohe fra i più giovani. I “capi” lo guardano già con grande attenzione e molti nel team vorrebbero farlo passare subito pro’, saltando la categoria under 23, facendogli fare anni di apprendistato come sta avvenendo con un altro talento tedesco, Marco Brenner. Ma Emil non è favorevole.

«Almeno un anno nella nuova categoria vorrei farlo – dice – per crescere con più calma e a livelli consoni. La Bora è una grande squadra, l’aspirazione per ogni ciclista tedesco. Oltretutto la sede non è neanche lontana da dove vivo, ma mi sembra troppo presto».

Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)
Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)

Il suo idolo? Maximilian Schachmann

Probabilmente Herzog verrà parcheggiato alla Hagens Berman Axeon. Lì verificheranno se anche nella categoria superiore può essere un fattore come lo è stato fra gli juniores. Già dal primo anno si era capito che nel tedesco c’è del talento, evidente soprattutto nelle corse a tappe, con la seconda piazza nella Corsa della Pace dietro il norvegese Hagenes, che si sarebbe poi laureato campione del mondo, ma davanti a Uijtdebroeks e Gregoire, tutta gente che sta facendo mirabilie nelle categorie superiori.

Gli addetti ai lavori tedeschi hanno già iniziato a paragonarlo a grandi nomi del passato: per la sua propensione alle prove a cronometro, sono stati tirati in ballo personaggi come Thurau e Ullrich, ma Herzog ha un preciso riferimento: «Ammiro molto Maximilian Schachmann, è un grande corridore, fortissimo in salita, spero di poterci correre presto insieme».

Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)
Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)

Il vero corridore completo

Herzog però ha caratteristiche un po’ diverse, che possono portarlo ben più in alto di quanto già non sia il due volte vincitore della Parigi-Nizza.

«Credo di essere un corridore completo, veloce – spiega – che va molto forte sul passo e in pianura e anche in salita. Rispetto agli scalatori puri io ho più peso da portar su (è alto 1,83 e pesa 74 chili), ma questo non significa che parto battuto, devo solo soffrire e sacrificarmi di più…».

E’ proprio questa sua completezza che lo sta facendo emergere nelle gare a tappe. La squadra, che pure vanta tante “bocche da fuoco”, lo considera la punta di diamante.

Il tedesco, come molti ciclisti delle nuove generazioni, ha nella multidisciplina un credo irrinunciabile. Anzi ci è praticamente nato: inizialmente si è dedicato allo sci alpino e al pattinaggio (è stato campione nazionale di categoria non più tardi di due anni fa). Praticava il ciclismo come alternativa estiva per tenersi in forma. Più la mountain bike che il ciclismo su strada, dove ha iniziato a competere solamente alla soglia dei 15 anni. Rispetto ad allora la mtb l’ha un po’ messa da parte. Ma neanche tanto, se si pensa che il suo sogno per la seconda parte di stagione è vincere ben 3 titoli mondiali: in linea e a cronometro a Woollongong ma prima ancora nella rassegna offroad…

Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)
Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)

Obiettivo migliorare in salita

«Soffrire non mi fa paura – ha raccontato Herzog in occasione della sua ultima vittoria all’Ain Bugey Valromey Tour – sono anche andato in crisi, ma sapevo che dovevo gestirmi in salita per recuperare in discesa che è il mio forte, dove posso sfruttare la capacità di guida appresa in mtb. Questa non è una gara come le altre, è un piccolo Tour de France, non ci sono altre gare così lunghe nella categoria. La salita pesa, ma la mia ambizione è vincere pure lì. Vorrei essere uno di quei corridori capaci di vincere allo sprint, a cronometro e in salita».

Non per niente le gare alle quali tiene di più sono proprio quelle dove quest’anno non ha vinto, la Parigi-Roubaix di categoria dove comunque è arrivato quinto e la Classique des Alpes dove si è ritirato: «La Roubaix mi ha davvero impressionato. Per vincere devi andare oltre i tuoi limiti, spingere al massimo».

Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)
Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)

Soffrire sì, mai arrendersi

Era particolarmente atteso agli Europei, invece si è dovuto accontentare del bronzo a cronometro: «Era troppo caldo – spiega – ho sofferto tantissimo. Ho fatto quel che potevo con le gambe che avevo. Poi il percorso non era ideale, con tante buche, bisognava fare tanta attenzione e era difficile rilanciare dopo le curve. Aver preso una medaglia in quelle condizioni significa molto. Anche al Tour du Pays de Vaud ero andato male in due tappe, ma la crono l’avevo vinta. Ho capito che non bisogna mai darsi per vinti, anche quando le gambe non girano e la forma non è quella che vorrei. Bisogna provarci comunque, perché io non mi arrendo mai».

Auto Eder, juniores alla tedesca con le idee molto chiare

05.07.2022
5 min
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E siccome sono stranieri, hanno dietro la WorldTour e vincono sempre, chissà poi che faranno quelli della Auto Eder. Magari neanche li mandano a scuola. Li pagano per vincere…

Sembra già di sentirli certi discorsi… anzi li abbiamo sentiti. E siccome un po’ di curiosità di vedere la Bora dei piccoli c’era già venuta, siamo andati alla fonte.

Il dottor Schrot

Il dottor Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche il responsabile della preparazione e il coordinatore dei talent scout che gravitano attorno al team giovanile tedesco. La squadra esiste dal 2007, da quando Ralph Denk partì con la allora NettApp, ma due anni fa si è deciso di salire a un livello più internazionale, ispirandosi al modello del calcio, per la mentalità e il tipo di struttura.

«Abbiamo provato – spiega Schrot – a portare un concept diverso. Vogliamo corridori da far crescere, per cui facciamo scouting osservando le potenzialità e non i risultati. Detto questo, i ragazzi possono anche stare a casa per allenarsi e andare a scuola, ma è vero che ci piace coinvolgerli in ritiri collegiali, a volte anche con la squadra WorldTour. In quei casi, ci aspettiamo che rispondano: presente. Abbiamo tutto in comune con il team dei pro’, i materiali e l’esperienza per gestirli».

Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche capo degli osservatori
Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche capo degli osservatori
Qualcuno sussurra che per anteporre il risultato al resto, magari se non vanno a scuola va anche bene…

Non è affatto vero. I nostri ragazzi finiscono tutti la scuola, devono essere ben educati. Magari non tutti andranno all’università, ma al diploma vogliamo che arrivino tutti. Devono saper conciliare scuola e allenamento, da questo non si transige.

In questa fase si fa un gran parlare dei rapporti non più limitati: voi li avevate già… sbloccati?

Non li abbiamo mai allenati con rapporti più lunghi. Abbiamo sempre lavorato con gli stessi rapporti che avremmo poi utilizzato in gara.

La dotazione tecnica è identica a quella dei pro’
La dotazione tecnica è identica a quella dei pro’
Pensi sia stata una scelta giusta?

Penso che alla base ci possa essere anche una ragione tecnica. Le aziende che producono pignoni fanno fatica ormai a fare dei pacchi come quelli che servono agli juniores. Sul fronte sportivo, mi sento di dire che si esalterà ancora di più la differenza tra i forti e i deboli. Ci saranno distacchi maggiori e a quell’età basta essere appena un po’ precoce per disporre di più forza. Giusto o sbagliato, dipende da come vuoi farli crescere. Per la nostra mentalità, cerchiamo sempre il miglioramento, ma ci interessa che soprattutto accrescano la loro esperienza. Siamo moderati, non li assilliamo.

Si parla di problemi legati allo sviluppo…

Non ho ricerche che lo sostengano. Non so se ci sarà un impatto su questi aspetti. Obiettivamente conosco le ragioni di quella limitazione e non vedo le ragioni per non eliminarla. Non credo che alla fine vinceranno atleti diversi.

Il team è spesso in ritiro: da solo o con la squadra WorldTour
Il team è spesso in ritiro: da solo o con la squadra WorldTour
Si dice che in realtà serva per farli passare professionisti già da juniores.

Io credo che un’esperienza fra gli under 23 serva. Per questo anche se li inseriamo presto nella Bora-Hansgrohe, ci sta a cuore che corrano con la nazionale della loro età per mantenere la mentalità vincente. Correre fra gli U23 è un bene per i ragazzi e ci permette di mantenere buoni rapporti con le altre squadre.

Capita che voi li facciate crescere e poi altri team li portino via.

Se li cresci, lo fai per la tua squadra. Non parliamo di prodotti da vendere, ma di persone. Se si trovano bene, restano. Altrimenti vanno. Il nostro interesse ovviamente è tenerli con noi, ma se vogliono andare via, non possiamo legarli.

La Auto Eder ha corridori di sei nazionalità diverse
La Auto Eder ha corridori di sei nazionalità diverse
Si guadagna bene alla Auto Eder?

Sono dilettanti. Il grande benefit che possiamo dargli è la vicinanza della squadra maggiore. E’ sempre stato così, vedendo la nostra storia. Quando cominciammo eravamo una continental, la piccola NettApp. Non avevamo tanti soldi, ma siamo cresciuti fino al livello WorldTour. La struttura si è solidificata e nell’età juniores, che poi è il primo step internazionale, non si pensa ai soldi, ma a imparare le tattiche, come allenarsi, cosa mangiare…

Si allenano tanto i vostri ragazzi?

Dipende dalla parte della stagione, dagli obiettivi e dalla storia di ciascuno, il suo background. Abbiamo 8 ragazzi di 6 nazionalità diverse, ognuno ha il suo sviluppo e le sue esigenze. Comunque la media è che si allenino fra le 15 e le 20 ore per settimana.

Alla Coppa Montes, Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder prima di Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder prima di Matteo Scalco (foto photors.it)
Che tipo di attività fate?

Cerchiamo di coprire tutta la stagione, ma per fortuna le trasferte nelle principali corse a tappe le fanno con la nazionale e ne siamo contenti. Però abbiamo buone amicizie e garanzie, per cui in una stagione un nostro corridore fa circa 5 corse a tappe. E per il resto, seguiamo il calendario internazionale, che è bello ricco. In Italia siamo venuti per la Coppa Montes e torneremo per la gara di Vertova. Devono fare attività di alto livello, solo così possiamo sperare che crescano nel modo giusto.

Borgo Molino, il difficile equilibrio tra vittorie e futuro

16.06.2022
6 min
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Quali ingredienti servono per comporre uno junior, affinché da grande diventi un grande corridore? E’ la domanda che ci si pone da tempo davanti alle differenze spesso imbarazzanti in ambito under 23 fra i nostri e gli altri. E se è vero che all’estero probabilmente si hanno altre libertà, come denunciato da Oldani al Giro d’Italia, il dubbio che qualcosa in Italia manchi nella formazione in certi giorni ti assale. Sarebbe sbagliato cercare tracce di Evenepoel in ogni ragazzino, ma è interessante chiedersi in che modo crescano i nostri futuri professionisti. E così un sondaggio abbiamo ritenuto di farlo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino: la squadra che negli ultimi mesi ha mandato Pinarello direttamente fra i pro’ e corridori come Bruttomesso e Ursella alla Zalf e alla DSM. Eppure fra i tecnici degli U23 c’è chi dice che nel team di Ormelle, in provincia di Treviso, si guardi più al risultato immediato che al lungo termine.

«Sono un tecnico vincente – dice Pavanello, fratello di Luca che fu professionista con la Aki-Gipiemme e per quattro anni a sua volta dilettante, tra la Zalf Fior e la Bata-Moser – e alle corse si va per vincere. Non perché abbiamo bisogno di fare punti, ma perché la vittoria è quello che ripaga i ragazzi dei loro sforzi. Abbiamo vinto con 6-7 corridori diversi, se invece badassimo davvero alla quantità, punteremmo su quelli che danno più garanzie e metteremmo gli altri a tirare. Facciamo tutte le internazionali che ci sono in Italia e abbiamo in programma di fare una trasferta all’estero. Ma i ragazzi hanno la scuola e poi lo stage. Poi c’è la nazionale. Non è semplice trovare il tempo».

Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Critiche rispedite al mittente?

Una cosa che mi fa pensare di essere sulla strada giusta è che i nostri ragazzi vengono ricercati da tante squadre. I risultati confermano il buon lavoro che facciamo. Alcuni si confermano e alcuni chiaramente si perdono, magari anche ragazzi da cui ci aspettavamo tanto, ma questo succede a tutti. Secondo me se qualcuno si lamenta, è semmai perché i nostri ragazzi non vanno con loro.

Oggi si passa da juniores a continental e sei già fra i pro’: avete cambiato qualcosa nella gestione?

Non abbiamo cambiato niente, per fare certi numeri serve materiale umano buono. Sapremo fra 4-5 anni se questa tendenza a passare così giovani darà buoni frutti.

Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Ci sono squadre come la Auto Eder e la FDJ capaci di prestazioni piuttosto consistenti…

Li preparano per il salto tra i pro’. I nostri hanno altre mentalità, alcuni si sviluppano a 23 anni. Il nostro Pinarello è passato direttamente tra i pro’, ma sta facendo attività U23 e ha i suoi tempi. Sta facendo il Giro d’Italia U23 da primo anno, mi sembra normale che trovi difficoltà. Bruttomesso invece ha vinto subito. Ognuno ha la sua strada. Ci sono stati ragazzini che a livello juniores dominavano e poi sono spariti. E’ meglio così? I migliori dei nostri non saranno al livello dei 4-5 che dominano a livello mondiale, ma hanno mantenuto le loro caratteristiche e vanno bene. Noi lavoriamo su più fronti.

Più specialità?

Facciamo strada, pista e cross. Delle Vedove è un velocista, ma ha fatto anche corse dure come la Tre Valli e la Piccola San Geo e adesso ha vinto i tricolori in pista.

Però al Giro U23 si vedono differenze notevoli.

Chi sta dominando al Giro ha fatto attività con le WorldTour: è giusto? Il nostro modo di lavorare ha dato e dà buoni frutti, ma non si può usare come paragone Evenepoel e pretendere che tutti seguano lo stesso cammino.

Qualcuno dice che la società italiana non produce ragazzi capaci di sacrificarsi davvero.

Non penso che sia così. Si criticano ragazzi che semplicemente fanno un percorso diverso. Non so se i ragazzi della Auto Eder vadano a scuola e non so quanti di loro diventeranno campioni. Credo sia tutto da analizzare bene, senza fermarsi al risultato immediato. Sono nella categoria da 25 anni, abbastanza per capire che Nibali non ne nasce uno ogni anno. Piuttosto faccio io una domanda…

Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Vai.

Quanti corridori si perdono perché non trovano squadra? Nelle WorldTour straniere fanno correre i loro. La Ineos prende Ganna perché vince e si porta via Cioni, uno dei migliori allenatori in circolazione. In ogni squadra WorldTour c’è almeno un tecnico italiano, si fa tanto parlare, ma qui non c’è una grande squadra che possa insegnare ai ragazzini a diventare corridori. Se hai la struttura, nella quantità trovi la qualità. Invece siamo penalizzati fortemente dalla mancanza di squadre e da quello che Oldani ha detto chiaramente.

Andare all’estero a fare una corsa a tappe non li farebbe crescere?

Come società, la sola cosa che conta è avere ragazzi che continuano, non solo quelli che vincono. Abbiamo fatto per anni il Trofeo Karlsberg, ma ormai è nella Nation’s Cup e si fa solo per nazionali. Non c’è più questa grande quantità di corse all’estero, come qua non ci sono più il Giro di Basilicata, quello di Toscana o quello del Friuli, che è stato annullato e che erano ottime occasioni di crescita. E poi c’è da fare i conti col budget, il momento è noto e andare all’estero ti costa 6-7 mila euro che non sono facili da spendere. E poi un’altra cosa…

Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Quale?

Va bene fare il confronto con le squadre che vengono da fuori a dominare in Italia, ma io non ce la faccio a vedere degli juniores che fanno i professionisti a 17-18 anni. Ci sono già tanti ragazzi in difficoltà  in giro, mi dispiacerebbe impedirgli di andare a scuola, privandoli di un futuro se il ciclismo non dovesse andar bene.

Pajur 2022

Romet Pajur, dall’Estonia arriva un vero ammazzasette…

23.05.2022
5 min
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Se si dovesse giudicare solo dalla foto di apertura, si sarebbe portati a pensare a un ragazzino mite e di bell’aspetto, un biondino studioso come ce ne sono tanti in giro per le scuole europee. Ma quel viso è destinato a rimanere impresso nei siti ciclistici, perché si tratta di Romet Pajur, estone di 17 anni del quale si fa un gran parlare come di un talento del futuro. Un talento sul quale ha già messo le mani la Bora Hansgrohe, piazzandolo in quella che è l’Auto Eder, la sua affiliata per gli Under 19.

Pajur Eder 2022
Al Fiandre ha corso da ciclista consumato, battendo in volata Huising (NED) e Isidore (FRA)
Pajur Eder 2022
Al Fiandre ha corso da ciclista consumato, battendo in volata Huising (NED) e Isidore (FRA)

Un Fiandre da padrone

Quel viso non deve trarre in inganno perché parliamo di un autentico demonio in sella. Al Giro delle Fiandre di categoria di poche ore fa non si è per nulla intimorito della fuga iniziale di 10 corridori arrivata a quasi tre minuti, ha spremuto i suoi due compagni di squadra per ricucire e poi, trovatosi solo, ha rincorso tutti. Pensavano di averlo sfiancato, invece in volata ha chiuso i conti. Da vero padrone.

Prima di raccontare chi è Pajur, è necessario soffermarsi un attimo sul suo team: la formazione tedesca fino al 2020 aveva nelle sue file solamente corridori nazionali e attraverso il suo serbatoio la squadra maggiore ha attinto a piene mani, con gente come Schwarzmann, Zimmermann, Brenner, protagonisti in pianta stabile nel WorldTour. Dal 2020 però la politica del team è cambiata e i suoi dirigenti sono andati a cercare i migliori talenti in giro per l’Europa. Ora l’Auto Eder è una formazione con 8 atleti in prima squadra di 6 Paesi diversi e non è un caso se i suoi corridori stanno quasi dominando la stagione junior.

Campione, ma prima studente

Pajur è uno di questi, uno dei più in vista. Forse il corridore che meglio sta mostrando le sue caratteristiche per un futuro nel WorldTour, il suo obiettivo per nulla nascosto: «Io voglio correre in un grande team. All’inizio della mia avventura tedesca, volevo che andasse tutto bene, magari con qualche vittoria, ma le cose sono andate anche oltre le mie aspettative. Io voglio seguire la stessa strada di Rein Taaramae e Tanel Kangert e se possibile fare anche qualcosa in più di loro».

Pajur ha avuto concrete possibilità di venire a correre dalle nostre parti: «Avevo avuto offerte da Italia e Francia, ma a ben guardare non valeva la pena lasciare il mio club estone visto quel che mi proponevano. Quando invece sono arrivati i capi dell’Auto Eder, la loro proposta mi è piaciuta subito». L’estone, anche se ha gareggiato molto in questa prima parte di stagione, non ha mai messo da parte gli studi: è all’11° anno all’Audentes Sports Gymnasium di Otepaa: «La mia fortuna è avere insegnanti molto comprensivi che aiutano chi per eventi sportivi deve accumulare giorni di assenza. Ma allo studio tengo molto».

Pajur scuola 2022
Romet è nato il 26 settembre 2004. E’ all’Auto Eder da quest’anno
Pajur scuola 2022
Romet è nato il 26 settembre 2004. E’ all’Auto Eder da quest’anno

Protagonista anche per gli altri

La particolarità di Pajur, al di là delle vittorie, è il suo modo di correre. Sembra quasi un professionista navigato nel corpo di un ragazzino, che sa come interpretare strategicamente ogni tipo di corsa e che sa anche mettersi al servizio dei suoi compagni. Al GP Boemia dell’Ovest, ad esempio, il diesse aveva stabilito che Romet sarebbe stato il capitano insieme al tedesco Emil Herzog (altro grande talento, vincitore della Corsa della Pace). La corsa si era messa in modo da favorire quest’ultimo, ma quando è andato in fuga, Pajur ha gestito la situazione dietro da vero regista, bloccando ogni risposta insieme a due compagni di squadra, per poi andarsi a prendere il secondo posto quando Herzog era arrivato a ben 3’40”.

Precedentemente, Pajur aveva corso anche la Parigi-Roubaix e quei terribili lastroni di pavé non lo avevano minimamente intimorito: «Tutti cercavano di essere davanti per i primi tratti di pavé, io ero tranquillo, la mia dose di emozioni, di scoperta l’avevo già vissuta nella ricognizione. Ho capito che la Roubaix richiede innanzitutto nervi saldi e non prendere decisioni stupide, oltre naturalmente ad evitare cadute. Dopo i primi tratti, il gruppo si è calmato e allora ho attaccato, nessuno aveva più le forze per venirmi dietro. Ho lavorato bene nel vento e credevo di aver vinto, ma non mi ero accorto di Michotte (lussemburghese dell’AG2R Citroen U19, che ha vinto con 27” di vantaggio sull’estone, ndr)».

Pajur Montes 2022
Un selfie sul podio della Coppa Montes, vicino al compagno di colori Viot e a Matteo Scalco (Borgo Molino)
Pajur Montes 2022
Un selfie sul podio della Coppa Montes, vicino al compagno di colori Viot e a Matteo Scalco (Borgo Molino)

La Bora già lo aspetta…

Romet lo abbiamo visto correre anche in Italia, finendo secondo alla Coppa Montes. Perché un’altra delle sue caratteristiche è proprio questa: ogni volta che corre vuole concretizzare la sua partecipazione con qualcosa di produttivo, se non la vittoria un piazzamento. Nel 2021 ha gareggiato 13 giorni con 7 Top 10 e una vittoria, quest’anno in 7 giorni di gare al massimo livello vanta tutti piazzamenti fra i primi 10 e, oltre a quello freschissimo del Fiandre, un altro successo, fra l’altro sempre nella Corsa della Pace, come lo scorso anno. Dove, pur correndo nella nazionale estone, non ha mancato di dare una mano ancora a Herzog e questo i dirigenti del team tedesco lo hanno molto apprezzato e segnalato ai quartieri alti…

Certo, parliamo di un diciassettenne atteso a questo punto da una prestazione importante nelle prove titolate di categoria. Ma il suo esempio insegna anche che un talento si giudica sì dai freddi numeri, ma anche da come interpreta la corsa, da come vive questo mestiere. Si può stare tranquilli che quelli della Bora non se lo faranno rubare da sotto il naso…