Van der Poel, Alaphilippe e il plotone degli sconfitti

05.03.2023
5 min
Salva

Mentre Pidcock se ne andava con un sorriso grande così, le vie del centro di Siena si riempivano del solito struscio. Ogni tre passi, camminando dalla sala stampa alla macchina, sentivi però parlare della Strade Bianche appena conclusa. Nel frattempo, il plotone degli sconfitti riguadagnava la via dell’hotel, rimuginando e meditando rivincite più o meno immediate. Su tutti Van der Poel, il favorito per eccellenza, anche se lui per primo ha fatto di tutto per allontanare da sé il calice della responsabilità.

«Dopo tutto – dice Mathieu Van der Poel – le sensazioni non erano poi così male. Personalmente non mi aspettavo di vedere già la miglior versione di me stesso. Sono abbastanza forte per correre, ma non per vincere una corsa così dura, che per giunta era la prima gara su strada dell’anno. Ho bisogno di costruirmi una base più solida. Sono sopravvissuto bene allo sterrato più duro, ma le gambe non erano abbastanza buone per rispondere all’attacco decisivo».

Sul manubrio di Van der Poel in bella evidenza i settori di sterrato e la gestione dei rifornimenti
Sul manubrio di Van der Poel in bella evidenza i settori di sterrato e la gestione dei rifornimenti

Ritardo previsto

Non si può dire che non ci abbia provato. Al punto che quando Tom Pidcock davanti aveva già preso un margine preoccupante, è stato lui a forzare la mano, sperando di avere risposte che invece non sono arrivate.

«Se sono preoccupato per le prossime settimane? No. Dopo tutto – prosegue Van der Poel – non sono troppo deluso. La prossima settimana continuerò a costruire la forma alla Tirreno-Adriatico, che è esattamente quello che avevamo in mente quando abbiamo pianificato il mio calendario. Sapevamo da tempo che il periodo tra i mondiali di ciclocross e la Strade Bianche sarebbe stato troppo breve. Sarebbe stato meglio avere più compagni nel gruppo di testa, ma non voglio prenderlo come scusa. Non ho avuto le gambe. L’avevo anche detto ieri, siete voi giornalisti semmai ad aver immaginato che potessi vincere…».

Benoot è arrivato terzo, con il rammarico per la possibile vittoria sfumata
Benoot è arrivato terzo, con il rammarico per la possibile vittoria sfumata

Rammarico Benoot

Tiesj Benoot è arrivato terzo e potrebbe esserne felice, ma è salito e scesi da quel podio con lo sguardo costernato di chi avrebbe voluto e potuto fare di più. Così almeno dice.

«Alla partenza – spiega – avrei detto che un podio sarebbe stato una buona cosa, ora invece so che avevo le gambe per vincere. E’ una doppia sensazione, ora sta venendo fuori un po’ di delusione, che domani potrebbe lasciare posto all’orgoglio. Il rammarico è che forse, essendo in due, potevamo fare meglio. Anch’io ho commesso degli errori.

«Dovremo rivedere la corsa insieme – aggiunge parlando del compagno Attila Valter in corsa al suo fianco – perché quando ci sei dentro è difficile mantenere una visione d’insieme. E’ stato un errore da parte nostra che nessuno dei due sia andato via con Pidcock, che tuttavia è stato il migliore. Penso che siamo stati entrambi tra i migliori in gara, lo abbiamo dimostrato. Peccato però che alla fine non abbiamo raccolto abbastanza».

Attila Valter ha provato a fare il forcing, ma ha pensato da individuo e non da squadra
Attila Valter ha provato a fare il forcing, ma ha pensato da individuo e non da squadra

Le scuse di Attila

Gli fa eco Attila Valter, passato proprio quest’anno dalla Groupama-FDJ alla Jumbo Visma e già pimpante e potente come tutti i suoi nuovi compagni di squadra. Anche questa volta i gialloneri d’Olanda hanno offerto una prova di grande esuberanza atletica, pur fermandosi al terzo posto con Benoot. Perché non si sono messi d’accordo per andare a prendere Pidcock?

«Dovevo comunicare meglio con Tiesj – dice l’ungherese Attila Valter – e decidere di sacrificarmi per lui. Il podio non è abbastanza per gli standard della Jumbo-Visma. Però posso essere soddisfatto della mia prestazione odierna. Concludo quinto alla mia seconda Strade Bianche, l’anno scorso era arrivato quarto. Se mi confronto con Nathan Van Hooydonck, posso ancora migliorare. Lui conosce Tiesj da tempo e si sarebbe comportato diversamente. Dateci ancora qualche corsa e andrà molto meglio. Alla fine è solo la mia prima gara con lui».

Alaphilippe non è riuscito a rispondere al forcing, quando Bettiol e poi Pidcock hanno attaccato
Alaphilippe non è riuscito a rispondere al forcing, quando Bettiol e poi Pidcock hanno attaccato

Problema di gambe

E poi c’è Alaphilippe e quella frase di Bramati alla vigilia: «Sabato sarà diversa». Il francese non ha mai brillato nel vivo della corsa, lasciando che a seguire Bettiol fosse Bagioli.

«Come mi sento?», così debutta il francese, che sul traguardo di Siena si è piazzato 43° a 5’52”. «Sono stanco. Abbiamo provato a fare la gara – dice – e con la squadra siamo sempre stati ben piazzati. Sfortunatamente, ho sentito presto che le mie gambe non erano eccezionali. Ho fatto quello che potevo, ma non è stata una giornata fantastica. Non voglio trovare scuse. Ero sempre al posto giusto grazie ai miei compagni di squadra, ma le gambe non erano abbastanza buone per stare davanti. Continuo ad amare questa gara, anche se oggi ero un po’ meno in forma. Se sono preoccupato per le corse fiamminghe? No, perché dovrei? Ci sono cose peggiori nella vita».

Formolo è stato il migliore degli italiani: 9° a 1’23” da Pidcock
Formolo è stato il migliore degli italiani: 9° a 1’23” da Pidcock

Formolo nei 10 

Il primo italiano all’arrivo è stato Davide Formolo, nono a 1’23”. La sua corsa doveva essere in appoggio per Tim Wellens, che è arrivato a Siena dopo il quinto posto di Kuurne. Poi in realtà il belga è finito alle spalle del veronese.

«E’ stata veramente dura – dice Formolo – sul Sante Marie abbiamo perso un attimo come squadra, allora ho dovuto chiudere sulla fuga di Bagioli. Poi sfortunatamente Wellens ha avuto un problema meccanico ed è rimasto indietro, ma a quel punto aveva già speso tanto. Già prima sarebbe stato difficile battersi con i migliori, a quel punto era andata. Quando è partito Pidcock, era impossibile tenerlo. Mi dispiace perché forse potevamo vincere la corsa, per cui adesso ci concentreremo sulla Tirreno-Adriatico, dove arriverà anche Almeida. Mamma quanto sono stanco…».

Lapierre Xelius SL3, nel dettaglio la bici di Attila

23.04.2022
5 min
Salva

Attila Valter, una del sorprese del Giro d’Italia 2021 e corridore atteso per la prossima edizione della corsa rosa. Al Tour of the Alps abbiamo fotografato la Lapierre Xelius SL3 del corridore ungherese (la stessa con cui ha corso Thibaut Pinot, vincitore ieri dell’ultima tappa). Ruote medio/basse, due dischi freno da 140 e le corone grandi, queste le preferenze dell’atleta ungherese.

La Lapierre Xelius SL Team 2022
La Lapierre Xelius SL Team 2022

Tanti spessori sotto il manubrio

Come già evidenziato in passato, il gruppo degli scalatori del team transalpino non adottano dei setting estremizzati ed eccessivamente caricati sull’avantreno. Tra lo stem e la battuta dello sterzo ci sono parecchi spessori che aiutano a non comprimere il diaframma in fase di respirazione. Tutti gli atleti usano la piega full carbon integrata Lapierre con i pulsanti climber nella sezione posteriore.

La trasmissione, un mix tra forza ed agilità

Le corone 54-40 sono abbinate alle pedivelle Dura Ace della generazione precedente. Questa combinazione è quella preferita da Attila, con i pignoni posteriori 11-34. Tutto sommato non è una cosa usuale, in particolare la scelta della corona anteriore più piccola da 40 denti. Buona parte dei suoi colleghi opta ancora per il 39.

La Prologo Nago Evo PAS CPC
La Prologo Nago Evo PAS CPC

Una Prologo Nago Evo CPC

L’atleta ungherese preferisce una sella con la lunghezza tradizionale e con gli inserti CPC. La larghezza di questo modello è di 141 millimetri, una soluzione che per certi versi è parallela a quella di Romain Bardet. Ovvero, corridori alti e filiformi, stretti nella zona del bacino che utilizzano selle con larghezze medie.

Ruote C36 e tubolari

Nelle tappe al Tour of the Alps abbiamo visto Attila Valter con le Dura Ace C36, quelle di ultima generazione e con la predisposizione al tubolare. La scelta è caduta sulle Continental Competition LTD da 25 millimetri di sezione.

Thibaut Pinot, solo per citare un esempio, opta per il profilo da 50 e gomme tubeless. Rimaniamo nella parte bassa della bici, per segnalare i due dischi freno da 140 millimetri di sezione e i perni passanti Shimano, quelli con la linguetta che non ha bisogno della chiave a brugola per la rimozione della ruota.

E la Lapierre di Pinot? Eccola

Vince l’ultima tappa del Tour of the Alps 2022, non sarà al via del Giro d’Italia, ma torna ad essere protagonista. Thibaut Pinot e la sua Lapierre Xelius SL3, sempre con le Dura Ace C50, i tubeless da 25 e quei tre centimetri di spessori (stem/sterzo). Pinot non usa una sella corta, ma il modello Prologo Nago Evo CPC con lunghezza tradizionale e larghezza da 134 millimetri.

Il Giro, la maglia rosa: 10 milioni di ungheresi aspettano Valter

25.03.2022
4 min
Salva

Cresce l’attesa per il via del Giro d’Italia. Cresce per questa insolita partenza dall’Ungheria, al netto di un guerra che è appena al di là del confine. Ma se noi aspettiamo il Giro in quanto è la “nostra” corsa, c’è un corridore che più di altri aspetta proprio la partenza da Budapest. E’ Attila Valter.

Abbiamo imparato a conoscerlo lo scorso anno proprio sulle nostre strade, quando per tre giorni indossò addirittura la maglia rosa. Fu Bernal, il vincitore finale, a sfilargliela.

“Motivazione alle stelle” aveva scritto Valter alla news della partenza da Budapest (foto Instagram)
“Motivazione alle stelle” aveva scritto Valter alla news della partenza da Budapest (foto Instagram)

Emozione e pressione

«Quando sento la musica del Giro è sempre un’emozione – racconta Valter – E quest’anno sarà davvero strano partire da Budapest (la sua città natale, ndr). Mi piace correre in Italia, le gare sono belle e la maggior parte è adatta a me, quindi sì: è strano.

«Sento molto questo appuntamento, ovviamente. L’ho aspettato a lungo, ma ho anche un po’ di paura perché ora c’è sempre più gente che mi guarda nel mio Paese. Penso che a maggio ci saranno 10 milioni di persone che si aspettano dei buoni risultati da me. Non è una cosa facile. E anche io metto pressione su me stesso».

«L’organizzazione è “affamata”. So che stanno facendo un ottimo lavoro. Hanno coinvolto parecchie persone, ci sono eventi di lancio. E poi vedo le reazioni sui miei social. Ho migliaia di commenti. Persone che mi dicono che ci saranno. Che arriveranno sulla linea di partenza. Il Giro sarà l’evento principale nel mio Paese».

Attila ci tiene, ed era auspicabile tutto ciò. La scorsa volta dal team ci avevano detto che la conquista della maglia rosa aveva apportato una svolta alla sua notorietà, ma sinceramente non immaginavamo a tal punto. Però fa piacere e ci dice, ancora una volta, di cosa sia il Giro nel mondo. Magari vendendolo diversamente si potrebbe essere un po’ meno “tour-centrici”. Ma questo è tutt’altro discorso. Usciamo dalle divagazioni.

Attila Valter contento al termine della Strade Bianche (dove è stato 4°). Una risposta positiva dalla preparazione invernale
Attila Valter contento al termine della Strade Bianche (dove è stato 4°). Una risposta positiva dalla preparazione invernale

Gambe buone 

La voglia di fare bene però non basta. E Valter lo sa bene. Bisogna allenarsi, migliorare costantemente per essere al passo e migliorare ancora di più per scalare le classifiche. E nella Groupama-FDJ è proprio quel che stanno facendo con Attila.

Una crescita graduale per lui. Il motore c’è ma va sviluppato, così come lo stare in gruppo. In tal senso il quarto posto a Siena è un ottimo indizio. Certo le tappe ungheresi non saranno facili per lui. Sia perché non sono adattassime alle sue caratteristiche, sia perché sarà marcatissimo.

«Ho avuto un inizio di stagione normale – dice Attila – Mi sentivo forte nelle prime due gare soprattutto, poi mi sono calmato un po’. Ho un buon numero di corse nella gambe, sto bene, ma andare forte in un grande Giro è davvero difficile, non è solo questione di allenamento». 

Lo scorso anno ha capito che un grande Giro è molto di più. E’ concentrazione costante, rendimento sempre alto, pressioni… è il superare le giornate no. E in quei tre giorni in rosa ha davvero imparato molto.

Valter a tutta verso Campo Felice per difendere la rosa. Il suo impegno non basterà, Bernal gliela sfilerà per 43″
Valter a tutta verso Campo Felice per difendere la rosa. Il suo impegno non basterà, Bernal gliela sfilerà per 43”

Attila e il ciclismo ungherese

Come ci accennava anche il diesse Mauduit, Valter ha impresso una bella svolta alla diffusione del ciclismo in Ungheria, se non altro per il seguito. E tutto sommato lui stesso conferma.

«Ci sono sempre più professionisti – dice il corridore della Groupama-FDJ – per questo penso sia una progresso normale. E questo aiuta molto. Due o tre anni fa mi sono reso conto che c’erano tante persone a cui piaceva andare in bici in Ungheria, ma lo facevano quasi di nascosto perché non era il nostro sport principale. Poi ho capito che molti guardavano Tour de France e tanti il Giro e dopo la mia maglia rosa ci sono più persone che guardano le gare».

“In bici quasi di nascosto”: anche il suo inizio con la bici non è stato così scontato o lineare.

«Tutti i bambini – spiega Valter – sanno andare in bicicletta e tutti la usano qui come ovunque, ma un bambino francese, tedesco o olandese vede i corridori in qualche corsa e dice: voglio essere come loro. In Ungheria non era possibile. Al liceo sono andato in una scuola di sport. Tutti giocavano a pallamano, calcio, nuoto… quindi era un po’ strano che l’unico tra 500 persone ad andare in bici fossi io».

Andiamo con Valter a scoprire il suo amato Giro “ungherese”

21.02.2022
5 min
Salva

E poi fra gli ungheresi in odore di Giro, c’è Attila Valter (in apertura foto Instagram – @equipegroupamafdj). Lo scorso anno, lo ricorderete, indossò la maglia rosa per tre giorni. Un momento che a quanto pare gli ha cambiato la vita. Adesso non è più uno dei tanti…

Valter, della Groupama-FDJ, tornerà sulle strade del Giro d’Italia. L’obiettivo è quello di migliorarsi, anche se non è ancora il momento di fare classifica, nonostante l’anno scorso abbia concluso la corsa rosa al 14° posto. 

Alla notizia che il Giro sarebbe partito dall’Ungheria, Valter ha postato questa foto su Instagram. “Motivazione alle stelle”, aveva scritto
Alla news che il Giro sarebbe partito dall’Ungheria, Valter ha postato questa foto su Instagram. “Motivazione alle stelle”, aveva scritto

Voglia di Giro

Questo ragazzo ungherese è letteralmente innamorato del Giro e la grande partenza da casa sua, da Budapest, lo mette ancora più sulle spine. Probabilmente la sua squadra lo avrebbe spedito in Italia lo stesso, ma è stato anche lui a proporsi. Csomor, il centro da dove viene, infatti si può dire sia un distretto di Budapest, un sobborgo che sorge una dozzina di chilometri a Nord-Est della capitale ungherese, dove tra l’altro risiede anche Erik Fetter, intervistato pochi giorni fa. E’ un’occasione più unica che rara per Attila.

«Sì, per lui è una grande occasione – afferma il suo diesse, Philippe Mauduit – certo, le cose sono state messe in chiaro sin da subito con lui: noi andiamo al Giro per Demare e Attila sarà un po’ isolato. Ma sappiamo che si può fare, che potrà avere i suoi spazi e fare bene lo stesso. Lui è supermotivato, specie con questa partenza dall’Ungheria».

«Lo scorso anno ha portato anche la maglia rosa e questa gli ha dato tantissimo. Ha ricevuto molto sia da un punto di vista ciclistico che extraciclistico. Adesso in Ungheria lo riconoscono».

E su questo aspetto giungono rumors davvero curiosi. Le richieste da parte dei media su di lui sono state così tante che Valter sembra sia stato costretto a cambiare numero di cellulare. Meglio così! Un buon segnale per l’atleta, ma soprattutto per il ciclismo ungherese. Avere nei prossimi anni un nuovo bacino ciclistico importante può solo che far bene al nostro sport.

L’ungherese (classe 1998) in rosa scortato dai suoi compagni, ma l’anno scorso non c’era Demare…
L’ungherese (classe 1998) in rosa scortato dai suoi compagni, ma l’anno scorso non c’era Demare…

Scalatore tra i velocisti

Tornando a Valter, non deve essere facile sapere di essere l’unico uomo da classifica in una squadra votata al velocista. E’ un po’ come correre da isolati, come si faceva all’inizio del ‘900! Ovviamente non è così, però…

«Sapendo che la Groupama-FDJ al Giro è costruita attorno a Demare – riprende Mauduit – non è facile per lui, ma come ho detto Valter è motivato. E’ stato lui ad aver chiesto di essere portato al Giro.

«L’unica cosa che potremmo fare è che uno degli uomini di Demare sarà un “mezzo scalatore”. Quel corridore che magari dovrà aiutare Arnaud nei finali più duri per non perdere la volata, potrebbe stare vicino ad Attila nelle fasi iniziali delle tappe in salita».

In ritiro a Tenerife con la squadra, ecco Valter (a destra) con Pinot (foto Instagram)
In ritiro a Tenerife con la squadra, ecco Valter (a destra) con Pinot (foto Instagram)

In gruppo, che fatica…

Alla luce di queste dichiarazioni, probabilmente, vedremo un Attila Valter correre sulle ruote degli altri? Il che ci starebbe. Tutto sommato non sarebbe spettato a lui, né alla sua squadra, fare la corsa.

«L’obiettivo di Valter al Giro è quello di migliorarsi: non tanto nella classifica nel testa a testa con i big, perché non è ancora pronto, ma di sfruttare le fughe».

«Attila è ancora giovane. Lo porteremo come leader in qualche corsa a tappe in futuro, ma non ancora. Perché? Perché come ho detto è giovane, ci sono cose che ancora deve imparare. Non ha molta esperienza. Anche in Algarve per esempio, dove ha corso in appoggio di Gaudu, ha avuto qualche problema per stargli vicino.

«Problemi non di ritmo, ma nello stare in gruppo. Sapete – e qui Mauduit fa un ragionamento molto interessante – i ragazzi come Attila che vengono da Peasi ciclisticamente piccoli fanno fatica in certe situazioni perché da bambini corrono in pochi, non crescono con l’abitudine di correre in 200 e quando ci si ritrovano hanno delle difficoltà. Specie se devono svolgere ruoli specifici».

Grande sinergia fra Lapierre e la Groupama-FDJ: entrambi hanno investito molto sulla crono. Qui, Valter al Giro 2021
Grande sinergia fra Lapierre e la Groupama-FDJ: entrambi hanno investito molto sulla crono. Qui, Valter al Giro 2021

Motore sì…

Ma se dal punto di vista tecnico Valter ha qualche difficoltà, da quello del motore sembra invece in netta crescita.

«Il gap con David Gaudu e Thibaut Pinot si è molto ridotto – afferma Mauduit –  lo abbiamo visto anche nei ritiri. Ed è per quello che puntiamo molto su questo ragazzo. Ha qualità fisiche e anche qualità mentali».

Mauduit parla di un ragazzo che ha voglia di imparare, di mettersi in gioco. Anche a crono, per esempio, lui e il suo team hanno lavorato.

«E tanto – conclude Mauduit – per noi è troppo importante che i ragazzi sappiano esprimersi al meglio nelle cronometro. E non solo per una questione di prestazione, ma anche di guida. Non ci devono lavorare solo gli specialisti. E quando poi c’è una cronosquadre? Si rischia che vadano tutti per terra».

Aspettiamoci quindi un Valter col coltello tra i denti. Nelle prime frazioni in Ungheria, si vorrà mettere in mostra, ma forse non avrà il terreno ideale. Invece, visto come andò l’anno scorso, saranno le prime tappe italiane, quelle sulla terra ferma che potrebbero strizzargli particolarmente l’occhio. In fin dei conti prese la maglia rosa sul duro arrivo di Ascoli, a San Giacomo…

Fetter 2021

Dall’Ungheria arriva Fetter ed è pronto a stupire

26.10.2021
5 min
Salva

«Sto cercando d’imparare, la prossima volta mi piacerebbe fare l’intervista in italiano…». La chiacchierata con Erik Fetter inizia da qui, mentre sta vivendo finalmente un po’ di riposo nella sua Budapest, città che ricorre spesso nei suoi discorsi a conferma della nostalgia di casa. Fetter è uno dei tanti giovani talenti dell’Eolo Kometa, messosi in evidenza soprattutto nella seconda parte della stagione con una vittoria di tappa al Tour du Limousin ma soprattutto sfiorando il podio fra gli Under 23 agli Europei di Trento.

Con lui, ma anche con Attila Valter, avversario su strada ma buon amico fuori dalle competizioni, l’Ungheria sta scoprendo il ciclismo (senza dimenticare Kata Blanka Vas fra le donne, uno dei migliori prospetti multidisciplinari al mondo). Nel Paese magiaro le due ruote non avevano mai vissuto molta popolarità, il miglior corridore era stato Laszlo Bodrogi sul finire del secolo, un buon pro’ ma nulla più. Ora invece le prospettive sono ben diverse, con giovani che reclamano il loro spazio in un ciclismo molto più globalizzato.

E’ quasi un caso che Erik Fetter sia ora protagonista sulle strade internazionali, alle sue radici non era proprio il ciclismo la prima scelta: «Mio padre Gyorgy è stato un nazionale di atletica, correva i 100 e 200 metri e ha partecipato anche alle Olimpiadi di Seoul 1988. Lo sport ha sempre fatto parte della mia famiglia. La prima bici l’ho avuta a 6 anni, è passata davvero un’eternità… Seguivo mio fratello che si allenava in bici e pian piano mi è venuta la passione, prima per la Mtb e poi su strada».

Com’è la situazione del ciclismo nel tuo Paese, è più seguito?

Se devo fare il paragone con soli 5 anni fa è tutta un’altra storia. Prima era una disciplina di nicchia, ora invece è molto più seguito e penso che lo sarà sempre di più. Il prossimo anno il Giro d’Italia partirà da Budapest, so già che sarà una grande festa, molto seguita sulle strade e in televisione, già se ne parla molto e ci si sta lavorando. Io credo che sarà un momento di svolta.

Perché?

Credo che darà una grande spinta, sia a noi atleti ma soprattutto alla città che si potrà mostrare al mondo in tutta la sua bellezza. Io sono convinto che in pochi anni il ciclismo potrà diventare una delle discipline guida del nostro Paese, ma chiaramente molto dipende da quanto potremo fare noi pro’, ossia io e Attila che siamo i più giovani e in rampa di lancio.

Tu quest’anno, tra le varie gare alle quali hai partecipato eri anche al al Giro di Ungheria, avere una vetrina in casa che effetto ti ha fatto?

Bellissimo, ho potuto toccare con mano la maggiore attenzione che il ciclismo riscuote dalle mie parti. Nella penultima tappa ho anche sfiorato la Top 10 e nell’ultima, disputata tutta a Budapest, c’era tantissima gente ai bordi delle strade. E’ una manifestazione in grande crescita (vinta dal britannico Howson con il nostro Tiberi terzo, ndr).

Fetter Europei 2021
In stagione Fetter ha corso 41 giorni, con 2 vittorie e il 4° posto agli europei U23
Fetter Europei 2021
In stagione Fetter ha corso 41 giorni, con 2 vittorie e il 4° posto agli europei U23
Come ti sei ritrovato a correre in Italia?

Lo scorso anno avevo firmato il contratto con la Kometa in Spagna, dopo un anno nella Pannon, formazione Continental del mio Paese. Poi la squadra si è spostata in Italia e sono un po’ cambiate le mie prospettive. A conti fatti è stata una fortuna, mi trovo benissimo in Italia e non solo per il cibo… Abito a Jesolo, sono sul mare ma con le Alpi a pochissima distanza, poi adoro Livigno, per me è il posto più bello al mondo.

Sei soddisfatto della tua stagione?

Abbastanza, anche se gli inizi non erano stati semplici, per l’ambientamento ma anche per trovare la mia dimensione, infatti sono andato meglio nella seconda parte dell’anno. Comunque con 41 giornate di corsa e 2 vittorie non posso lamentarmi. Devo dire grazie ai tecnici del team, che hanno avuto pazienza e mi hanno sempre incitato e fatto i complimenti, ma voglio e posso dare molto di più.

Fetter Eolo 2021
Nato il 5 aprile 2000, Fetter è al 4° anno da pro’, nel 2021 ha vinto il titolo nazionale a cronometro
Fetter Eolo 2021
Nato il 5 aprile 2000, Fetter è al 4° anno da pro’, nel 2021 ha vinto il titolo nazionale a cronometro
Ti sei fatto un’idea di che cosa puoi fare in questo ambiente?

Ancora no, penso che la prossima stagione sarà decisiva in tal senso. Finora sono stato un corridore che si adattava in qualsiasi situazione, nelle classiche di un giorno come nelle corse a tappe, in salita come in pianura. Voglio capire se posso fare non solo bene, ma meglio in qualcosa e per questo il 2022 sarà molto importante.

C’è qualche gara in particolare che sogni di conquistare?

Intanto vorrei prendere parte al Tour de France, per me è il sogno di ogni ciclista. Poi vorrei tanto vincere una medaglia alle Olimpiadi o ai Mondiali, credo che darebbe un senso compiuto alla mia attività. Mio padre a Seoul sfiorò l’ingresso in semifinale: so che posso renderlo ancora più orgoglioso di me. Spero tanto di essere l’anno prossimo alla partenza del Giro a Budapest, vederlo all’arrivo e magari regalargli una gioia…

Con la maglia rosa alla scoperta del dolore

16.05.2021
6 min
Salva

A prescindere dal fatto che oggi perda la maglia rosa oppure la tenga, ci sono state alcune parole di Attila Valter e del suo direttore sportivo Philippe Mauduit sulla soglia del dolore, pronunciate subito dopo la tappa di San Giacomo, che continuavano a risuonarci nella testa.

«Se mi convinco davvero di qualcosa – aveva detto l’ungherese – la mente sposta avanti il limite e a quel punto non c’è niente di impossibile».

Il tecnico francese era entrato più nel dettaglio: «Una cosa che abbiamo notato subito è la capacità di farsi del male quando è in difficoltà o quando ha un obiettivo. Sa andare oltre la soglia del dolore e lo fa razionalmente. Se lui si convince che può farlo, di solito lo fa. E’ grintoso. Se molla la presa, vuol dire che è davvero morto».

La maglia rosa è un bel peso da portare, in corsa si sente…
La maglia rosa è un bel peso da portare, in corsa si sente…

Il riferimento alla soglia del dolore ci ha riportato agli interminabili discorsi sul tema con Marco Pantani, capace di andare oltre quel livello, portando i suoi rivali in una zona sconosciuta di cui spesso avevano paura. Per capire meglio ci siamo rivolti a Elisabetta Borgia, psicologa e mental coach, che collabora con la Trek-Segafredo e svariati altri atleti.

Come si fa a decidere di soffrire?

Ognuno trova il pulsante per tirare fuori il meglio da se stesso. Sono doti diverse, tratti della personalità. Ci si arriva tramite la razionalità estrema, come magari nel caso della maglia rosa, oppure per istinto e mi viene in mente Alaphilippe.

Parliamo del pulsante?

Ciascuno di noi è razionalità, emozione e comportamento. Le percentuali con cui questi tre fattori si mescolano dipendono da persona a persona. Se il nostro approccio con la vita è legato soltanto alla logica e tagliamo totalmente le emozioni, alla lunga avremo dei problemi. Idem per il contrario. Uno dei meccanismi più diffusi è quello della profezia che si autoavvera, la self fulfilling prophecy, per la quale le convinzioni che abbiamo determinano la realtà. Ci convinciamo così tanto che alla fine funziona. Una sorta di effetto placebo.

Nel famoso giorno di Montecampione al Giro del 1998, Pantani portò Tonkov oltre il limite del dolore e il russo ne ebbe paura
A Montecampione nel Giro del 1998, Pantani portò Tonkov oltre il limite del dolore
Una sorta di volere è potere?

Alla base però c’è un allenamento mentale. Gli atleti hanno a disposizione un’infinità di dati sulla propria fisiologia, ma l’aspetto mentale è cruciale. Marc Madiot, per cui corre Attila Valter, lavora molto sui punti di forza. E’ bravo a tirare fuori il meglio dai suoi ragazzi, puntando sull’allenamento e anche sull’aspetto motivazionale. In ogni caso, ciò che accomuna la gestione razionale e quella istintiva, è il senso di responsabilità nei confronti del proprio futuro. La fiducia in se stessi, il credere di poter dare una svolta alla propria vita, contrapposto all’atteggiamento di chi non crede in se stesso.

Come si fa a imporsi la sofferenza e accettare il dolore?

E’ il momento più difficile da gestire. Sei a tutta, quindi sei vulnerabile, fragile. Ognuno di noi ha una soglia della sofferenza, il fatto di saper andare oltre dipende da quanto sei mentalizzato in partenza e da quanto sei efficace nella tua azione. Se sei in forma, ti viene più facile.

Puoi entrare più nel dettaglio?

Quando feci il Master in Psicologia dello Sport, il dottor Vercelli diceva che quando siamo alla frutta, abbiamo ancora un 5% da dare. E faceva l’esempio della madre che vede il figlio in pericolo e per salvarlo compie gesti fuori da ogni schema.

Oggi al via, Attila sa che Bernal, Evenepoel e Ciccone lo attaccheranno: come reagirà?
Attila sa che Bernal, Evenepoel e Ciccone lo attaccheranno: come reagirà?
Quindi è qualcosa che non si può allenare?

Qualcosa si può fare. Dipende dal dialogo interno. Nel momento in cui siamo a tutta e ci spingiamo verso quella porta, qualcosa ci stiamo dicendo. Pensateci. Quando fate uno sforzo molto intenso, non parlate con voi stessi? Di solito ognuno di noi si incita. Oppure visualizza l’immagine dell’arrivo in cima e dell’obiettivo raggiunto. Bisogna imparare a trasformare in termini positivi quello che ci diciamo ed escludere tutto il resto.

Escludere cosa?

La nostra mente ha il limite di processare un’informazione per volta. Se adesso io vedessi qualcosa che mi distrae, automaticamente smetterei di ascoltarti. Staccherei l’attenzione dal primo obiettivo. Se l’atleta vuole rendere al massimo, non deve pensare ad altro. Questa capacità va allenata. Per contro, capita che arrivi da me il professionista che non ce la fa più, che parla di «vomito da fatica». Che non riesce più a reggere perché magari è un po’ depresso ed è entrato in un circolo vizioso.

Le preoccupazioni della vita quotidiana limitano la capacità di soffrire e accettare un altro dolore?

Quando l’atleta porta le sue problematiche, è chiaro che non si parla più solo di sport. Parliamo prima di tutto di uomini e donne. In quei casi, non si possono fare miracoli, ma si lavora per scindere i due aspetti per il breve tempo necessario. E’ un palliativo, perché le due sfere sono integrate. Il massimo che puoi fare è lavorare sulla superficie e sulla concentrazione per portare a casa il risultato.

Ultimo aspetto. Inizialmente hai parlato della quantità di dati che si hanno a disposizione. Esiste un rovescio della medaglia?

Al riguardo ho una visione… equilibrata. Il ciclismo ha avuto un’evoluzione incredibile, sul fronte degli strumenti e per la necessità di limare ogni dettaglio, dalla bici al peso. Il corridore è iperstimolato su più fronti e si rischia che abbia sempre più bisogno di un supporto esterno per sapere cosa fare. Bennati mi raccontava che atleti più giovani non sono capaci di allenarsi se la batteria dell’Srm è scarica. Per me la via di mezzo è quella maestra.

Ieri verso Guardia Sanframondi qualcuno ha visto primi segnali di cedimento nell’ungherese
Ieri verso Guardia Sanframondi qualcuno ha visto primi segnali di cedimento nell’ungherese
Vale a dire?

Non ci si può più allenare come Coppi, ma torniamo alle sensazioni. Ho caricato i dati su Training Peaks, ho mandato i file al coach. Tutti sanno come sto, ma io come mi sento? Le corse si vincono con i watt, ma anche con le azioni creative. Una cosa che mi sembra sempre strana è vederli arrivare stravolti sul traguardo, quasi barcollare, eppure schiacciare il tasto sul computerino. Cosa cambia se non lo fai? E siccome i più giovani copiano i pro’, si rischia di creare un esoscheletro, ma dentro non c’è niente e poi succede che il corridore arrivi al burnout (molto interessante una precedente intervista con Elisabetta Borgia sulle motivazioni che portarono al ritiro Tom Dumoulin, ndr).

Quindi la morale qual è?

Bisogna lavorare sulla formazione dei direttori sportivi nelle categorie giovanili, è l’unico modo.

Attila terrà la maglia rosa? Le sue parole fanno pensare davvero a un atleta capace di motivarsi fino a far avverare la sua profezia. Se mollerà, come dice Mauduit, avrà dato davvero tutto. Sapremo tutto fra poche ore. Speriamo di avervi dato un’altra chiave di lettura per la tappa di Campo Felice. Ma quanto è bello il ciclismo? E quanto c’è ancora da imparare?

Una call su Skype per portare Attila alla Groupama

14.05.2021
3 min
Salva

Come è stato che Attila Valter sia approdato alla Groupama-Fdj lo spiega assai bene Philippe Mauduit, il più italiano dei francesi in gruppo. L’intuizione fu di Yvon Madiot, il fratello minore di Marc e suo socio nello squadrone della maglia rosa. Il ciclismo era appena ripartito dal primo lockdown e si era già sparsa la voce che la CCC non avrebbe continuato. E così Madiot si mise a studiare e individuò il nome di quel ragazzino ungherese che di lì a poco avrebbe vinto la corsa di casa lasciandosi dietro Quinn Simmons della Trek-Segafredo.

«Iniziò a martellare Marc – sorride Philippe – sul fatto che dovessimo incontrarlo, perché ne valeva la pena. E così ad agosto facemmo una call a tre su Skype. Yvon, Attila e il sottoscritto. Parlammo per mezz’ora e vedemmo che malgrado fosse davvero giovane, aveva appena compiuto 22 anni, aveva le idee chiarissime. Alla fine la scelta di prenderlo venne quasi da sé e lui parve molto contento di accettare».

Vuelta a Burgos 2020: concentrato e furibondo dopo una caduta, in attesa dell’ammiraglia
Vuelta a Burgos 2020: concentrato e furibondo dopo una caduta, in attesa dell’ammiraglia

Soglia del dolore

Da qui a immaginare che in meno di un anno sarebbe arrivata la maglia rosa, il passo è davvero lungo per il ragazzino che aveva vinto l’ultima tappa al Tour de l’Avenir del 2019 e che al Giro dello scorso ottobre si era piazzato 11° nella classifica dei giovani.

«E’ difficile dire il suo valore – spiega Mauduit – perché 22 anni sono davvero pochi per capire. Una cosa che abbiamo notato subito però è la capacità di farsi del male quando è in difficoltà o quando ha un obiettivo. Sa andare oltre la soglia del dolore e lo fa razionalmente. Se lui si convince che può farlo, di solito lo fa. E’ grintoso. Se molla la presa, vuol dire che è davvero morto».

La seconda rosa

Le versioni sulla tappa di San Giacomo sono contrastanti. Il corridore dopo l’arrivo ha dichiarato di essere partito sin dal mattino con l’obiettivo di conquistare il primato, mentre il direttore sportivo dice di avergli raccomandato di puntare alla tappa e che la classifica semmai ne sarebbe stata una conseguenza.

«Gli ho detto di restare concentrato sulla tappa – spiega – perché in salite di questo tipo, se i primi della classifica si fossero guardati, lui sarebbe potuto partire in contropiede e magari vincere. Probabilmente quando si è reso conto che non sarebbe stato possibile riprendere Mader, si è concentrato sulla maglia rosa e ha avuto questa ricompensa eccezionale. Per me la rosa è la maglia più bella al mondo, non so se stanotte riuscirò a dormire. Credo che per la Groupama-Fdj, che pure ha tanti anni nelle gambe, la sola volta prima fu con Bradley McGee al Giro del 2004. Non sono cose banali, ragazzi. Abbiamo preso la maglia rosa!».

In partenza dalle Grotte di Frasassi, con la maglia rosa nella testa
In partenza dalle Grotte di Frasassi, con la maglia rosa nella testa

Una grande scuola

Il senso di enfasi che filtra dalle sue parole dà l’esatta dimensione del prestigio del simbolo ed è ancora più bello pensando che a pronunciarle è un francese, il cui attaccamento al giallo del Tour è notoriamente inscalfibile.

«Dovremo tutti fare lo sforzo di restare con i piedi per terra – dice il tecnico della Groupama-Fdj – perché già la maglia bianca ci era sembrata eccezionale. Così prima di mandarlo a dormire gli ho detto: “Guarda dove ti trovi guarda quali campioni hai attorno e cerca di recuperare. Perché quella gente non ti regalerà niente”. Ma è chiaro che proveremo a tenerla, non si lascia andare un onore come questo e i ragazzi daranno tutto. Sappiamo che sulle montagne troveremo probabilmente corridori più forti di noi, ma in ogni caso daremo il massimo. Nella Groupama del Giro ci sono tre ragazzi molto giovani. Due di 22 anni e uno di 23. Comunque finirà, per loro sarà una scuola straordinaria».

La rosa di Attila, l’ungherese che punta (molto) in alto

13.05.2021
4 min
Salva

Si chiama Attila e già di per sé potrebbe bastare per descrivere la determinazione messa dal ragazzino ungherese nel prendersi la maglia rosa. Ciò che più stupisce però è la sua sicurezza nel raccontare di sé e delle sue intenzioni. Se infatti stamattina alla partenza aveva detto di voler conquistare il primato, la lucidità con cui ha gestito il finale è stata da applauso. E’ partito quarto in classifica a un minuto da De Marchi. E quando il friulano ha alzato bandiera bianca, nella sua testa è scattato il piano. Mentre i commentatori contavano i secondi di Bernal ed Evenepoel e i fotografi non avevano occhi che per loro, dalle retrovie il giovane ungherese ha stretto i denti. E anche se la sua maglia bianca non passava certo inosservata, ha remato a fatica fino al traguardo nello stesso gruppetto di Vlasov, Carthy e Yates e ha conquistato la maglia rosa con 11 secondi di vantaggio su Evenepoel.

«Mi dispiace aver dato una delusione a chi puntava su Remco ed Egan – dice quando gli facciamo notare la singolare situazione – loro avranno certamente delle altre occasioni di divertirsi. Il mio obiettivo del giorno era fare proprio questo, ma ho cominciato a crederci solo ai 2 chilometri dall’arrivo. Ho combattuto buttandoci dentro la mia vita e sono contento che alla fine sia venuta questa ricompensa».

Nella crono di Torino, per Attila un passivo di 53″, non proprio eccezionale
Nella crono di Torino, per Attila un passivo di 53″, non proprio eccezionale

Orgoglio magiaro

Ungherese classe 1998, originario di Csomor alle porte di Budapest, non stava nella pelle all’idea che il Giro del 2020 partisse dalla sua città, ma l’appuntamento è solo rimandato.

«Spero che l’anno prossimo – dice – avrò la chance di far parte ancora del gruppo del Giro, perché correremo in posti stupendi. Da noi il ciclismo è in crescita. Ci servirebbero più squadre continental per permettere ai ragazzi di crescere, ma il livello è buono. Ieri è partito il Tour d’Ungheria, una corsa che ho vinto l’anno scorso. Non siamo francesi né italiani, ma questo non significa che siamo più deboli. Siamo ragazzi forti dal cuore dell’Europa. E se anche mi toglieranno la maglia, sarò pronto a lottare per altre tappe. Le sorprese da parte mia in questo Giro non sono finite».

La resa di De Marchi ha subito riaperto la lotta per la rosa
La resa di De Marchi ha subito riaperto la lotta per la rosa

Zero calcoli

Quel che piace è il suo essere diretto. Anche nell’ammettere di non aver fatto tanti calcoli e in questo forse le sue origini sulla mountain bike hanno avuto voce in capitolo.

«Non ho guardato i numeri mentre salivamo – dice – immagino di aver fatto una prestazione buona, ma non so quanto. Non sapevo nulla e non ho guardato il computer sulla bici. Volevo la maglia rosa e sapevo di dover andare a tutta. Punto. Se mi convinco davvero di qualcosa, la mente sposta avanti il limite e a quel punto non c’è niente di impossibile. Così non mi vergogno nel dire che la mia ambizione di lungo termine è vincere un grande Giro. Quello che è successo oggi e la difesa del primato dei prossimi giorni sarà un bello step nella mia crescita, in attesa di poter venire per puntare alla vittoria».

A Sestola, Attila con i migliori: è scattata così la sua idea rosa
A Sestola, Attila con i migliori: è scattata così la sua idea rosa

Doppia dedica

Ha iniziato sulla mountain bike, approdando alla strada solo da junior. Ugualmente correva per divertirsi, mentre ora lavora sodo per migliorarsi. Da U23 è stato incluso in un progetto continental della federazione ungherese, poi è entrato nell’orbita della CCC Development e da lì è salito nella squadra WorldTour.

«Poi quando si seppe che il team chiudeva – racconta – sono entrato in contatto con questa squadra. Hanno impiegato poco a convincermi, mi hanno fatto sentire che ci tenevano ed è stata una scelta molto buona. Per questo dedico questa maglia a loro e a mio padre che mi ha permesso di seguire questa strada. E da domani credo che inizierà la seconda parte della mia carriera».