Fabrizio Bontempi ha legato indissolubilmente la propria vita ai pedali. E’ partito da bambino ed è arrivato fino al professionismo, dove è rimasto per 10 anni, dal 1989 al 1998. Ha indossato tante maglie prestigiose: da quella della Gewiss a quella di Lampre e Mapei per dirne alcune. Per 5 volte ha preso parte al Giro d’Italia e per 3 alla Vuelta.
Appesa la bici, si è imbarcato nella carriera da direttore sportivo, chiusa nel 2020 con la UAE Emirates. Dopo aver ricevuto tanto da questo mondo, nel 2005, ha deciso di restituire qualcosa ed ha fondato la società giovanile ASD Progetto Ciclismo nel suo paese: Rodengo Saiano (Brescia).


Il progetto
«Dopo tanti anni trascorsi nel mondo del ciclismo – inizia a raccontare Fabrizio – mi è sembrato giusto ridare qualcosa. Il gesto più semplice ed allo stesso tempo doveroso, era quello di fare qualcosa per il movimento giovanile. La società è nata nell’inverno del 2005, ma la prima attività sportiva l’abbiamo iniziata nel 2006. Io all’epoca ero ancora diesse della Lampre, questa per me è sempre stata un’attività “secondaria”. Non è un lavoro, ma una passione. A fine 2020 ho avuto la possibilità di andare in pensione e così ho deciso di dedicarmi maggiormente a questo progetto».


Il motore della passione
«Passione: parola importante – riprende dopo un breve silenzio – perché è quella che tiene in piedi il movimento giovanile. Noi abbiamo 20 collaboratori sempre presenti tra gare e allenamenti: lo fanno tutti guidati dalla passione verso questo sport. Non è mai facile perché si porta via tempo al lavoro e alla famiglia. Grazie all’amministrazione comunale si è costruito un ciclodromo di 700 metri dove i ragazzi possono correre ed allenarsi. In più, questa struttura è utilizzabile da tutta la comunità: dai podisti alle handbike. Le categorie con le quali lavoriamo sono quelle dai giovanissimi agli allievi, purtroppo quest’anno non avevamo il numero per fare la squadra, ma torneremo a farla la prossima stagione».


Le difficoltà non mancano
Il Covid e la crisi economica hanno colpito tutto il movimento sportivo, anche se le colpe non mancano o per lo meno si potrebbe fare di più per sostenere lo sport giovanile.
«La mia impressione – dice Bontempi – che non vuole essere una critica ma un’osservazione, è che ci si curi delle esigenze del professionismo trascurando i ragazzi. Vi faccio un esempio: pre Covid avevamo, nella sola regione Lombardia, 8 gare per la categoria giovanissimi ogni domenica. Invece, domenica scorsa (primo maggio, ndr) nessuna gara e siamo dovuti andare a correre in Veneto. Non è possibile che il Comitato Regionale non pensi e non presti attenzione ad una cosa del genere, a mio avviso avrebbero dovuto agire e cercare di organizzare almeno una corsa. Anche perché noi siamo partiti alle 13 e tornati a casa alle 21, capite che se poi uno ha una famiglia, deve fare dei sacrifici per stare dietro a tutto e non è facile…».


L’esperienza al servizio dei giovani
L’approccio all’attività dell’ASD Progetto Ciclismo è diverso: improntato a fare conoscere ed apprendere ai ragazzi, e non solo, tutto quello che ruota intorno al mondo della bici. Alla base c’è il divertimento nel praticare questo sport.
«Tanti anni di esperienza nel professionismo – racconta con trasporto Fabrizio – mi hanno permesso di avere una visione diversa, direi più ampia. Ci sono tante sfumature e molte cose da valutare in questo sport. Come società, insieme al consiglio direttivo, si è deciso di puntare molto sulla formazione e sull’informazione, sia con i ragazzi ma anche con i genitori. Spesso proprio questi ultimi creano delle problematiche, noi cerchiamo di far passare il messaggio che innanzitutto questo è un divertimento e uno svago. E che i ragazzi devono essere lasciati liberi di fare e di sbagliare».
I corsi sono aperti anche ai genitori, le figure di riferimento dei ragazzi Qui durante la formazione sull’importanza dell’alimentazione nello sport
I corsi sono aperti anche ai genitori, le figure di riferimento dei ragazzi Qui durante la formazione sull’importanza dell’alimentazione nello sport
Scuola di ciclismo e di vita
«I corsi che organizziamo, soprattutto in inverno – riprende l’ex diesse della UAE – servono per far apprendere come si gestisce questo sport, alla base del quale c’è un meccanismo delicato. Abbiamo fatto incontri con la nutrizionista per insegnare a curare l’alimentazione, non per perdere peso ma per uno stile di vita sano. Ho chiamato con noi il medico della Bike Exchange, Carlo Guardascione, per parlare di allergie da polline e polvere, visto che sono aumentati i casi tra i ragazzi. Lasciamo loro tanto spazio, devono imparare a gestirsi. All’inizio i genitori vengono coinvolti per coordinare il tutto e perché è giusto che anche loro siano partecipi, poi crescendo, i ragazzi vogliono essere indipendenti ed è giusto anche questo».


Multidisciplina? Parliamone…
«Gli allenamenti sono importanti per i giovani, e sono anche difficili da organizzare, bisogna sempre variare per mantenerli attenti. Io ho una visione diversa della multidisciplinarietà intesa come attività invernale (ciclocross o MTB, ndr) non mi piace molto. Non parlo di valenza tecnica, semplicemente non trovo utile obbligare un ragazzo a stare in bici 365 giorni su 365. Lo stacco invernale serve per fare altri sport come il nuoto e per svagarsi, ricordiamoci che hanno 16 anni, è anche giusto che escano con gli amici. Devono aver voglia di pedalare, se li obblighi a stare in sella anche a novembre e dicembre poi a marzo non hanno più voglia di allenarsi».