Arteria iliaca, l’incubo del ciclista? Chiediamo al dottore

13.05.2023
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Stybar ha dichiarato pochi giorni fa di essersi sottoposto all’intervento chirurgico per risolvere la patologia dell’endofibrosi dell’arteria iliaca. Un’operazione che come le pedine di “indovina chi” coinvolge gli atleti del gruppo. Negli ultimi anni ha coinvolto, restando in Italia, Erica Magnaldi, Nicola Conci, Luca Chirico, Eugenio Alafaci, Fabio Aru e Alessandro Monaco. Vista la sua natura, legata perlopiù allo sport, agli occhi ignoranti di chi osserva viene vista come un’ultima spiaggia. 

Risponde Guardascione

Nulla di tutto questo. Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla, ci ha infatti spiegato cosa porta alla diagnosi ma sopratutto chi e perché si decide di operare questa parte del corpo ai più sconosciuta. E forse di incubo non si deve parlare…

«Devo premettere due cose – chiarisce Guardascione – perché sono fondamentali. Esiste una predisposizione anatomica, perché non tutti hanno l’arteria iliaca che fa un’ansa, che fa una specie di curva o di ginocchio a livello inguinale. Il secondo fattore predisponente è proprio l’attività ciclistica intensiva. Quindi riguarda i ciclisti, dilettanti, professionisti e quant’altro che praticano da parecchi anni l’attività di endurance».

Il dottor Carlo Guardascione in carriera ha avuto a che fare molte volte con questa patologia
Il dottor Carlo Guardascione in carriera ha avuto a che fare molte volte con questa patologia
Che patologia è?

La patologia si chiama endofibrosi dell’arteria iliaca. Ed è una patologia vascolare ovviamente dovuta all’ispessimento e al restringimento di alcune zone dell’arteria Iliaca, che però sono già anatomicamente anomale. Nel senso che si inspessisce la parete arteriosa nella zona inguinale in soggetti che fanno questo tipo di sport di endurance da parecchi anni (nei giovani, a parte qualche caso eccezionale, non si vede). Hanno quindi un’arteria che fa una specie di ansa, una specie di curva, fisiologicamente. Per cui inspessendo la parete sotto sforzo, si ha un restringimento del flusso sanguigno. Durante lo sforzo fisico deve aumentare il flusso sanguigno agli arti inferiori, se questo flusso sanguigno deve passare in una zona che è stenotica, perché l’inspessimeto restringe il lume, è ovvio, il sangue non arriva e come conseguenza come sintomo prioritario si ha la difficoltà a mantenere lo sforzo e una sofferenza vascolare.

L’arteria iliaca è un vaso sanguigno di grandi dimensioni che si trova nella regione pelvica del corpo umano
L’arteria iliaca è un vaso sanguigno di grandi dimensioni che si trova nella regione pelvica del corpo umano
Qual’è il principale sintomo?

Dolore alle gambe e la mancanza di forza, la perdita di potenza a livello di gamba perché c’è uno strozzamento del flusso di sangue che deve arrivare agli arti inferiori.

Quindi la la diagnosi non è così difficile…

La diagnosi è duplice. Innanzitutto è clinica, nel senso che l’atleta racconta i suoi problemi che hanno tutti una caratteristica comune: il fatto di manifestarsi solo sotto sforzo intensivo. Non avviene a riposo. Poi la diagnosi viene confermata da un esame diagnostico che è un angiografia, quindi un esame con un mezzo di contrasto in cui praticamente viene verificato e visualizzato com’è il decorso dell’arteria iliaca. Generalmente si scopre appunto che a livello inguinale l’arteria ha una malformazione anatomica. Può presentare un’eccessiva lunghezza o una specie di curva che ovviamente, stando seduti sulla bicicletta, quando la posizione di flessione forzata della schiena comprime la zona, dà origine al problema. 

L’intervento chirurgico in cosa consiste?

Consiste nel togliere quest’ansa mettendo uno stent, generalmente in materiale sintetico, con cui si elimina questo strozzamento dell’arteria e il sangue ritorna a fluire normalmente. 

Monaco ha subito la stessa operazione l’estate scorsa, ora è in mezzo al gruppo in forza al team Technipes
Monaco ha subito la stessa operazione l’estate scorsa, ora è in mezzo al gruppo in forza al team Technipes
Con l’operazione si ha la certezza di risolvere il problema al cento per cento?

In grandissima percentuale l’operazione risolve. Nella mia carriera ricordo soltanto di un caso che ha dovuto essere operato due volte, a causa dello scollamento post operatorio nel punto in cui era stata messa la protesi biologica, che ha richiesto un secondo intervento. Però questo fa parte della casistica operatoria di questo tipo di interventi.

Che tempi di recupero si hanno?

Non brevi, perché ci vuole almeno un mese di immobilità assoluta per consentire alle strutture anatomiche di adattarsi al nuovo stent, a questa nuova protesi che è stata inserita e poi una riabilitazione. Per cui, chi va veloce impiega tre mesi. Poi da tre a sei mesi per la guarigione completa.

Lei ha avuto molti casi di atleti con questo tipo di problema?

Certamente sì. Le caratteristiche sono proprio queste, una malformazione anatomica congenita e un’attività ciclistica o di endurance che può capitare anche ai triatleti. Ma anche sciatori di fondo, podisti. Si parla sempre di un’attività prolungata per tanti anni. Due anni fa abbiamo avuto Amanda Spratt che è una donna. La Van Vleuten è stata operata anche lei, che non era una mia atleta, però questo si sa. Così come Aru.

La posizione in sella non è la causa ma è un fattore che può favorire la patologia
La posizione in sella non è la causa ma è un fattore che può favorire la patologia
Quanto passa dai primi sintomi/sospetti alla effettiva diagnosi e decisione di operarsi?

Inizialmente è una cosa che viene piano piano, perché l’endometriosi è il restringimento dell’arteria e non è repentino, ma lento e progressivo. Quindi si parla di settimane e mesi. L’atleta sente un qualcosa di strano poi, magari per un mese non sente più niente. Poi gli ricapita di nuovo… Quindi arrivare alla diagnosi non è mai repentino. Un’angiografia con mezzo di contrasto non è un esame di routine, per cui bisogna farla con una certa cognizione di causa. Quindi la diagnosi non è immediata perché la malattia è progressiva e molto lenta anche nel progredire. Diciamo che ci sono dei fattori predisponenti e anatomici, anche di viscosità, nel senso che se si ha il sangue molto denso si può avere uno stimolo a l’irrigidimento dell’arteria. Un po’ come capita con l’arteriosclerosi coronarica o l’arteriosclerosi cerebrale nelle persone normali. 

In futuro l’atleta può riprendere al cento per cento la sua carriera al massimo livello?

Diciamo che la prognosi è sempre molto buona. Al 100% no, ma almeno un 90% dei ritorno alle prestazioni precedenti alla patologia ci si arriva. Perché è un problema praticamente meccanico, una volta risolto il problema del sangue, in base alle sue qualità ritorna a essere quello che era prima.

Dalla Vuelta ecco la nuova Magnaldi. Pronta a vincere

11.05.2023
5 min
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Alla Vuelta le imprese della Realini hanno fatto passare un po’ in sott’ordine, in chiave italiana, la prestazione di Erika Magnaldi. L’ex granfondista ha confermato la sua grande propensione per le corse a tappe, chiudendo all’ottavo posto dopo essere stata per tutta la settimana a diretto contatto con le migliori.

La sua prestazione assume maggior valore pensando che le cose sarebbero potute andare anche meglio, se la classifica della Magnaldi non fosse stata resa difficile dall’esordio.

«Nella cronosquadre – racconta la ragazza del Uae Team Adq – non siamo andate benissimo, siamo finite fuori dalle prime 10 e abbiamo accumulato un distacco superiore ai 40” che di fatto ha pesato non poco sulla classifica. E’ stato un peccato perché poi non abbiamo sbagliato nulla, siamo sempre rimaste all’avanguardia e la mia posizione finale lo dimostra».

Alla Vuelta la cuneese ha chiuso ottava, a 4’46” dalla vincitrice Van Vleuten
Alla Vuelta la cuneese ha chiuso ottava, a 4’46” dalla vincitrice Van Vleuten
Nella tappa dei ventagli che è costata un grande ritardo alla Realini, tu eri l’unica italiana nel primo gruppo…

Non è stata fortuna, sapevamo che sarebbe stata una tappa difficile e l’avevamo studiata alla vigilia, evidenziando i punti delicati in caso di vento. Ci sarebbe stata battaglia, era chiaro che i team principali si sarebbero fatti la guerra e dovevamo rimanere davanti. Non siamo rimaste sorprese al momento dei ventagli, tanto è vero che alla fine nel primo gruppo eravamo in 3. Devo dire grazie alla squadra perché io patisco molto il vento. Devo dire che quel giorno ho provato una grande soddisfazione.

Com’eri arrivata alla corsa a tappe spagnola?

Ero in una buona forma, ma non al massimo. La ripresa dall’operazione all’arteria iliaca a ottobre è stata lunga e difficile, i dottori mi hanno detto che prima di giugno non avrei potuto ottenere il 100 per cento dal mio rendimento, quindi la mia Vuelta è stata davvero buona e questo mi fa ben sperare per i prossimi impegni.

La piemontese ha avuto un grande supporto dal team, soprattutto nella tappa dei ventagli
La piemontese ha avuto un grande supporto dal team, soprattutto nella tappa dei ventagli
Che dovrebbero prevedere sia Giro che Tour…

Non è ancora ufficiale chi verrà portato alle altre grandi corse a tappe – specifica la Magnaldi – si aspetta di sapere nei particolari come sarà il percorso del Giro d’Italia donne. La cosa comunque non mi spaventa e non sarebbe per me la prima volta, so che le capacità di recupero sono una mia prerogativa.

A tal proposito molto si è discusso sull’anticipo della Vuelta in primavera. Tu sei d’accordo?

Secondo me è stata una buona scelta. Parlo anche per interessi personali, nella collocazione precedente c’era ancora troppo caldo e a me non piace molto, anche se anche questa volta qualche giornata simil estiva l’abbiamo trovata. Il problema è che la Vuelta si è andata a inserire in un mese molto denso, che prevede tante prove a tappe anche in Spagna e infatti non farò tutto. E’ una fase delicata, bisogna lavorare in funzione del Giro, per arrivarci al meglio.

Per Erica l’estate si prospetta impegnativa, con Giro e Tour in rapida sequenza
Per Erica l’estate si prospetta impegnativa, con Giro e Tour in rapida sequenza
La tua preparazione, proprio in virtù della tua operazione, è cambiata?

Non tanto, ma il lavoro è stato molto delicato soprattutto perché ho dovuto completamente cambiare la mia posizione in bici, per non sollecitare troppo la zona interessata dall’arteria. Sono cambiati gli angoli di spinta e ho dovuto fare molto lavoro muscolare. L’inverno è stato difficile, ho potuto allenarmi poco e per questo, prima del periodo delle Ardenne, siamo stati tre settimane e mezzo in altura dove ho accumulato quei lavori e quei chilometri che non avevo potuto fare nei mesi precedenti.

Chi ti allena?

Dario Giovine, il mio compagno, è il preparatore del Team Colpack e un triathleta ancora in attività, oltre a gestire la MenteCorpo Coaching che ha anche un team di mtb di primo piano. E’ stato bravissimo nello riuscire a tenermi a freno dopo l’operazione, io avrei subito ripreso a mille, mi ha fatto fare piccoli passi, facendomi capire che dalla pazienza sarebbero venuti i migliori risultati.

La Magnaldi insieme al suo compagno e preparatore Dario Giovine, decisivo nella sua ripresa
La Magnaldi insieme al suo compagno e preparatore Dario Giovine, decisivo nella sua ripresa
Il lavoro non dev’essere stato semplice dovendo cambiare l’impostazione della pedalata…

Avevo iniziato a farlo già prima dell’operazione, proprio in previsione di questa e devo dire grazie anche ai meccanici di Sport3D che mi hanno molto aiutato in questo. Su questo tema però vorrei dire qualcosa in più…

Prego…

Non è un caso se il 20 per cento dei ciclisti professionisti soffre per questa patologia. Io credo che si possa e si debba fare di più in tema di prevenzione prima di arrivare alla soluzione chirurgica. E’ un ambito non troppo conosciuto, ma ormai ci sono centri in Italia e all’estero che lavorano proprio su questo, per arrivare a una diagnosi precoce. Studiando approfonditamente l’influsso di ogni posizione sul corpo, sul lavoro delle varie parti fisiche si può prevenire il problema.

La sua costanza di prestazioni non è passata inosservata, neanche da parte delle tv spagnole
La sua costanza di prestazioni non è passata inosservata, neanche da parte delle tv spagnole
Tanti piazzamenti, anche quest’anno, ma sinceramente ti manca il sapore della vittoria?

Sì, l’annuso ormai da tempo ma ancora non sono riuscita a metterci le mani sopra. La costanza di rendimento è sempre stata un mio punto forte, ma per vincere serve sempre qualcosina in più e devo ancora trovarla. Io sono sempre più consapevole delle mie possibilità, devo ancora scalare quell’ultimo gradino, ma non manca molto.

Monaco: «Ho pensato di mollare, ma continuo per i miei cari»

08.09.2022
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Alessandro Monaco, da qualche periodo è fermo ai box a causa dell’operazione fatta all’arteria iliaca. Un problema che ha condizionato il suo ultimo anno in sella, arrivando ad essere insopportabile da due mesi a questa parte, come ci aveva confidato all’Adriatica Ionica Race. Con la salute non c’è da scherzare, così Monaco ha deciso di fermarsi e sottoporsi all’operazione, anche lui ad Eindhoven, nella stessa clinica dove si sono operati Nicola Conci ed Erica Magnaldi.

«Ho letto dell’operazione alla Magnaldi proprio sul vostro sito (ci dice Alessandro da casa sua, ndr). Mi sto lentamente riprendendo, sono tornato a casa lunedì dall’Olanda. Insieme a mio padre e alla mia fidanzata ci siamo sobbarcati 2.000 chilometri in macchina, visto che a causa della pressione arteriosa non potevo prendere l’aereo».

L’arteria iliaca ha fermato tanti corridori in questi ultimi mesi, prima Conci, poi Jungels ed infine Erica Magnaldi, nella foto
L’arteria iliaca ha fermato tanti corridori in questi ultimi mesi, prima Conci, poi Jungels ed infine Erica Magnaldi, nella foto
Come mai anche tu ti sei operato in Olanda?

Sono molto amico di Conci e confrontandomi con lui ho deciso di intraprendere questa strada. Il dolore è diventato sempre più insopportabile da aprile in poi, così sono andato a Prato da Raugei, lo stesso medico che ha visitato Aru, per capire cosa avessi. Una volta capito che il problema era molto grave, le opzioni erano operarmi in Italia o all’estero. Ho fatto le visite in Italia al San Raffaele ma i tempi per l’operazione erano molto lunghi, alla fine Eindhoven era la soluzione più rapida, oltre ad essere una delle migliori cliniche d’Europa. 

Quanto tempo ci è voluto per fare tutto?

Sono andato agli inizi di luglio per fare le dovute visite e mi hanno operato il primo settembre, giovedì. E’ stata un’operazione della durata di due ore svolta con anestesia totale. 

Cosa succede durante l’operazione?

Vengono incisi il ventre e l’inguine, ti puliscono l’arteria e per rinforzarla viene preso un pezzo della vena safena e messo in corrispondenza dell’arteria nella parte “debole”. Per farvi un esempio è come se in un tubo venisse inserita una cannuccia per rinforzare le pareti, così da non farle più piegare e far scorrere l’acqua all’interno. 

Monaco (in maglia Giotti Victora) all’AIR ci aveva raccontato dei suoi problemi, il pugliese ha tenuto duro fino al campionato italiano
Monaco (in maglia Giotti Victora) all’AIR ci aveva raccontato dei suoi problemi, il pugliese ha tenuto duro fino al campionato italiano
Il problema dell’arteria iliaca in cosa consiste?

E’ un problema che colpisce i corridori professionisti, è considerabile come una malattia professionale. Viene perché ci si è portati geneticamente, praticamente il sangue non riesce più a passare attraverso l’arteria. Il tutto si traduce con dolore ed un senso di bruciore alla gamba, più l’arteria è ostruita più si acutizza. 

Come nasce?

C’è chi ne soffre e chi no. L’arteria iliaca è sempre sotto sforzo visto che quando pedaliamo lavora schiacciata. Colpisce i ciclisti professionisti perché passiamo tante ore in bici ed in posizioni estreme. Io ad un certo punto non riuscivo più nemmeno ad usare la bici da cronometro per dieci minuti. I rischi nel continuare a correre sono alti, soprattutto ai livelli cui ero arrivato negli ultimi mesi. Sei a rischio embolia e trombosi. Ho tenuto duro fino al campionato italiano perché lo correvo in casa e volevo esserci, poi ho mollato, sapendo di aver finito la stagione. 

E’ risolvibile del tutto?

I medici non escludono la possibilità che ritorni, non c’è la certezza del cento per cento. L’arteria è sempre la tua, puoi sentire fastidio fin da subito oppure più nulla. Oppure, puoi star bene per due anni e poi ti ritorna, non nascondo che ho paura possa ritornare, ma per il momento mi concentro sul rientro.

Nelle corse a tappe il problema si acutizzava con il passare dei giorni, uno dei momenti più difficili lo ha vissuto al Tour of Hellas
Nelle corse a tappe il problema si acutizzava con il passare dei giorni, uno dei momenti più difficili lo ha vissuto al Tour of Hellas
E’ un dolore che aumenta con il tempo?

Erano 5 anni che avevo qualche dolore alla gamba, inizialmente pensavo fosse legato alla schiena. Sono andato avanti per tanto tempo a palliativi, mettendo plantari o spessori sotto al manubrio, nonostante ciò stavo sempre peggio. Sono arrivato a correre con una gamba, la sinistra, (quella operata, ndr) dal medio in poi era fuori uso. Mi è capitato tantissime volte in corsa di dovermi sfilare dalla testa della corsa per il dolore, nonostante come potenza e cuore fossi a regime.

E nelle corse a tappe?

Lì era ancora peggio, perché ci correvi sopra continuamente per giorni e giorni. Me lo dicevano anche i fisioterapisti quando mi facevano i massaggi, che si sentiva come la gamba fosse affaticata. Alla fine di ogni tappa avevo, per dieci o quindici minuti, la gamba completamente intontita. Al Tour of Hellas, all’ultima tappa c’era una partenza in salita, siamo partiti forte e mi sono dovuto staccare da 150 corridori, ed avevo anche la maglia del Gpm. Poi piano piano, con il mio passo rientravo sul gruppo, a fine gara però il gruppo non ti aspetta più quindi non riuscivo più a rientrare. 

Monaco ha iniziato la lenta convalescenza con fiducia grazie alle persone vicine: la fidanzata Rossella e il padre Giovanni
Monaco ha iniziato la lenta convalescenza con fiducia grazie alle persone vicine: la fidanzata Rossella e il padre Giovanni
Che periodo è stato per te questo?

Difficile, davvero difficile. Non mi vergogno nel dire che ho pensato anche di smettere (la voce di Alessandro ha un tono triste che ti proietta insieme a lui in questi mesi di sofferenza, ndr). Non mi sono lasciato sconfiggere perché ho due persone alle quali devo tanto ed ho promesso loro di provarci di nuovo: mio padre Giovanni e Rossella la mia fidanzata. Lo devo anche a me stesso, voglio vedere cosa riuscirò a fare quando, spero, riuscirò ad essere al massimo delle mie prestazioni

Da quando potrai tornare ad andare in bici?

Il primo mese non posso fare nulla, solamente qualche camminata, poi potrò iniziare a fare un po’ di nuoto e di cyclette. Infine, dopo tre mesi, quindi da metà novembre, potrò tornare in bici, anche se per allenamenti blandi di un’ora, un’ora e mezza. 

Monaco l’anno prossimo non sarà più con la Giotti Victoria, ma la fiducia nel futuro non manca
Monaco l’anno prossimo non sarà più con la Giotti Victoria, ma la fiducia nel futuro non manca
Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

Voglio vedere se riesco a diventare un buon corridore, quest’anno questo problema è stato davvero destabilizzante. Forse, a 24 anni non ho più il tempo di diventare un campione ma un buon corridore sì. 

Monaco quest’anno ha corso con la Giotti Victoria, il morale del corridore pugliese è in lenta ripresa. Siamo abituati a sentire la sua voce vivace e felice, sempre pronta alla battuta ed al confronto. Un motivo per ritrovare il sorriso Alessandro potrebbe trovarlo dal 2023, quando una grande occasione potrebbe bussare alla sua porta.  

La Magnaldi si ferma ai box, per risolvere un problema

18.08.2022
5 min
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E’ un giorno speciale oggi per Erica Magnaldi. Chiamata all’impegno più importante della sua annata. Non è un impegno in bici, anche se con il ciclismo ha molto a che fare. Erica è a Eindhoven, in Olanda, per sottoporsi a una delicata operazione all’arteria iliaca e rimettere a posto la gamba sinistra che le ha dato molti problemi per tutta la stagione.

A ben guardare, assumono quindi maggior valore i suoi risultati, la top 10 conquistata al Giro d’Italia e, solamente domenica, nel Tour of Scandinavia perché si è portata dietro a lungo questo problema, con il quale hanno combattuto fior di campioni, Fabio Aru tanto per citarne uno, ma di recente anche Nicola Conci e Bob Jungels.

«L’ostruzione me l’hanno diagnosticata a maggio – racconta la cuneese – dopo una infinita serie di consulti e di esami senza che riuscissi a venire a capo di quei dolori e di quell’affaticamento che mi prendeva mentre pedalavo. Avrei dovuto fermarmi, ma significava perdere tutta la stagione, così ho scelto di continuare almeno un paio di mesi per essere a disposizione per Giro e Tour, almeno per quel che potevo».

Magnaldi Giro 2022
Ottava posizione in classifica al Giro d’Italia, pur correndo con i gradi di luogotenente
Magnaldi Giro 2022
Ottava posizione in classifica al Giro d’Italia, pur correndo con i gradi di luogotenente
E a ben guardare non è che hai tirato i remi in barca, considerando l’8° posto in Italia e il 18° in Francia…

I risultati sono stati buoni, considerando anche che correvo a supporto di Mavi Garcia, quindi ho dovuto lavorare in sua funzione. Ma sono sicura che senza questo problema, i risultati sarebbero stati anche migliori. Al Giro non mi aspettavo di finire così avanti, al Tour ho perso addirittura oltre 6 minuti nella tappa con lo sterrato perché ho dovuto cedere la bici a Mavi. Nel complesso sono soddisfatta, ma mi resta quel piccolo rodimento in fondo all’animo legato sempre a quella domanda: e se non fossi stata male?

Il problema come si evidenziava in corsa?

Il dolore emerge solo mentre si pedala oltre certi ritmi, perché non passa abbastanza sangue e considerando che l’arteria è molto profonda, non è neanche facile da diagnosticare e trovare l’ostruzione. Ho dovuto cambiare il mio modo di correre per poter almeno parzialmente ovviare al problema.

Il problema fisico ha influito sulle sue prestazioni e sappiamo che la Magnaldi è una vera combattente
Il problema fisico ha influito sulle sue prestazioni e sappiamo che la Magnaldi è una vera combattente
In che modo?

Innanzitutto ho cambiato la posizione in bici, alzando un pochino la sella e il manubrio per avere una posizione più eretta che mi dava più sollievo, ma abituarsi non è stato semplice. Ho cambiato anche la preparazione, considerando che quando andavo fuori soglia il dolore era più acuto e quindi avevo minor resistenza.

Questo ha cambiato anche il tuo modo di correre, ha influito sulla tua figura di scalatrice di punta?

Sicuramente. Non tanto nelle salite lunghe, dove andando con il mio passo tenendomi in soglia riuscivo comunque a cavarmela bene. Certamente però non potevo rispondere agli scatti e la Van Vleuten ad esempio ce ne ha riservati un bel po’ tra Giro e Tour Dovevo continuare sulla mia andatura e questo alla fine mi ha anche insegnato qualcosa su come gestirmi al meglio in certi frangenti.

Magnaldi Garcia 2022
La cuneese insieme a Mavi Garcia, per la quale è stata preziosa al Giro come al Tour
Magnaldi Garcia 2022
La cuneese insieme a Mavi Garcia, per la quale è stata preziosa al Giro come al Tour
Come mai l’operazione a metà agosto?

Con la squadra, appurato che garantivo il mio apporto per le due gare principali, abbiamo concordato il periodo migliore. Avrei così chiuso in anticipo la stagione e per questo mi hanno chiesto uno sforzo supplementare per la Scandinavia, dove tra l’altro la squadra era impostata su di me. Per questo quel 10° posto finale mi fa piacere da una parte, ma mi lascia sempre il tarlo di quel che avrei potuto fare se fossi stata meglio perché volevo ripagare ancora di più la fiducia del team.

Il tuo contratto con la Uae Team Adq scade il prossimo anno?

Sì e questo mi ha dato più tranquillità nell’affrontare questo viaggio della speranza. Mi opero in una clinica specializzata, attraverso la quale sono passati molti sportivi, ciclisti per lo più. Ci vorranno un paio di mesi per rimettermi in sesto, quindi potrò affrontare la preparazione invernale con serenità e nel pieno delle forze. Per questo abbiamo scelto di fermarci prima.

Magnaldi Wright 2022
Nonostante tutto Erica, qui con la britannica Wright, ha confermato le sue capacità nei giri a tappe
Magnaldi Wright 2022
Nonostante tutto Erica, qui con la britannica Wright, ha confermato le sue capacità nei giri a tappe
In famiglia continuano la loro attività parallela nelle granfondo?

Ci mancherebbe… Mio padre e mio fratello però sono innanzitutto appassionati e nelle tappe principali di Giro e Tour c’erano, si sono fatti trovare all’arrivo. Io questa volta ho potuto supportarli un po’ meno nelle loro scorribande, ma quel mondo dal quale vengo non l’ho certo dimenticato.

Che cosa chiedi allora alla nuova stagione?

Facile: riuscire a recuperare al meglio, tornare in forze e non avere problemi. Ho tempo per rimettermi con calma e liberarmi da questo chiodo fisso che mi ha tormentato per molti mesi. Voglio tornare a quelle gare, ma affrontarle al meglio e possibilmente rimanere con le prime, senza doverle lasciar andare per il troppo dolore.

Il segreto di Conci e la nuova vita alla Gazprom

09.11.2021
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Nicola Conci ha 24 anni ed è professionista da quando ne aveva venti. Il trentino fra i grandi c’è arrivato con lo zaino pieno di aspettative, perciò non stentiamo a credere che a un certo punto qualcuno possa aver detto: «Sì, vabbè, ma allora?». In effetti, limitandosi agli ordini di arrivo, ci sarebbe tutto per dire che le promesse siano cadute nel vuoto. Neanche una vittoria. Miglior risultato il sesto posto alla Coppa Sabatini del 2020 e il quinto in generale nella Coppi e Bartali dello stesso anno. Qualche fuga, una bella Sanremo lo scorso anno e poco più…

Nicola del resto non ha mai detto nulla, perciò un po’ tutti, senza sapere e a vario titolo, hanno parlato di fatica nel reggere la concentrazione e di scarsa determinazione. E lui zitto, assecondando le domande di chi cercava una spiegazione. Quando finalmente al suo posto parlò un amico comune, ugualmente Conci chiese di non scrivere nulla. Finché alla Coppa d’Oro di metà settembre ci raccontò tutto, pregandoci però di non dirlo: quando ci sono di mezzo salute e privacy, non hai grosse alternative. Ora però che il contratto con la Gazprom è stato firmato e che finalmente il trentino ha ripreso ad allenarsi, la vera storia delle sue difficoltà si può raccontare. E chi si era chiesto dove fosse finito, magari avrà la sua risposta.

Nei primi anni Conci ha continuato a crescere, poi il progresso si è fermato per motivi clinici ora (si spera) risolti
Nei primi anni Conci ha continuato a crescere, poi il progresso si è fermato per motivi clinici ora (si spera) risolti

La prima fitta

La prima fitta la sentì nel 2018, al primo anno da professionista, ma pensò che fosse semplice mal di gambe. Così non era e le cose andarono peggiorando. La posizione sulla bici da crono divenne presto insopportabile e anche durante quella bella tappa col passo Manghen al Giro del 2019, quando passò in fuga davanti casa sulla strada verso Monte Avena in cui avrebbe lavorato per Ciccone, il dolore di colpo tornò a farsi sentire. Succedeva ogni volta in cui c’era da spingere a fondo.

«Ho impiegato più di un anno per decidermi a operarmi – racconta – perché tutto sommato nei primi due da pro’ pian pianino venivo migliorando. Forse stando bene sarei cresciuto più rapidamente e magari mi ha fregato il Covid, perché se nel 2000 si fosse corso normalmente, mi sarei deciso a farlo prima. Invece quest’anno il dolore si è accentuato e ho dovuto operarmi a metà stagione. Mi dispiace, perché se fossi stato bene avrei potuto puntare a un bel finale. E devo ringraziare la Trek-Segafredo, che avrebbe potuto chiedermi di non farlo, invece mi ha lasciato libertà».

Un’arteria ostruita

L’intervento ricorda quello di Aru per risolvere l’ostruzione dell’arteria iliaca, ma per operarsi Nicola è andato da un luminare olandese. Non è più stato possibile rimandarlo a causa di dolori lancinanti per i quali spesso Nicola ha dovuto rialzarsi o smettere di pedalare. Solo che lui, invece di spiegarlo, se lo è tenuto dentro. Al punto che gli stessi allenatori della Trek, preso atto della problematica, si sono spiegati come mai il suo rendimento non crescesse come si aspettavano. Forse anche per questo la squadra, pur avendogli comunicato che non avrebbe rinnovato il contratto, gli ha concesso di operarsi senza battere ciglio, perché potesse riprendere al meglio nella stagione successiva.

«L’intervento c’è stato ai primi di agosto – spiega – e in tutto sono stato fermo per due mesi, fra degenza e riabilitazione. Ma è andato bene e ora mi sento bello motivato. Posso spingere. Non sto facendo chissà quali sforzi perché siamo a novembre e non avrebbe senso fare grandi lavori. Perché non l’ho detto? Perché non mi piace raccontare le mie cose personali e perché così mi ha consigliato Maurizio (Fondriest, da sempre suo consigliere, ndr)».

La vittoria di San Vendemiano è stata una delle due perle della carriera da U23 di Conci dopo 13 vittorie da junior
La vittoria di San Vendemiano è stata una delle due perle della carriera da U23 dopo 13 vittorie da junior
Quando adesso pedali ti viene mai il pensiero che il dolore possa tornare?

La paura è costante, credo sia un pensiero che non mi toglierò mai. Anche se andrò forte, so che in alcuni casi il problema è tornato. Per cui a fine stagione dovrò fare altre visite. Il tarlo da qualche parte c’è ancora…

Intanto però hai cambiato squadra, anche se i tuoi preparatori di prima hanno capito il perché del rendimento incostante…

Ho scelto di ricominciare da un’altra parte perché era giusto così. La Gazprom è una squadra solida, è arrivato Sedun a fare il responsabile per la performance e i materiali e l’esperienza fatta con l’Astana è molto importante. Mi aveva cercato anche la Eolo-Kometa, fa piacere che qualcuno abbia continuato a credere in me. Di solito a questo punto il commento è che con Eolo avrei fatto il Giro, mentre con Gazprom non si sa. Ed è anche il momento in cui rispondo che in questa fase della mia carriera sono in cerca di altro.

Che cosa adesso vuole Nicola Conci?

Senza dubbio voglio ritrovare sensazioni e prestazioni. Se devo staccarmi, voglio che sia perché non ce la faccio più, non perché la gamba mi impedisce di spingere. Penso che se le cose vanno come devono, il mio posto può essere nuovamente davanti, vicino a quelli che si giocano le corse. Devo dimostrare a me stesso che sto bene.

La crono e la sua posizione estrema sono stati per tutto il tempo grande fonte di dolore
La crono e la sua posizione estrema sono stati per tutto il tempo grande fonte di dolore
Primo ritiro in vista?

Il primo sarà a breve a Lonato del Garda per gestire le problematiche tecniche. Poi invece a dicembre andremo per 18 giorni a Calpe. E io nel frattempo vado in palestra ed esco in mountain bike, perché quassù in Trentino in questi giorni è davvero freddo. A Bergamo, dove vivo con la mia ragazza Alessia (anche lei di Pergine, ma trasferita in Lombardia per lavoro, ndr), ci sono almeno 5 gradi di più. Stamattina c’erano 6-7 gradi e a questo punto se non altro non vedo l’ora che nevichi per andare a farmi una sciata con le pelli sotto.

Hai mai pensato che non ci sarebbe stato un lieto fine?

Ci sono stati tanti momenti. Quando sei abituato a vederti in una certa posizione, ti assalgono i pensieri negativi che per fortuna sono passati. Adesso la testa è tutta sul nuovo inizio. Quest’anno mi sono fermato presto, l’ultima corsa è stato il campionato italiano a giugno. Ho ripreso da qualche settimana. Ho una gran voglia di spingere e di stare bene.