De Lie come VdP: «I risultati arrivano col divertimento»

05.09.2024
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Ugualmente non correrà agli europei. Dopo aver vinto l’ultima tappa del Renewi Tour su e giù per il Muro di Geraardsbergen, Arnaud De Lie ha preso atto di non essere fra i convocati del Belgio per la gara di Hasselt, anche se la caduta della Vuelta ha tolto di mezzo Wout Van Aert. Così il Toro di Lescheret è tornato a casa per recuperare le forze e farsi trovare pronto per la gara di Amburgo di domenica prossima, per poi fare rotta sulle prove canadesi del WorldTour. Fu proprio vincendo il GP Quebec dello scorso anno che il campione belga mise un piede nella dimensione del grande corridore, che fino a quel momento era stata una previsione più che una certezza.

«Vincere con questa maglia tricolore significa sempre qualcosa – dice – e farlo in un luogo così mitico, nella tappa regina del Renewi Tour, è stato ancora più iconico. Il Muro di Geraardsbergen, che abbiamo scalato più volte, fa parte della storia del ciclismo. Non farò gli europei perché Merlier e Philipsen sono più veloci di me. Mentre corridori come Van Lerberghe e Rickaert sono più bravi di me nel tirare le volate. Non sono uno che fa il leadout, perché è qualcosa che devi imparare lavorando in modo specifico. Però mi piace lavorare per un compagno di squadra, come è stato con Segaert al Renewi Tour».

Due diamanti in cassaforte

La Lotto Dstny intanto si frega le mani, avendo messo in mostra nella gara belga due talenti di assoluto rispetto. Il primo, Alec Segaert, che vincendo la crono si era proposto per i piani alti della classifica. Il secondo, lo stesso De Lie, che ha giocato la sua carta nella tappa finale, quando si è capito che il compagno non sarebbe stato in grado di rispondere all’affondo di Tim Wellens.

«L’ho fatto tutto sui pedali – sorride – uomo contro uomo. E’ bella anche una vittoria in volata, ma quell’ultima tappa è stata una gara vera. Sono state più di quattro ore con un caldo fuori dal comune. E’ stato durissimo scalare per tre volte e mezzo il Muro. Nel primo passaggio mi sono sentito benissimo e il nostro primo obiettivo era difendere la maglia di Segaert. Quando però l’ammiraglia ha capito che Alec era troppo indietro, ha dato via libera a me. Wellens non era recuperabile, ma possiamo essere ugualmente molto soddisfatti di ciò che abbiamo ottenuto. Dopo tutto Alec ha solo 21 anni, io 22. Nelle due tappe che non si sono concluse con uno sprint, siamo stati i più forti. Ciò fa ben sperare per i prossimi anni».

La primavera bruciata

Quello che più brucia, ascoltando il racconto di De Lie è la primavera buttata a causa del morbo di Lyme, l’infezione trasmessa dalle zecche. Per un ragazzo nato e cresciuto in fattoria, sembra quasi una beffa. I suoi sintomi comprendono varie irritazioni cutanee, come pure alla lunga alterazioni neurologiche, cardiache o articolari che, se non trattate, possono trasformarsi in vere e proprie complicazioni. Per curarla si ricorre ad antibiotici che hanno ridotto le sue capacità nel periodo delle corse più adatte. Dopo il decimo posto alla Omloop Het Nieuwsblad infatti, il belga non è stato più in grado di ottenere prestazioni di alto livello.

«Vincendo in questa tappa del Renewi Tour – ha confermato De Lie – ho dimostrato che se non ho problemi fisici, ci sono. Solo chi l’ha sperimentato sa cosa sia quella malattia. Sono arrivato a chiedermi cosa ci facessi su una bici, una sensazione che ogni corridore prima o poi si trova a provare, ma questa volta era diverso. Non ho toccato la bici per dieci giorni e quando l’ho ripresa, non avevo più voglia di salirci sopra. Ho fatto molti sacrifici per riprendermi. E adesso sono tornato e ho la conferma che questi sono i miei percorsi preferiti».

Al Tour, De Lie ha avuto modo di conoscere meglio il suo idolo Van der Poel
Al Tour, De Lie ha avuto modo di conoscere meglio il suo idolo Van der Poel

L’amico Van der Poel

David Van der Poel, fratello di Mathieu, collabora con il suo agente. Si conoscevano prima quando anche lui correva, si conoscono meglio ora che collaborano. E questo crea un’insolita commistione di affetti e ambizioni. De Lie infatti correrà il prossimo Giro delle Fiandre con la maglia di campione belga e in quanto tale sarà una sorta di bandiera contro il dominatore Van der Poel che, per citare l’Iliade, tanti dolori inflisse ai belgi. Secondo alcuni nel suo non esporsi c’è proprio la voglia di prendergli le misure.

«Mathieu van der Poel – dice De Lie – è Mathieu van der Poel, giusto? Questa è un’altra differenza fra noi. Penso che sia prima di tutto un bravo ragazzo. Con il suo modo di fare dimostra che il divertimento viene prima di tutto e con il divertimento arrivano i risultati. Questo è anche il mio pensiero. Ricordo che nei miei primi anni da professionista non osavo davvero avvicinarlo, non avevo il carattere per farlo. Invece nell’ultimo Tour abbiamo spesso pedalato uno accanto all’altro. In fuga, nel gruppetto o anche semplicemente in gruppo. Al Tour c’è anche tempo per parlare. E comunque non credo di avere ancora le gambe per contrastarlo, anche se sarebbe bello. Credo che sia ancora un obiettivo lontano. Perciò preferisco concentrarmi su quello che posso raggiungere davvero».

Terzo in Danimarca, Foldager torna a far parlare di sé

23.08.2024
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La conclusione del Giro di Danimarca vinto da Arnaud De Lie ha riproposto una vecchia conoscenza del ciclismo italiano (anche se parlare di “vecchia” a proposito di un corridore di 23 anni suona un po’ contraddittorio…). Parliamo di Anders Foldager, il corridore danese approdato quest’anno al team Jayco AlUla dopo aver fatto la sua gavetta dalle nostre parti, precisamente dalla Biesse Carrera.

Foldager ha conquistato il terzo gradino del podio nella classifica finale, in una gara di alto livello con molti team del WorldTour. In quest’occasione il corridore di Skive non vestiva però la maglia del team australiano, bensì quella della nazionale il che dà maggior risalto alla sua prova.

Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)
Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)

Per Foldager è il giusto premio per una prima stagione nel grande ciclismo vissuta con qualche difficoltà ma sempre da protagonista: «Finora l’anno è stato positivo – racconta Anders mentre si sta dirigendo in Francia per la Bretagne Classic di domenica – con qualche problema all’inizio della stagione e un sacco di malattie che mi hanno rallentato. Ma da maggio è stato positivo».

Rispetto allo scorso anno le difficoltà sono aumentate, il calendario è di livello più alto?

Sì, certo. Faccio solo gare professionistiche del WorldTour o immediatamente sotto, quindi forse la gara più grande dell’anno scorso è la più piccola per me quest’anno. Quindi è sempre difficile, ma allo stesso tempo è sempre più intrigante e mi accorgo che vado sempre meglio.

La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
Raccontaci il tuo Giro di Danimarca, come sei riuscito a conquistare il podio?

Prima di tutto abbiamo avuto la cronometro a squadre dove siamo arrivati al quarto posto. E’ stato un buon inizio se volevamo puntare alla classifica. La tappa successiva era già decisiva per l’esito finale e me la sono cavata più che bene, finendo ancora quarto a non molta distanza da Magnus Cort e Arnaud De Lie che avevano già fatto la differenza. Da lì sono stati solo sprint piuttosto numerosi in cui ho dovuto restare con la squadra, difendendo il podio.

Voi correvate con la nazionale contro squadre WorldTour che vivono insieme tutto l’anno. E’ stato uno svantaggio per te?

Forse un po’. Soprattutto perché abbiamo perso due corridori, Mathias Nordsgaard e l’ex iridato U23 a cronometro Johan Price-Pejtersen già alla seconda tappa. Quindi ero l’unico corridore del WT nella squadra, ma ho avuto un buon aiuto dagli altri ragazzi. È difficile quando non si corre insieme tutti i giorni, avevamo sicuramente minor amalgama rispetto alle altre formazioni perché non ci conoscevamo molto bene, per questo il risultato finale ha maggior valore e lo condivido con tutti i miei compagni.

Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Eri già stato quarto al Giro di Slovacchia: stai diventando un corridore più portato per le corse a tappe?

Non lo so, forse. Penso che le brevi corse a tappe senza le grandi montagne e senza circuito cittadino, vadano bene per me, ma resto comunque migliore come cacciatore di tappe e nelle corse di un giorno. Le mie caratteristiche non cambiano.

Che cosa ti è rimasto della tua esperienza in Italia?

Ora posso dire con certezza che il grande calendario Under 23 in Italia mi ha dato un sacco di esperienze e opportunità per emergere nei finali e poi ovviamente la squadra mi ha aiutato a crescere. Apprezzo moltissimo il mio tempo trascorso in Italia, che mi ha davvero costruito il corridore che sono oggi. Non solo tecnicamente, ma anche mentalmente, per essere un professionista.

Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Quanto conta nell’evoluzione del ciclismo danese avere un campione di riferimento come Vingegaard?

E’ fondamentale avere delle grandi star per i giovani ciclisti. Da ammirare come un idolo. L’idea è che se ce l’ha fatta lui, allora vuol dire che possiamo farcela anche noi. Grazie alle imprese di Tomas, il ciclismo nel mio Paese è cresciuto enormemente l’anno scorso e si vedeva dalla quantità di gente presente proprio al Tour di casa, per le strade danesi. Ora il ciclismo è davvero molto popolare, fra i più diffusi.

Ora quali sono i tuoi obiettivi da qui alla fine della stagione?

Dopo Plouay continuerò con le gare di un giorno, forse Amburgo, forse alcune gare in Italia, ma il programma non è ancora ben definito. Il mio obiettivo è di rimanere in forma e di aiutare i ragazzi quando devo farlo e se devo, cercando comunque di avere la mia possibilità, a volte. Magari per cercare un’altra vittoria quest’anno.

Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Tu hai già il contratto per il prossimo anno: speri di essere selezionato per un grande giro?

Per l’anno prossimo, spero proprio di sì. Penso che sarebbe bello fare un Grand Tour, ma non ho ancora pensato alla prossima stagione e lo faremo, sicuramente faremo un piano con la squadra e con il mio allenatore. Per scegliere quello che si adatta meglio alle mie possibilità, fra Italia, Francia o Spagna non ho preferenze. Anche se personalmente potrebbe essere davvero bello correre il Giro…

Le volate del Giro d’Italia alla lente di Guarnieri

26.05.2024
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L’allenamento è terminato in concomitanza con l’arrivo della 19ª tappa del Giro d’Italia, vinta da uno straordinario Vendrame. Un’uscita di sei ore per Guarnieri che si prepara per i prossimi impegni tra i quali spicca il Giro di Svizzera. 

«Al momento non c’è un programma troppo stabilito – dice Guarnieri – correrò in Belgio tra qualche giorno e poi sarò al Giro di Svizzera. La speranza è che possa tornare utile per trovare il giusto feeling con De Lie, anche se non credo che ci saranno grandi occasioni per i velocisti. Lo Svizzera però è una corsa che mi piace sempre, molto tirata ed è il miglior avvicinamento al Tour de France, sempre ammesso che ci sarò».

Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora
Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora

Le prime misure

De Lie dovrebbe essere l’uomo di punta della Lotto Dstny alla Grande Boucle. Il “Toro di Lecheret” sarà chiamato a continuare il grande momento di forma, da quando ha ripreso a correre a fine aprile ha messo insieme 3 vittorie e 2 podi. 

«Alla Ronde Van Limburg – racconta Guarnieri – abbiamo raccolto un bel terzo posto. Il treno ha funzionato bene nonostante sia stata la terza o quarta gara fatta insieme da inizio anno. Sicuramente non c’è quel feeling che si vede nei treni più forti, ma la prestazione di Limburg ci dà fiducia. Sono contento del lavoro fatto, sia fisico che di squadra. Personalmente sto bene, dopo tanti anni in gruppo so riconoscere le sensazioni e arrivare in forma ai momenti chiave. Vero che la mia convocazione per il Tour non dipende tanto da me ma dalle intenzioni della squadra».

Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan
Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan

Uno sguardo al Giro

Tra i treni migliori visti ultimamente in circolazione c’è quello della Lidl-Trek di Jonathan Milan. Il velocista di Buja ha inanellato tre successi di tappa e altrettanti secondi posti al Giro. Guarnieri, che da casa ha visto l’operato della Lidl-Trek però non è rimasto così sorpreso.

«Da come andava alle classiche del Nord – spiega – ce lo aspettavamo tutti che Milan potesse essere così forte. Alla prima vittoria, quella di Andora, ha fatto vedere di cosa è capace. Ha preso tanto vento, ma era talmente superiore agli altri che non si è scomposto e ha comunque messo dietro tutti. Poi se hai una squadra così forte come la Lidl-Trek, con uomini di spessore che lavorano per te, tutto viene più semplice. Loro hanno Stuyven, uno che ha vinto la Sanremo, come terzultimo uomo, dopo di lui va in azione Theuns e infine Consonni. Simone è uno che di treni ne ha fatti in carriera, si sta dimostrando un grande ultimo uomo».

Tutto semplice

Per Milan e la Lidl-Trek tutto sembra semplice. Poi ci sono delle tappe in cui qualcosa si è sbagliato, come a Fossano o a Padova, ma gli errori fanno parte del gioco. 

«Vorrei anche sottolineare – riprende Guarnieri – che gli avversari forti a questo Giro ci sono stati. Merlier, Kooij, Gaviria. Poi alla Lidl-Trek sono molto bravi, hanno le giuste tempistiche e anche quando non le hanno riescono a cavarsela. Mi ricorda un po’ il treno che avevamo con Demare, eravamo sempre noi a prendere in mano la situazione. Quando hai il velocista più forte anche se sei lungo non cambia, ne esci sempre bene. Meglio farsi trovare fuori tempo ma essere i primi a partire che rimontare e rischiare di rimanere incastrati».

I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione
I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione

Affinità

Tutto però è stato costruito giorno dopo giorno, a partire dall’inverno e passando per le diverse corse. Consonni e Milan hanno messo alle spalle, prima del Giro d’Italia, 12 giorni di corsa insieme. 

«Queste volate dominate – analizza ancora – arrivano da un lungo periodo di prove. Fanno sprint su sprint dalla Valenciana, sono passati dalla Tirreno e sono arrivati al Giro. La forza di un treno è anche l’affinità che si crea tra i vari “vagoni”. La Lidl-Trek ha investito tanto tempo su questo aspetto, al contrario nostro. Sanno perfettamente cosa fare e dove andare. Nella tappa di Cento sono stati perfetti, gli avversari possono fare poco, se non sfruttare qualche errore, come successo a Padova. Secondo me contro questa Lidl-Trek tutti partono battuti, anche la Alpecin di Philipsen».

De Lie è tornato e punta sul Tour. Tutto per colpa di una zecca?

10.05.2024
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Tre vittorie in dodici giorni, quando l’ultima risaliva ai primi dello scorso settembre. Non è stata una primavera semplice quella di Arnaud De Lie, che avrebbe voluto e potuto lasciare il segno in tutte le classiche dalla Sanremo all’Amstel e invece si è ritrovato al palo con una condizione nemmeno sufficiente. Lo hanno fermato alla Gand, conclusa a più di 5 minuti da Pedersen e con la testa bassa, quando è stato chiaro che le cose non andassero, ma non il motivo.

La malattia di Lyme

Sono servite alcune analisi più approfondite per scoprire tracce della malattia di Lyme, che di solito viene provocata dalla puntura di una zecca. Per un ragazzo che vive in una fattoria l’ipotesi non era neppure così remota e forse potrebbe spiegare la primavera al di sotto delle aspettative. In ogni caso, De Lie si è fermato. Per un po’ è stato a casa nel cuore delle Ardenne, poi si è spostato in Francia per ispezionare qualche tappa del Tour e ha ultimato la sua preparazione a Nizza. La squadra non gli ha messo pressione. Ha lasciato che tornasse ai suoi livelli e quando finalmente lo ha riportato in corsa, si è affrettata a dire di non avere aspettative.

Quelle ne aveva già abbastanza lui. E’ rientrato alla Lotto Famenne Ardenne Classic e l’ha vinta. La settimana successiva è arrivato terzo al GP du Morbihan. Il giorno dopo ha vinto il Tro Bro Leon e giusto ieri si è portato a casa il Circuit de Wallonie.

«Non ci aspettavamo risultati da Arnaud – ha detto a Het Nieuwsblad il direttore sportivo Kurt Van de Wouver – non sarebbe stato giusto. Aveva appena terminato una pausa piuttosto lunga. Aveva fatto i necessari chilometri di allenamento, ma ha soprattutto bisogno di chilometri di gara per migliorare. Dopo circa quattro corse ne sappiamo già di più. Ora deve ritrovare il suo tocco magico sulla bici».

Il rientro vittorioso al Lotto Famenne Ardenne Classic ha riacceso la stampa belga
Il rientro vittorioso al Lotto Famenne Ardenne Classic ha riacceso la stampa belga

Il piacere di correre

Il primo passo della svolta c’è stato quando De Lie ha ritrovato il buon umore: non a caso lo stesso discorso fatto ieri da Damiani a proposito di Benjamin Thomas. Tutti si erano accorti di quanto fosse incupito rispetto al ragazzino passato professionista a vent’anni. Ed era stato immediato capire che se un vincente del suo livello non riesce a esprimersi ai livelli che gi appartengono, diventa vittima di ogni genere di frustrazioni. La svolta psicologica è stata salutata positivamente da tutti, lui per primo.

«Se Arnaud si diverte nuovamente sulla bici – ancora Van de Wouver –  i risultati arriveranno. Ma ciò vale anche al contrario. Se ci saranno risultati, il divertimento tornerà sicuramente. In quest’ottica, le recenti vittorie hanno aiutato molto. Tutto è connesso. Per cui una volta che torneranno i risultati, De Lie ritroverà la fiducia in se stesso».

Con De Buyst al Tro Bro Leon: altra vittoria, dopo il secondo posto del 2023 dietro Nizzolo
Con De Buyst al Tro Bro Leon: altra vittoria, dopo il secondo posto del 2023 dietro Nizzolo

Con gli amici a Nizza

De Lie ha cambiato tono di voce. Aver ritrovato la vittoria dopo aver sconfitto la malattia di Lyme gli ha in qualche modo dato la conferma di aver individuato la causa dei suoi problemi e averla debellata.

«Aver vinto – dice – è stato una svolta importante. Il primo passo in questa fase è stato individuare la malattia, sapere cosa stava succedendo. Quando ho ripreso, le mie gambe erano ancora pesanti. Ho assunto antibiotici per dieci giorni e il medico della squadra mi ha confermato che ero nelle fasi iniziali di questa malattia infettiva. Dopo il trattamento antibiotico ho iniziato la ricostruzione. Ecco perché sono andato a Nizza da solo. Sono stato per cinque giorni al sole, ero felice di essere da solo: il mio obiettivo principale era ritrovare la gioia nel ciclismo. E’ stato un periodo divertente, ho incontrato altri corridori come Caleb Ewan. Se fossi rimasto a casa mia, avrei incontrato solo cervi o cinghiali. Non ho solo ritrovato il piacere della bici, ma l’atmosfera nel gruppo. E la conferma che posso ancora vincere ha reso le cose molto migliori. Continuerò a ritrovarmi corsa per corsa».

Per De Lie, il Wallonie è stata la terza vittoria negli ultimi 12 giorni
Per De Lie, il Wallonie è stata la terza vittoria negli ultimi 12 giorni

Un maialino in fattoria

La vittoria nel Tro Bro Leon gli ha portato un maialino in premio. Lo scorso anno l’aveva persa per mano di Giacomo Nizzolo, che proprio quel giorno centrò l’unico successo del 2023. E’ una corsa molto particolare, secondo alcuni l’antagonista francese della Strade Bianche, l’ideale per un uomo da classiche come De Lie.

«Devi avere delle gambe molto buone per vincerla – ha spiegato – e io ricordavo molto bene il finale dello scorso anno. Nella nostra fattoria non abbiamo ancora un maialino come quello che mi hanno dato. Prima che partissi, mio zio per sicurezza mi aveva regalato una scatola per trasportarlo correttamente. Ma non è stato proprio facile. Ho forato per la prima volta quando mancavano 70 chilometri e sono ripartito, ma senza sapere a che punto fossi. Avevo due gomme a terra e ho cambiato la bici. Sono tornato davanti e ho attaccato nel settore di pavé de la Ferme, provocando una piccola selezione. Ma ho bucato di nuovo.

«Sono stato costretto a inseguire ancora, ma alla fine siamo riusciti a fare una grande gara. Sono rimasto tranquillo. Ero particolarmente preoccupato da Venturini e Mozzato, che correvano in casa. Sapevo di avere ancora buone gambe e non volevo commettere lo stesso errore dell’anno scorso nello sprint finale. La forma sta tornando e questa è la cosa più importante».

Sul podio di Marcinelle, secondo si è piazzato Zingle (Cofidis) e terzo Brennan (Visma)
Sul podio di Marcinelle, secondo si è piazzato Zingle (Cofidis) e terzo Brennan (Visma)

Ora lo Svizzera

Nonostante lui per primo non voglia sentir parlare di ritorno ormai compiuto, la vittoria al GP Wallonie di ieri ne ha tanto il sapore. In una corsa con 1.983 metri di dislivello, De Lie ha forzato il ritmo per primo a 65 chilometri dall’arrivo, sulla ripida Rue Toffette che ha pendenze fino al 14 per cento. Poi ha sfruttato il lavoro colossale di Campenaerts, che ha tirato per tutto il giorno sulle tracce dei fuggitivi.

«Non ho idea di quanti chilometri abbia percorso in testa – ha detto alla fine il vincitore – ma è stato impressionante. Poi abbiamo fatto un grande sprint. Lionel Taminiaux mi ha lanciato. Ho aspettato e mi sono scatenato al momento giusto. Ora però mi aspetta il banco di prova più severo del Giro di Svizzera, ma non mi fa paura. So che Peter Sagan ha il record di tappe, ne ha vinte 18: chissà se riuscirò mai a fare altrettanto. Mi sento forte. Mentalmente ho fatto un grande passo».

Prima Ganna e Mohoric, ora De Lie con Veloce Extreme

22.02.2024
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Il giovane talento belga del team Lotto Dstny Arnaud De Lie si aggiunge al “pool” di corridori professionisti di altissimo livello che andranno quest’anno a caccia di vittorie con ai piedi il nuovo modello top di gamma di casa Northwave: il Veloce Extreme.

Al fianco di campioni già molto affermati come Filippo Ganna e Matej Mohoric sarà dunque De Lie a calzare le Northwave Veloce Extreme per la stagione del molto probabile… salto di qualità. L’atleta 21enne, già vincitore di 19 corse tra i professionisti, ha dato prova di grandi doti in volata, ma anche di tenacia e di abilità tattica nel resistere anche nelle tappe più vallonate. Per le sue specifiche caratteristiche, De Lie è spesso paragonato al connazionale Tom Boonen, che proprio con le scarpe Northwave ai piedi ottenne alcuni dei suoi successi più prestigiosi.

Arnaud De Lie calzerà il modello Veloce Extreme
Arnaud De Lie calzerà il modello Veloce Extreme

Ricerca e performance

Le nuove calzature Northwave Veloce Extreme, grazie alla nuova suola Powershape HT, sono in grado di garantire un vantaggio del 4% sulla potenza massima generata sui pedali. Le scarpe sono state inoltre sviluppate in stretta collaborazione con Filippo Ganna, uno che di potenza se ne intende, e che punterà a raccogliere i frutti della sua lunga partnership con Northwave, iniziata addirittura nelle stagioni da under 23, per puntare ancora una volta in altissimo nelle gare a cinque cerchi di Parigi e non solo.

Terza punta della “lineup” Northwave è naturalmente il campione del mondo gravel Matej Mohoric, già vincente in questa stagione alla Volta a la Comunitat Valenciana, e che in questi anni con l’azienda di Onigo di Pederobba ha saputo conquistare la Milano-Sanremo nel 2022, il Tour de Pologne nel 2023 ed un emozionante successo di tappa al Tour de France nella scorsa stagione.

Oltre a Ganna, De Lie e Mohoric, sono tanti gli atleti che hanno scelto Northwave per puntare ad una stagione di successo. Calzeranno scarpe NW anche Damiano Caruso e Jack Haig (entrambi portacolori del team Bahrain – Victorious), il francese Benoit Cosnefroy (Decathlon AG2R La Mondiale), il sudafricano Stefan De Bod (EF Education – EasyPost), il danese Magnus Cort Nielsen, da quest’anno tra i leader del team Uno-X Mobility.

La suola Powershape HT

Dalle cronometro alle grandi classiche, dal Giro al Tour, dalle Strade Bianche alle Olimpiadi: ogni singola pedalata degli atleti Northwave sarà dunque supportata dalle calzature Veloce Extreme, una scarpa concepita per essere altamente performante. Rispetto al precedente modello di suola Northwave, la nuova ed innovativa suola Powershape HT, 100% in carbonio unidirezionale e caratterizzata proprio dalla sua ‘High Tail’, il supporto rialzato nella zona del tallone, accresce del 4% la potenza massima erogata, aumentando del 9% la stabilità e riducendo fino al 15% lo sforzo percepito. Completamente prodotta in Italia, è disponibile online oppure presso la rete dei rivenditori autorizzati in due colorazioni, bianca e nera, ad un prezzo consigliato di 399,99 euro.

Northwave

Ancora da De Lie. Resistenza, esplosività e testa da finisseur

19.11.2023
5 min
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LESCHERET (Belgio) – Nella visita a casa di Arnaud De Lie si è parlato anche di allenamenti e argomenti tecnici. Uno su tutti, il fatto che lui non è e non si sente (questo è molto importante) un velocista puro. Anzi…

Dietro a questa sua definizione ci sono determinate caratteristiche fisiche e anche un certo ambiente che le favorisce, vale a dire le sue strade di allenamento quotidiane. E questo ambiente sono le cotes delle Ardenne, che ben conosciamo per la Liegi, per la Freccia… Affrontarle non “di rimessa” come farebbe uno sprinter e con una certa predisposizione mentale, può incidere molto proprio sull’identikit del corridore.

Chiaro che Greipel, per esempio, non sarebbe mai stato uno scalatore anche se fosse vissuto quassù, ma magari avrebbe avuto un altro feeling con le salite. A tal proposito ci viene in mente una vecchia frase di Paolo Bettini che parlando delle colline vicino alla sua Cecina, disse che la Liegi non poteva che venirgli naturale.

Arnaud ci ha aperto la porta di casa: tanti i temi toccati
Arnaud ci ha aperto la porta di casa: tanti i temi toccati

Esplosività e resistenza

Lescheret sorge a circa 450 metri di quota. Collina dunque, ma De Lie afferma che ha anche un po’ di pianura non troppo lontano ideale per certi lavori o per sciogliere la gamba.

Arnaud è velocissimo, ma tiene bene nelle salite non troppo lunghe. Alto 182 centimetri per 78 chili, è chiaro che può andare bene per gare non troppo dure. Anche se lui ha dimostrato il contrario, quindi sopperisce ai chili con una grande potenza.

E proprio sul discorso della forza abbiamo parlato con Arnaud: «In questo momento della stagione – dice il corridore della Lotto-Dstny – vale a dire la ripresa, sono molto importanti entrambi: sia l’esplosività che gli allenamenti più lunghi e tranquilli. Che poi è quello che ho già fatto l’anno scorso. Abbiamo visto che ha funzionato bene, anche per le corse più lunghe di 200 chilometri e persino di 260. In questo caso penso alla Gand. In quella corsa credo di aver avuto uno dei miei giorni migliori in bici, ma ho avuto tre forature nel momento sbagliato».

«Ora che ho in mente anche le classiche, devo saper combinare bene la tenuta con l’esplosività. Ci stiamo lavorando con il mio allenatore. Sappiamo che le classiche arrivano fino a sei ore e che devi essere esplosivo nel finale, ma devi anche spendere poco per le prime quattro. Quindi in quelle due ore restanti devi sapere come aprire il gas».

«Ma per essere esplosivo nel finale devi anche essere resistente. Quest’anno si è visto che sono migliorato sotto questo aspetto, ma credo anche che la resistenza sia qualcosa che vada a migliorare naturalmente di anno in anno alla mia età».

De Lie vince il GP du Morbihan, corsa con 2.800 m di dislivello. Non a caso il secondo è stato Gregoire, che non è certo uno sprinter
De Lie vince il GP du Morbihan, corsa con 2.800 m di dislivello. Non a caso il secondo è stato Gregoire, che non è certo uno sprinter

Palestra? Il giusto

Oggi molti sprinter, ma non solo (ricordiamo che De Lie si è definito finisseur), fanno dei richiami di palestra anche nel corso della stagione. Per alcune squadre il lavoro coi pesi o a secco è una filosofia. 

«Direi che non conta molto per la squadra – spiega De Lie – semmai è più a livello personale. La palestra la faccio, ma preferisco lavorare di più sull’esplosività in bici. I richiami di forza durante la stagione qualche volta li faccio».

«Ho lavorato in palestra parecchio quest’anno dopo la caduta a Dunkerque e la conseguente frattura della clavicola. Ci ho lavorato con un fisioterapista e penso ci sia stato ancora un cambiamento nel mio fisico. Vediamo se sono diventato più forte grazie a questo. E’ un piccolo bonus alla fine, ma saranno i risultati a dirlo».

«Essendo un finisseur per vincere una gara devi avere una grande velocità di punta. Ma non basta. Stiamo lavorando super forte sugli sforzi di 5-6 minuti e anche sugli sforzi più brevi e intensi di 10-15-20-30 secondi».

Siamo nelle Ardenne e queste sono le strade davanti casa Di Lie. Lescheret sorge a circa 450 metri di quota
Siamo nelle Ardenne e queste sono le strade davanti casa Di Lie. Lescheret sorge a circa 450 metri di quota

Freddo e testa

E poi c’è un altro aspetto che ci ha colpito di De Lie, quello del freddo. L’altro giorno a casa sua il vento si faceva sentire. Non era certo un clima mediterraneo. Arnaud senza giacca era a suo agio.

Suo papà Philippe ci raccontava tuttavia che anche da quelle parti il clima è cambiato. Che una volta d’inverno la neve restava a terra a lungo, adesso non nevica quasi più. E quelle giornate con temperature anche a -15 gradi sono ormai rarissime. In questo contesto, anche se fa meno freddo, allenarsi in bici non è proprio il massimo.

«Freddo? Io non sento mai freddo – ci ha detto con la sua solita naturalezza De Lie – a me piace questo clima. Mi trovo bene. Certo, se però ci sono dieci gradi sotto zero, come è accaduto una volta, preferisco andare in Spagna al caldo!».

Anche questo può sembrare un aspetto banale, ma l’approccio mentale al freddo è indicativo. Si dice che quando piove la metà dei corridori al via siano spacciati. Avere una certa predisposizione mentale verso certe avversità vuol dire molto, così come il non sentirsi “solo” uno sprinter. 

Un giorno a casa De Lie. Tra mucche e trofei, scattano i racconti

15.11.2023
8 min
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LECHERET (Belgio) – Sulle colline del Lussemburgo Belga soffiano folate di vento decise. Il cielo è grigio così come le case col tetto a spiovente. Ogni tanto volano gocce di pioggia e foglie morte. Foreste si alternano ad ampie praterie che fanno sembrare gli spazi enormi. E’ qui che vive Arnaud De Lie, uno degli astri nascenti del ciclismo belga.

«Benvenuti – il corridore della Lotto-Dstny ci apre la porta con un sorriso – come avrete visto qui ci sono più mucche che persone!». Una battuta, mentre il cane Oscar corre dappertutto e il ghiaccio è già rotto.

Si apre la porta

Altre volte siamo stati a casa di corridori che vivono in campagna, ma per loro la vita agricola era lontana. Per De Lie invece è vera. «Questa mattina, sapendo del vostro arrivo, mi sono dovuto sbrigare con le mucche». Ci avevano detto che quello che pubblicava sui post e le sue dichiarazioni circa la vita di campagna erano vere: non possiamo far altro che confermare.

Entrando nel mondo privato di un corridore, partiamo dalle prime sue pedalate. «Mio padre Philippe andava in bici – racconta Arnaud – e anche noi (il riferimento è al fratello Axel, presto anche lui corridore a tempo pieno, ndr) spesso volevamo fare come lui. Io ho iniziato a sette anni con la mtb. Sono andato subito bene. Poi a undici anni sono passato alla strada. Nelle categorie giovanili ho vinto il titolo nazionale e poi tutto il resto. Ed ora eccomi qua, con questa passione che è anche una professione».

“Passione che è anche una professione”: tuttavia lo stesso Arnaud ammette che non ama del tutto definirlo un lavoro. «Se il ciclismo fosse un lavoro sarebbe un vincolo. Anche se di fatto è un mestiere io preferisco vederlo davvero come una passione. E’ così che lo vivo. Alzarmi la mattina per andare a pedalare non è qualcosa che mi pesa, al contrario».

La fama per ora non è un problema per De Lie, che ben si presta a partecipare agli eventi di contorno (foto Instagram)
La fama per ora non è un problema per De Lie, che ben si presta a partecipare agli eventi di contorno (foto Instagram)

Fama in crescita

Mentre parliamo scopriamo la casa della famiglia De Lie. Anche questa è grigia, ben rifinita, con una vettura elettrica nel cortile come moltissimi belgi. La stalla è dall’altra parte del cortile. Dietro e davanti i terreni dove pascolano le mucche.

In Belgio è molto sentito il rapporto dei corridori con i fans. Ora De Lie lo riconoscono per strada, specie quando va nelle Fiandre. Più che in Vallonia. In quelle terre il ciclismo è vissuto davvero in altro modo.

Qualcuno ha criticato Evenepoel per non essere sempre educato con i tifosi. Addirittura lo hanno additato per essersi trasferito in Spagna. Van Aert è assediato nella sua casa di Herentals. La pressione, insomma, da queste parti si sente se sei un ciclista forte.

«Io però la pressione non la sento – prosegue De Lie – so cosa voglio fare. Conosco i miei obiettivi, ciò di cui sono capace e non sono capace. Io poi ancora non sono all’altezza di Remco o Wout. Sì, sono cresciuto, ma loro hanno vinto molto di più. Remco ogni giorno saluta 251 persone e se ne salta una esce la critica. Ma le altre 250? Per me è molto più facile, anche perché da queste parti come avete visto non c’è molta gente!».

«Sono un finisseur»

Ma gli argomenti si fanno anche più tecnici. Molti dei suoi trionfi sono in volata. Guai però a dargli dello sprinter e basta. Questo era un argomento che avevamo preparato nella nostra scaletta, ma Arnaud ci ha preceduto.


«Per il momento – spiega – penso che sia Philipsen il più forte sprinter del gruppo. Lo abbiamo visto in Francia, dove c’è il livello più alto. Riesce a vincere quando è messo bene e anche quando è messo male. Se dovessi rubare una caratteristica da lui, ma anche da altri velocisti, direi quella di essere un po’ più pazzo in volata, perché per fare certi sprint devi essere un po’ folle. Non devi avere paura di prenderti certi rischi. O pensare che potresti finire la tua carriera se dovesse andare male.

«E poi io sono veloce, ma non sono un velocista. Sono un finissseur», sottolinea il “Toro di Lecheret”.

E qui il discorso si espande. De Lie stesso ci parla della sua vittoria al GP Quebec, un successo nel quale ha sì vinto in volata, ma regolando un gruppo ristretto di corridori che di certo non sono velocisti. Da qui il suo essere finisseur, le classiche e il fatto che vivere su queste colline dove di fatto passa la Liegi (siamo ad una manciata di chilometri da Bastogne) inciderà pure qualcosa.

Secondo lui il fatto di aver vinto le prime corse da pro’ in volate di gruppo lo ha etichettato come uno sprinter. La corsa in Canada invece ha dimostrato una volta per tutte che Arnaud è più di un velocista. In Belgio si dice che possa essere un Boonen.

«Posso passare le salite brevi e questo va bene per le classiche. Qui ci sono molte colline. Se vado verso il Lussemburgo posso trovare anche scalate di 15 minuti. Sono molto fortunato sotto questo punto di vista. Ho anche la pianura se serve. Ed è okay anche il traffico: ieri avrò incontrato tre macchine in due ore e mezza».

Arnaud ci mostra uno dei campi dove pascolano le sue mucche che, aguzzando la vista, si possono scorgere
Arnaud ci mostra uno dei campi dove pascolano le sue mucche

Campione tra i campioni

Dicevamo che queste sono le strade della Liegi: inevitabilmente i primi ricordi di De Lie sono legati  a questa corsa. Anche se lui mette nel calderone un po’ tutte le classiche. All’inizio non seguiva moltissimo il ciclismo. C’è voluto Gilbert per scuoterlo.

«Era il 2010, forse 2011 e c’era Gilbert: è con lui che ho iniziato ad appassionarmi alle corse. Ma ricordo bene anche la volta in cui rimasero in testa i fratelli Schleck e mi hanno colpito le vecchie immagini di quella Liegi del freddo che vinse il “Tasso”, Bernard Hinault».

Ora quel bambino non c’è più, anche se i lineamenti del viso e i suoi 21 anni direbbero il contrario, ma De Lie in gruppo non è più il giovane rampante. Adesso è un corridore importante e questa cosa l’ammette anche lui. Di conseguenza cambia il rapporto con i colleghi, specie i senatori.

«A tal proposito – racconta – ho un bell’aneddoto con Matteo Trentin. Lui è davvero un ragazzo che rispetto molto. Ricordo che una volta dopo una gara avevamo dibattuto un po’. Poi un giorno abbiamo parlato e mi ha detto: “Arnaud, devi avere più amicizie in gruppo”. Ora è un amico».

Il ragazzo sa bene che i senatori, soprattutto se sono compagni esperti, servono. Servono per vincere. Pensiamo a De Gent, a Campenaerts e a Jacopo Guarnieri. Specie se poi hai le classiche nel mirino.

Lo scorso anno Arnaud non è arrivato alla Sanremo al top, ma la Classicissima è una corsa nelle sue corde
Lo scorso anno Arnaud non è arrivato alla Sanremo al top, ma la Classicissima è una corsa nelle sue corde

Passione Italia

E una di queste classiche è la Sanremo, tra l’altro l’unica gara che De Lie ha disputato in Italia da quando è pro’.

«Eppure l’Italia mi piace – riprende De Lie – è lì che sono iniziate davvero le mie speranze con il Giro d’Italia U23… Ci sono tante gare che mi piacciono molto, ma stando in una squadra belga veniamo poco da voi, le opportunità non sono poi molte. Ci sarebbe anche il Lombardia, ma per me è un po’ complicato».

Lo scorso anno la Lotto-Dstny non ha fatto il Giro d’Italia. In teoria quest’anno dovrebbe esserci e De Lie ne sarebbe felice, ma è invece probabile che sarà dirottato sul Tour… suo malgrado.

«Magari farò la Tirreno-Adriatico. Anche perché in vista della Sanremo c’è stata un po’ di delusione l’anno scorso. Stavo bene, ma dopo la Parigi-Nizza mi sono ammalato. Ma ripeto, l’Italia mi piace molto. Ho dei bellissimi ricordi del “Baby Giro”. Mi piacciono l’atmosfera, il tifo».

Discorsi fra… tori! Questo è uno dei tori della fattoria De Lie, soprannominato a sua volta il Toro di Lecheret
Discorsi fra… tori! Questo è uno dei tori della fattoria De Lie, soprannominato a sua volta il Toro di Lecheret

Sanremo nel mirino? 

Arnaud ci mostra la stalla. L’altro pezzo di casa. Ci porta dalle sue mucche. Le tratta come fossero amiche… e forse lo sono. E la cosa deve essere reciproca, perché anche loro lo cercano e si fanno coccolare. C’è anche un toro di 800 chili. La foto con questo bestione è immancabile visto il suo soprannome! L’altro bestione è il trattore: «E’ lo stesso del modellino che ha Moscon! L’ho visto dai suoi post».

L’argomento tecnico prosegue. De Lie finisseur, tiene sulle salite brevi, è veloce: l’identikit perfetto proprio per la Sanremo. 

«Certamente – dice Arnaud – è una gara che mi piace. E’ lunga 300 chilometri ed ha un finale molto esplosivo… E’ molto difficile da conquistare. Sappiamo che è una gara che si vince con i dettagli. Non si arriva mai con un minuto di vantaggio, si lotta sempre sul filo, specie adesso che il livello è molto alto. Abbiamo visto quest’anno come si è rotto il gruppo appena sono usciti quei quattro.

«Penso che possa essere un obiettivo per l’anno prossimo, ma per vincerla credo sia ancora un po’ complicato. Già fare una top 10 sarebbe una performance molto buona alla mia età. Diciamo che se un giorno dovessi vincere la Sanremo, potrei dire che la mia carriera ha avuto successo».

E qui in qualche modo torna il discorso anche della squadra e dei corridori esperti, necessari in una prova come la Classicissima.

«Vi dico solo che con Jacopo (Guarnieri, ndr) lo scorso anno abbiamo imboccato per primi la Cipressa. C’è anche Jasper De Buyst che ha molta esperienza in questa gara. Lui aiutò Caleb Ewan quando fu secondo. E già loro non sono poco. In più ci sono molti giovani forti e abbiamo un corridore come Florian Vermeersch che è mostruoso. Credo che avremmo una grande squadra per la Sanremo».

De Lie attacca come un toro, ma ha il cuore d’oro

14.10.2023
4 min
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BEIHAI – De Lie lo chiamano il Toro di Lescheret e quando ci sediamo davanti a lui nel gazebo al via della tappa, l’irruenza traspare nei piccoli gesti a scatti. Ha spalle non larghissime, ma quadricipiti potenti e probabilmente anche da sfinare (il belga è alto 1,82 per 78 chili). Nel parlare c’è l’esuberanza dei 21 anni, come pure nelle battutine sommesse con Thomas De Gendt seduto accanto, all’indirizzo di chiunque. Forse anche il mio.

Il 2023 è stato l’anno del salto di qualità. In Belgio lo hanno già individuato come una sorta di reincarnazione di Tom Boonen. Gli hanno risparmiato il paragone con Van Aert e negli ambienti più legati alla tradizione, i suoi modi discreti fanno più presa dell’esuberanza di Evenepoel. La vittoria WorldTour del Gp Quebec lo ha lanciato fra i grandi, ma dire che tutti si fossero già ampiamente accorti del suo arrivo è persino scontato.

«Quando sono partito per la volata – racconta – ero ancora lontano dal traguardo, ma avevo due compagni che mi hanno pilotato davanti. Hanno alzato il ritmo e sono riuscito a prendere velocità stando a ruota. La squadra ha fatto tutto alla perfezione. Su un finale di quel tipo vince sempre il più forte è quel giorno lo sono stato io. Finora il GP Quebec è stato la vittoria più importante. Volevo vincere una gara WorldTour e ci sono riuscito a 21 anni».

La vittoria di Quebec City è la più grande e la più bella di De Lie, con le dita al cielo per De Decker
La vittoria di Quebec è la più grandedi De Lie, con le dita al cielo per De Decker
Le dita al cielo di Quebec?

Erano per Tijl De Decker (il giovane belga vincitore della Roubaix U23, scomparso il 25 agosto per un incidente, ndr). Penso sempre a lui. Speravo di vincere davanti a lui nel Renewi Tour, volevo ringraziarlo perché con lui in squadra ho vinto La Polynormande ad agosto, invece se ne è andato proprio in quei giorni. Anche per questo aver vinto in Canada è stato un tributo a lui.

A Montreal, due giorni Quebec, invece di aspettare la volata hai attaccato da lontano. Forse anche troppo…

Ho attaccato per il gusto di farlo, volevo divertirmi. Ero nel gruppo di testa, avrei potuto aspettare. Nessuno in quel momento poteva sapere che fosse un attacco sbagliato, mentre dopo la corsa sono tutti bravi a dirlo. Per quanto mi riguarda, mi rendo conto che sono ogni anno più forte e che magari in futuro certi attacchi finiranno diversamente.

Hai firmato con la Lotto Dstny fino al 2026, come mai?

Mi è piaciuto molto il progetto che mi hanno proposto. Posso continuare a crescere come negli ultimi due anni. Se invece avessi scelto una nuova squadra, avrei avuto il tempo che mi serve? Mi piace stare qui, la Lotto Dstny investe sulla mia carriera e io cerco di ripagarli.

E’ il 26 agosto, si corre il Renewi Tour. Il giorno prima è morto il compagno De Decker, investito in allenamento. Il momento è duro
E’ il 26 agosto, si corre il Renewi Tour. Il giorno prima è morto il compagno De Decker, investito in allenamento. Il momento è duro
Il prossimo anno si passa a bici Orbea, cosa ne pensi?

Mi sono sempre trovato bene con Ridley, la scelta è stata della squadra, io ho insistito soltanto per l’arrivo di Lionel Taminiaux (belga di 27 anni, ex Alpecin-Deceuninck, ndr). Perderò invece Maxime Monfort, che passerà sull’ammiraglia Lidl-Trek, con cui ho sempre avuto un ottimo rapporto. Me ne aveva parlato in anticipo. E’ un peccato che se ne vada, ma così è la vita.

E’ andato via Caleb Ewan, per il prossimo anno si prospetta un ruolo da leader?

La parola leader non mi piace, sembra che voglia metterti al di sopra degli altri.

Leader significa essere capaci di guidare la squadra.

Allora è meglio. In alcune squadre il capitano è al di sopra degli altri e questo provoca tensioni. Io mi trovo bene con tutti, siamo un gruppo omogeneo. Se invece inizi a formare gruppetti separati, difficilmente ci riuscirai. L’anno prossimo voglio giocarmi la vittoria nelle grandi classiche. Ci sono andato vicino l’anno scorso alla Omloop Het Nieuwsblad, ora voglio vincere altre gare a livello WorldTour.

De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
Si parla anche di debutto in un Grande Giro?

L’intenzione per il prossimo anno è quella, ma non sappiamo ancora quale. Se il Tour de France avesse solo sprint in pianura, non ci andrei. Ho notato che mi manca ancora la velocità pura nelle gambe per gli sprint totalmente piatti. Invece quelli in leggera pendenza, posso vincerli. La scelta sarà determinata dai percorsi, la squadra è d’accordo. Sono certo che qualunque corsa sceglieremo renderà il mio motore più forte.

Agli europei hai tirato la volata per Van Aert: pentito di averlo fatto?

Ho dichiarato che avrei potuto fare la volata, ma è stato giusto tirarla per Wout. In quel momento ho pensato che fosse più forte. Non ho rammarichi su come è finita Drenthe. Wout ed io siamo corridori simili, tranne che per la crono. Per me è fonte di ispirazione, se ci troveremo a dividere ancora i gradi in nazionale, basterà essere onesti l’uno con l’altro.

Van Rysel RCR e XCR, Decathlon alza l’asticella

03.06.2023
5 min
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MODENA – “Un pregiudizio è generalmente basato su una predilezione immotivata per un particolare punto di vista“. Decathlon negli ultimi anni sta dimostrando di essere sempre di più attore nel mondo dello sport. Dallo sportivo principiante, come in questo caso, all’agonista esigente. Da Lille, Van Rysel ha dato alla luce due modelli top di gamma pronti a stupire e a far tremare il mondo delle bici da strada. 

I modelli RCR e XCR sono un segnale che le ambizioni dell’azienda francese sono cambiate. Non a caso uno degli obiettivi è quello di entrare tra i top cinque brand del mondo del ciclismo. Il processo è già iniziato come si è potuto vedere con Van Rysel partner ufficiale per l’abbigliamento della squadra WorldTour Cofidis. 

Visione chiara

Ci troviamo a Modena in un punto vendita Decathlon considerato “Gold” per quanto riguarda il ciclismo grazie alle competenze e performance del reparto. Dietro alle due bici coperte da un velo nero e tante aspettative si possono vedere tutte le proposte di Decathlon rivolte al mondo delle due ruote. Dalle bici da bambino, città, alle mtb, gravel, alle bici da strada entry level fino a questi due top di gamma. Insomma si ha la percezione che la gamma e lo sportivo che decide di entrare dalla porta da oggi hanno una possibilità in più. 

«Siamo l’unica marca globale – spiega Rosario Cozzolino, Category Manager Ciclismo di Decathlon – a coprire tutti i bisogni dei ciclisti da corsa, bici, vestiti, accessori e home trainer. Nel 1976 la prima bici Decathlon, nel 2002 abbiamo festeggiato il primo milione di bici venduto, quest’anno siamo arrivati a 70 milioni. Il nostro obiettivo è sempre quello di fornire la gamma più completa. Dalle entry level, alle EDR confortevoli e dedicate all’endurance fino alle Race che abbiamo presentato oggi.

«La passione – prosegue Cozzolino – è uno dei valori che muove Van Rysel. L’impegno nel proteggere i nostri utilizzatori. La tenacia che ci spinge alla ricerca dell’eccellenza. Infine l’umiltà, perché non aspiriamo a supportare solo campioni del mondo, ma ogni utente che abbia i mezzi per migliorare sé stesso. La nostra visione è quella che 600 milioni di atleti in tutto il mondo possano godere di questo brivido della velocità. Mentre la nostra missione è quella di spingerli a cercare il meglio da loro stessi».

Le top di gamma

Le abbiamo viste e toccate. Le due nuove proposte Van Rysel sono finalmente qualcosa di concreto. Anche se però partitanno con una prima vendita nel 2023, per poi entrare a regime nel 2024 con uno stock pronto per il mercato mondiale.

Aerodinamica, rigidità e leggerezza ai massimi livelli. La RCR è stata infatti realizzata in galleria del vento in collaborazione con la francese Onera, che ha anche colorato la livrea del verde fluo, oltre che ovviamente fornire le ruote. 

Online si può già trovare il modello FCR, il primo aero firmato Van Rysel. Questa RCR è però ancora più aerodinamica grazie ai test prodotti. Carri ribassati, cavi integrati e tubazioni che seguono i flussi dell’aria. Il telaio vanta soli 810 g (taglia M), per un peso complessivo che va dai 6,8 kg ai 7.8 kg dalla taglia XXS alla XL. Il manubrio integrato sarà realizzato in collaborazione don Deda. Le coperture avranno una tolleranza fino a 700×33. 

Le versioni saranno quattro: RCR HM con Sram Rival AXS: 4.200 euro. RCR HM con Sram Force AXS: 4.800 euro. RCR Pro con Shimano Ultegra Di2 12v e ruote Ultegra C36: 5.500 euro. Infine la versione RCR Pro team con Shimano Dura Ace, ruote SwissSide che vede prezzo e allestimenti non certi. 

Futuro concreto

Con la XCR, Van Rysel ha dimostrato di voler far sul serio a 360°. Il modello dedicato al mondo triathlon ma anche alle cronometro è sintomo che le aspettative per il futuro hanno in serbo qualcosa di importante magari anche nel World Tour. Ad oggi oltre al team Cofidis, ci sono pro’ come Nans Peters (Ag2r Citroen) e Arnaud De Lie (Lotto Dstny) che sono direttamente supportati dal marchio francese. Proprio De Lie le sue ultime vittorie le ha fatte con ai piedi le top di gamma Van Rysel. 

Queste calzature, che hanno saputo dimostrare di essere vincenti, verranno sostituite dal modello RCR PRO. Sistema di chiusura HABU, pianta più larga di 3 millimetri e una suola completamente rivista e improntata al massimo trasferimento di potenza. 290 grammi di performance che saranno disponibili al pubblico ad un prezzo di circa 170 euro. 

Oltre alle scarpe, abbiamo sbirciato anche un nuovo prototipo di casco che sembra essere il nuovo modello top di gamma. Un compromesso tra aerodinamica e comofort pronti a innalzare ancora di più la proposta di Lille. 

Un viaggio nei valori e volontà di Decathlon, diventate sempre di più concreto e misurabile, pronto a dire la propria sul mercato globale anche ai massimi livelli. Dall’online, al negozio fisico, l’assistenza, al noleggio delle bici bambino (a partire da 5€ al mese), alle assicurazioni accidentali e antifurto. La percezione è proprio questa, Decathlon fa sul serio. 

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