GUILIN – Anche Alessandro Verre è fra coloro che hanno chiuso il 2023 al Tour of Guangxi, trovando il tempo per guardarsi intorno tra una fatica e l’altra. Passò professionista lo scorso anno che era poco più di un ragazzo, ma lentamente la sua forma di atleta si va definendo. Il cammino è ancora lungo. L’auspicio che il secondo anno potesse essere più facile del primo si è infranto su un livello generale molto alto. Il ritiro dal Giro per il Covid ha lasciato una ferita aperta. Eppure la sensazione è che, sia pure a fatica, Alessandro abbia fissato dei punti fermi e su questi si appoggi per crescere nella direzione migliore.
Hai comunque fatto il Giro: che esperienza è stata?
Sicuramente bella, peccato però che sono incappato forse in uno dei Giri più duri degli ultimi vent’anni, che per giunta è stato molto influenzato dal Covid. Io l’ho preso e ho provato a continuare ugualmente nella seconda settimana. Però comunque il fisico non rispondeva e mi sono fermato in anticipo.
Hai capito qualcosa in più di Alessandro in questi mesi?
Bisogna ancora lavorare tanto su tutti i fronti (sorride e abbassa lo sguardo, ndr). Guardando a come era andata l’anno scorso, mi aspettavo un po’ di più, però non è stato l’anno che volevo e adesso non vedo l’ora di staccare per poi ricominciare con il prossimo.
Si torna subito a casa?
Dopo il Tour of Guangxi era prevista da tempo una sosta in Francia con la squadra per fare il primo ritiro, un passaggio rapido per organizzare il prossimo anno e fare le prime visite mediche.
Uno degli appunti che ti venne mosso è che forse stavi passando professionista troppo presto.
Diciamo che adesso la tendenza è questa, è la normalità. Poi il tempo dirà la sua. Quello che posso dire sinora è che sto facendo esperienza e non sono anni che passano a vuoto. Nel 2022 l’Arkea era una professional, quest’anno siamo nel WorldTour. Ho fatto anche il primo grande Giro, classiche monumento come la Sanremo e il Lombardia. Fino ad ora, anche se non è stato l’anno che mi aspettavo, ho avuto la possibilità di fare molte esperienze.
L’anno scorso eri l’unico italiano della squadra, poi è arrivato Mozzato…
E dal 2024 ci sarà anche Albanese e questo mi fa molto piacere. In più da quest’anno abbiamo preso bici italiane, quindi diciamo che c’è molto di Italia in squadra.
Che tipo di inverno ti aspetti?
Torno con la voglia di lavorare, anche se andrò con i freni più tirati rispetto allo scorso anno. Vedremo con la squadra se ci sarà qualcosa da cambiare oppure no, anche se a mio parere sarà sicuramente così, vedendo quest’anno. Ne sapremo di più la prossima settimana.
Che cosa cambieresti?
L’inverno scorso, ho lavorato molto di più sulla parte della palestra, forse troppo. Magari si potrebbe eliminare un po’ di quel lavoro e aggiungere qualche ora in più di bici.
Fra coetanei italiani, vi trovate a parlare di come vanno le cose?
Certo, mi trovo spesso in corsa con Filippo Baroncini, con cui ho corso alla Colpack. Abbiamo iniziato entrambi la stagione in Australia e l’abbiamo finita qui in Cina. E ogni volta che ci incontriamo, parliamo molto. Ci raccontiamo le nostre esperienze in squadra e ci confrontiamo un po’ anche sui modi di lavorare.
Se potessi scegliere, vorresti tornare al Giro?
Sono un po’ indeciso, in realtà. Di solito, da italiano, mi verrebbe da scegliere il Giro. Però da giovane, mi viene da dire di più la Vuelta. Se non dovessi recuperare bene le fatiche del Giro d’Italia, me le porterei per tutto il resto dell’anno. Alla Vuelta invece, si è quasi a fine stagione, quindi un po’ mi salverei e mi troverei tutto quel lavoro per l’anno successivo.