Quintana alla Movistar? Il segreto di Pulcinella…

29.10.2023
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Avevamo ascoltato per l’ultima volta le parole di Nairo Quintana durante la conferenza stampa in cui ribadì la sua voglia di tornare ad essere un corridore. La squalifica dal Tour de France del 2022 per l’uso del Tramadol aveva portato alla rottura del contratto (appena rinnovato) da parte dell’Arkea-Samsic alla vigilia della Vuelta e sul colombiano si era abbattuta la maledizione dell’UCI: nessun team lo avrebbe più preso.

Il Tramadol è un analgesico oppioide piuttosto diffuso, vietato nelle competizioni dal 2019. Nairo ha sempre detto di averlo assunto per combattere i postumi della caduta in avvio di Tour. La sanzione, in caso di positività, è la squalifica dalla corsa, ma nulla di più. Il colombiano avrebbe potuto correre la Vuelta e andare avanti, ma la squadra lo fermò e il Tas non se la sentì di sconfessare l’UCI.

«Voglio tornare a gareggiare – aveva ugualmente detto Nairo – mettere il numero, sentire l’esigenza di rispondere a una squadra, il dolore alle gambe per la fatica, ma anche la soddisfazione della vittoria o di aver dato il massimo fino al traguardo, voglio questo. Ne ho bisogno perché la competizione è in me, ma ho anche bisogno di un ambiente migliore per poter essere calmo e concentrato su di essa».

Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol
Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol

Atleta e imprenditore

E’ passata una stagione e si è verificato quello che è sembrato a lungo una sorta di segreto di Pulcinella. Dopo varie ipotesi fra cui l’Astana, Quintana torna al Movistar Team, la squadra in cui divenne professionista e in cui ha scritto le più belle pagine della sua storia sportiva: contratto di un anno. Nel frattempo però, Nairo non è stato con le mani in mano. E se la quotidianità degli allenamenti in solitudine è stata particolarmente pesante, altrettanto fervida è stata la sua attività imprenditoriale.

Sul sito nairo.com.co si possono acquistare capi di abbigliamento specializzati per il ciclismo e per il tempo libero. C’è poi la Granfondo Nairo Quintana, che si svolgerà dal 24 al 26 novembre a Santander (Colombia) mentre proprio in questi giorni si sta correndo l’edizione messicana. E poi ci si sposta sul fronte della ristorazione, con il Cafè 9.3 Concept Store, situato in una delle zone più esclusive di Bogotà, in cui si mostra la magia della Colombia attraverso gusto, moda e immagini. 

Infine El Parche de Nairo, una delle iniziative più recenti: un ristorante a tema che si trova a Bogota, a Muebles Guaymaral. Al suo interno, i ciclisti e gli altri avventori potranno trovare cibo tipico colombiano, un’officina per biciclette, parcheggio per auto e biciclette, ma anche abbigliamento sportivo e accessori per biciclette.

Ritorno a casa

Quintana ha 33 anni e ha vestito la maglia della Movistar dal 2012 al 2019. Impossibile dimenticare i suoi scatti davanti a sua maestà Chris Froome nel Tour del debutto (2013), come pure la vittoria al Giro d’Italia 2014 (foto di apertura), la Vuelta 2016 e i tre podi del Tour (2013, 2015, 2016).

«Sono entusiasta di tornare a casa – ha dichiarato quando ha potuto finalmente raccontare tutto – è stato un anno difficile. Notti senza dormire, tanti giorni di enormi sacrifici, salendo sulla bici e provando ad andare avanti, con la pioggia o con il sole. Però ne è valsa la pena. Non perderò l’occasione. Conosco i valori della squadra, i valori di questo sport. Darò il massimo per fare bene e voglio contribuire perché la Movistar ottenga i risultati migliori».

Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)
Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)

La sfinge Unzue

Eusebio Unzue è un dirigente vecchio stampo e se finora aveva tenuto la bocca chiusa deve aver avuto le sue valide ragioni. Non ultima, viene da pensare, l’aver fatto le verifiche necessarie con i piani alti dell’UCI che contro il ritorno di Nairo si erano implicitamente espressi. Forse un anno di purgatorio, come un anno di squalifica, è stato ritenuto sufficiente.

«Devo dire che Nairo – ha spiegato Unzue – è un grande rinforzo. Ha solo 33 anni ed è in forma. Lo so bene, perché non ha mai smesso di allenarsi ad Andorra, dove vive con tutta la sua famiglia e mantiene un ottimo rapporto con Enric Mas, il leader della squadra. Ovviamente lavorerà proprio per lui nei grandi Giri, ma avrà l’opportunità di dimostrare che è ancora un vincente in altre gare».

Per la Movistar, che non è riuscita a prendere Carlos Rodriguez e lavora perché Enric Mas possa arrivare al livello di Vingegaard e Pogacar, l’arrivo di Quintana non è soltanto un’operazione di immagine

La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013
La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013

L’intesa con Mas

Nairo è un uomo mite, dal fisico esile e il carattere d’acciaio. Negli anni passati non fu facile per gli altri leader convivere con lui, tanto che alla fine la convivenza con Landa non portò i buoni frutti sperati (singolare che entrambi siano passati a fare i gregari!). Ora che avrà per forza più miti pretese e visto che lo stesso Mas non sembra un tipo particolarmente focoso, forse l’unione farà davvero la forza.

«Ringrazio Movistar, Telefónica e il team – ha salutato Quintana – per questa grande opportunità, che aspettavo da tanto tempo. Con il cuore e con le gambe darò tutto, per loro e per i tifosi. Spero che questo ciclo porterà molti successi».

Tour du Limousin: finalmente il giorno di Mozzato

17.08.2023
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A un certo punto, dopo tanti piazzamenti e nessuna vittoria, nella testa di Luca Mozzato ha iniziato a farsi largo il dubbio di non essere un vincente. L’ultimo successo risaliva al Circuito del Porto del 2019, quando batté in volata Gomez, che all’epoca correva nella Colpack, e altri che fanno ancora fatica a guadagnarsi un posto al sole.

Per lui nel frattempo è arrivato il professionismo e con il salto di qualità, un’infinità di piazzamenti nelle mezze classiche del Nord e nelle tappe del Tour: in due anni di Grande Boucle, il vicentino è finito per sei volte nei dieci, ma di vittorie neanche parlarne. Invece ieri a Trelissac la luna ha girato nel verso giusto e Luca ha vinto la seconda tappa al Tour du Limousin. Non sarà il Tour e neanche la Roubaix, ma niente come la vittoria sa dare un senso alla fatica. E così, mentre di solito lo chiamavamo per raccontare i suoi progetti, i piazzamenti e i successi altrui, questa volta il protagonista è lui: Mozzato Luca da Arzignano, 25 anni, professionista dal 2020.

La Arkea-Samsic ha lavorato per riprendere la fuga e ha lanciato Mozzato verso la vittoria
La Arkea-Samsic ha lavorato per riprendere la fuga e ha lanciato Mozzato verso la vittoria
Non vincevi da quattro anni, c’è voluta costanza…

Intanto devo ringraziare la squadra. Sembra una cosa banale che dicono tutti, però oggi (ieri, ndr) hanno cominciato a lavorare tanto lontano dall’arrivo. Parliamo di 150 chilometri. Quando hai un leader che garantisce la vittoria, è un po’ più facile. Invece nel mio caso, insomma, il caso di un corridore che non ha mai vinto… Fare quel tipo di lavoro è perché ci si aspetta che riesca a vincere. Mi hanno dato fiducia, non era una cosa scontata.

Siete partiti per far la corsa per te?

Ci credevano quasi di più i miei compagni che io stesso. Hanno cominciato a lavorare, tenendo la fuga a tiro. Però i chilometri passavano e andare a prenderli non è stato facile. Ci siamo riusciti nel finale e a quel punto l’arrivo mi dava una mano, perché non era né troppo duro né tutto piatto. Alla fine venivano fuori le gambe e io ho trovato il momento giusto per partire, perché comunque ero messo abbastanza bene.

Qual era il momento giusto?

Ai 300 ho visto davanti a me che Cosnefroy e Askey si sono un po’ toccati e hanno perso inerzia. Così ho deciso di partire abbastanza lungo, visto il tipo di arrivo. Era quello il momento giusto.

In corsa anche la Intermarchè-Circus con Rota e Petilli, che oggi potrebbero fare la corsa a Bort les Orgues
In corsa anche la Intermarchè-Circus con Rota e Petilli, che oggi potrebbero fare la corsa a Bort les Orgues
Perché secondo te hanno deciso di fare corsa per te?

Sono uscito bene dal Tour e hanno deciso di darmi fiducia. Poi comunque qui di velocisti “di calibro” non ce ne sono tantissimi, quindi, guardando il parterre, hanno valutato che forse avevamo noi l’uomo vincente. E avranno pensato: proviamo a metterlo nelle condizioni di giocarsi la corsa.

Quanto sei più leggero stasera?

Abbastanza, anche perché comunque questa prima vittoria non è mai diventata un’ossessione, però cominciava a essere tanto tempo che non vincevo. E anche dal mio punto di vista dovevo cercare di capire che tipo di corridore sono. Essere un corridore che fa la corsa e non vince non è proprio il massimo. Non sono più giovanissimo, però mi davo ancora un paio d’anni per vedere che tipo di corridore potessi essere. E in questo paio d’anni volevo provare a giocarmi le mie carte e adesso questa vittoria aiuta.

Secondo te i tanti piazzamenti al Tour dipendevano da un fatto di fiducia o dal confronto con gente più forte?

Ho sempre pensato che mi riesce più facile piazzarmi in una corsa impegnativa, dove il livello è altissimo come al Tour, piuttosto che vincere le corsette di livello inferiore. Che poi adesso parlare di corsette… Non ce ne sono più, però mi riesce più facile tirare fuori il quinto-sesto posto in una corsa dove ci sono i fenomeni, piuttosto che vincere 3-4 corse con un parterre minore.

L’ultimo successo di Mozzato risaliva al 2019, quando vinse il Circuito del Porto da U23
L’ultimo successo di Mozzato risaliva al 2019, quando vinse il Circuito del Porto da U23
Perché?

Perché sono un corridore veloce, ma non velocissimo. Quindi i velocisti non li stacco tutti e sono quella via di mezzo che mi permette di spaziare in tanti tipi di corse, soprattutto le classiche, anche se questo finora non mi ha permesso di essere vincente.

Secondo te questa vittoria può dare qualcosa in termini di convinzione?

Sicuramente. E può fare la differenza soprattutto con gli avversari, che magari adesso vorranno venire alla mia ruota: Questo fa una grande differenza.

Da cosa hai capito di essere uscito bene dal Tour?

Mi sembrava di averlo finito e non essere proprio cotto. Ero stanco come tutti, però era una stanchezza positiva, stanchezza buona. Non ero nella situazione in cui non volevo muovermi dal letto per tre giorni. Insomma, stavo ancora relativamente bene e quindi dopo 2-3 giorni di recupero, le sensazioni in bici sono state subito buone.

Prossime tappe?

Domani (oggi, ndr) si arriva in salita. Non è un colle di montagna, però è decisamente troppo dura. Invece sul circuito di Limoges se ne può riparlare, perché magari arrivano in tanti e la corsa è giocabile. Il problema è sempre capire se il gruppo arriva a giocarsi la corsa e se io sarò ancora nel gruppo.

Al Tour du Limousin c’è anche la Eolo-Kometa, con Bais, Pietrobon, Rivi, Lonardi, Maestri, Bevilacqua e Muñoz
Al Tour du Limousin c’è anche la Eolo-Kometa, con Bais, Pietrobon, Rivi, Lonardi, Maestri, Bevilacqua e Muñoz
Anche la squadra sarà motivata a provarci, no?

Sicuramente, però il Limousin è una corsa particolarmente difficile da controllare, quindi se anche c’è la volontà, poi bisogna avere le gambe e una situazione favorevole.

Ultima cosa: il prossimo anno arriva Albanese: pensi che si inserirà bene?

Non so quello che si aspettano, ma hanno preso un bel corridore. Albanese è forte in volata e passa le salite. Per il calendario che fanno qua in Francia, può essere utilissimo. Quindi oltre a tutte le corse WorldTour che farà e che fino adesso non ha mai fatto, aggiunge potenziale a tutta la squadra.

Se stamattina ti avessero detto che stavi per vincere la tua prina corsa?

Ci avrei sperato, creduto non lo so. Diciamo che c’era una serie di concause che poteva farmi credere che ci sarei andato vicino. Ma quando uno non ha mai vinto, fa fatica a capire quale sia la giornata giusta. Però è andata bene, sono contento. Sono davvero contento.

Nella mischia… Le volate “francesi” con Mozzato

25.07.2023
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Luca Mozzato è stato uno dei sette italiani al via del Tour de France e uno dei sei ad arrivare a Parigi. Dopo la Grande Boucle, il veneto della Arkea-Samsic è rimasto nella Ville Lumiere per godersi il meritato premio gironzolando con la sua compagna, Giorgia.

All’ombra della Tour Eiffel e con le sensazioni ancora calde, ci è sembrato un buon momento per tornare sul capitolo volate con lui. Cosa ha visto Luca? Philipsen è stato davvero il più forte? Mozzato le volate le ha disputate quasi tutte. E’ arrivato anche una volta quarto e una settimo, quindi era ben inserito nei meccanismi della mischia.

Luca Mozzato con la sua Giorgia sui Campi Elisi. Il veneto aveva appena concluso il suo secondo Tour
Luca Mozzato con la sua Giorgia sui Campi Elisi. Il veneto aveva appena concluso il suo secondo Tour
Luca, cosa ti è sembrato dunque di questo Tour?

Un Tour davvero duro, velocissimo e stressante come al solito. Man mano che passavano le tappe ognuno trovava il “suo posto” in gruppo, nel senso che sapevi poi con chi eri quando si accelerava. Personalmente mi sentivo sempre un po’ meglio e abbiamo finito con qualche risultato buono. Magari è mancata la super giornata.

Dei velocisti che movimenti hai visto?

Beh, c’è stato un dominio quasi assoluto della Alpecin-Deceuninck di Jasper Philipsen. Lui è del mio stesso anno, il 1998, e lo reputo ancora abbastanza giovane: ha vinto quattro volate di gruppo di fila. E’ stato impressionante e soprattutto sembrava avesse sempre la situazione sotto controllo nonostante il livello degli sprinter fosse altissimo. Però la squadra, tutta, lavorava bene per lui. Si vedeva da come si muovevano che il treno era ben organizzato. E poi Van der Poel come ultimo uomo…

Ecco, hai toccato un tasto importante. Cosa ti è sembrato di Mathieu in quel ruolo?

Sicuramente ci hanno lavorato. Storicamente le squadre olandesi e belghe hanno esperienza in tal senso. C lavorano spesso e hanno il personale adatto per farlo perché hanno tante corse veloci da quelle parti. Se a tutto questo aggiungi un ultimo uomo con quella gamba tutto diventa più facile.

Jasper Philipsen in maglia verde è stato il miglior sprinter di questa Grande Boucle. Mozzato (maglia rossa) si è buttato spesso nella mischia
Jasper Philipsen in maglia verde è stato il miglior sprinter di questa Grande Boucle. Mozzato (maglia rossa) si è buttato spesso nella mischia
La differenza Philipsen l’ha fatta anche grazie a lui, vero?

Eh sì. Un conto è avere un uomo che in certi frangenti ti fa 150 metri con la velocità alta e ti porta fuori con i tempi giusti e un conto è averne uno che fa le stesse cose per 300 metri a velocità supersoniche. Ma non è facile. Serve una gamba da fuoriclasse.

Il giorno dello sprint nell’autodromo è stato impressionante: Philipsen e VdP erano davvero indietro. Lo ha portato fuori benissimo. A quanto sarà andato?

Almeno a 70 all’ora. Il percorso era anche tecnico, ma era comunque velocissimo.

E quanta tranquillità dà al velocista una situazione simile?

Direi parecchia tranquillità. A ruota di Van der Poel chiudi gli occhi e ti fidi, risparmi energie nervose. In questo Tour è sembrato il Morkov dei tempi migliori.

In gruppo voi velocisti parlavate dei vostri sprint?

I velocisti, specie al Tour, non hanno poi tutto questo tempo per parlare. Anche quando per noi ci sono tappe più tranquille ci dobbiamo impegnare per non staccarci in salita. E alla fine non c’è abbastanza fiato per tenere una lunga conversazione. Vi faccio l’esempio dell’anno scorso con Alberto Dainese. Eravamo all’ultima tappa e lui mi fa?: «Certo Luca che sono tre settimane che siamo a un metro di distanza tutti giorni e solo oggi troviamo il tempo per fare due chiacchiere».

Pedersen, qui in coda con l’86, era secondo Mozzato uno degli sprinter più forti e completi. E infatti è stato l’unico a battere Philipsen
Pedersen, qui in coda con l’86, era secondo Mozzato uno degli sprinter più forti e completi. E infatti è stato l’unico a battere Philipsen
C’è un velocista, oltre Philipsen, che ti ha colpito? E perché?

Direi Mads Pedersen. Lui è fortissimo e ogni giorno era dentro la corsa: quando doveva fare la volata e metteva la squadra a lavorare per lui, quando cercava di andare davanti perché poteva arrivare un drappello, quando nel finale doveva aiutare i compagni in salita (il pensiero va a Ciccone, ndr). Veramente la sua presenza in gruppo era costante.

E lo percepivano anche gli altri?

Io credo proprio di sì. Anche in squadra quando ne parlavamo erano tutti d’accordo col dire quanto andasse forte.

E invece qualcuno che ha reso meno?

Vedendoli in corsa mi sarei aspettato di più da Ewan e Jakobsen. Ewan, soprattutto nelle prime tappe e sui Pirenei era sempre davanti, pimpante. E pensavamo facesse molto di più in volata. Jakobsen invece dopo quello che aveva fatto l’anno scorso credevo brillasse di più. Ma anche lì: sbagli la prima volata, poi cadi e le cose si complicano.

Ewan ha pagato l’assenza di Jacopo Guarnieri, ritiratosi dopo poche tappe?

Penso di sì e anche un bel po’. Un uomo che ti porta fuori come lui si sente quando ti viene a mancare, specie nella volate caotiche del Tour. Che poi è il discorso che facevamo con VdP prima: ad uno così gli dai carta bianca e lo segui, cosa che è molto più facile che saltare da una ruota all’altra.

Alpecin-Decunick compatta attorno a Philipsen. Vdp apripista? Super
Alpecin-Decunick compatta attorno a Philipsen. Vdp apripista? Super
E restando sui movimenti in gruppo degli sprinter, le squadre quando e come si mettevano in moto?

Era soprattutto la Alpecin a prendere in mano la situazione, sia perché dopo le prime volate Jasper aveva dimostrato di essere il più forte, e quindi toccava a loro, e sia perché molte squadre dei velocisti erano metà per gli uomini di classifica e metà appunto per il velocista. Penso per esempio alla Jayco-AlUla: per Gronenwegen e Simon Yates. La Alpecin invece era compatta per Philipsen e da loro ci si aspettavano sempre le prime mosse.

Ultima domanda Luca, nella tappa che ha vinto Asgreen cosa è successo?

Sono andati via al chilometro zero, ma vedendo chi c’era dentro il gruppo non gli ha mai lasciato troppo spazio. Li abbiamo tenuti sempre a un minuto, un minuto e mezzo e questo ha anche messo il gruppo stesso in una situazione di comfort, come a dire: «Tanto li andiamo a prendere quando vogliamo, sono 180 chilometri che sono fuori e spesso anche col vento contro». E invece noi dietro andavamo a 60 all’ora, ma loro davanti andavano a 58.

Quindi sono stati bravi loro…

Bravi loro, non è stato il gruppo che ha sbagliato. E poi l’ago della bilancia è stato il rientro sulla fuga di Eenkhoorn. A quel punto la Lotto-Dstny ne aveva due e sono stati bravi a sacrificarne uno, Campenaerts. Victor ha tirato sempre e quindi non hanno avuto neanche quel tentennamento, che in questi casi c’è ad un paio di chilometri dall’arrivo, quando uno tira ma si tiene qualcosa per la volata. Non hanno perso neanche quel tempo. Noi dietro non potevamo andare a 70 all’ora per 30 chilometri. E la riprova è che tanti uomini dei team che hanno tirato alla fine sono arrivati con 4′-5′ di ritardo.

Ekoi Gara e AR14: edizioni speciali per il 95° Tour de Pologne

21.07.2023
3 min
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Il Tour de Pologne è in avvicinamento e il brand francese EKOI – che della corsa è quest’anno partner e sponsor ufficiale – ha presentato due nuovi caschi per celebrare il 95° anniversario dell’evento. I due modelli, entrambi proposti in edizione limitata, sono difatti 100% dedicati al Tour de Pologne e i corridori in corsa dei team Cofidis, Lotto-Dstny e Arkéa-Samsic indosseranno modelli identici a quelli dedicati alla gara UCI WorldTour polacca.

Queste due “special edition” – disponibili in soli 100 pezzi per ciascun modello – si basano su due dei caschi più iconici e di successo del brand francese, vale a dire il modello Gara ed il modello l’AR14. Gara è il primo casco progettato per proteggere anche dagli impatti laterali. Ultraleggero e compatto, garantisce ottimo comfort e ventilazione. L’AR14 invece ha un design più aerodinamico, ed è stato creato e collaudato in galleria del vento: ben dieci prese d’aria per la ventilazione garantiscono il massimo dell’areazione, e la sua speciale ergonomia caratterizza questo casco come un ottimale alleato per le gare di velocità. 

Le grafiche che caratterizzano entrambi i modelli sono quelle originali con i colori (il giallo ed il nero) del Tour de Pologne, ma anche quelli della della simpatica mascotte Pola! Sui due modelli è anche presente una scritta celebrativa che ricorda lo speciale anniversario dei 95 anni (1928/2023) del Tour de Pologne.

L’importanza del mercato polacco

«EKOI è un brand riconosciuto a livello internazionale – ha commentatoCzesław Lang, l’organizzatore del Tour de Pologne – oltre ad esserlo anche in tutto il panorama UCI WorldTour. Siamo davvero molto felici che la qualità e la professionalità di questa azienda si sia tradotta in due creazioni che testimoniano e certificano la nostra già solida partnership. Non dobbiamo mai dimenticare che il casco è molto più di un accessorio: è un autentico salvavita, e questa che ci si è presentata rappresenta un’occasione speciale per ricordare il ruolo fondamentale che questo accessorio riveste nell’ambito della sicurezza in corsa».

Ekoi è quest’anno partner della Israel PremierTech anche con l’abbigliamento
Ekoi è quest’anno partner della Israel PremierTech anche con l’abbigliamento

«Siamo davvero orgogliosi – ha ribattuto Jean-Christophe Rattel, il fondatore e CEO di EKOI – della ottima collaborazione definita con il Lang Team. Il Tour de Pologne, per la sua storia e per i campioni che lo hanno vinto, è un evento imperdibile del calendario ciclistico mondiale. La Polonia è poi un mercato importante e in crescita, oltre ad essere un paese con una grande cultura ciclistica».

Ekoi

Mozzato, il Giro sul divano e il Tour sulla bici

03.06.2023
4 min
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Luca Mozzato sta lavorando sodo per la seconda parte della sua stagione. Il veneto della Arkea-Samsic è a Sierra Nevada. La prossima grande gara del suo calendario si potrebbe chiamare Tour de France. 

Luca si è goduto il Giro d’Italia e sui velocisti era stato alquanto profeta. Proprio lui infatti ci aveva illustrato i favoriti e le tappe che sarebbero arrivate allo sprint e le aveva azzeccate quasi tutte.

Luca Mozzato (classe 1998) dall’inizio della stagione ha messo nel sacco 28 giorni di corsa
Luca Mozzato (classe 1998) dall’inizio della stagione ha messo nel sacco 28 giorni di corsa
Luca, come stai?

Sono a Sierra Nevada e sto terminando questo blocco in altura. Poi tornerò a casa, ci resterò tre giorni scarsi e andrò al Giro di Svizzera. Farò il campionato italiano e quindi dovrei partire per la Francia… anzi, per i Paesi Baschi, da dove partirà il Tour. Non è certo, ma ci spero.

Come ti senti? Sappiamo che hai avuto un maggio un po’ tribolato…

Non ho avuto un avvicinamento ottimale, ma adesso mi sento bene. Dopo le classiche ho dovuto fare il Romandia, che non era del tutto in programma, quindi ho staccato e… “non ho staccato”. E dopo il Romandia ho preso il Covid. Sono rimasto a letto una settimana. Mi spiace perché ho saltato diverse gare di un giorno in Francia.

Gare importanti per cogliere piazzamenti, magari vittorie e qualche punto…

Esatto, ma vista la situazione non ci sembrava il caso di andare giusto per attaccare il numero. Meglio restare a casa, recuperare, prima, e lavorare bene, poi, in modo da preparare al meglio gli appuntamenti successivi. E infatti in quel paio di corse nella seconda parte di maggio sono andato benino… visto come ci ero arrivato.

E ora il Tour nel mirino. Che stimolo è?

E’ un bel mix di emozioni. Da una parte c’è l’ansia da prestazione. Tanto più che quest’anno c’è parecchia salita e non è troppo adatto ad un corridore come me. Immagino che sarà dura anche solo portarlo a termine. Dall’altra però penso che sia la vetrina più importante e questo non può che fare piacere e dare la carica.

Emozioni contrastanti per l’esordio di Mozzato al Tour: una super vetrina, ma anche un livello molto alto con cui confrontarsi
Emozioni contrastanti per l’esordio di Mozzato al Tour: una super vetrina, ma anche un livello molto alto con cui confrontarsi
Sarà un Tour all’attacco o in attesa di volate?

E’ un bel punto di domanda. Molto dipenderà dal tipo di squadra. Se ci sarà Bouhanni per esempio dovrò correre in suo appoggio, perché lui chiaramente allo sprint dà più garanzie di me. A quel punto dovrò cercare di fare qualcosa in tappe che non siano i classici piattoni da sprint, ma un po’ più ondulate.

Come stai lavorando in quota?

Alla fine ci passerò quasi tre settimane. Come di consueto, nei primi giorni ho fatto un po’ di adattamento alla quota, senza forzare troppo. Poi con gli altri ragazzi, qui ci sono dei compagni, abbiamo iniziato a fare degli specifici. Il lato positivo di essere qui è che per fare intensità, per fare certi lavori devi scendere a quote relativamente basse, a Granada che è a circa 800 metri. Ma il rovescio della medaglia è che poi ti devi sciroppare un’ora e mezza di salita per tornare in hotel. Non è una gioia, ma è allenante! Però c’è un bel clima: siamo qui con il meccanico, il massaggiatore e alcuni ragazzi e tutto sommato il tempo passa bene e ci si allena volentieri.

Abbiamo parlato di programmi e lavoro, ma il Giro d’Italia come lo hai seguito?

L’ho seguito parecchio e devo dire che mi ha “salvato” tanti pomeriggi. Prima perché ero a casa malato, non avevo nulla fare tra letto e divano. E poi qui dal ritiro. Il Giro da fuori è stato bello, ma anche in quel caso ci sono state emozioni contrastanti.

Il veneto è nel sud della Spagna per preparare al meglio Giro di Svizzera, campionato italiano e soprattutto il Tour (immagine dal web)
Il veneto è nel sud della Spagna per preparare al meglio Giro di Svizzera, campionato italiano e soprattutto il Tour (immagine dal web)
Cioè?

All’inizio quando pioveva ero quasi contento di essere a casa e di non aver preso tutta quell’acqua. Io, come vi avevo detto, dovevo “quasi” farlo questo Giro e l’ho vissuto più da dentro. Ho pensato: “Per fortuna che non mi ci hanno mandato”. Invece in altre tappe pensavo che mi sarebbe piaciuto esserci e che avrei potuto fare qualcosa di buono.

Tipo a Caorle, quasi casa tua…

Esatto, sarebbe stato bello stare nella mischia quel giorno.

C’è qualche collega delle ruote veloci che ti ha stupito?

Beh, Jonny (Jonathan Milan, ndr). Che fosse forte lo sapevo, ma che potesse essere così costante per tutto il Giro ammetto di no. Jonathan ha fatto tutte le volate dalla prima all’ultima settimana.

Sprinter e tappe veloci: Mozzato scopre le carte

07.05.2023
5 min
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Con la tappa di oggi, la Teramo-San Salvo inizia il Giro dei velocisti. Quest’anno le tappe per le ruote veloci non mancano e neanche gli sprinter. Al via ci sono Cavendish, Dainese, Pedersen, Consonni, Bonifazio, Gaviria, Matthews… mentre non c’è Luca Mozzato.

Con il corridore della Arkea-Samsic abbiamo fatto un’analisi dei velocisti e delle tappe a loro congeniali: “chi, può andare forte e dove”. Il veneto non è al Giro d’Italia in quanto si è aggregato molto tardi al team francese e quando è arrivato ormai i piani erano fatti.

Luca era stato allertato per la corsa rosa, ma poi visto che stava andando bene, per non stravolgergli i programmi nel breve periodo, è stato inserito nei papabili per il Tour.

Luca Mozzato (classe 1998) è arrivato all’Arkea-Samsic nel corso dell’inverno
Luca Mozzato (classe 1998) è arrivato all’Arkea-Samsic nel corso dell’inverno
Luca, tu che sei in gruppo, che idea ti sei fatto del percorso di questo Giro in relazione ai velocisti?

Di tappe per uomini veloci, e non solo velocisti puri, ce ne sono tante. Dico tra le otto e le dieci (qui tutte le frazioni del Giro, ndr). Mi riferisco anche a velocisti resistenti sulle brevi salite. Il primo che mi viene in mente è Mads Pedersen. Questo Giro è perfetto per lui.

Dici?

Sì, perché i classici piattoni ormai non ci sono quasi più e poi è difficile per le squadre degli sprinter controllare la corsa. Mi aspetto anche che qualcuno possa anticipare, viste le tante salitelle finali. E se le fughe arriveranno molto dipenderà dalle condizioni dei velocisti stessi.

Chi sono i più forti per te… in questo Giro?

Come ho detto Pedersen, che tra l’altro vedo favorito per la maglia ciclamino. Poi ci sono Groves della Alpecin-Deceuninck, Cort Nielsen della EF Education-EasyPost, Matthews della Jayco-AlUla… tutti uomini veloci e resistenti. Loro si possono giocare le volate anche se arrivano gruppi di 50-60 atleti. Per me in quella di Napoli, per dire, potrebbero anche arrivare davanti.

Mads Pedersen, sprinter che tiene anche nelle tappe più dure, può puntare deciso alla maglia ciclamino
Mads Pedersen, sprinter che tiene anche nelle tappe più dure, può puntare deciso alla maglia ciclamino
Stando a questi profili l’Italia può contare su Fiorelli e Albanese…

Sì, ma molto dipenderà dalla loro condizione e da come andrà ad evolversi nel corso del Giro. Può starci anche che qualcuno di loro possa crescere durante le tre settimane. “Alba”, per quel che l’ho visto in corsa sin qui, mi sembra stia benone.

E invece i velocisti puri?

Loro sono Cavendish, Dainese, Gaviria e ci metto anche Milan. Al Romandia ho visto un buon Gaviria. Certe volate bisognava guadagnarsele e lui ci è riuscito. E poi quando si staccava aveva tutta la sua Movistar intorno, segno che la squadra crede in lui.

Di Cav invece cosa ci dici?

Lui è sempre pericoloso. Anche lo scorso anno ha vinto una tappa e resta un totem per tutti noi velocisti. Dovrà avere però anche la testa giusta. La tappa perfetta per Cavendish è quella di Caorle. Però non ha un vero apripista. Bool non c’è e Luis Leon Sanchez è esperto, ma non è quello il suo ruolo.

Kaden Groves è da molti, Mozzato incluso, ritenuto una possibile mina vagante tra le ruote veloci
Kaden Groves è da molti, Mozzato incluso, ritenuto una possibile mina vagante tra le ruote veloci
Speriamo non sia venuto solo per mettere dei chilometri nelle gambe in vista del record del Tour e che torni a casa dopo 10 giorni…

Magari ne farà anche di più. Dipenderà molto da come starà. A volte s’innesca un circolo virtuoso e se stai bene andare avanti non ti costa poi troppa fatica. Anche stare quelle 3-4 ore a tutta per rientrare nel tempo massimo diventa un’altra cosa rispetto a quando stai male. In quel caso molli.

Quindi se dovessi dire un favorito per le volate pure e un favorito per quelle “da guadagnarsi” chi diresti?

Gaviria tra gli sprinter puri e Pedersen tra gli altri. Non dimentichiamo che Pedersen ha tutta la squadra a disposizione e chiaramente potrà fare bene anche nelle volate di gruppo.

Le frazioni in cui ci sarà la volata “di sicuro”, quelle per velocisti puri, sono…

San Salvo, Salerno, Tortona, Cassano Magnago, Caorle e Roma. Anche se quella di Cassano Magnago, col Sempione, è legata da come sarà affrontata la salita. Perché se la fuga dovesse andare via poco prima del Gpm sono dolori. Significherebbe che hanno fatto la scalata forte e che è una fuga di gambe. Il gruppo sarebbe rotto e recuperare terreno non sarebbe facile. Lo spazio ci sarebbe, ma sarebbe più complicato riorganizzare il lavoro delle squadre e ne servirebbero almeno 3-4 a tirare insieme.

Simone Consonni (classe 1994) quest’anno ha vinto una tappa al Saudi Tour. In questi primi giorni di Giro ci è parso magrissimo
Simone Consonni (classe 1994) quest’anno ha vinto una tappa al Saudi Tour. In questi primi giorni di Giro ci è parso magrissimo
E le frazioni intermedie che potrebbero “trasformarsi” in volate?

Ci metto quella di Fossombrone, ma dipenderà più da come sarà andata la corsa nelle prime fasi, che non tanto dal Gpm di 4ª categoria nel finale.

Perché secondo te?

Perché quello è duretto, ma è un tipo di sforzo che il velocista può anche superare. Per la tappa di Viareggio vale un po’ il discorso di quella del Sempione. Poi non sarei stupito se si arrivasse in volata, magari non di gruppo completo, anche a Napoli. E forse ci metto pure quella di Rivoli, almeno per i velocisti-resistenti.

Il sogno di Verre è diventato realtà

06.05.2023
4 min
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Alessandro Verre è il secondo corridore più giovane al Giro d’Italia, dietro solo a Matthew Riccitello della Israel Premier Tech. L’atleta dell’Arkea-Samsic si prepara al suo esordio in una grande corsa a tappe. Non traspare troppa tensione, anche se un punta c’è, d’altronde è la corsa dei sogni.

«Tutto sembra iniziato molti giorni fa – ci racconta Alessandro Verre – c’è tanto stress intorno al Giro. Solamente giovedì con il viaggio ed il problema avuto con la consegna delle bici da crono da parte del corriere. Le aveva la squadra in Francia, sono arrivate verso l’ora di pranzo e siamo andati subito a sistemare la posizione».

Ecco Pozzovivo e Verre, entrambi lucani, tra i due ci sono quasi 20 anni di differenza
Ecco Pozzovivo e Verre, entrambi lucani, tra i due ci sono quasi 20 anni di differenza
Come mai?

Non mi trovavo con la posizione usata lo scorso anno, avevo dei dolori, soprattutto i giorni dopo averla usata. 

La bici si trovava in Francia, vuol dire che l’hai usata poco quest’anno?

E’ la prima volta che la prendo in mano, non sono uno specialista di queste prove, anche se non le disdegno. Abbiamo fatto una pedalata per prendere le misure con la bici giovedì, volevamo visionare il percorso della crono, ma era troppo lontano dal nostro albergo. Così si è deciso di fare una pedalata sulle strade della terza tappa.

Quando hai scoperto che saresti venuto al Giro?

Due settimane fa, dopo le ultime corse. La squadra ha visto che stavo andando bene e che la condizione c’era, ed è arrivata la convocazione. 

L’Arkea durante la presentazione delle squadre di giovedì sera, avvenuta a Pescara, Verre è il primo da destra
L’Arkea durante la presentazione delle squadre di giovedì sera, avvenuta a Pescara, Verre è il primo da destra
Che cosa hai fatto per curare al meglio l’avvicinamento?

Sono stato dodici giorni in ritiro sull’Etna. Ho fatto qualche allenamento per migliorare i cambi di ritmo, mi ero accorto che mancasse qualcosa in quell’ambito. Non ho mai affrontato allenamenti troppo intensi. 

Cosa pensavi da solo in cima al vulcano, ti ha sopraffatto l’emozione di questa convocazione?

Ho cercato di pensarci il meno possibile, sono un po’ scaramantico, meno ci penso meglio sto. In fondo vado in bici per piacere, già questo è un ottimo passatempo, poi tutti i giorni avevo la salita per tornare in hotel. Insomma, facevo prima a pensare quanto fosse dura, anche perché dovevo farla tutti i giorni (dice con una risata, ndr). 

Quindi pochi pensieri sul Giro?

Pochi, preferivo guardare il panorama e concentrarmi sul lavoro da fare, mi davo delle piccole sfide per portare a casa il dislivello che volevo. 

L’anno scorso la corsa rosa era passata da casa tua, quest’anno torna, qualcuno ti verrà a trovare?

Praticamente l’anno scorso mi è entrato in casa, quest’anno arriva a Melfi, che è un’oretta da dove abito. Non so se qualcuno verrà a salutarmi, non mi sono sentito con nessuno, lasciamo la sorpresa. 

L’arrivo di Lago Laceno dista 120 chilometri dal tuo paese, Marsicovetere. L’hai già fatta?

Mai! Volevo andare a fare una ricognizione, ma la neve me lo ha impedito, l’affronterò anche io ad occhi chiusi. In Costiera sono andato spesso in inverno per sfuggire dal freddo, è un percorso mosso che si addice tanto alla fuga.

Mentre quella di Bergamo?

Su quelle strade mi sono allenato per un anno intero quando correvo alla Colpack. Quella sarà una tappa davvero impegnativa, pronti via e si fa passo Valcava dal lato di Lecco, il più duro. Poi Selvino, un’altra breve salita ed infine Roncola e città alta. Non sarà una passeggiata. E’ la nostra tappa di casa visto che si arriva vicino alla sede di Bianchi. 

La tappa di Bergamo la conosce bene, su quelle strade si è allenato per un anno intero quando era alla Colpack
La tappa di Bergamo la conosce bene, su quelle strade si è allenato per un anno intero quando era alla Colpack
Se pensi al Giro cosa ti viene in mente?

E’ la corsa che sognavo da bambino, dopo scuola e dopo gli allenamenti tornavo a casa per guardare tutte le tappe. 

Tensione?

Lo sto vivendo nella maniera più tranquilla possibile, la tensione un pochino c’è, in fondo è una grande corsa a tappe. Andrò avanti giorno per giorno con un due parole guida. 

Quali?

Esperienza e… sopravvivere.

Barguil come Ciccone: testa al Giro, ma prima il Covid

28.04.2023
4 min
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«Io al Giro d’Italia con una bici italiana: è una grande emozione»: così ha esordito Warren Barguil parlando del suo esordio al Giro d’Italia. Il francese sta preparando, ma forse sarebbe meglio dire stava preparando, con dovizia la corsa rosa. Peccato che, come per Giulio Ciccone, anche per lui si sia messo di mezzo il Covid. 

Il corridore della Arkea-Samsic non dovrebbe mettere a rischio la sua presenza, tuttavia qualche intoppo c’è. Se non altro per i suoi progetti nella prima parte della corsa. Pensiamo magari a frazioni come quella di Lago Laceno che potrebbero essere buone per lui. Si tratta di una salita non durissima che non farà grande selezione e sulla quale i big potrebbero controllarsi. 

Barguil (classe 1991) è alla sua 11ª stagione da pro’. E’ in scadenza di contratto
Barguil (classe 1991) è alla sua 11ª stagione da pro’. E’ in scadenza di contratto

Esordio rosa

«Sono molto felice di venire al Giro – ci aveva detto prima della Liegi e prima che emergesse la bronchite (poi Covid) – e non vedo l’ora che arrivi domani sera. La Liegi sarà la mia ultima gara prima del Giro. Poi testa alla corsa rosa. Inoltre ci verrò con una bici italiana. E’ qualcosa di molto simbolico».

Barguil stava molto bene a suo dire. La gamba era buona. Aveva fatto una discreta primavera di classiche. Già alla Sanremo aveva ricevuto l’appoggio della squadra. Al via da Abbiategrasso, Mozzato e Verre, suoi compagni, ci avevano detto: «Warren è l’unico di noi che può tenere i migliori sul Poggio».

E poi si era ben comportato soprattutto alla Freccia Vallone con un buon decimo posto. «Io sono molto motivato per questo Giro. Sto per iniziare una corsa con un percorso bellissimo». 

Tirreno-Adriatico 2022, a Fermo vince Warren Barguil. Per il francese due tappe al Tour e due alla Vuelta
Tirreno-Adriatico 2022, a Fermo vince Warren Barguil. Per il francese due tappe al Tour e due alla Vuelta

Tutto da scoprire

Ma cosa sa Barguil del Giro? «In gruppo – spiega Barguil – i ragazzi che ci hanno partecipato, mi hanno detto tutti che tra i grandi Giri è il più bello. Lo è per l’ambiente, per i paesaggi, perché è una festa e perché è molto più aperto rispetto a un Tour de France o ad una Vuelta. La corsa è più libera.

«Ho guardato alcune delle salite più importanti e anche qualche tappa. Ci sono trappole ovunque. Ma c’è una frazione che mi stuzzica parecchio. Quella di Bergamo, perché arriva poco distante dalla sede di Bianchi: per me sarà una frazione importante. Ce ne sono anche altre. Ma non le dico tutte…».

E questo suona un po’ come un guanto di sfida. E Barguil, se c’è da attaccare, non è tipo da tirarsi indietro.

Warren ha vinto la maglia a pois nel 2017. Ha disputato 12 grandi Giri e per tre volte è entrato nella top 10
Warren ha vinto la maglia a pois nel 2017. Ha disputato 12 grandi Giri e per tre volte è entrato nella top 10

Chi è Barguil

Ma scopriamolo meglio. Barguil, classe 1991, è un corridore che i francesi per un certo periodo avevano incoronato come colui che avrebbe riportato un grande Giro nella loro Nazione. Warren aveva vinto l’Avenir nel 2012 e aveva ottenuto un ottavo posto nella generale del Tour nel 2014 a soli 23 anni. Poi le cose non sono andate esattamente come le aspettative, ma Barguil resta un corridore di spessore. E allora cosa può fare al Giro?

Lui ha detto che punta a determinate frazioni. Tappe mosse o anche di montagna sono ideali, specie se i favoriti per la generale dovessero guardarsi. Lo specchio preciso di tutto ciò è stata la tappa di Fermo alla Tirreno-Adriatico dello scorso anno. Si è mosso nel momento giusto, i big curavano la generale e Warren ha piazzato la stoccata.

A crono il francese non è un drago, ma se starà bene potrà difendersi
A crono il francese non è un drago, ma se starà bene potrà difendersi

Tappe, Gpm, classifica

Ma c’è un altro obiettivo più che concreto per Barguil e si chiama maglia azzurra: quella che indossa il re della montagna.

Il bretone – Barguil è di Hennebont, sulla costa meridionale della penisola francese – ha già vinto questa classifica. Si portò a casa la maglia a pois al Tour del 2017. Con il livello di oggi, per conquistare questa maglia serve un corridore che abbia tenuta nelle tre settimane e chiaramente vada forte in salita: il suo identikit.

Ma Barguil può anche puntare alla generale. Come detto, ha chiuso un Tour in ottava posizione. E’ vero che da quel piazzamento sono passati nove anni, ma se fosse al meglio una top 10 non sarebbe impossibile per lui. Certo però che letta in questo modo, le tante cronometro potrebbero non favorirlo. Intanto speriamo però che possa recuperare bene e che possa battere gli antibiotici e il Covid.

La Classicissima di Verre, debuttante curioso

22.03.2023
5 min
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Alessandro Verre (in apertura foto Getty) ha esordito nella Milano-Sanremo, la sua prima classica monumento. Certo, sapere che uno scalatore prenda parte alla Classicissima fa un po’ sorridere. Ma è italiano, pieno di entusiasmo e tutto sommato ci aveva incuriosito ciò che ci aveva detto prima del via.

Ad Abbiategrasso di fronte al suo esordio avevamo chiesto al corridore lucano della Arkea-Samsic se avesse provato il finale e lui aveva replicato che non ci aveva messo ruota. Che quel che sapeva della Sanremo lo sapeva dalla tv, dalle tante gare viste quando era bambino. E nel ciclismo dei dettagli, del “si sa tutto prima”, ci aveva un po’ colpito.

Verre la Sanremo l’ha finita. Ha completato il suo “viaggio” in 166ª posizione ad oltre 13′ da Van der Poel. Alla fine è stata una bella avventura.

Alessandro Verre (classe 2001) è pro’ dallo scorso anno. Era alla sua prima Sanremo
Alessandro Verre (classe 2001) è pro’ dallo scorso anno. Era alla sua prima Sanremo

Alessandro, allora come è andata? Cosa ti è sembrato? La percezione della tv è stata diversa dalla realtà?

Di solito dalla tv e dai social si guarda il finale, Cipressa e Poggio. Mi sono ritrovato nel gruppetto quando sono arrivato al Poggio. E anche se l’ho fatto dietro, è stato abbastanza duro. Non per la salita, che non è durissima, ma perché arrivava nel finale.

E invece la prima parte? Tutto quel primo tratto di pianura cosa ti è perso?

Che è lunga! Ma c’era tensione, il che è strano, no? Perché comunque sai che sono 300 chilometri, tanta pianura, strade larghe… 

Come mai?

Proprio perché è così lunga, un po’ tutti vanno di riserva e cercano di limare il più possibile. E anche dal mio punto di vista ci sono state situazioni particolari. Per esempio, quando un corridore magari si ritrovava al vento, vedevi subito che si spostava. Che voleva coprirsi. Poi però anche quello che era dietro di lui si spostava e così via… E quindi tu eri, per dire, in decima, ventesima ruota, ti ritrovavi davanti senza sapere perché. La parola perfetta per la prima metà dunque era limare.

Il lucano (a destra) a colloquio con Barguil (foto Getty)
Il lucano (a destra) a colloquio con Barguil (foto Getty)


Si aspettava il Turchino oppure tutto sommato era una normalità?

Diciamo che è stata la normalità. Poi comunque un po’ di differenza l’ha fatta anche il vento. Dalla macchina ci dicevano come era previsto e quanto forte fosse. Ed era previsto anche un po’ contrario. Anche io ho preferito stare più sulle ruote.

Qual era il tuo compito?

Quello di portare Barguil davanti, specie sul Turchino. Dovevamo portarlo più avanti, ma col vento contro, ci siamo parlati e lui è voluto restare più indietro e quindi siamo rimasti di più sulle ruote, tranquilli. Mancavano più di 150 chilometri… ed eravamo ancora a metà.

Quando si è accesa la corsa in gruppo?

In fondo alla discesa del Turchino. E ancora, dopo l’ultima pausa pipì a 70-80 chilometri dall’arrivo. Quasi tutto il gruppo si è fermato: anche i big Van der Poel, Van Aert, Pogacar…  Si sono fermati tutti contemporaneamente. Però già si andava forte, eravamo tutti in fila indiana.

Una volta in Riviera, dice Verre, il ritmo è aumentato sensibilmente
Una volta in Riviera, dice Verre, il ritmo è aumentato sensibilmente
E questa seconda parte in Riviera come l’hai vissuta?

Il ritmo come detto è sempre stato alto. E quando passavi nei paesi non sapevi mai cosa ti aspettava, anche se guardavi le mappe sul computerino. E poi tutte le squadre iniziavano a portare i capitani davanti e di conseguenza il ritmo è aumentato.


Hai detto di essere rimasto con il gruppetto: dove ti sei staccato?

Su Capo Berta. Si andava davvero forte, dopo il Turchino ho visto che abbiamo fatto 2 ore a 50 di media. Io tutto sommato sono rimasto tranquillo, anche perché sapevo di non stare benissimo. La settimana prima mi ero ammalato e non avevo le stesse gambe della Strade Bianche. E anche alla Milano-Torino avevo visto di non stare benissimo. L’ho presa più per fare esperienza. Come avevo detto prima di partire era la corsa più facile, ma non da portare a termine.

Su Capo Berta, ti sei staccato perché non avevi le gambe o perché si è aperto un buco, un ventaglio?

Non avevo le gambe. Salivamo sui 30 all’ora, credo. Viaggiavo a circa 75-80 rpm con il 54×21, credo… Ed è duretto. E’ la Sanremo: è particolare, lunghissima, devi stare attento a tutto, all’alimentazione soprattutto. Io ho mangiato… forse anche troppo. Che poi non è troppo. Ho mangiato il giusto per la Sanremo, ma proprio perché è lunga. il giusto è tanto. E io non sono abituato a mangiare così tanto. Mi sono sentito appesantito.

Grande tensione nell’ingresso dei vari paesi e delle varie cittadine. Gruppo allungato
Grande tensione nell’ingresso dei vari paesi e delle varie cittadine. Gruppo allungato
Sapevate poi in corsa chi aveva vinto?

Stavamo attaccando il Poggio, se ben ricordo. Dalla radio ci hanno detto Van der Poel, Van Aert, Pogacar… Non ho capito se il nome di Ganna mi fosse sfuggito, ma quando sono arrivato e ho visto l’ordine d’arrivo è stata una sorpresa vedere Pippo secondo.


Dopo esserti staccato, nel gruppetto in cui viaggiavi giravate tutti regolari o c’era qualcuno che tirava di più?

Cavendish e infatti alla fine ci ha staccato sul Poggio.

Se dovessi rifarla, che cosa hai imparato da questa esperienza?

Che la Sanremo è lunga! Che bisogna limare su tutto e che se dovessi ritornarci di sicuro farei almeno un allenamento più lungo. Ma in questo senso credo che faccia una grande differenza l’aver fatto un grande Giro. Come si dice: quello ti cambia un po’ il motore.

E la sera cosa hai fatto? Una pizza te la sei concessa?

No, sono andato a Nizza. Ho aspettato il volo per Napoli e da lì in auto fino a casa, dove sono arrivato a notte fonda.