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Storia di Duque, argentino con la valigia piena di sogni

04.06.2023
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ODERZO – Giovedì della scorsa settimana. C’è il Giro d’Italia che parte verso Val di Zoldo, per una delle tappe che ne scriverà la storia con la vittoria di Filippo Zana. Il piazzale dei pullman è assiepato dai tifosi e in un angolo Michele Biz ha portato con sé Mateo Duque, il giovane argentino in forza alla sua Gottardo Giochi-Caneva, che ha da poco conquistato due medaglie d’oro ai Giochi Panamericani juniores su pista. Nell’omnium prima e nella madison poi.

Ci accorgemmo di lui alla presentazione delle squadre juniores alla Vuelta a San Juan, quando su quel palco e accanto al Governatore Sergio Unac passò la maglia gialla e nera della squadra friulana. Fu così che con un whatsapp transoceanico, Biz ci spiegò che si trattava di un ragazzo classe 2005 di Buenos Aires, che da marzo avrebbe corso con loro in Italia: cosa che puntualmente è accaduta. Il ragazzino ha vinto i Panamericani e già ottenuto due quarti posti su strada.

Duque parla un ottimo italiano. Vicino a lui c’è suo padre, la baraonda dei tifosi intorno suggerisce di spostarsi un po’ per conoscerne la sua storia.

Quella maglia del Caneva, alla presentazione della Vuelta a San Juan. Con la camicia, il Governatore Unac
Quella maglia del Caneva, alla presentazione della Vuelta a San Juan. Con la camicia, il Governatore Unac

Famiglia di sportivi

Il papà, colombiano, si chiama Alvaro ed è stato un calciatore di prima serie. La madre Veronica, oggi marketing manager, è stata una tennista. Il fratello Thiago, 15 anni, è una promessa del calcio e sta facendo dei provini anche da noi.

«La passione per il ciclismo – racconta Duque – è venuta perché mio papà ha sempre ha seguito i grandi Giri e io li guardavo con lui. La mia fame di ciclismo è iniziata da lì. Andare in bicicletta a Buenos Aires è difficile, da piccoli ci allenavamo sempre nel Circuito KDT, anche se non siamo mai stati in tanti: due o tre al massimo. Il mio primo titolo nazionale lo vinsi in pista nella corsa a punti a San Luis, avevo 13-14 anni. Avevo iniziato allenarmi in pista, anche se l’ho sempre abbinata con la strada. Da noi la pista è una cosa importante, abbiamo i fratelli Curuchet e la loro storia è stata una grande motivazione per crederci di più. E come tecnico c’è anche Cristiano Valoppi, che conosco bene…».

Quadro di famiglia durante la vacanza europea: Da sinistra Thiago, mamma Veronica, papà Alvaro e Mateo Duque
Quadro di famiglia durante la vacanza europea: Da sinistra Thiago, mamma Veronica, papà Alvaro e Mateo Duque

Doppio oro

I diciotto anni parlano di freschezza e anche di un’apparente convinzione nei suoi mezzi. Suo padre di tanto in tanto si volta per osservarlo, Biz appare compiaciuto.

«Rivincere il titolo panamericano da junior – racconta Mateo – è stato più importante che da allievo, perché la conferma non è mai facile. La Colombia era forte, gli Stati Uniti erano forti. Forse però noi argentini in pista siamo più furbi delle altre nazioni e giochiamo un po’ più con la testa, non solo con le gambe. Credo di aver vinto per questo.

«Delle due medaglie, forse mi ha dato più soddisfazione l’omnium. Non vincevo da ottobre dell’anno scorso e quella vittoria ha mandato via la tensione. Il successo nella madison col mio compagno Augustin Ferrari è stato come la ciliegina sulla torta. Non mi allenavo con lui da parecchi mesi, ma in due giorni siamo riusciti a ritrovare l’affiatamento che in passato ci ha permesso di raggiungere importanti traguardi nelle categorie giovanili. Condividere con lui l’emozione dell’oro è stato bellissimo».

Passaggio in Italia

Lo scorso anno avvenne il contatto con la Gottardo Caneva e da allora Duque non se ne è più andato. La nazionale argentina era qua in preparazione ai mondiali e la mamma di Mateo era con loro come accompagnatrice. Fu per un fatto di vicinanza, che si rivolse a Michele Biz. Lui prima rispose con cortesia, poi si accorse delle prestazioni di uno di quei ragazzini anche su strada e decise di vederci più chiaro.

«A luglio l’anno scorso – prosegue Duque – sono venuto in Italia. Ho fatto 45 giorni di preparazione con la nazionale prima del mondiale in pista e ho capito che il ciclismo è qua in Europa. In Argentina il livello è più basso, non si fanno tante gare come qua. Da voi, tutte le domeniche ci sono gare di 120-130 chilometri, con 200 ragazzi che vogliono vincere. A marzo e aprile, sono venuto con mia madre. Poi sono arrivati mio papà e mio fratello per una vacanza e sono ancora qui. Rimarranno in tutto per un mese, mentre io resterò fino a ottobre, sino alla fine della stagione».

Da marzo, Duque corre nella Gottardo Giochi-Caneva di Michele Biz, figlio dell’indimenticato Gianni
Da marzo, Duque corre nella Gottardo Giochi-Caneva di Michele Biz, figlio dell’indimenticato Gianni

Strada e pista

Quel che ha trovato è totalmente diverso dall’Argentina e dal ciclismo di laggiù. In Friuli, Duque si allena, corre e studia. Frequenta la scuola di italiano e fa anche quella argentina a distanza.

«Adesso è un po’ difficile – sorride – perché ci sono mio papà e mio fratello in vacanza, ma la scuola è importante, come pure la vita del ciclista. Faccio strada e pista, sono entrambe belle e non so decidere quale mi piace di più. Per la pista vado a Pordenone, nel Velodromo Bottecchia, con l’aiuto di Valentina Alessio. Invece su strada esco spesso da solo, qualche volta quando c’è Andrea Montoli mi alleno con lui. La salita mi piace, credo che un corridore completo deve fare tutto. Salita, volata, discesa, andare in pianura…

«Di giorno i ragazzi vanno a scuola e se aspetto il pomeriggio per allenarmi, non faccio abbastanza. Seguendo la scuola online, posso seguire dopo l’allenamento. Ora che loro finiranno le lezioni, andremo più spesso insieme. Allenarsi in gruppo è meglio».

Duque alterna in modo regolare la pista e la strada
Duque alterna in modo regolare la pista e la strada

Sogni da grande

L’Argentina manca, ma la determinazione nel portare avanti questo progetto di vita suona superiore, con la benedizione e la buona pace degli amici argentini che da un giorno all’altro se lo sono visto sparire di sotto il naso.

«Mi mancano le amicizie e i compagni di scuola – dice – quando sono partito, erano un po’ sorpresi anche loro. Però sapevano qual è il mio sogno e capiscono che la situazione qua in Europa è migliore per me. Sono argentino, le cose che mi danno felicità sono la bicicletta e la mia famiglia. Il mio sogno è fare il professionista, entrare nel gruppo più grande. Mi piacciono le corse con un po’ di su e giù, percorsi un po’ duretti che fanno selezione. Se arrivo in volata con un gruppo di 25-30 corridori, posso giocarmela in volata. Quand’è così, mi piace…».

Modello San Juan, sport e turismo: parla il Governatore

01.02.2023
5 min
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Non sarà forse il tema più attuale nel ciclismo che ci aspetta, ma ci sembrava interessante rileggere la Vuelta a San Juan attraverso le parole del Governatore Sergio Uñac, la cui visione sta trasformando la provincia in una meta per grandi eventi sportivi. La costruzione del velodromo. Lo stadio attiguo. La città dello sport. La corsa ciclistica. I campionati del mondo di hockey a rotelle. I campionati panamericani di giugno. I mondiali di ciclismo su pista del 2025. E prima la candidatura di San Juan a Capitale Americana dello Sport 2024. Tutto quello che accade attorno ha messo in moto un meccanismo che sarà forse presto definire virtuoso, ma che nel giro di pochi anni ha cambiato l’economia della provincia.

Resta da capire se basti lo sport per portare prosperità in un territorio afflitto, come il resto del Paese, da una svalutazione spaventosa. La gente interrogata per le strade è in linea con il lavoro di Unac. I detrattori ci sono, ma in più di un’occasione hanno ammesso che anche le riforme sociali hanno portato a dei miglioramenti.

Incuriositi da un politico che mette lo sport al centro del sistema, abbiamo così rivolto un po’ di domande al Governatore Uñac.

Durante al visita ai giornalisti al nuovo velodromo si è potuto approfondire il rapporto fra San Juan e sport
Durante al visita ai giornalisti al nuovo velodromo si è potuto approfondire il rapporto fra San Juan e sport
Ha detto che lo sport non è un cammino per lo sviluppo, bensì il cammino. Qui lo hanno capito tutti?

All’inizio è stato difficile. San Juan ha sempre avuto un’importante base di sviluppo sportivo, più legato al sociale però che all’alto rendimento. Quando abbiamo deciso di aggiungere questa nuova strategia, c’è stata una discussione sociale sul fatto che avremmo investito denaro per impianti sportivi. Ma col tempo, credo che questa fase di perplessità sia stata superata con assoluta calma e normalità. La società sta valorizzando ciò che stiamo facendo. Le persone stanno vivendo meglio, perché stiamo incorporando nuove attività economiche in relazione con lo sport.

Le persone vivono bene a San Juan?

Abbiamo un tasso di disoccupazione pari al 3 per cento. Ma la svalutazione è un fatto e così per aiutare le famiglie che non hanno entrate sufficienti, abbiamo varato una serie di misure di supporto sul fronte della nutrizione e dell’educazione. Ad esempio, a sostegno delle giovani mamme, il Governo della provincia integra le forniture di alimenti sulla base delle prescrizioni dei pediatri. Vogliamo dare a tutti i bambini della provincia lo stesso punto di partenza, affinché poi si possa andare avanti con la meritocrazia.

Ci sono risultati tangibili?

Non è possibile avere risultati rapidi in questo ambito, ma quando ci arriveremo, tutti avranno le stesse possibilità.

La Scuola dello Sport di Punta Negra avvia agli sport acquatici tutti i bambini della provincia
La Scuola dello Sport di Punta Negra avvia agli sport acquatici tutti i bambini della provincia
La costruzione del velodromo è iniziata poco prima della pandemia. Come l’avete vissuta a San Juan?

E’ stato duro, come dovunque. Però credo che abbiamo trovato il giusto equilibrio. Ovviamente il settore sanitario e i settori della polizia hanno cercato di ordinare le normali attività dei sanjuaninos (gli abitanti di San Juan, ndr). L’economia ne ha risentito, ma ne siamo usciti bene. Penso che oggi si possa dire che a livello mondiale la pandemia sia finita. San Juan ha avuto una rapida crescita. Inoltre le attività che abbiamo organizzato sul fronte dello sport, come ad esempio i campionati mondiali di hockey, ci hanno permesso di risalire.

I giornalisti già presenti alla Vuelta a San Juan 2020 hanno notato grandi differenze.

Abbiamo continuato a costruire gli hotel necessari. Ad esempio, nella provincia di San Juan fra due mesi ci sarà l’inaugurazione di un hotel a 5 stelle, mentre altri stanno sorgendo in più luoghi remoti, ma legati allo sviluppo del turismo termale.

A sinistra il Governatore, con Jorge Chica (sottosegretario allo sport) e Giovanni Lombardi incaricato dei rapporti con i team
A sinistra il Governatore, con Jorge Chica (sottosegretario allo sport) e Giovanni Lombardi incaricato dei rapporti con i team
Di quanto tempo c’è bisogno perché sia ultimata la città dello sport?

C’è abbastanza da fare, perché è un progetto molto ambizioso. Anche se abbiamo già lo stadio per il calcio e il velodromo, restano da costruire gli impianti d’acqua, quelli per lo sviluppo dell’hockey su prato e stiamo già iniziando la costruzione di uno stadio polivalente per i bambini con disabilità. C’è il forte impegno della Segreteria di Stato per lo Sport, che arriva anche qui. Credo che serviranno altri cinque anni. La nostra sfida è portare a termine i lavori e raccoglierne un’altra. Poiché tutto ciò è legato alle alte prestazioni, l’idea è che la società inizi a utilizzare gli spazi comuni che avrà nella Città dello sport. E’ necessario collegare queste grandi infrastrutture con la società.

In Italia abbiamo il problema che sport e scuola fanno fatica a comunicare. Come funzione qui?

Stiamo lavorando per creare una connessione fra le scuole e le società sportive. E siccome avevamo il dubbio che i governanti del futuro potessero interrompere questo processo, abbiamo fatto una legge che impone di proseguire. Scuola e sport vanno di pari passo. Abbiamo 270 mila ragazzi entro i 18 anni. Quando abbiamo cominciato solo l’11 per cento faceva sport. Grazie al nostro programma ora il 28 per cento si dedica allo sport federale, mentre oltre il 60 per cento dei ragazzi comunque pratica un’attività sportiva. Ma abbiamo un problema.

Quale?

I ragazzi non crescono più in strada con un pallone o una bici, hanno più spesso in mano un cellulare. Per questo abbiamo creato un programma perché gli sportivi di alto livello come il nostro Tivani vadano nelle scuole a spiegare il bello dello sport.

L’organizzazione di grandi eventi, spiega Uñac, porta lavoro e turismo. I risultati, parlando con la gente del posto, sono tangibili
L’organizzazione di grandi eventi, spiega Uñac, porta lavoro e turismo
Il Governatore pratica sport?

Sono un grande appassionato di ciclismo, vado quasi sempre nei fine settimana. Cioè quando non lavoro e non fa troppo caldo. Grazie a questa passione stiamo facendo crescere la Vuelta a San Juan. La organizziamo prendendo come spunto il Giro d’Italia, il Tour de France e la Vuelta a Espana. Ascoltiamo tutti i consigli. Giorni fa ad esempio, il fotografo Roberto Bettini e il suo motociclista Vito Mulazzani ci hanno spiegato il modo giusto perché gli addetti al percorso segnalino un pericolo. E’ tutto in divenire e noi ci crediamo davvero tanto.

Il volta spalle di Cavendish e Richeze dimenticato

20.01.2023
5 min
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«Come corridore, Mark è un campione. Però come persona mi ha deluso». Maxi Richeze parla in modo netto, con lo sguardo dritto di chi non ha cose da nascondere. Il garage dell’Hotel Del Bono di San Juan è in penombra e umido da morire, fuori c’è un vento che ti porta via. Ieri c’erano 38 gradi, oggi va un po’ meglio. Le squadre della Vuelta a San Juan sono tutte in Argentina, ieri siamo arrivati anche noi giornalisti e da oggi in avanti ogni incontro diventa lo spunto per una storia da raccontare.

Il disastro B&B Hotels

Richeze lo avevamo intercettato a metà ottobre, quando avevamo saputo che Mark Cavendish gli aveva chiesto di accompagnarlo al Tour per la sfida finale al record di Merckx. La B&B Hotels aveva fatto l’offerta giusta e attorno al campione dell’Isola di Man stava nascendo un treno per la Grande Boucle. Richeze sarebbe stato il suo ultimo uomo, Mozzato sarebbe stato uno degli uomini interessati.

Poi di colpo si è fermato tutto. La squadra si è persa nelle sue vicende finanziarie e il manager Pineau a un certo punto ha alzato le armi e liberato tutti i corridori. Un bel disastro in terra di Francia, da cui Cavendish e il suo manager Martijn Berkhout si sono messi in cerca d’altro.

Acqua prima dell’allenamento: ci sono 36 gradi, il sole picchia sodo
Acqua prima dell’allenamento: ci sono 36 gradi, il sole picchia sodo
Ci siamo lasciati che stavi andando alla B&B, mancava solo di firmare…

In realtà abbiamo firmato e fatto un primo ritiro a ottobre. Quando hanno rinviato la presentazione per la prima volta e hanno smesso di arrivare messaggi, ho pensato che forse c’era qualcosa di strano. Poi però hanno mandato l’email per fare il ritiro di dicembre e ho detto: «Vabbè, si sta sistemando». Invece è saltato tutto.

Come erano a quel punto i rapporti con Cavendish?

Erano buoni. Non ci parlavo troppo spesso, perché sapevo che era un po’ sotto stress. Gli dicevo che io c’ero e di chiamarmi quando avesse notizie. Lui mi ha sempre tenuto al corrente delle varie squadre che sentiva. Io ero ancora in Europa, sono arrivato qua prima di Natale, dopo aver visto la finale del mondiale di calcio in Qatar.

Quindi eri in Europa quando è venuta fuori la pista Astana?

Esatto. Mark mi aveva parlato dell’Astana e di una professional americana. Il giovedì ho parlato con gli americani, il venerdì sera invece mi hanno scritto sia lui sia il suo procuratore, dicendo che l’Astana tornava in prima posizione e che il giorno dopo si sarebbero messi a posto. Da lì non ho avuto più notizie, era il 16 dicembre. Mi ha scritto che mi avrebbe fatto sapere il giorno dopo, ma più niente. Lui neanche vede più i miei messaggi, il suo procuratore li vede, ma non risponde.

L’Hotel Del Bono pullula di campioni e tifosi. Evenepoel è arrivato il 12 gennaio
L’Hotel Del Bono pullula di campioni e tifosi. Evenepoel è arrivato il 12 gennaio
Erano i giorni in cui l’Astana era a Calpe. C’eravamo anche noi…

Esatto. Venerdì sera abbiamo parlato e loro domenica avevano già firmato. Erano lì e hanno smesso di darmi risposte.

Come te lo spieghi?

Non lo so. Alla fine se lui doveva andare e non riusciva a portarmi, si poteva anche capire. Me lo dici, mi dispiace, ma non sono un bambino. Avrei capito. Eravamo già a dicembre, un periodo un po’ tirato e ci stava anche che fosse preso con le sue cose, però almeno avrei voluto una chiamata. E se non aveva il coraggio per una chiamata, almeno un messaggio. Non che non mi rispondi più al telefono e neanche ai messaggi. Sono deluso…

Anche perché per questa opportunità, avevi ricominciato ad allenarti…

Sì, io avevo già deciso di smettere. E’ stato lui a motivarmi perché facessi un altro anno e per quello ho continuato ad allenarmi. 

Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, Richeze fra Sagan e Cavendish
Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, Richeze fra Sagan e Cavendish
A questo punto hai deciso che San Juan sarà la tua ultima corsa?

Visto che praticamente non rispondevano più al telefono, ho capito e sinceramente non sono neanche andato in cerca di altre squadre. Come avevo detto anche a Mark, avevo bisogno di motivazioni forti per fare un altro anno. Quella di andare con lui al Tour de France era una bella sfida, una cosa buona. Quando è sfumata, ho deciso di smettere, non volevo forzare il destino. Già era saltato il discorso con B&B. Dopo è successo questo problema con lui. Io credo nel destino, vuol dire che il Signore non voleva che continuassi a correre. Quindi, cuore in pace.

Come sei rimasto quando hai visto che l’Astana ha preso Cees Bol?

Ripeto, io non discuto la scelta tecnica. Bol è un corridore dello stesso procuratore di Mark, ma capisco Vino che magari ha voluto un velocista più giovane che può fargli risultato. La scelta ci sta, il silenzio mi è dispiaciuto.

Riuscirai a vivere questa ultima corsa serenamente?

Sereno, un po’ contento, un po’ malinconico. Perché, sai, ti passano tante cose per la testa. Tutta la vita in bicicletta, 17 anni da professionista, quindi è dura. Dici che smetti, ma quando arriva il momento… Però cercheremo di goderci questo momento con tanti amici. Ho parlato anche con il Governatore e con il Ministro dello Sport, qui dove ho iniziato la mia carriera di ciclista e dove la voglio finire. L’ho sempre detto che ci tenevo che fosse qui. C’è gente mi ha dato tanto, sia a livello affettivo come anche sportivo. Per me era importante arrivare fin qui.

Richeze ha 39 anni, è passato nel 2006 con la Bardiani. Ha vinto 38 corse ed è stato ultimo uomo dei velocisti più forti
Richeze ha 39 anni, è passato nel 2006 con la Bardiani. Ha vinto 38 corse ed è stato ultimo uomo dei velocisti più forti
Il futuro sarà qui o in Europa?

Non lo so, ancora non ho deciso. Io ho un’azienda qui, poi abbiamo anche l’azienda di famiglia, quindi voglio lavorare un po’ su quello. Mi piacerebbe molto lavorare qui, con i ragazzini in Argentina o anche qui a San Juan, visto che c’è anche il velodromo nuovo. Quello aiuterà tanto. Quindi il futuro è ancora da decidere. Per ora la bimba è in Italia con mia moglie. L’ultima volta che sono venute con me, a scuola l’hanno caricata di compiti e mia moglie ha sclerato…

Ti alleni da solo oggi?

Oggi sì. Ho un terreno a 40 chilometri da qui e vado a controllare come vanno le cose, poi mi sposto all’hotel dell’Argentina, sennò mi ammazzano (ride, ndr). Ho fatto qualche giorno in questo delle WorldTour perché mi hanno invitato, ma ora torno dai miei.

Si parte da Australia e Argentina: come cambia la preparazione?

08.01.2023
5 min
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Tra pochi giorni si riparte, la stagione 2023 inizierà, come non succedeva da due anni, dall’Australia e l’Argentina. Con il calendario che torna nuovamente a dimensioni pre-Covid cambiano, o meglio tornano, i vecchi sistemi di preparazione. Arrivare pronti a gennaio non è semplice, ce lo ha spiegato anche Ulissi presentandoci il Santos Tour Down Under. Come organizzano la preparazione le varie squadre, in che modo gli allenatori lavorano per ottimizzare i carichi di lavoro? Paolo Slongo, tecnico della Trek-Segafredo ci aiuta a comporre questo puzzle.

Al ritiro di Calpe a dicembre, Slongo con Elisa Longo Borghini, che segue da parecchi anni
Al ritiro di Calpe a dicembre, Slongo con Elisa Longo Borghini, che segue da parecchi anni

Obiettivi diversi

Ormai nel ciclismo si lavora per programmi, gettare delle basi fin dall’inverno è molto importante. D’altronde le case si costruiscono da fondamenta solide. 

«Il discorso ruota intorno a due punti – esordisce Paolo Slongo – il primo è capire gli obiettivi della squadra. Il Tour Down Under e la Vuelta a San Juan sono corse importanti, iniziano a dare i primi punti. In secondo luogo i team devono fare i conti anche con i corridori a disposizione. C’è chi punta a fare bene in quelle corse, come Porte quando era con noi. Ci sono anche corridori che non hanno obiettivi di classifica ma ripartono per fare chilometri e giorni di gara. Se si guarda ai dati che Porte registrava al Down Under si capisce come fosse già estremamente competitivo. Sono numeri che altri corridori facevano solo da marzo in poi».

Durante il ritiro di dicembre la Trek-Segafredo ha diviso i propri corridori in quattro gruppi, a cui si aggiunge il quinto delle donne
Nel ritiro di dicembre la Trek ha diviso i corridori in quattro gruppi, a cui si aggiunge il quinto delle donne

Programmazione da lontano

Lo stesso Diego Ulissi, nel corso della nostra precedente intervista, ci aveva raccontato come la sua presenza in Australia fosse programmata già da ottobre, prima ancora di chiudere la stagione. 

«E’ vero – riprende Slongo – anche noi in Trek dopo il Giro di Lombardia facciamo una riunione per decidere le prime gare della stagione che verrà. Si sentono prima i ragazzi e si cerca di capire chi è motivato per partire fin da subito e chi no. Noi membri dello staff possiamo dare un parere su chi debba iniziare a correre prima, ma se il corridore non è convinto si rischia di fare un lavoro controproducente. Solitamente si mandano a queste corse i corridori che, per un motivo o per l’altro, hanno terminato la stagione anzitempo».

Chi come Baroncini ha interrotto prima la stagione riparte a correre da subito, Filippo sarà in Australia
Chi come Baroncini ha interrotto prima la stagione riparte a correre da subito, Filippo sarà in Australia

Gruppi differenti

Da qui nascono le esigenze di squadra, lo staff programma il primo ritiro, ed il precedente lavoro a casa, in base al calendario dell’atleta. 

«Quando si parte a correre da gennaio – spiega il preparatore della Trek – si gettano le basi fin dai primi giorni di novembre. L’atleta è chiamato a fare tanta base fin da subito per poi accelerare quando si va in ritiro a dicembre. Chi, al contrario, inizia a correre a febbraio riprende la bici praticamente un mese dopo e lavora molto meno a casa. Questa differenziazione è dovuta al fatto che il mondo del ciclismo è cambiato, dieci anni fa si arrivava alle prime corse meno preparati e si costruiva la condizione in corsa».

I corridori come Ciccone che faranno il Giro avranno un inizio più soft e cominceranno a correre più avanti
I corridori come Ciccone che faranno il Giro avranno un inizio più soft e cominceranno a correre più avanti

Gestione del ritiro

Quando si prende l’aereo per volare al caldo nei primi ritiri in terra spagnola il lavoro è ormai già ben avviato, o meglio programmato. Gli atleti, a seconda delle esigenze delle squadre, vengono divisi in gruppi. Nicola Conci ci aveva spiegato che la Alpecin divide i corridori in tre gruppi: velocisti, uomini delle Classiche e scalatori. 

«In Trek – ci racconta Slongo – i gruppi di lavoro sono quattro: velocisti, corridori delle classiche, chi fa il Giro ed infine i giovani o convalescenti da vari infortuni. Un altro esempio che posso fare è legato anche alle nazionalità: da noi in Trek ci sono tanti danesi, da loro fa molto freddo e fanno fatica ad allenarsi, quindi mandarli a correre in Australia o Argentina è utile per lavorare meglio».

Tiberi segue il percorso di crescita e per la prima volta andrà a correre fuori dall’Europa
Tiberi segue il percorso di crescita e per la prima volta andrà a correre fuori dall’Europa

Gli allenamenti

Cerchiamo di capire, infine, come si differenziano quindi i vari giorni di allenamento. 

«Chi corre in Australia ed Argentina – conclude Slongo – arriva al ritiro di dicembre con un livello di preparazione più alto. Loro fanno un tipo di lavoro più mirato, di maggiore intensità: soglia, fuori soglia ed anche piccole gare da 4-5 chilometri in salita. Insomma li si abitua al ritmo gara. Il gruppo delle classiche, che iniziano a febbraio, lavora anche lui sulla qualità ma per molte meno ore, questi inizieranno a “spingere” nel ritiro di gennaio. I corridori più difficili da gestire sono quelli che corrono al Giro d’Italia. Non possono spingere forte fin da subito per non entrare in condizione troppo presto. Diciamo che il loro primo obiettivo è la Tirreno-Adriatico.

«I ragazzi con in programma il Tour de France, invece, sono più semplici da gestire, loro si “autogestiscono”. Chi vuole partire forte fin da subito può correre in Australia o Argentina, anche perché avrà il tempo di riposarsi e recuperare energie successivamente. Altri corridori con in programma il Tour preferiscono correre nelle Ardenne e riposarsi nel periodo di maggio».

Sepulveda il “turco” macina chilometri per il Giro

27.04.2022
6 min
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Oramai è un habitué del podio del Giro di Turchia. Sembra proprio che Eduardo Sepulveda si trovi bene nella penisola anatolica e, dopo il secondo posto del 2015 e il terzo dello scorso anno, si è assicurato ancora una volta il gradino più basso nella classifica generale della corsa tappe, privata dell’ultima frazione a causa del maltempo.

Il trentenne scalatore che viene dalla Patagonia si è tolto anche lo sfizio, e che sfizio, di vincere la quarta tappa (foto di apertura), nella giornata in cui ad accendere la miccia era stato un certo Nairo Quintana e che ha portato l’argentino della Drone Hopper-Androni Giocattoli a indossare anche la maglia di leader. Prima che gliela strappasse Patrick Bevin (trionfatore finale).

Sul podio della tappa di Manisa in Turchia, con Bevin (poi vincitore finale) e Vanhoucke
Sul podio della tappa di Manisa in Turchia, con Bevin (poi vincitore finale) e Vanhoucke

Vittoria e lacrime

Le lacrime di Eduardo dopo il successo la dicono però lunga sui tanti sacrifici che si nascondono dietro quell’impresa, che lo fa ben sperare in ottica rosa, visto che ora l’obiettivo numero uno è di alzare nuovamente le braccia almeno un giorno anche al Giro d’Italia. Chissà che la quarta partecipazione (due con la Movistar e ora agli ordini di Gianni Savio) non sia quella buona. Per farsi trovare pronto, sta mettendo chilometri e dislivello in cascina sui Pirenei, dove vive e dove le salite non mancano. 

Ripartiamo da quegli attimi che hanno preceduto l’attacco decisivo: ce lo racconti?

Tutti guardavano Nairo (Quintana, ndr), così io ho aspettato il mio momento e sono scattato. Una volta che ho preso un po’ di vantaggio, ho dato il massimo per mantenerlo fino al traguardo. E’ stata una soddisfazione grandissima per me, ma anche per la squadra, che arrivava da buoni risultati, ma una vittoria fa sempre bene sia per il morale del gruppo sia per gli sponsor

Nel 2016 corre con la francese Fortuneo e al Tour de San Luis, in Argentina, conquista il Cerro el Amago
Nel 2016 corre con la francese Fortuneo e al Tour de San Luis, in Argentina, conquista il Cerro el Amago
E’ stata la vittoria più bella della carriera?

Non saprei, perché anche la prima e quando ho vinto a casa in Argentina nel 2016 mi hanno trasmesso grandi emozioni, però senza dubbio questo successo è speciale. Perché era da un po’ di tempo che non vincevo e avevo bisogno di sbloccarmi. Ci sono tanti sacrifici alle spalle, ma senza la giusta determinazione non bastano e il successo non arriva. 

Quanto è stato difficile inseguire il successo in questi 6 anni?

Nel 2016 ho subìto un infortunio importante e non è stato facile tornare quello di prima. Poi la pandemia non ha aiutato, ma quello che conta è il presente e questa vittoria arriva in un buon momento per me, perché manca poco alla partenza del Giro e mi motiva a lavorare.

Sepulveda ha corso il Giro del 2020 con la maglia Movistar: qui nella crono di Palermo
Sepulveda ha corso il Giro del 2020 con la maglia Movistar: qui nella crono di Palermo
A proposito di cadute, è stata difficile anche l’ultima frazione in Turchia, poi annullata, in cui sei caduto due volte. Nel complesso, sei soddisfatto del terzo posto finale?

E’ stato un peccato ovviamente non avere la chance di recuperare qualcosa nella classifica generale. Quella dell’organizzazione è stata però la scelta corretta perché ci sono state tantissime cadute ed è stata la decisione più intelligente per salvaguardare la salute di tutto il gruppo. Sono soddisfatto per come abbiamo corso, per la vittoria, per aver indossato la maglia di leader e per come la squadra mi ha supportato nonostante avessimo una pedina importante in meno (Umberto Marengo assente giustificato perché diventato papà proprio al momento di partire per la Turchia, ndr).

Che cosa ti aspetti dalla Corsa Rosa: la vedi un po’ come un esame di maturità dopo quanto mostrato in Turchia?

Direi di sì. Lo scorso anno abbiamo saputo in extremis della wild card per il Giro, mentre quest’anno abbiamo potuto prepararlo con più tranquillità, per cui spero di aver una buona condizione. Non sarò capitano unico come nel 2021, perché abbiamo altre ottime pedine come Jefferson Cepeda o “Natalino” Tesfatsion (protagonista al Tour of the Alps, ndr), però credo che potrò giocarmi un successo di tappa. La nostra squadra può fare un bel Giro

Lo scorso anno, in maglia Androni, verso l’Alpe di Mera: 15° all’arrivo
Lo scorso anno, in maglia Androni, verso l’Alpe di Mera: 15° all’arrivo
C’è qualche tappa che ti stimola in particolare?

Ce ne sono tante, soprattutto quelle di salita della seconda e della terza settimana. Sono le più dure, ma la fuga potrebbe avere qualche possibilità in più di arrivare. Ho parlato con Giovanni Ellena e stiamo studiando qualcosa.

Che avvicinamento avrai?

Prima di tutto, ho recuperato dagli otto giorni duri che abbiamo avuto in Turchia. Mi sto allenando qui vicino a casa, in Andorra, cercando di fare tanti chilometri e dislivello, ma non ho più corse prima del Giro. La fortuna è che qui incontro sempre qualche collega con cui dividere la fatica, perché in tanti hanno scelto di vivere sui Pirenei e in questo periodo mi capita di frequente.

Sul palco della Tirreno, accanto a Cepeda, Sepulveda è spesso accigliato. In pubblico ride raramente
Sul palco della Tirreno, accanto a Cepeda, Sepulveda è spesso accigliato. In pubblico ride raramente
Qualche esempio?

Ci sono tanti spagnoli o latinoamericani, che tra una corsa e l’altra tornano qui a ad allenarsi e ci vediamo sulla strada. Negli ultimi giorni ho pedalato con Dayer Quintana, con cui siamo stati compagni di squadra nella Movistar, dividendo anche la stanza in un Giro d’Italia. Abbiamo un’ottima relazione e mi ha fatto molto piacere ricevere i suoi complimenti per la vittoria in Turchia.

E suo fratello Nairo come l’hai visto in Turchia?

In ripresa. Ha avuto un bell’inizio di stagione, anche se purtroppo ha dovuto ritirarsi per una caduta. Però credo che in Colombia, dove lo raggiungerà anche Dayer, preparerà bene il Tour de France.

Nel 2022 Sepulveda aveva già corso in Turchia, al Tour of Antalya, cogliendo il 7° posto nell’arrivo in salita di Termessos
Nel 2022 aveva già corso in Turchia, al Tour of Antalya, cogliendo il 7° posto nell’arrivo in salita di Termessos
Ti piace l’anima battagliera dell’Androni?

Andiamo sempre all’attacco e dobbiamo essere protagonisti così e penso che tutti gli 8 corridori che saranno alla partenza del Giro avranno questa stessa mentalità.

Quanto ti manca la tua Argentina?

Moltissimo, perché è da quasi tre anni che non vado. Per fortuna, ora c’è mia mamma qui perché voleva stare in Europa e per me è più facile avere lei con mia moglie. Con mio fratello e mia sorella, invece, per ora andiamo avanti a videochiamate, cercando di sentirsi molto spesso. Per il bene del nostro ciclismo nazionale, invece, non vedo l’ora che torni la Vuelta San Juan l’anno prossimo dopo due stagioni di assenza, perché ai giovani manca un’occasione di confronto importante come questa gara UCI.

Niente Argentina, i team ripiegano su Mallorca

13.01.2022
5 min
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Il Covid ci sta mettendo lo zampino nuovamente. E speriamo che si sia fermato solo alla Vuelta a San Juan, originariamente in programma dal 30 gennaio al 6 febbraio. E’ qui, dall’Argentina, che sarebbe dovuta ripartire la stagione agonistica di molti team, alcuni grandi, alcuni grandissimi, altri più piccoli come quelli locali.

La tappa sudamericana era ormai diventata un riferimento per molti atleti per iniziare la propria stagione agonistica. Il fatto che sia “saltata” come intacca i programmi dei team? Quanto incide ai fini della preparazione? Ne abbiamo parlato con alcuni tecnici: due preparatori e due diesse.

Paolo Slongo, in Argentina ai tempi dell’Astana quando si correva a San Luis. Dietro, Pizzorni, addetto stampa del team a quei tempi
Paolo Slongo, in Argentina ai tempi dell’Astana quando si correva a San Luis

Slongo: stop sì, ma per tutti

Iniziamo da Paolo Slongo, che molto spesso ha aperto le danze a quelle latitudini, soprattutto ai tempi di Nibali.

«Noi – spiega il preparatore della Trek-Segafredo – avevamo un gruppo in cui c’erano soprattutto velocisti. L’idea era di farli partire con una corsa in più in vista del UAE Tour, la prima gara WorldTour dell’anno. E lavorare al caldo sarebbe stato importante. Però è anche vero che come salta per noi, salta anche per gli altri e nessuno ne trae vantaggio».

«A questo punto credo che dirotteremo su Mallorca, che non era in programma e lì recupereremo delle giornate di gara per qualche corridore. Quindi cambia sì, i programmi cambiano un po’ ma tutto è ben gestibile. Se invece dovessero saltare anche le corse del mese di febbraio si complicherebbero le cose. Ma anche in questo caso resto dell’idea che salterebbero per tutti».

«Bisogna cambiare i piani e negli ultimi anni ci siamo abituati. Li abbiamo rivisti tante volte. L’allenamento diventa fondamentale e si simulerebbe di più il ritmo gara. Tra lavori di gruppo e dietro moto si trasformano alcuni allenamenti in vere tappe.

«Noi già eravamo in ritiro e lì avevamo la possibilità di lavorare in gruppo. Magari chi doveva andare in Argentina anziché fare una settimana in meno di ritiro per partire alla volta di San Juan, resta fino alla fine».

L’aumento dei casi Covid ha indotto le autorità locali a fermare la corsa

Cucinotta: tutto sotto controllo

Più o meno dello stesso parere di Slongo è Claudio Cucinotta. Per il preparatore dell’Astana tutto è ancora sotto controllo…

«Alcuni dei nostri corridori avrebbero dovuto riprendere dall’Argentina, ma anche per altre squadre è così. Vediamo se ripartire dal Saudi Tour o dall’Oman, come gare alternative. Ma non bisogna essere  troppo preoccupati. Il calendario è folto sin da febbraio e alla fine si tratta d’iniziare una settimana o dieci giorni dopo. In più noi non saremmo andati con una squadra di big.

«La preparazione per ora resta quella di base. Non andremmo a rimpiazzare quel periodo con della qualità, ma facendo appunto ancora della “base”. Tanto più che per San Juan nessuno sarebbe andato per finalizzare. Magari qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa di più ed era leggermente più avanti, ma ripeto, cambia poco… Se salta solo l’Argentina. Rimescoleremo un po’ i vari partecipanti nelle varie gare».

Miguel Florez, vince sull’Alto del Colorado per l’allora Androni Giocattoli
Miguel Florez, vince sull’Alto del Colorado per l’allora Androni Giocattoli

Spezialetti: allenarsi e vincere

«Cosa cambia senza l’Argentina? Beh, per fortuna noi avevamo già dato l’okay alle gare di Mallorca, Vuelta Murcia e Costa de Almeria – dice Alessandro Spezialetti, diesse della Drone Hopper – il problema sarebbe stato se non ci fosse stato Mallorca. In generale comunque dispiace visto che sono due anni che l’annullano.

«Per noi è una gara importante, facciamo spesso bene ed abbiamo anche vinto come con Florez in un arrivo in salita. Era importante per mettere giù chilometri e iniziare a correre e magari anche a vincere.

«In più quest’anno si doveva andare giù una settimana prima ed era l’ideale per allenarsi al caldo, accumulare, come ho detto, chilometri, insomma sfruttare il buon clima e le alte temperature per fare un buon allenamento. Ci sarebbe stato solo da stare un po’ attenti al ritorno con il freddo che c’è ancora da noi e poi era buona anche perché il fuso orario è abbastanza ridotto, solo quattro ore in una settimana si recupera subito».

La Drone Hopper rispetto ai team WorldTour partiva con qualche velleità in più. Alla fine la Vuelta San Juan è una ghiotta occasione per mettersi in mostra in una gara che ha molta visibilità proprio perché ci sono le squadre WorldTour, le quali però (forse) non sono ancora al top.

«Partivamo per sfruttare qualche occasione – aggiunge Spezialetti – queste erano le nostre velleità. Avremmo portato tre scalatori e tre ragazzi per fare le volate».

La Israel Start-Up Nation era presente nell’edizione 2020. E vinse la prima frazione con Barbier
La Israel Start-Up Nation era presente nell’edizione 2020. E vinse la prima frazione con Barbier

Cozzi: Mallorca, un bell’aiuto

Infine parola a Claudio Cozzi, direttore sportivo della Israel Start-Up Nation, una delle 24 squadre che sarebbe stata al via di San Juan.

«Dal punto di vista della preparazione cambia molto poco – dice Cozzi – mentre incide di più sulla rotazione dei corridori, anche perché non si è ancora sicuri che si svolgeranno Saudi Tour e Oman, questo potrebbe essere un problema.

«Noi abbiamo stilato un calendario fino alla fine di febbraio e, poiché ci sono di nuovo delle incertezze abbiamo parlato a tu per tu con i corridori e lo faremo ancora in questo ritiro. Sfrutteremo al massimo dei training camp anche in altura, Teide o Etna. Training camp che avevamo già programmato, ma che abbiamo atteso a confermare. A quel punto stabiliremo le date con i corridori.

«Inizieremo a correre a Mallorca e poi seguiremo il programma spagnolo. In particolare la gara sull’isola si gestisce molto bene. E’ una challenge: cinque giorni di gara, due per gli sprinter, tre un po’ più mossi. Andremo lì con un numero maggiore di corridori e cercheremo di farne correre il più possibile».

Remco Evenepoel, Vuelta San Juan 2020

San Juan scalda i motori, svelati i dettagli

20.12.2020
3 min
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Mentre la Colombia annunciava l’annullamento del Tour Colombia 2.1, dall’Argentina è arrivata tramite Roberto Amadio che la Vuelta San Juan si farà (in apertura Remco Evenepoel, vincitore nel 2020). Sarà certo un’edizione più controllata da tutti i dispositivi anti Covid quindi sicuramente meno calorosa delle edizioni cui eravamo abituati, ma chiamerà comunque ad un primo confronto dei campioni di fama indiscussa. Un po’ perché partire al caldo fa sempre bene. E un po’ perché alcuni di loro hanno un evidente bisogno di mettere chilometri nelle gambe e rinviare il debutto troppo avanti significherebbe partire in qualche modo a handicap

Roberto Amadio, Mario Scirea, Vuelta San Juan 2020
Roberto Amadio con Mario Scirea, che con lui collabora, alla Vuelta San Juan 2020
Roberto Amadio, Mario Scirea, Vuelta San Juan 2020
Roberto Amadio con Mario Scirea alla Vuelta San Juan 2020
Tutto incanalato nella giusta direzione?

Sembrerebbe davvero di sì. Stiamo lavorando. Abbiamo elaborato un protocollo Covid abbastanza importante. E alla fine abbiamo accettato la soluzione dell’autodromo di El Villicum, che sarà completamente chiuso al pubblico e ci permetterà di mantenere la bolla. All’interno inoltre c’è una clinica per ogni evenienza. In sostanza, l’unico arrivo fuori dall’autodromo sarà quello in salita al Colorado, ma anche lassù ci saranno misure stringenti.

Come sarà gestita la logistica delle squadre?

Dormiranno in tre hotel, anche lì con l’obbligo di rimanere dentro se non per allenamenti e andare alla corsa. Come organizzazione metteremo a disposizione personale aggiuntivo che possa fare la spesa e tutto quello di cui i team possano avere bisogno in città.

Tamponi come al Giro d’Italia?

Chiederemo di effettuare il primo nelle 72 ore precedenti alla partenza. Si volerà con un aereo in comune per tutta la corsa da Parigi a Ezeiza, lo scalo di Buenos Aires. Poi appena atterrati, si farà un tampone rapido e di lì si creerà la bolla. Due giorni prima della gara altro giro di tamponi e poi valuteremo giorno per giorno l’evolversi della situazione. Se ci sarà un caso isolato, abbiamo trovato una clinica privata che si è messa a disposizione per accoglierlo.

Peter Sagan, Vuelta San Juan 2020
Peter Sagan è uno dei corridori più affezionati alla Vuelta San Juan
Peter Sagan, Vuelta San Juan 2020
Anche quest’anno ci sarà Peter Sagan
Fin qui la logistica, veniamo ora ai partecipanti…

Ci sarà ancora una volta un bel gruppo. Avremo Sagan e Froome. Ci sarà Viviani con la Cofidis, poi Ganna, Moscon e Leonardo Basso. E poi ci saranno i pistard azzurri con Villa, in preparazione per le Olimpiadi.

Avete mai pensato di non farcela?

Un momento difficile c’è stato a settembre, quando il virus in Argentina aveva ripreso davvero forte. Poi però sono ripartiti anche loro. Nell’autodromo hanno già organizzato tre gare, come a Imola da noi a fine luglio, e c’è stata la conferma che si riesce davvero a controllare tutto. L’unica limitazione che ci è stata imposta e che tutto sommato si potrà gestire sarà limitare la presenza della stampa internazionale, dato che non si potrà parlare direttamente con i corridori. Ma ci siamo attrezzati anche per questo e produrremo immagini e contenuti su richiesta.