Daniel Smarzaro, addio al ciclismo e nuova vita sulla ruspa

02.04.2022
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Nel momento in cui Daniel Smarzaro risponde alla nostra chiamata scorgiamo su Instagram la frase con la quale ha salutato il ciclismo: “Prima o poi tutto finisce… ciao ciao ciclismo”. Poche parole, ma che inquadrano bene lo stato d’animo di chi, dopo tanti anni, abbandona una compagna di vita: la bicicletta. Daniel è un classe 1997, una delle annate che ha subìto maggiormente lo stop causato dalla pandemia.

La sua voce è profonda, forse un po’ stanca dopo una giornata di lavoro in cantiere. Sì, cantiere, perché Daniel si è subito rimboccato le maniche ed ha iniziato a lavorare (foto Facebook in apertura), ma questo avrà modo di raccontarcelo lui.

Con queste poche e semplici parole Daniel Smarzaro ha salutato il ciclismo
Con queste poche e semplici parole Daniel Smarzaro ha salutato il ciclismo

L’ultimatum e la delusione

«A fine 2020 mi sono dato un ultimatum – dice Daniel – o la va o la spacca. Dopo un po’ è anche giusto concludere, viene anche il momento di farsi una vita. Nel dilettantismo non vivi solamente di ciclismo. Le difficoltà sono tante, ti pagano solamente per 10 mesi all’anno e non tutte le squadre ti danno il rimborso spese».

«La delusione più grande – riprende – è che a fine 2021 avevo anche firmato un contratto per passare in una continental, ma alla fine è naufragato tutto», rimane qualche secondo in silenzio. «Sinceramente non avevo più voglia di riprovare, la batosta è stata troppo forte e non avevo neanche la testa per ritornare tra i dilettanti».

Prima di chiudere con la D’Amico, Daniel Smarzaro ha corso 4 anni con la General Store (foto Scanferla)
Prima di chiudere con la D’Amico, Smarzaro ha corso 4 anni con la General Store (foto Scanferla)

Un mondo difficile

Il mondo del ciclismo è complicato, a volte spietato, non è facile emergere. E per uno che ce la fa, sono tanti quelli che, per un motivo o per l’altro, sono costretti ad arrendersi.

«Il ciclismo è bello quando vinci – continua Daniel – ma sotto sotto non è bello affatto. Non sono rimasto contento delle cose che mi sono successe, soprattutto a livello umano. Anche nel 2020, nella squadra di allora, mi era stato detto che avrei avuto il mio spazio e poi alla fine nulla. Per fortuna ho trovato la D’Amico e con loro c’è stata sincerità immediata. Sono stato chiaro: un anno e poi si vede. Non sono rimasto mai da solo, ho sempre avuto accanto persone che tengono a me, dalla mia famiglia alla mia fidanzata. Quando ho annunciato che avrei smesso, ci sono rimasti peggio di me. Io, ormai, mi ero già fatto una ragione».

Per Daniel anche una parentesi nel ciclocross, qui al mondiale di Valkenburg nel 2018
Per Daniel anche una parentesi nel ciclocross, qui al mondiale di Valkenburg nel 2018

Il rapporto con la bici

La ferita, dalle parole di Daniel, non si è ancora rimarginata. E’ difficile che si possa ricucire un taglio lungo 24 anni in sole 13 settimane. 

«La bici – dice il trentino – non la tocco da quando ho deciso di smettere, anche le corse non le sto più guardando. Ci sono rimasto troppo male. Non escludo che un giorno la riprenderò in mano, ma solo per una passeggiata. I compagni li sento ancora, Lucca soprattutto. Con loro scherzo, ci vogliamo bene ed abbiamo condiviso tante emozioni. E’ incredibile che uno come lui sia ancora tra i dilettanti, ma ci sono tanti elite che non trovano spazio perché considerati vecchi».

Alla Coppa San Daniele del 2020 bella vittoria con uno stato d’animo particolare (foto Scanferla)
Alla Coppa San Daniele del 2020 bella vittoria con uno stato d’animo particolare (foto Scanferla)

Un nuovo capitolo

Daniel ora volta pagina, ha una nuova passione: quella del muratore. 

«E’ una passione che porto avanti da quando ero bambino. Mio zio – spiega – ha una ditta nel paese dove abitava mia nonna, lo vedevo sempre e mi sono appassionato al mondo delle ruspe e dei camion. Ora il mio sogno è quello di diventare escavatorista, piano piano sto imparando e mi sto costruendo una vita».

De Paolis: «La categoria under 23 è cambiata molto»

27.01.2022
4 min
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Si è parlato molte volte in questo periodo dell’argomento squadre continental e under 23 legato all’universo giovani ciclisti. Stefano Giuliani ci ha detto come gestisce la sua Giotti Victoria Savini-Due, squadra continental ma con ex professionisti in organico. Lo stesso ha fatto anche Matteo Provini della Petroli Firenze Hopplà, team under 23. Infine, chiamiamo a dire la sua anche Ivan De Paolis della Area Zero Proteam. Ivan ha fondato la squadra nel 2014, le cose sono cambiate negli anni, la sua è la più vecchia delle 13 continental italiane.

L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la squadra continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)
L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)

Questione di numeri

«Nelle stagioni 2014 e 2015 correvamo solamente con i professionisti e l’età media dei nostri corridori era di 23 anni. Negli anni – spiega – questa si è abbassata notevolmente, basti pensare che nel 2020 era di 20,08, mentre la scorsa stagione di 20,83 (Ivan è un uomo ed un diesse molto attento ai numeri, ndr). Con l’abbassarsi dell’età media è cambiato anche il nostro approccio alle corse, dal 2016 in poi ho aperto il calendario a molte gare under 23».

Come mai?

I primi anni (2014 e 2015, ndr) lavoravamo anche con corridori di ritorno da sfortunate esperienze con le professional come Mosca (foto Area Zero Proteam in apertura) e Pasqualon. Con l’abbassarsi dell’età media, ci siamo accorti di come i ragazzi che affrontavano per la prima volta la categoria under 23 avessero bisogno di confrontarsi con i pari età.

Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Quindi avete aperto anche alle gare under 23.

Sì, nel 2016 ne ho messe solo 9 e tutte internazionali, come il Trofeo Piva o il Belvedere poi ho aperto anche a quelle regionali. Per un ragazzo di 20 anni non è possibile confrontarsi con i professionisti, rischi di non finire neanche la corsa. Ad onor del vero va detto che non ho sempre lavorato con corridori di primo piano…

Matteo Provini ha detto che questo modo di lavorare rischia di far sparire le squadre under 23…

Il vero cambio di rotta c’è stato quando Colpack Ballan e Zalf Euromobil Desirée Fior hanno fatto la squadra continental. Prima di quel momento i corridori non prendevano molto in considerazione questo genere di squadre. C’è modo e modo di fare le cose, noi abbiamo sempre fatto tutto in maniera graduale.

Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Prima ci si accorgeva se un corridore potesse fare questo lavoro nei dilettanti, ora lo si scopre tra i professionisti, infatti molti tornano indietro.

Le continental ora sono il termometro dello stato di salute del ciclismo italiano. Noi corriamo tre tipologie di gare: under 23, gare con squadre professional e gare con metà gruppo formato da WorldTour, come al Giro di Sicilia. In queste gare capisci se un corridore ha la stoffa e le qualità per fare bene tra i pro’.

Tu hai avuto tanti ragazzi nella tua squadra nel corso degli anni, cosa è cambiato maggiormente?

Devo dire che col passare del tempo è venuto sempre meno lo spirito di squadra, soprattutto nel 2020 e 2021. Infatti, nel ritiro che stiamo facendo in questi giorni ho optato per far stare i  ragazzi tutti insieme. 

Ci sono corridori che tornano nei dilettanti dopo brevi esperienze nel professionismo.

Mosca e Pasqualon sono quelli che ho avuto modo di vedere io, da quest’anno abbiamo preso anche Mattia Viel, reduce dall’esperienza in Androni (ora Drone Hopper Androni, ndr). Fa strano pensare che ha 26 anni e già stava per smettere. C’è da dire che la fretta ce l’ha imposta anche la società dove si vuole tutto e subito.

Mattia Viel dopo aver chiuso la sua esperienza all’Androni ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel
Mattia Viel ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel

Tutto e subito, con meno spirito di sacrificio

Si è sempre alla ricerca dei giovani campioni e questo porta corridori sempre più giovani tra i pro’. Sembra, però, che la vera fretta di cercare campioni ce l’abbiano le squadre professional, basti guardare l’esempio di Mosca e Pasqualon. Loro nelle professional sono stati scartati perché magari non erano dei corridori vincenti. Poi però una volta inseriti in un organico valido come quello di una squadra WorldTour sono diventati dei gregari di lusso.

«E’ una giusta considerazione – ci dice Ivan – anche se, a dire il vero, sono i ragazzi che non vogliono più fare i gregari. Sono pochi quelli che prendono in considerazione questo tipo di carriera, ma non possono vincere tutti e questo va ricordato. Nel ciclismo vince uno solo e la squadra forte si basa anche su gregari forti.