La pubblicità ai tempi delle riviste e delle fiere

15.11.2022
6 min
Salva

Il mondo del ciclismo dal duemila a oggi ha conosciuto un cambiamento davvero notevole che ha interessato non solo atleti e team, ma anche le aziende, che erano parte attiva di questo mondo e lo sono tuttora con i loro prodotti: biciclette, componentistica e accessori. Per loro ogni giorno rappresenta una sfida continua per restare al passo con la concorrenza. In tutto ciò assume un ruolo strategico la capacità di saper comunicare nel migliore dei modi le proprie novità di prodotto, attraverso messaggi in grado di raggiungere in maniera efficace e rapida la clientela. La pubblicità, ma non soltanto quella.

Se un tempo la comunicazione si riduceva ad una pagina pubblicitaria ripetuta per qualche mese sui magazine di settore, oggi tutto è cambiato grazie o per colpa – dipende da come la si voglia vedere – dell’avvento di internet e dei social.

Alberto Giacopello, 80 anni appena superati, una vita fra le aziende nel campo della pubblicità (foto Guido Rubino)
Alberto Giacopello, 80 anni appena superati, una vita fra le aziende nel campo della pubblicità (foto Guido Rubino)

C’era una volta la carta stampata

Prima del loro irrompere e della contemporanea crisi della carta stampata, come si muovevano le aziende per comunicare con il pubblico? Per saperne di più, abbiamo deciso di fare due chiacchiere con Alberto Giacopello, uno degli agenti pubblicitari “storici” nel mondo ciclo.

Giacopello ha da poco superato gli ottant’anni. La mente è sempre brillante e lucidissima. Per ventisei anni, dal 1980 al 2006, ha lavorato per Compagnia Editoriale, la casa editrice del mensile Bicisport, occupandosi della vendita degli spazi pubblicitari. Ha vissuto in prima persona un modo di comunicare da parte delle aziende che oggi non esiste più. Ascoltarlo può essere d’aiuto anche per comprendere la realtà di oggi.

Una premessa prima di passare alle domande. Chi scrive ha lavorato per alcuni anni accanto ad Alberto Giacopello e da oltre vent’anni ha la fortuna di esserne amico. Perdonerete allora l’uso del più confidenziale “tu”.

Antonio Colombo, fondatore di Columbus, ha sempre abbinato il ciclismo con l’arte
Antonio Colombo, fondatore di Columbus, ha sempre abbinato il ciclismo con l’arte
Ai tuoi tempi come era il rapporto con le aziende?

Potrei rispondere con una sola parola che racchiude in sé tutto: diretto. Si parlava direttamente con il titolare dell’azienda e quindi era tutto decisamente più semplice e immediato. Quando sono andato in pensione nel 2006, nelle aziende era raro trovare una persona addetta al marketing o più in generale ai rapporti con le riviste. Una delle prime a introdurre una figura simile fu Columbus con Claudia Vianino. Ora so che ha aperto un’agenzia di comunicazione a Torino, che mi dicono vada molto bene. La cosa non mi sorprende, perché già ai tempi era davvero una persona tosta e preparata.

Avere un rapporto diretto con il titolare dell’azienda cosa voleva dire dal punto di vista pratico?

I contratti non si definivano certo al telefono. Si fissava un appuntamento in azienda e in quell’occasione si concordava il programma per l’intero anno. Poteva poi capitare che a seguito di una vittoria importante, come una Sanremo o un mondiale, ci fosse una integrazione a quanto definito a inizio anno. In quel caso, per accordarsi bastava una telefonata perché di fondo c’era una fiducia reciproca con i titolari, che avevo saputo costruire nel corso degli anni. Oggi non credo avvenga la stessa cosa. Credo sia tutto più “professionale”, ma anche più freddo.

Giuseppe Bigolin è il fondatore di Selle Italia. Al suo fianco si è inserito ed è cresciuto come leader dell’azienda il figlio Riccardo
Giuseppe Bigolin è il fondatore di Selle Italia. Al suo fianco si è inserito da anni il figlio Riccardo
Da cosa si capiva che ci fosse questo buon rapporto?

Dal fatto che mi sentivo sempre il benvenuto. Poteva capitare che durante uno dei miei viaggi di lavoro, di passaggio vicino ad un’azienda, chiamassi per chiedere se potevo passare per un saluto o un caffè. In tanti anni non ho mai ricevuto un rifiuto.

Come avveniva la definizione di un contratto?

Dovete tenere presente che quando ci si sedeva di fronte al titolare di un’azienda per parlare di pubblicità, si discuteva non solo del budget da investire, ma anche del soggetto pubblicitario che avremmo poi visto sulla rivista. In un certo senso, era come se fossi una specie di consulente marketing di oggi. Le aziende si fidavano così tanto da arrivare a chiedermi dei consigli sui mesi che, secondo me, potevano essere più interessanti per fare pubblicità. Spesso poi capitava che mi venisse mostrato in anteprima un prodotto prima che fosse lanciato sul mercato per avere un mio parere in merito. Oggi le aziende hanno così tanti esperti a cui affidarsi che raramente hanno bisogno di un parere esterno. Sono davvero cambiati i tempi. Allora si lavorava molto con il fax… Oggi il fax per una qualsiasi azienda è un soprammobile.

Ai tuoi tempi le fiere di settore che importanza avevano?

So che oggi sono quasi sparite. Ai miei tempi si andava un anno a Milano e un anno a Colonia. Poi è arrivata Friedrichshafen che ha soppiantato entrambe. Allora la fiera era un momento fondamentale della stagione. Lì si incontravano tutti i clienti e in alcuni casi era l’unica occasione per poterli vedere. Di conseguenza si chiudevano anche molti contratti. Oggi credo che siano più un momento per coltivare le famose “pubbliche relazioni”.

Il Cavalier Pietro Santini ha costruito un’azienda modello, ora gestita dalle figlie Monica e Paola
Il Cavalier Pietro Santini ha costruito un’azienda modello, ora gestita dalle figlie Monica e Paola
In quegli anni come era vista la pubblicità? Era considerata uno strumento importante per comunicare?

Tutti erano convinti dell’importanza di fare pubblicità. Allora però c’erano solo le riviste e quindi le aziende avevano solo la carta stampata come strumento di promozione. Oggi con l’avvento dei social, con la nascita dei siti internet specializzati tutto è cambiato. Anche io che ho ottant’anni, se voglio sapere qualcosa di ciclismo mi collego a internet.

Questo lavoro che cosa ti ha lasciato da un punto di vista personale?

Grazie a questo lavoro ho avuto la fortuna di andare alle corse e incontrare gli idoli della mia gioventù come Binda a Bartali, un uomo forse “ruvido”, ma di una grandissima umanità. Ho avuto modo di arricchirmi umanamente, ma anche culturalmente. Pensa, con Antonio Colombo di Columbus, parlavamo di lavoro, ma anche di cultura spaziando dal pittore Schifano al regista Nanni Moretti. Oggi credo sia una cosa impossibile. Tutti hanno fretta e poco tempo a disposizione per parlare di qualcosa che sia altro dal lavoro.

Figure che hanno fatto e ancora fanno la storia del ciclismo…

Ricordo con affetto il Cavaliere Pietro Santini, un vero signore, che mi parlava sempre del suo grande amore per la pista di Dalmine. Come non citare poi Ernesto Colnago. Con lui ho fatto in assoluto il mio primo appuntamento di lavoro. Quante battaglie facevamo sui costi delle pagine pubblicitarie (ride, ndr), ma quanto era bello poi ascoltarlo mentre mi parlava dei suoi progetti. Con tanti di loro ho costruito rapporti umani davvero profondi. Pensa che ancora oggi a Natale mi sento con Giuseppe Bigolin di Selle Italia per scambiarci gli auguri. Uso un’espressione che può forse sembrare desueta: grazie al mio lavoro ho conosciuto tante brave persone.

Colnago con Van Aert al via della Sanremo. Ernesto ha ceduto la sua azienda, ma ne rappresenta l’italianità
Colnago con Van Aert al via della Sanremo. Ernesto ha ceduto la sua azienda, ma ne rappresenta l’italianità
Se dovessi ricominciare oggi, quali difficoltà ti troveresti a dover affrontare?

Sicuramente avrei difficoltà a destreggiarmi con le nuove tecnologie e a dovermi rapportare con addetti stampa o al marketing. Come ti dicevo, io ero abituato a parlare direttamente con il titolare. Ai miei tempi lavoravo poi solamente con aziende italiane. Il cuore dell’industria ciclo era tutto in Italia. Ora mi sembra che ci sia più internazionalizzazione. Il solo pensiero di dover parlare in inglese con un responsabile marketing mi toglierebbe sicuramente il sonno.

Cinelli Vigorelli

Velodromo di Noto Cinelli, una storia di passione

17.11.2020
5 min
Salva

La Sicilia è terra di arte, cultura, buon cibo e mare e paradossalmente sarebbe anche terra di velodromi. Non molti sanno che in Sicilia sono presenti ben quattro velodromi: Palermo, Paternò, Vittoria e Noto. Di questi solo l’ultimo citato è in attività e lo si deve alla passione e l’impegno di alcune persone e di Cinelli.

Per farci raccontare questa storia abbiamo contattato l’avvocato Marcello Marina che ci ha svelato come abbia fatto a coinvolgere Cinelli nell’attività del velodromo di Noto.
«Sono un appassionato di ciclismo e sono amico di Antonio Colombo il patron di Cinelli – ci spiega Marcello Marina – anche io faccio parte del Board della società Gruppo Spa che gestisce Cinelli e Columbus. Tutto è iniziato cinque anni fa quando ho aperto anche un negozio di bici Cinelli a Catania, si chiama 110+Rpm. Ci siamo dedicati allo scatto fisso e al gravel, quello che io chiamo il ciclismo alternativo»

Antonio Colombo con le Cinelli Vigorelli
Antonio Colombo al velodromo di Noto Cinelli con la flotta di Vigorelli
Antonio Colombo con le Cinelli Vigorelli
Antonio Colombo al velodromo di Noto Cinelli con le Vigorelli
Ma come è nata la collaborazione con il velodromo?

Tre anni fa incuriosito dalle vicende locali lessi che il sindaco di Noto Corrado Bonfanti aveva ottenuto dei finanziamenti per ristrutturare il velodromo. Lo contattai dicendogli che ero interessato all’iniziativa e che mi sarei adoperato per supportarlo.

In che modo lo hai supportato?

Chiamai Antonio Colombo gli spiegai tutto e lo invitai a Noto. La cosa gli piacque moltissimo. Devi sapere che Noto è famosa per l’arte, la Cattedrale è Patrimonio dell’Unesco e il velodromo è in centro città. E’ stato facile unire Cinelli che rappresenta l’arte della bicicletta con Noto che è una città d’arte.

Cinelli Vigorelli Cattedrale di Noto
La Cinelli Vigorelli davanti alla stupenda Cattedrale di Noto
Cinelli Vigorelli Cattedrale di Noto
La Cinelli Vigorelli davanti alla Cattedrale di Noto
In che modo Cinelli supporta l’attività del velodromo

Cinelli ha fornito 40 biciclette Vigorelli tutte graficate appositamente per il velodromo di Noto. Prima del Covid avevamo iniziato ad organizzare una serie di attività con il Cinelli Team per fare eventi di promozione. Abbiamo organizzato gare di Scratch e velocità e le abbiamo combinate con iniziative gravel. L’obiettivo è fare diventare il velodromo un centro di incontro, una palestra di ciclismo. Affinché il velodromo si sostenga c’è bisogno che vengano a pedalarci gli amatori. Tu pensa che mentre i figli si allenavano con il Professore La Rosa, che segue le categorie giovanili, i padri prendevano una Vigorelli e giravano nel velodromo. Solo coinvolgendo gli amatori si possono fare progetti di lungo termine.

Quindi il velodromo come scuola di ciclismo, giusto?

Sì, esatto. E ti dico di più, con il clima che abbiamo in Sicilia possiamo fare attività tutto l’anno. Pensa cosa vuol dire per gli atleti del Nord Europa. Non solo trovano il clima giusto, ma anche uno scenario fatto di arte, cibo e bellezza. Il velodromo può diventare un motore del turismo. Mi piacerebbe che in Italia riuscissimo a fare sistema e a creare un Trofeo Italiano della Pista itinerante, con il Vigorelli capofila. Questo darebbe visibilità agli impianti italiani anche all’estero e aiuterebbe tutto il movimento.

Marcello Marina al velodromo Noto Cinelli
Marcello Marina coordina una delle attività serali svolte nel velodromo
Marcello Marina al velodromo Noto Cinelli
Marcello Marina coordina una delle attività serali

L’esperienza del Professore

Oltre all’avvocato Marcello Marina abbiamo sentito anche il Professore La Rosa, 75 anni di cui la maggior parte passata sulle piste dei velodromi. E’ il responsabile del velodromo di Noto e segue l’attività delle categorie giovanili.

«In Sicilia avremmo grandi potenzialità, ma ci servirebbe che riaprissero i velodromi di Palermo e Vittoria. Pensa che il velodromo di Noto è tecnicamente buono, è dotato di illuminazione, con la pista in cemento con una sopraelevata di 35,5 gradi ed è omologato anche per le Olimpiadi. Sono venute anche le nazionali di Villa e Salvoldi a girare qui, la pista è buona. Pensa che quello di Vittoria sarebbe ancora più all’avanguardia. Peccato che il comune di Vittoria è commissariato e quindi le priorità sono altre».

Giovani su Cinelli Vigorelli
I giovani accorrono da tutta la Sicilia per svolgere attività su pista
Giovani su Cinelli Vigorelli
I giovani arrivano da tutta la Sicilia per allenarsi in pista
In che stato è l’attività in Sicilia?

I numeri sono più bassi rispetto ad altre regioni del Nord, anche se su pista c’è un buon movimento. Tieni presente che tutti i martedì e giovedì il velodromo è aperto e vengono gruppi di ragazzi da tutta la Sicilia, ma come puoi immaginare le distanze sono grandi e le strade non sempre ottime. Ci sono state molte richieste per venire a girare il sabato e la domenica e noi siamo stati sempre disponibili, proprio per aiutare tutto il movimento regionale a crescere. A Noto ci sarebbe una palazzina di servizi con una mini foresteria, ma non è terminata. Sarebbe importante averla operativa, così i ragazzi che vengono dalle zone più lontane potrebbero fermarsi a dormire una notte.

Cinelli Vigorelli
La grafica delle Cinelli Vigorelli è stata pensata appositamente per il velodromo di Noto
Cinelli Vigorelli
Grafica dedicata per le Cinelli Vigorelli
Cosa pensa delle iniziative di Cinelli di aprire il più possibile anche agli amatori?

E’ positivo, ben vengano gli amatori, poi capita spesso che i ragazzi si allenano e i loro padri si fermino a girare in pista. Cinelli aveva iniziato a fare delle iniziative e sono andate bene, i risultati si iniziavano a vedere, c’era interesse. Adesso con il Covid ci si è dovuti fermare, ma speriamo di ricominciare presto. Ce ne fossero di sponsor come Cinelli, così magari potremo riaprire anche altri velodromi.

E noi speriamo che si possa ripartire al più presto.